giovedì 29 novembre 2018

02-05 - La Comune e i contadini

LA COMUNE E I CONTADINI



Uno dei tanti mezzi, di cui si valevano le classi privilegiate ed i governi loro rappresentanti, per porre ostacolo all’emancipazione della classe operaia, consisteva nel suscitare le diffidenze degli operai delle campagne contro gli operai delle città. Mentre i diritti e gl’interessi degli uni e degli altri erano gli stessi, si faceva credere agli operai delle campagne che quelli delle città volevano spogliarli della terra, su cui versavano il loro sudore, o soffocare la loro libertà di coscienza.
Michail Bakunin
Nel settembre del 1870 Bakunin aveva sollevato la questione nelle sue Lettere ad un francese sulla crisi presente, in cui ha esortato i rivoluzionari ad incoraggiare i contadini e lavoratori agricoli a «prendersi la terra e buttare fuori quei proprietari che vivono del lavoro altrui», incitandoli «a distruggere, con l’azione diretta, ogni istituzione politica, giuridica, civile e militare», stabilire «l'anarchia in tutta la campagna». Era necessario, dunque, convincere i contadini alla causa della rivoluzione, Bakunin aveva invitato ancora una volta i rivoluzionari parigini ad andare nelle campagne a provocare un'insurrezione contadina, offrendo ai contadini «subito i grandi vantaggi materiali» che deriverebbero da una rivoluzione sociale, come l’appropriazione della stessa terra, e l'abolizione dei debiti. Bakunin sosteneva che una “rivoluzione che si impone sul popolo, sia per decreto ufficiale o con la forza delle armi, non è una rivoluzione, ma il suo contrario, perché provoca necessariamente la reazione”.
La Comune, intesa all’emancipazione di tutti gli operai, comprese quanto fosse importante che i lavoratori delle campagne aprissero gli occhi ed avessero chiara coscienza dei loro rapporti coi lavoratori di Parigi: tanto più che era soprattutto sulle masse contadine che il Thiers si appoggiava per soffocare la rivoluzione comunale. Perciò un manifesto, stampato a più di centomila copie, fu sparso per le campagne. Esso conteneva il programma della Comune spiegato al popolo.
Dopo aver proclamato la solidarietà, data l’uguaglianza delle loro condizioni reciproche, fra gli operai delle città e gli operai delle campagne; dopo aver detto che se fosse vero che la proprietà è frutto del lavoro, Il contadino, che ha lavorato tanto, sarebbe proprietario, possederebbe la casa, con un giardino ed una siepe, che è il sogno, la passione di tutta la vita dei contadini, ma che non possono, purtroppo, acquistar mai, o non acquisteranno, forse, se non contraendo debiti che risulteranno impossibili da pagare”; il manifesto continuava dicendo che:
“[…] per mettere fine a tante ingiustizie ed a tante disuguaglianze sociali, Parigi s’agita, reclama, si solleva e vuol cambiate le leggi, che danno ai ricchi ogni potere sui lavoratori.
Parigi vuole che il figlio del contadino sia altrettanto istruito quanto il figlio del ricco, e lo sia per nulla, perché la scienza umana è il bene comune di tutti gli uomini e non è meno necessaria per ben condursi nella vita di quel che lo siano gli occhi per vedere.
Parigi vuole che non si sperperino milioni e milioni in famiglie principesche, nei loro favoriti, nei loro servi; Parigi vuole che, abolita questa grossa spesa, le tasse diminuiscano grandemente; Parigi vuole abolita la tassa del Sangue, la leva; Parigi vuole che non ci siano più degl’impieghi pagati 20 mila, 30 mila, 100 mila franchi, che danno da mangiare ad un uomo, in un anno, la fortuna di parecchie famiglie; Parigi vuole che questi denari, invece di essere spesi così male, servano a fondare degli asili per la vecchiaia dei lavoratori.
Parigi domanda che ogni uomo che non è proprietario non paghi un soldo di tasse; che colui che non possiede più di una casa o di un campo non paghi nulla ancora; che i piccoli proprietari paghino poco, e che tutto il peso delle tasse gravi sui ricchi che possono pagare.
Parigi vuole che siano i deputati, i senatori e i bonapartisti, che approvarono la guerra, quelli che debbono pagare i cinque miliardi alla Prussia, e non la nazione che quella guerra non la voleva.
Parigi domanda che la giustizia non costi più nulla a quelli che ne hanno bisogno, e che sia il popolo stesso quello che sceglie i giudici fra gli uomini onesti del paese.
Parigi vuole che la terra appartenga al contadino che la coltiva; che gli strumenti dl lavoro appartengano all’operaio che li mette in opera; che il lavoro e il pane siano assicurati a tutti.
La guerra che fa Parigi è la guerra all’usura, alla menzogna, all’ozio”.