LA GUERRA CONTRO VERSAILLES
Immagine tratta da Le cri du peuple di Jacques Tardi, Jean Vautrin |
I reazionari, il giorno stesso
della rivoluzione.
del 18 Marzo erano fuggiti da Parigi e si erano attestati a Versailles.
Un tentativo di marciare su Versailles
fu comunque effettuato il 3
Aprile. Ma ormai era troppo tardi: Thiers
aveva avuto il tempo di organizzare l'esercito, facendo persino liberare i
prigionieri catturati durante la guerra dai prussiani. Scriveva Marx al
suo amico Ludwigf Kugelmann: “Se
soccomberanno la colpa sarà soltanto della loro bonarietà” e al giornalista
Wilhelm Lieknecht “Se i parigini sono
sconfitti, sembra che sia per colpa loro, ma è una colpa che in realtà deriva
da eccessiva onestà […] hanno perduto tempo prezioso ad eleggere la Comune,
mentre bisognava impiegarlo per marciare su Versailles
subito dopo la disfatta della reazione a Parigi”. Si, questi parigini sui
quali la reazione lanciava i più feroci insulti, accusandoli dei più atroci
misfatti e che la stampa internazionale tacciava di pazzi sanguinari, ebbero
solo il torto di essere troppo generosi, di non aver osato attaccare subito Versailles
e di non aver marciato fin dal 19
Marzo contro i fuggiaschi del governo borghese. E colpa fu indubbiamente!
Ma colpa nobilissima se si pensa che nelle guerre civili, come in tutti gli
atti di violenza sia collettivi che individuali, la responsabilità delle
conseguenze sta nel primo che usa la forza. La Comune non ha attaccato Versailles
perché si sentiva troppo forte e troppo sicura del suo diritto e perché, eterna
illusione degli umanitari e degli idealisti, credeva fermamente che nessuno
avrebbe osato violare la nuova istituzione liberamente voluta dalla popolazione
parigina.
I Comunardi
furono libertari fino all'ultimo, coerenti con il loro umanitarismo fino al
sacrificio della propria persona. Dopo il 18
marzo, perfino i sergents de ville[1], invece di essere
disarmati e imprigionati, poterono mettersi in salvo a Versailles.
Gli uomini d'ordine non furono neanche molestati, e anzi ebbero la possibilità
di riunirsi e occupare qualche forte posizione all'interno di Parigi. Le
prigioni, invece di chiudersi questa volta con dentro gli oppressori del
popolo, si spalancarono e a tutti fu concessa la libertà.
Versailles
invece, dominata dai rappresentanti ufficiali della borghsia francese, non ebbe
scrupoli di coscienza, solo la forza era il suo diritto! Schiacciare Parigi a
qualunque costo, anche passando su migliaia di cadaveri, sulle rovine della
stessa città, anche invocando l'aiuto degli odiati prussiani che dagli spalti
vicini assistevano, meditando, allo svolgersi degli avvenimenti. L’indulgenza e
la generosità del popolo parigino armato fu capita come un segno di debolezza, e
il 22
marzo una turba di bellimbusti reazionari cercò, con la scusa di una
dimostrazione pacifica, di fare quello che a Thiers
con i suoi cannoni non era riuscito. Quando la Guardia
Nazionale si parò loro innanzi, sparando una sola salva, li mise in
fuga. E ancora una volta gli operai furono generosi: ebbero pietà e la maggior
parte neanche mirò giusto, ma sparò in aria. E poi? Non si prese nemmeno la
briga di arrestarli, di perseguitarli o almeno cacciarli fuori da Parigi.
Parigi si trovava ancora
accerchiata da oriente e in parte da nord dall'esercito tedesco, che manteneva
una formale neutralità dal giorno dell'armistizio. A sud la difesa era
assicurata dal controllo dei cinque forti di Issy,
Vanves, Montrouge, Bicêtre e Ivry. Il punto debole era nel fronte occidentale,
ove il solo forte esistente, quello di Mont-Valérien, era nelle mani dei
versagliesi e controllava il ponte di Neuilly, l'unico passaggio sulla Senna
rimasto intatto. Su questa riva sinistra del fiume i Federati tenevano poche
posizioni. Mentre la Comune, con decreto del 29
marzo, aboliva la coscrizione militare obbligatoria e il 1°
aprile la figura di generale in capo (due misure che avrebbero avuto senso
se la rivoluzione avesse già vinto, ma che non tenevano conto della diversa
realtà dei fatti) a Versailles
il governo di Thiers
metteva a punto la preparazione della rivincita dei reazionari.
