LA
SECONDA REPUBBLICA[1]
Luigi Bonaparte, Napoleone III |
Dei moti del febbraio
1848 e delle divisioni in seno alle due classi inferiori, proletariato e
piccola borghesia, ne approfittò Luigi
Bonaparte che nel frattempo era tornato in Francia nello stesso anno grazie
all'amnistia concessa dalla Rivoluzione agli oppositori politici della
monarchia, giungendo a Parigi poco dopo la proclamazione della Seconda
Repubblica e la nascita di un governo provvisorio, guidato dal poeta Alphonse
de Lamartine. Subito scrisse a Lamartine per annunciare il suo arrivo,
dichiarando di non aver altra ambizione oltre a quella di servire la nazione,
ma Lamartine declinò l'invito e fece pressioni affinché Luigi
Bonaparte lasciasse provvisoriamente Parigi fino alle elezioni per
l'Assemblea Nazionale; pertanto, sebbene alcuni suoi collaboratori lo
invitassero a prendere il potere con la forza, Luigi Bonaparte preferì tornare
a Londra il 2 marzo e osservare gli eventi.
Alle elezioni parlamentari,
tenutesi nell'aprile del 1848, decise di non candidarsi e rimase in disparte
osservando il successo di tre membri della famiglia Bonaparte: Girolamo
Napoleone, Pietro Napoleone e Napoleone Luciano Murat. Si candidò, invece,
all'Assemblea nazionale costituente (4 giugno) e vinse in quattro diversi
dipartimenti, mentre a Parigi fu tra i cinque candidati più votati, subito dopo
il leader conservatore Adolphe
Thiers e Victor
Hugo, ottenendo vasti consensi tra i contadini e la classe operaia, grazie
anche alla forte diffusione del opuscolo “L'Extinction
du paupérisme (L'estinzione della
povertà)”.
Timorosi di questo successo, i
leader conservatori del governo provvisorio, Lamartine e Cavaignac,
considerarono l'opzione di arrestarlo per attività sovversive rivoluzionarie ma
Luigi
Bonaparte li disarmò scrivendo che non intendeva fare in modo che la sua
semplice presenza potesse servire come pretesto per i
nemici della Repubblica e, pertanto, rinunziò al seggio e lasciò la capitale.
L’Assemblea
Costituente si insidiò il 4 maggio. Dopo i moti del 24-25-26
giugno, il governo si dimise e l'Assemblea Costituente diede poteri da
dittatore a Louis Eugène Cavaignac, che ebbe così modo di guidare la
repressione delle sommosse.
L'assenza da Parigi, permise a
Luigi
Bonaparte di essere considerato dall'opinione pubblica come persona
estranea sia alla rivolta quanto alla repressione; da Londra annunziò la
propria ricandidatura (in ben 13 dipartimenti) alle elezioni legislative
intermedie del 17-18 settembre 1848:
vinse in cinque dipartimenti e a Parigi ottenne oltre 110.000 voti su 247.000,
risultando il candidato più votato. Tornato a Parigi il 24 settembre, accettò
il seggio e prese il suo posto all'Assemblea Nazionale.
Il 4 novembre 1848 fu
promulgata la nuova costituzione, con la quale si proclamava la nascita di una
repubblica democratica, il suffragio universale e la separazione dei poteri.
Ci sarebbe stata una singola
assemblea permanente di 750 membri eletti per tre anni con scrutinio di lista;
il potere esecutivo era delegato a un presidente eletto per quattro anni con il
suffragio universale e non rieleggibile una seconda volta; una modifica della
costituzione fu resa di fatto impossibile, dato che essa implicava
l'ottenimento di una maggioranza dei tre quarti dei deputati di una speciale
assemblea per tre volte di seguito. Fu invano che M. Grévy, nel nome di coloro
che percepivano gli ovvi e inevitabili rischi di creare, sotto il nome del
presidente, un monarca, propose che il capo di Stato fosse nulla più che un
presidente del consiglio dei ministri rimovibile dall'assemblea. La Camera,
invece, non prese nemmeno la precauzione di rendere ineleggibili i membri di
famiglie reali che avevano regnato in Francia. Di fatto la presidenza era un
ufficio dipendente solo dal consenso popolare; contestualmente a ciò, furono
fissate per il 10 e l’11 dicembre le elezioni per la carica di Presidente della
Repubblica.
Furono cinque i candidati alla
presidenza: Alphonse de Lamartine il poeta-filosofo e capo del governo
provvisorio; i socialisti adottarono come candidato Alexandre Auguste
Ledru-Rollin; l'ala sinistra dei socialisti candidarono lo scienziato François
Vincent Raspail; i repubblicani il generale Louis-Eugène Cavaignac e il
recentemente riorganizzato partito imperialista, il cui nome «Partito
dell'Ordine» era già tutto un programma, candidarono Luigi
Bonaparte.
