LEGGENDE KANAK
Uomo e donna Kanaki |
Louise Michel |
Charles Malato |
Durante la sua detenzione in Nuova
Caledonia, Louise
Michel si occupò sia delle pratiche di violenza, di sfruttamento e di
disprezzo degli occidentali contro i Kanaki, sia del violento maschilismo degli
uomini Kanaki nei confronti delle loro donne.
In Nuova
Caledonia, l'opera pro-Canaque degli anarchici Charles
Malato e Louise
Michel è stata molto famosa.
Louise
spingerà addirittura il suo impegno presso questo popolo indigeno e ancora non
del tutto spezzato fino a sostenere la loro insurrezione
del 1878. Si recavano nella boscaglia, contattano le tribù, partecipavano
alla loro formazione (Louise,
eterna insegnante, diede anche dei corsi ai giovani Kanaki). Fecero opera
antropologica ed etnologica studiando un po' la lingua e i costumi. Louise
Michel pubblicò Légendes
et chants de geste canaques (Leggende e canti di gesto Kanaki) a Parigi
presso Kéva nel 1885.
Più tardi, Charles
Malato (con lo pseudonimo di Talamo) redasse un'opera di 64 pagine, Contes
néo-calédoniens (Racconti neo-caledoniani) pubblicati a Parigi nel 1897.
Ancora oggi il ricordo di Louise
Michel è onorato a Nouméa[1],
il cui museo contiene numerosi pannelli sul suo passaggio nella penisola Ducos.
Charles
Malato ripercorse questa esperienza nel 1905, l'anno della morte della sua
amica, in La vie de Louise Michel pubblicata a Épinal.
Louise
Michel non si limitò a denunciare le condizioni di vita dei canachi e in
particolare delle donne. Essa notò che vi era in modo sottostante una vecchia
società molto diversa da quella che vedeva.
Louise
Michel, deportata dalla borghesia francese in Nuova
Caledonia per la sua partecipazione alla Comune di
Parigi, ne ha riportato indietro delle « Légendes canaques », avendo
trovato nel popolo Kanako una simpatia, una rivolta, uno spirito che ha saputo
rendere nei suoi scritti. In particolare, riportò una contraddizione
sorprendente: costumi molto oppressivi nei confronti delle donne e racconti
leggendari che costruiscono l'immaginario Kanako andando completamente nella
direzione opposta e descrivendo donne libere, donne dirigenti, donne notevoli, ammirabili,
che un tempo governavano il loro popolo.
Lei ha scritto:
«Abbiamo detto che la donna non conta, che la si
chiama «Emo», niente, «popinea» che significa un oggetto di utilità nel
linguaggio delle tribù. È lei che porta l'attrezzatura da pesca o da raccolto,
che trascina i bambini e segue il suo signore e padrone».
Louise Michel, Légendes et chants de geste canaques |
Ma Louise
Michel rileva una contraddizione: le leggende canache fanno della donna la
saggia, la capa, la libera, la calorosa, la pura, quella che non mente mai,
quella che non inganna mai, ecc...
Guerrieri Kanaki |
Louise Michel ha scritto:
«La leggenda di Idara per esempio che fu «Takata»,
cioè medico, strega o piuttosto magnetizzatrice. Idara è una «popinea» (donna),
una «Emo» (niente) e le tribù dicono ancora le sue storie mentre trattano le
loro donne come animali... Idara sa fasciare le ferite con foglie masticate di
liane raccolte al chiaro di luna, sa addormentarsi con il canto magico o il
fiore del niaouli infuso nell'acqua del Diahot. Idara ha molti «ignami» (anni),
è così vecchia che non si possono contare, è più di «cana neu dé ri» (90 anni),
le punte dei suoi denti sono smussate, ma la sua voce è sempre forte, sembra il
petto del vento».
Le altre leggende Kanake cantano le lodi di donne
giovani e vecchie: Kéidée la Takata, Païla la pura, le giovani figlie di Owié,
le tre figlie del theama di Belep, ecc...
Un'altra osservazione: i Kanaki consideravano che vi era
una comunità di sangue solo tra la madre e il bambino e che il padre vi è
straniero. L'uomo era semplicemente considerato come un aiuto esterno alla
procreazione. La famiglia Kanaka era dunque materna. Furono i rapporti della
colonizzazione che modificarono i rapporti preesistenti sul piano familiare. I
costumi di quell’epoca dei canachi non assomigliano affatto a quelli descritti
dai primi visitatori. Gli uomini vivevano in case separate come anche le donne.
Il collettivismo del clan è stato sostituito dall'individualismo ereditato dai
colonizzatori. Il tipo di matrimonio più antico consisteva in due clan che si
sposano ciascuno nell'altro clan, i nascituri prendevano il posto delle madri
(e non dei padri). Erano «matrimoni nativi». È alle Isole Loyauté che
l'influenza coloniale è stata minore e che le donne continuavano come un tempo
ad abitare in una casa separata e non erano quindi le serve del loro marito che
non era il loro padrone. La proprietà era collettiva. C’erano resti anche sul
terreno dell'eredità di situazioni antiche: in alcune tribù, il clan materno aveva
diritto a tutta o parte dell'eredità che testimoniava i resti di un antico
matriarcato.
La colonizzazione non fu l'unica ad aver distrutto la
vecchia base matriarcale. Prima della colonizzazione c'è stata la formazione di
una società feudale con tre classi: capi, notabili e popolo. Questa società era
divisa in tribù, tipi di persone, formate da individui discendenti da un antenato
comune.
Altro resto di tempi antichi dove si viveva
diversamente: la gerarchia era per età con livelli, dai nonni ai nipoti.
Nella vecchia società, i mezzi di produzione erano
collettivi e i beni d'uso erano personali.
[1] Numea
è la principale città nonché il capoluogo amministrativo del territorio
francese della Nuova Caledonia.
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