giovedì 29 novembre 2018

02-06 - La guerra contro Versailles

LA GUERRA CONTRO VERSAILLES



Immagine tratta da Le cri du peuple di Jacques Tardi, Jean Vautrin
I reazionari, il giorno stesso della rivoluzione. del 18 Marzo erano fuggiti da Parigi e si erano attestati a Versailles. Un tentativo di marciare su Versailles fu comunque effettuato il 3 Aprile. Ma ormai era troppo tardi: Thiers aveva avuto il tempo di organizzare l'esercito, facendo persino liberare i prigionieri catturati durante la guerra dai prussiani. Scriveva Marx al suo amico Ludwigf Kugelmann: “Se soccomberanno la colpa sarà soltanto della loro bonarietà” e al giornalista Wilhelm Lieknecht “Se i parigini sono sconfitti, sembra che sia per colpa loro, ma è una colpa che in realtà deriva da eccessiva onestà […] hanno perduto tempo prezioso ad eleggere la Comune, mentre bisognava impiegarlo per marciare su Versailles subito dopo la disfatta della reazione a Parigi”. Si, questi parigini sui quali la reazione lanciava i più feroci insulti, accusandoli dei più atroci misfatti e che la stampa internazionale tacciava di pazzi sanguinari, ebbero solo il torto di essere troppo generosi, di non aver osato attaccare subito Versailles e di non aver marciato fin dal 19 Marzo contro i fuggiaschi del governo borghese. E colpa fu indubbiamente! Ma colpa nobilissima se si pensa che nelle guerre civili, come in tutti gli atti di violenza sia collettivi che individuali, la responsabilità delle conseguenze sta nel primo che usa la forza. La Comune non ha attaccato Versailles perché si sentiva troppo forte e troppo sicura del suo diritto e perché, eterna illusione degli umanitari e degli idealisti, credeva fermamente che nessuno avrebbe osato violare la nuova istituzione liberamente voluta dalla popolazione parigina.
I Comunardi furono libertari fino all'ultimo, coerenti con il loro umanitarismo fino al sacrificio della propria persona. Dopo il 18 marzo, perfino i sergents de ville[1], invece di essere disarmati e imprigionati, poterono mettersi in salvo a Versailles. Gli uomini d'ordine non furono neanche molestati, e anzi ebbero la possibilità di riunirsi e occupare qualche forte posizione all'interno di Parigi. Le prigioni, invece di chiudersi questa volta con dentro gli oppressori del popolo, si spalancarono e a tutti fu concessa la libertà.
Versailles invece, dominata dai rappresentanti ufficiali della borghsia francese, non ebbe scrupoli di coscienza, solo la forza era il suo diritto! Schiacciare Parigi a qualunque costo, anche passando su migliaia di cadaveri, sulle rovine della stessa città, anche invocando l'aiuto degli odiati prussiani che dagli spalti vicini assistevano, meditando, allo svolgersi degli avvenimenti. L’indulgenza e la generosità del popolo parigino armato fu capita come un segno di debolezza, e il 22 marzo una turba di bellimbusti reazionari cercò, con la scusa di una dimostrazione pacifica, di fare quello che a Thiers con i suoi cannoni non era riuscito. Quando la Guardia Nazionale si parò loro innanzi, sparando una sola salva, li mise in fuga. E ancora una volta gli operai furono generosi: ebbero pietà e la maggior parte neanche mirò giusto, ma sparò in aria. E poi? Non si prese nemmeno la briga di arrestarli, di perseguitarli o almeno cacciarli fuori da Parigi.
Parigi si trovava ancora accerchiata da oriente e in parte da nord dall'esercito tedesco, che manteneva una formale neutralità dal giorno dell'armistizio. A sud la difesa era assicurata dal controllo dei cinque forti di Issy, Vanves, Montrouge, Bicêtre e Ivry. Il punto debole era nel fronte occidentale, ove il solo forte esistente, quello di Mont-Valérien, era nelle mani dei versagliesi e controllava il ponte di Neuilly, l'unico passaggio sulla Senna rimasto intatto. Su questa riva sinistra del fiume i Federati tenevano poche posizioni. Mentre la Comune, con decreto del 29 marzo, aboliva la coscrizione militare obbligatoria e il 1° aprile la figura di generale in capo (due misure che avrebbero avuto senso se la rivoluzione avesse già vinto, ma che non tenevano conto della diversa realtà dei fatti) a Versailles il governo di Thiers metteva a punto la preparazione della rivincita dei reazionari.