Alla fine di marzo Thiers
aveva raccolto 65.000 uomini, ben più dei 40.000 che le condizioni d'armistizio
gli avrebbero consentito. Non bastavano però, ed il governo di Versailles
andò elemosinando aiuti al suo vincitore, trovando pronta collaborazione. L'8
aprile Bismarck
concesse il rimpatrio dei prigionieri di guerra e di portare gli effettivi
francesi a 170.000 uomini, a condizione che fossero impiegati soltanto contro
Parigi, mentre le sue truppe mantennero il controllo dei forti della cinta
difensiva nord-orientale della capitale. Trovati gli uomini, cui furono promessi
ingaggi di due anni e promozioni, si trovarono anche le artiglierie di marina
da concentrare intorno a Parigi.
Thiers
non trascurò nemmeno l'arma della corruzione e del tradimento: cercò di
corrompere il comandante Comunardo
Dombrowski;
suoi uomini si fecero passare per comunardi, come Barral de Montaud, che
ottenne il comando di una legione, come Jules Ducate, che aprì le porte di
Parigi ai versagliesi, come tante altre anonime spie e sabotatori, quali quelli
che il 17
maggio fecero saltare in aria la fabbrica di munizioni Rapp.
Dalla parte della Comune
stavano circa 200.000 combattenti, poco addestrati. Vi erano anche molti
cannoni ma, come disse Augustin
Avrial (membro del Consiglio
della Comune e organizzatore della resistenza a Montmartre,
il 18
marzo, al tentativo di sottrazione dei cannoni comunardi da parte di Thiers)
alla seduta della Comune del 6
maggio, “manca una buona organizzazione”.
Non manca invece il coraggio, la volontà di combattere e soprattutto, la
consapevolezza dei motivi per i quali combattere.
Il 2
aprile le forze di Versailles
attaccano per la prima volta Parigi. 10.000, comandati dal generale
Vinoy. irruppero dalla parte di Neuilly, verso le nove del mattino
cogliendo di sorpresa i Federati; il cannone e le mitragliatrici aprirono la
via agli assalitori che giunsero sino alla porta Maillot e conquistando Courbevoie.
Qui i franchi tiratori ed i garibaldini accorsi impedirono l'avanzata dei
versagliesi. Ma più che l'eroismo di questi volontari dell'esercito della
libertà, contribuirono al fallimento dell'attacco le molte ribellioni dei
soldati che si rifiutarono di sparare contro i fratelli Comunardi
e che a questi si unirono per marciare trionfalmente verso l'Hôtel
de Ville.
La sera i versagliesi si ritirarono
di fronte alla reazione della Guardia
Nazionale. L'attacco turbò Parigi e tre comandanti della Guardia,
Jules
Bergeret, Émile
Victor Duval ed Émile
Eudes, senza consultare il Consiglio
della Comune, il 3
aprile decisero di passare all'offensiva in direzione Versailles.
Una colonna centrale, guidata da Eudes
puntò direttamente a Versailles
attraverso Issy e Viroflay, quella di Duval
a sud, attraverso Châtillon e Vélizy, e due colonne al comando di Bergeret
e Gustave
Flourens, quest’ultimo eletto comandante della 20ª legione, puntarono a
nord riunendosi a Rueil. In tutto, 35.000 uomini senza cavalleria e con scarsa
artiglieria.
È il contrattacco! La
provocazione fu irresistibile; nessuno avrebbe potuto trattenere i parigini dal
marciare su Versailles.
Battaglioni dopo battaglioni, dal quartiere Saint-Antoine, da Belleville,
da Montmartre
sfilavano, bandiera
rossa spiegata al vento e cantando la Marsigliese, verso Versailles.
