mercoledì 25 novembre 2020

04-15-03 - Leggende Kanak

 LEGGENDE KANAK

Uomo e donna Kanaki

 
 

Louise Michel
Charles Malato

Durante la sua detenzione in Nuova Caledonia, Louise Michel si occupò sia delle pratiche di violenza, di sfruttamento e di disprezzo degli occidentali contro i Kanaki, sia del violento maschilismo degli uomini Kanaki nei confronti delle loro donne.

In Nuova Caledonia, l'opera pro-Canaque degli anarchici Charles Malato e Louise Michel è stata molto famosa.

Louise spingerà addirittura il suo impegno presso questo popolo indigeno e ancora non del tutto spezzato fino a sostenere la loro insurrezione del 1878. Si recavano nella boscaglia, contattano le tribù, partecipavano alla loro formazione (Louise, eterna insegnante, diede anche dei corsi ai giovani Kanaki). Fecero opera antropologica ed etnologica studiando un po' la lingua e i costumi. Louise Michel pubblicò Légendes et chants de geste canaques (Leggende e canti di gesto Kanaki) a Parigi presso Kéva nel 1885.

Più tardi, Charles Malato (con lo pseudonimo di Talamo) redasse un'opera di 64 pagine, Contes néo-calédoniens (Racconti neo-caledoniani) pubblicati a Parigi nel 1897. Ancora oggi il ricordo di Louise Michel è onorato a Nouméa[1], il cui museo contiene numerosi pannelli sul suo passaggio nella penisola Ducos. Charles Malato ripercorse questa esperienza nel 1905, l'anno della morte della sua amica, in La vie de Louise Michel pubblicata a Épinal.

Louise Michel non si limitò a denunciare le condizioni di vita dei canachi e in particolare delle donne. Essa notò che vi era in modo sottostante una vecchia società molto diversa da quella che vedeva.

Louise Michel, deportata dalla borghesia francese in Nuova Caledonia per la sua partecipazione alla Comune di Parigi, ne ha riportato indietro delle « Légendes canaques », avendo trovato nel popolo Kanako una simpatia, una rivolta, uno spirito che ha saputo rendere nei suoi scritti. In particolare, riportò una contraddizione sorprendente: costumi molto oppressivi nei confronti delle donne e racconti leggendari che costruiscono l'immaginario Kanako andando completamente nella direzione opposta e descrivendo donne libere, donne dirigenti, donne notevoli, ammirabili, che un tempo governavano il loro popolo.

Lei ha scritto:

«Abbiamo detto che la donna non conta, che la si chiama «Emo», niente, «popinea» che significa un oggetto di utilità nel linguaggio delle tribù. È lei che porta l'attrezzatura da pesca o da raccolto, che trascina i bambini e segue il suo signore e padrone».

Louise Michel,
Légendes et chants de geste canaques

Ma Louise Michel rileva una contraddizione: le leggende canache fanno della donna la saggia, la capa, la libera, la calorosa, la pura, quella che non mente mai, quella che non inganna mai, ecc...

Guerrieri Kanaki

Louise Michel ha scritto:

«La leggenda di Idara per esempio che fu «Takata», cioè medico, strega o piuttosto magnetizzatrice. Idara è una «popinea» (donna), una «Emo» (niente) e le tribù dicono ancora le sue storie mentre trattano le loro donne come animali... Idara sa fasciare le ferite con foglie masticate di liane raccolte al chiaro di luna, sa addormentarsi con il canto magico o il fiore del niaouli infuso nell'acqua del Diahot. Idara ha molti «ignami» (anni), è così vecchia che non si possono contare, è più di «cana neu dé ri» (90 anni), le punte dei suoi denti sono smussate, ma la sua voce è sempre forte, sembra il petto del vento».

Le altre leggende Kanake cantano le lodi di donne giovani e vecchie: Kéidée la Takata, Païla la pura, le giovani figlie di Owié, le tre figlie del theama di Belep, ecc...

Un'altra osservazione: i Kanaki consideravano che vi era una comunità di sangue solo tra la madre e il bambino e che il padre vi è straniero. L'uomo era semplicemente considerato come un aiuto esterno alla procreazione. La famiglia Kanaka era dunque materna. Furono i rapporti della colonizzazione che modificarono i rapporti preesistenti sul piano familiare. I costumi di quell’epoca dei canachi non assomigliano affatto a quelli descritti dai primi visitatori. Gli uomini vivevano in case separate come anche le donne. Il collettivismo del clan è stato sostituito dall'individualismo ereditato dai colonizzatori. Il tipo di matrimonio più antico consisteva in due clan che si sposano ciascuno nell'altro clan, i nascituri prendevano il posto delle madri (e non dei padri). Erano «matrimoni nativi». È alle Isole Loyauté che l'influenza coloniale è stata minore e che le donne continuavano come un tempo ad abitare in una casa separata e non erano quindi le serve del loro marito che non era il loro padrone. La proprietà era collettiva. C’erano resti anche sul terreno dell'eredità di situazioni antiche: in alcune tribù, il clan materno aveva diritto a tutta o parte dell'eredità che testimoniava i resti di un antico matriarcato.

La colonizzazione non fu l'unica ad aver distrutto la vecchia base matriarcale. Prima della colonizzazione c'è stata la formazione di una società feudale con tre classi: capi, notabili e popolo. Questa società era divisa in tribù, tipi di persone, formate da individui discendenti da un antenato comune.

Altro resto di tempi antichi dove si viveva diversamente: la gerarchia era per età con livelli, dai nonni ai nipoti.

Nella vecchia società, i mezzi di produzione erano collettivi e i beni d'uso erano personali.



[1] Numea è la principale città nonché il capoluogo amministrativo del territorio francese della Nuova Caledonia.