Alla fine di marzo Thiers aveva raccolto 65.000 uomini, ben più dei 40.000 che le condizioni d'armistizio gli avrebbero consentito. Non bastavano però, ed il governo di Versailles andò elemosinando aiuti al suo vincitore, trovando pronta collaborazione. L'8 aprile Bismarck concesse il rimpatrio dei prigionieri di guerra e di portare gli effettivi francesi a 170.000 uomini, a condizione che fossero impiegati soltanto contro Parigi, mentre le sue truppe mantennero il controllo dei forti della cinta difensiva nord-orientale della capitale. Trovati gli uomini, cui furono promessi ingaggi di due anni e promozioni, si trovarono anche le artiglierie di marina da concentrare intorno a Parigi.
Thiers non trascurò nemmeno l'arma della corruzione e del tradimento: cercò di corrompere il comandante Comunardo Dombrowski; suoi uomini si fecero passare per comunardi, come Barral de Montaud, che ottenne il comando di una legione, come Jules Ducate, che aprì le porte di Parigi ai versagliesi, come tante altre anonime spie e sabotatori, quali quelli che il 17 maggio fecero saltare in aria la fabbrica di munizioni Rapp.
Dalla parte della Comune stavano circa 200.000 combattenti, poco addestrati. Vi erano anche molti cannoni ma, come disse Augustin Avrial (membro del Consiglio della Comune e organizzatore della resistenza a Montmartre, il 18 marzo, al tentativo di sottrazione dei cannoni comunardi da parte di Thiers) alla seduta della Comune del 6 maggio, “manca una buona organizzazione”. Non manca invece il coraggio, la volontà di combattere e soprattutto, la consapevolezza dei motivi per i quali combattere.
Il 2 aprile le forze di Versailles attaccano per la prima volta Parigi. 10.000, comandati dal generale Vinoy. irruppero dalla parte di Neuilly, verso le nove del mattino cogliendo di sorpresa i Federati; il cannone e le mitragliatrici aprirono la via agli assalitori che giunsero sino alla porta Maillot e conquistando Courbevoie. Qui i franchi tiratori ed i garibaldini accorsi impedirono l'avanzata dei versagliesi. Ma più che l'eroismo di questi volontari dell'esercito della libertà, contribuirono al fallimento dell'attacco le molte ribellioni dei soldati che si rifiutarono di sparare contro i fratelli Comunardi e che a questi si unirono per marciare trionfalmente verso l'Hôtel de Ville.
La sera i versagliesi si ritirarono di fronte alla reazione della Guardia Nazionale. L'attacco turbò Parigi e tre comandanti della Guardia, Jules Bergeret, Émile Victor Duval ed Émile Eudes, senza consultare il Consiglio della Comune, il 3 aprile decisero di passare all'offensiva in direzione Versailles. Una colonna centrale, guidata da Eudes puntò direttamente a Versailles attraverso Issy e Viroflay, quella di Duval a sud, attraverso Châtillon e Vélizy, e due colonne al comando di Bergeret e Gustave Flourens, quest’ultimo eletto comandante della 20ª legione, puntarono a nord riunendosi a Rueil. In tutto, 35.000 uomini senza cavalleria e con scarsa artiglieria.