Sfilavano pieni di fede e di entusiasmo, convinti soprattutto che i fratelli
dell'esercito avversario avrebbero incrociato le braccia e avrebbero fatto
causa comune con loro! All'alba del 3
aprile i Federati avanzarono con successo. Bergeret
prese Rueil, arrivando a mezza via da Versailles;
ma il bel sogno svanì dopo poche ore! Un fuoco d'artiglieria nutrito, intenso,
continuo, dal forte di Monte Valeriano colpì i Comunardi;
la violenta reazione dell'artiglieria di Vinoy
costrinse Bergeret
alla ritirata fino al ponte di Neuilly. Flourens,
che aveva coperto la sua ritirata, si ritrovò solo con il suo reparto e a Chatou;
fu ucciso vigliaccamente a sciabolate mentre
riposava durante una sosta dei combattimenti in una locanda di Chatou, e il suo
aiutante di campo, l’anarchico Amilcare
Cipriani, fu trafitto a colpi
dì baionetta e poi fatto prigioniero; Thiers fece decorare gli autori dell'impresa e quindi
riferì all’Assemblea i «dettagli riconfortanti» dell'episodio. Duval
aveva preso Châtillon e poi Villacoublay, a sei chilometri da Versailles,
ma la mancanza d'artiglieria lo costrinse a retrocedere ancora a Châtillon
dove, accerchiato, si arrese. Vinoy
lo fece fucilare insieme ai suoi ufficiali. La colonna di Eudes
giunse fino a Val-Fleury, ma dopo le sconfitte di Bergeret
e Flourens
dovette ripiegare su Parigi. I militari di Thiers
passarono i prigionieri per le armi: il generale versagliese Gaston de
Galliffet in un proclama dichiarò «la guerra senza pietà e senza quartiere»
alla Comune. Probabilmente tutti i prigionieri furono assassinati.
“La prima colonna di prigionieri parigini condotta a Versailles
fu vittima di rivoltanti atrocità, mentre Ernest Picard[2], con le mani
nelle tasche dei pantaloni, passeggiava davanti a loro schernendoli, e le mogli
di Thiers
e di Favre,
circondate dalle loro dame d'onore (?), applaudivano dal balcone le ignominie
della plebaglia versigliese. I soldati di fanteria fatti prigionieri vennero
massacrati a sangue freddo; il nostro valoroso amico generale Duval,
fonditore di ferro, venne fucilato senza neppure l'ombra di un processo.
Galliffet, si vantò in un proclama di aver ordinato l'assassinio di un piccolo
gruppo di guardie nazionali, sorprese e disarmate, col loro capitano e col loro
tenente, dai suoi cacciatori. Vinoy,
il fuggiasco, fu insignito da Thiers
della gran croce della legion d'onore, per aver dato ordine generale di
fucilare ogni soldato di fanteria trovato nelle file dei federati. Desmaret, il
gendarme, fu decorato per aver fatto a pezzi a tradimento, come un beccaio, il
generoso e cavalleresco Flourens,
che il 31 ottobre 1870 aveva salvato le teste dei membri del governo della
difesa. I particolari incoraggianti del suo assassinio furono comunicati per
lungo e per largo con aria di trionfo da Thiers
all'Assemblea nazionale (Karl Marx
La
guerra civile in Francia)”.
Si dice giustamente che la
storia (purtroppo) si ripete; queste onorificenze elargite da Thiers
a Vinoy
e Desmeret, mi ricordano tanto la «Gran Croce dell’Ordine militare di Savoia»
donata al Generale Fiorenzo Bava Beccaris dal suo re e padrone Umberto I il 16 giugno
1898, come premio (e personale riconoscimento del re “buono”) per la strage
compiuta a Milano l’8 maggio dello stesso anno, quando Bava Beccaris, in
qualità di Regio commissario straordinario, ordinò di sparare cannonate sulla
folla milanese che protestava contro le dure condizioni di vita, causando la
morte di 80 cittadini e il ferimento di atri 450.
Per reazione, il Consiglio
della Comune votò il 5
aprile il seguente «decreto degli ostaggi»:
«La Comune di Parigi,
Considerando che il governo di Versailles sta apertamente
calpestando i diritti dell'umanità e quelli della guerra; che è stato colpevole
di orrori di cui gli invasori del suolo francese non si sono sporcati;
Considerando che i rappresentanti della Comune di Parigi hanno il
dovere urgente per difendere l'onore e la vita di due milioni di persone che
hanno consegnato nelle loro mani la cura dei loro destini; che è importante
prendere tutte le misure necessarie dalla situazione;
Considerando che politici e magistrati della città devono
conciliare la salvezza comune con il rispetto delle libertà pubbliche;
decreta:
Art. 1: Chiunque sia imputato di complicità con il governo di
Versailles sarà immediatamente accusato e imprigionato.