I risultati furono annunciati
il 20 dicembre; Luigi
Bonaparte ottenne 5.572.834 voti, pari al 74,2 per cento dei voti espressi,
a fronte di 1.469.156 voti per Cavaignac; il socialista Ledru-Rollin ricevette
376.834 voti; il candidato di estrema sinistra Raspail, 37.106 voti; il poeta
Lamartine 17.000 voti. Luigi
Napoleone ottenne il sostegno di ogni ceto: contadini scontenti per
l'aumento dei prezzi, lavoratori disoccupati, piccoli imprenditori che volevano
prosperità e ordine e anche intellettuali come Victor
Hugo; ottenne il 55,6 per cento dei voti di tutti gli elettori iscritti e
arrivò primo in tutti i dipartimenti, tranne quattro.
Durante la sua presidenza Luigi
Napoleone fece una politica ambigua e populista con lo scopo di guadagnare
popolarità nei confronti dei cittadini e nel contempo di gettare discredito sul
parlamento, per indebolirlo, e preparare così il terreno per un colpo di Stato.
Evento emblematico in questo
senso fu la spedizione di Roma, con la quale si intendeva restaurare negli
Stati pontifici il governo di papa Pio IX, che era fuggito a Gaeta senza voler
ritornare, nonostante i reiterati appelli di una parte dei romani, nella città
e porre fine alla Repubblica romana di Mazzini, eletta a suffragio universale e
proclamata il 9 febbraio 1849. Luigi
Napoleone era a favore di questa spedizione per soddisfare le richieste dei
cattolici, che rappresentavano una sua importante base elettorale, tuttavia
rimase sempre ambiguo sugli obiettivi reali della missione, cambiandoli a
seconda delle convenienze. L'Assemblea Costituente votò a maggioranza a favore
della spedizione militare a Civitavecchia, ufficialmente per difendere Roma
dagli austriaci, ma assaltandola il 30 aprile.
In tale occasione il corpo di
spedizione francese, guidato dal generale Oudinot, subì una sonora sconfitta a
Porta Cavalleggeri. Tuttavia, dopo un armistizio di un mese e false trattative
che mascheravano l'arrivo di ingenti rinforzi, il contingente francese riprese
le ostilità il 3 giugno e ai primi di luglio abbatté la Repubblica Romana per
reinstaurare il Papato. L'entrata delle forze francesi a Roma scatenò a Parigi,
da parte dei sostenitori francesi della Repubblica, rivolte che vennero
represse con la forza. Ma quando papa Pio IX, appena ritornato al potere,
iniziò una repressione dei movimenti anticlericali, Luigi
Napoleone prese abilmente le distanze indicando al Papa che avrebbe dovuto
instaurare un governo liberale, apparendo così super partes e facendo
ricadere le principali responsabilità sull'Assemblea.
Il 28 maggio 1849 entrò in
carica la Camera Legislativa ed anche questa camera ebbe una maggioranza
moderata.
Il 10 marzo e il 28 aprile
1850 ci furono elezioni parziali in cui la sinistra ebbe un considerevole
successo. Questo successo allarmò la Camera, a maggioranza moderata, la quale
il 31 maggio varò una legge che limitava il suffragio universale impedendo il
voto a coloro che non avessero un domicilio di tre anni nel collegio,
comprovato dalla presenza nel registro delle tasse, togliendo così il voto alla
popolazione industriale che di regola non era stanziale.
Luigi
Napoleone vide in questo la sua opportunità. Nella notte tra l'uno ed il 2
dicembre 1851 sciolse la Camera e ristabilì il suffragio universale. Per
combattere i disordini che seguirono questo annuncio, vennero arrestati i capi
di partito, sciolte le società segrete e vennero deportati nelle colonie gli
aderenti a tali associazioni. La mobilitazione fu modesta e il colpo di Stato
un successo.
Luigi
Napoleone si rivolse direttamente ai cittadini chiedendo che dessero, con
un plebiscito, il loro consenso a una modifica della costituzione in cui
l'esecutivo non fosse vincolato dall'Assemblea e a lui personalmente un mandato
di dieci anni. Il plebiscito si tenne il 20 dicembre e su circa otto milioni di
elettori, sette milioni e mezzo votarono sì. Il 14 gennaio 1852 fu
promulgata la costituzione con le modifiche indicate nel plebiscito.
[1] La Prima Repubblica francese fu proclamata il 25 settembre a seguito della
rivoluzione francese. La repubblica anticipò nel continente una nuova modalità
nell'esercizio del potere politico, basata sulla sovranità popolare, che si
sarebbe in seguito imposta in tutta Europa. Cessò di esistere il 18 maggio
1804, quando Napoleone Bonaparte venne incoronato Imperatore dei francesi.