È il contrattacco! La provocazione fu irresistibile; nessuno avrebbe potuto trattenere i parigini dal marciare su Versailles. Battaglioni dopo battaglioni, dal quartiere Saint-Antoine, da Belleville, da Montmartre sfilavano, bandiera rossa spiegata al vento e cantando la Marsigliese, verso Versailles. Sfilavano pieni di fede e di entusiasmo, convinti soprattutto che i fratelli dell'esercito avversario avrebbero incrociato le braccia e avrebbero fatto causa comune con loro! All'alba del 3 aprile i Federati avanzarono con successo. Bergeret prese Rueil, arrivando a mezza via da Versailles; ma il bel sogno svanì dopo poche ore! Un fuoco d'artiglieria nutrito, intenso, continuo, dal forte di Monte Valeriano colpì i Comunardi; la violenta reazione dell'artiglieria di Vinoy costrinse Bergeret alla ritirata fino al ponte di Neuilly. Flourens, che aveva coperto la sua ritirata, si ritrovò solo con il suo reparto e a Chatou; fu ucciso vigliaccamente a sciabolate mentre riposava durante una sosta dei combattimenti in una locanda di Chatou, e il suo aiutante di campo, l’anarchico Amilcare Cipriani, fu trafitto a colpi dì baionetta e poi fatto prigioniero; Thiers fece decorare gli autori dell'impresa e quindi riferì all’Assemblea i «dettagli riconfortanti» dell'episodio. Duval aveva preso Châtillon e poi Villacoublay, a sei chilometri da Versailles, ma la mancanza d'artiglieria lo costrinse a retrocedere ancora a Châtillon dove, accerchiato, si arrese. Vinoy lo fece fucilare insieme ai suoi ufficiali. La colonna di Eudes giunse fino a Val-Fleury, ma dopo le sconfitte di Bergeret e Flourens dovette ripiegare su Parigi. I militari di Thiers passarono i prigionieri per le armi: il generale versagliese Gaston de Galliffet in un proclama dichiarò «la guerra senza pietà e senza quartiere» alla Comune. Probabilmente tutti i prigionieri furono assassinati.
La prima colonna di prigionieri parigini condotta a Versailles fu vittima di rivoltanti atrocità, mentre Ernest Picard[2], con le mani nelle tasche dei pantaloni, passeggiava davanti a loro schernendoli, e le mogli di Thiers e di Favre, circondate dalle loro dame d'onore (?), applaudivano dal balcone le ignominie della plebaglia versigliese. I soldati di fanteria fatti prigionieri vennero massacrati a sangue freddo; il nostro valoroso amico generale Duval, fonditore di ferro, venne fucilato senza neppure l'ombra di un processo. Galliffet, si vantò in un proclama di aver ordinato l'assassinio di un piccolo gruppo di guardie nazionali, sorprese e disarmate, col loro capitano e col loro tenente, dai suoi cacciatori. Vinoy, il fuggiasco, fu insignito da Thiers della gran croce della legion d'onore, per aver dato ordine generale di fucilare ogni soldato di fanteria trovato nelle file dei federati. Desmaret, il gendarme, fu decorato per aver fatto a pezzi a tradimento, come un beccaio, il generoso e cavalleresco Flourens, che il 31 ottobre 1870 aveva salvato le teste dei membri del governo della difesa. I particolari incoraggianti del suo assassinio furono comunicati per lungo e per largo con aria di trionfo da Thiers all'Assemblea nazionale (Karl Marx La guerra civile in Francia)”.
Si dice giustamente che la storia (purtroppo) si ripete; queste onorificenze elargite da Thiers a Vinoy e Desmeret, mi ricordano tanto la «Gran Croce dell’Ordine militare di Savoia» donata al Generale Fiorenzo Bava Beccaris dal suo re e padrone Umberto I il 16 giugno 1898, come premio (e personale riconoscimento del re “buono”) per la strage compiuta a Milano l’8 maggio dello stesso anno, quando Bava Beccaris, in qualità di Regio commissario straordinario, ordinò di sparare cannonate sulla folla milanese che protestava contro le dure condizioni di vita, causando la morte di 80 cittadini e il ferimento di atri 450.
Per reazione, il Consiglio della Comune votò il 5 aprile il seguente «decreto degli ostaggi»:

«La Comune di Parigi,
Considerando che il governo di Versailles sta apertamente calpestando i diritti dell'umanità e quelli della guerra; che è stato colpevole di orrori di cui gli invasori del suolo francese non si sono sporcati;
Considerando che i rappresentanti della Comune di Parigi hanno il dovere urgente per difendere l'onore e la vita di due milioni di persone che hanno consegnato nelle loro mani la cura dei loro destini; che è importante prendere tutte le misure necessarie dalla situazione;
Considerando che politici e magistrati della città devono conciliare la salvezza comune con il rispetto delle libertà pubbliche;
decreta:
Art. 1: Chiunque sia imputato di complicità con il governo di Versailles sarà immediatamente accusato e imprigionato.