Art. 2: Una giuria di accusa sarà istituita entro ventiquattro ore
per conoscere i crimini che verranno riferiti ad essa.
Art. 3: La giuria decreterà entro quarantotto ore.
Art. 4: Tutti gli accusati ritenuti colpevoli dal verdetto della
giuria d'accusa saranno ostaggi del popolo di Parigi.
Art. 5: Ogni esecuzione di un prigioniero di guerra o di un
partigiano del governo regolare della Comune di Parigi sarà, sul posto, seguita
dall’esecuzione di un numero triplo di ostaggi ritenuti in virtù dell’articolo
4, e chi saranno designati a sorte.
Art. 6: Ogni prigioniero di guerra sarà portato davanti al gran
giurì, che deciderà se sarà rilasciato immediatamente o tenuto in ostaggio.
Parigi, il 2° Prairiale anno 79 (5 aprile 1871)»
Il decreto ebbe l'effetto di
sospendere le esecuzioni sommarie dei prigionieri Federati ma per poco tempo;
non appena il criminale Thiers
si accorse che il decreto della Comune sulle rappresaglie non era che una vuota
minaccia, che venivano risparmiate persino le loro spie della gendarmeria
travestite da guardie nazionali e acciuffate a Parigi, e persino i sergents de
ville sorpresi a portare bombe incendiarie, allora la fucilazione in massa dei
prigionieri venne ripresa e continuata ininterrottamente fino alla fine. Il 12
aprile uno degli ostaggi, l'arcivescovo
di Parigi Georges Darboy, scrisse a Thiers
per protestare contro le fucilazioni dei prigionieri federati e per appoggiare
la proposta di un suo scambio con Blanqui,
incarcerato in Bretagna.
“Vi sono”
scrisse “fin troppe cause
di dissenso e di asprezza tra noi: poiché si presenta l'occasione di fare una
transazione che, d'altronde, riguarda le persone e non i principi, non sarebbe
saggio prestarle mano e contribuire così a preparare la pacificazione degli
spiriti? Forse l'opinione pubblica non capirebbe un simile rifiuto”.
La proposta fu respinta, e il 14
maggio Thiers
rifiutò ancora la proposta di uno scambio di Darboy
e di altri 73 ostaggi per il solo Blanqui;
“Inviare
Blanqui all'insurrezione” affermò “significa darle una forza eguale a un corpo d'armata”.
Essendo ripresi i massacri dei
prigionieri, il 24
maggio l'arcivescovo e altri cinque ostaggi furono fucilati nel carcere
della Roquette. Gli ostaggi fucilati complessivamente dalla Comune furono 85,
comprese 15 spie di Versailles.
Il governo di Thiers
ammise ufficialmente la fucilazione di 17.000 Federati, anche se la cifra reale
fu certamente maggiore.
L'aggravarsi della situazione
militare convinse la maggioranza del Consiglio
a creare una nuova struttura, un Comitato
di Salute pubblica composto da Arnaud,
Charles
Gérardin, Melliet,
Pyat
e Ranvier,
che tuttavia non fu in grado di mutare il corso delle operazioni. In maggio
continuò la sistematica avanzata dei versagliesi appoggiati dall'artiglieria,
che fu in grado di colpire i quartieri periferici di Parigi. Alcuni forti nella
cintura della città furono conquistati, mentre i problemi di Parigi si
aggravavano: i prezzi aumentarono, gli sfiduciati abbandonarono il loro posto
di combattimento, i nemici interni della Comune si mostrarono apertamente.
Il 10
maggio Versailles
firmò a Francoforte la pace con la Germania e Thiers
si mostrò ottimista con Bismarck,
scrivendogli domenica 21
maggio di poter ristabilire «l'ordine sociale in una settimana». In
effetti, nel primo pomeriggio di quello stesso giorno un traditore, un certo
Jules Ducate, segnalò all'esercito di Versailles che la porta Saint-Cloud era
senza difesa, e i primi distaccamenti del 37º reggimento di Versailles
entrarono a Parigi.
[1] Corpo di polizia municipale.
[2] Louis Joseph Ernest Picard (24 dicembre 1821
–13 maggio 1877)
è stato un politico francese. Nel gennaio del 1871 affiancò Jules
Favre a Versailles per organizzare
la capitolazione della Comune di Parigi,
e nel mese successivo divenne ministro degli Interni nel gabinetto di Adolphe Thiers.