Art. 2: Una giuria di accusa sarà istituita entro ventiquattro ore per conoscere i crimini che verranno riferiti ad essa.
Art. 3: La giuria decreterà entro quarantotto ore.
Art. 4: Tutti gli accusati ritenuti colpevoli dal verdetto della giuria d'accusa saranno ostaggi del popolo di Parigi.
Art. 5: Ogni esecuzione di un prigioniero di guerra o di un partigiano del governo regolare della Comune di Parigi sarà, sul posto, seguita dall’esecuzione di un numero triplo di ostaggi ritenuti in virtù dell’articolo 4, e chi saranno designati a sorte.
Art. 6: Ogni prigioniero di guerra sarà portato davanti al gran giurì, che deciderà se sarà rilasciato immediatamente o tenuto in ostaggio.
Parigi, il 2° Prairiale anno 79 (5 aprile 1871)»

Il decreto ebbe l'effetto di sospendere le esecuzioni sommarie dei prigionieri Federati ma per poco tempo; non appena il criminale Thiers si accorse che il decreto della Comune sulle rappresaglie non era che una vuota minaccia, che venivano risparmiate persino le loro spie della gendarmeria travestite da guardie nazionali e acciuffate a Parigi, e persino i sergents de ville sorpresi a portare bombe incendiarie, allora la fucilazione in massa dei prigionieri venne ripresa e continuata ininterrottamente fino alla fine. Il 12 aprile uno degli ostaggi, l'arcivescovo di Parigi Georges Darboy, scrisse a Thiers per protestare contro le fucilazioni dei prigionieri federati e per appoggiare la proposta di un suo scambio con Blanqui, incarcerato in Bretagna.
Vi sono scrisse “fin troppe cause di dissenso e di asprezza tra noi: poiché si presenta l'occasione di fare una transazione che, d'altronde, riguarda le persone e non i principi, non sarebbe saggio prestarle mano e contribuire così a preparare la pacificazione degli spiriti? Forse l'opinione pubblica non capirebbe un simile rifiuto.
La proposta fu respinta, e il 14 maggio Thiers rifiutò ancora la proposta di uno scambio di Darboy e di altri 73 ostaggi per il solo Blanqui; Inviare Blanqui all'insurrezione affermò “significa darle una forza eguale a un corpo d'armata.
Essendo ripresi i massacri dei prigionieri, il 24 maggio l'arcivescovo e altri cinque ostaggi furono fucilati nel carcere della Roquette. Gli ostaggi fucilati complessivamente dalla Comune furono 85, comprese 15 spie di Versailles. Il governo di Thiers ammise ufficialmente la fucilazione di 17.000 Federati, anche se la cifra reale fu certamente maggiore.
L'aggravarsi della situazione militare convinse la maggioranza del Consiglio a creare una nuova struttura, un Comitato di Salute pubblica composto da Arnaud, Charles Gérardin, Melliet, Pyat e Ranvier, che tuttavia non fu in grado di mutare il corso delle operazioni. In maggio continuò la sistematica avanzata dei versagliesi appoggiati dall'artiglieria, che fu in grado di colpire i quartieri periferici di Parigi. Alcuni forti nella cintura della città furono conquistati, mentre i problemi di Parigi si aggravavano: i prezzi aumentarono, gli sfiduciati abbandonarono il loro posto di combattimento, i nemici interni della Comune si mostrarono apertamente.
Il 10 maggio Versailles firmò a Francoforte la pace con la Germania e Thiers si mostrò ottimista con Bismarck, scrivendogli domenica 21 maggio di poter ristabilire «l'ordine sociale in una settimana». In effetti, nel primo pomeriggio di quello stesso giorno un traditore, un certo Jules Ducate, segnalò all'esercito di Versailles che la porta Saint-Cloud era senza difesa, e i primi distaccamenti del 37º reggimento di Versailles entrarono a Parigi.



[1] Corpo di polizia municipale.
[2] Louis Joseph Ernest Picard (24 dicembre 182113 maggio 1877) è stato un politico francese. Nel gennaio del 1871 affiancò Jules Favre a Versailles per organizzare la capitolazione della Comune di Parigi, e nel mese successivo divenne ministro degli Interni nel gabinetto di Adolphe Thiers.