LOUISE MICHEL
La rivoluzione fatta donna
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Louise Michel nel 1880 |
"La lotta è la condizione di
ogni progresso. Io non amo la lotta per la lotta, la voglio solo perché da essa
scaturisce la fratellanza di tutti gli esseri".
Louise
Michel
Clemence-Louise Michel, detta Louise Michel, è stata
una rivoluzionaria, una scrittrice, un'insegnante, una poetessa, una
giornalista una femminista, un'anarchica francese e una delle più importanti
figure della Comune di
Parigi alla quale aderì e partecipò attivamente. È stata considerata
l’eroina del movimento socialista e libertario di fine '800. Alta, longilinea,
dal temperamento ardente, dedicò tutta la vita alla lotta contro le oligarchie
e il potere imperiale francese subendone per questo persecuzioni, esilio e
prigionia. Chiamata anche la “Vierge Rouge (vergine rossa)” per il suo rifiuto, quasi ideologico, del
matrimonio, la francese Louise Michel venne da tutti rispettata, ammirata ma
anche temuta. È stata la prima persona a sventolare una bandiera nera,
diventata simbolo del movimento libertario. Subì il carcere, la deportazione,
offese e accuse di ogni tipo, ma godette anche della stima, dell’affetto e
dell’amore di milioni di persone in tutto il mondo.
Femminista ante litteram,
rivolse grande attenzione ed energia ad esaminare la condizione civile e
sociale nella quale si trovavano le donne del suo tempo che, con alcuni
fortunati opuscoli, non si stancò mai d’invitare a lottare per la loro
emancipazione. Fedele a quella che lei sentì essere la sua “missione”, teorizzò
anche una visione etica e rivoluzionaria dell’arte, che concepì sempre al
servizio della “causa del popolo”. A questo proposito amava ricordare a
sé stesa e agli altri: “l’artista e lo scrittore hanno una missione sociale
da compiere e l’opera deve essere un’azione, il romanzo deve essere scritto in
un linguaggio semplice e accessibile al popolo”.
Su di lei fiorirono canzoni,
leggende e storie popolari. Dissero, ad esempio, che durante i suoi 75 anni di
vita avesse amato un solo uomo molto più giovane di lei senza, per altro,
essere da questi corrisposta. Quale sia stata la verità, Louise scelse, in ogni
caso, di non sposarsi e di non avere figli per non togliere alla causa
rivoluzionaria una sola energia e un solo momento della sua vita. Nutriva
un’indifferenza totale per la sua persona, per i vestiti e l’acconciatura,
tanto da essere accusata ingiustamente di lesbismo dalla stampa francese.
Giovinezza
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Louise Michel nel 1839 |
Louise è nata il 29 maggio 1830 in un castello di
Vroncourt-la-Côte. Sua
madre Marianne era una serva al servizio dei Demahis, una nobile famiglia
aperta agli ideali repubblicani. Se alcuni dei suoi biografi hanno sostenuto
che il padre di Louise Michel sarebbe Charles-Etienne Demahis, sembra più
probabile che sia Laurent, il figlio di quest'ultimo, il padre di Louise
Michel.
Dei suoi anni d'infanzia,
conosciamo solo la storia che Louise è stata abbastanza brava a scrivere nelle
sue Memorie
pubblicate nel 1885.
Carlotta, la moglie di Etienne
di idee abbastanza aperte, accettò che Marianne e Louise restassero al
castello, amando quest'ultima come una figlia. Crebbe quindi nella famiglia di
quelli che lei chiamava i suoi nonni, dove sembra essere stata felice,
mostrandosi fin da giovane altruista per sua natura con le persone che la
circondavano.
Il padre e Carlotta le
consentirono una libertà fisica assoluta, per cui ricevette un’educazione
liberale, e non sessista, secondo le idee illuministe di Jean-Jacques Rousseau
e di Voltaire, un’educazione che pochi bambini delle sue condizioni potevano
sperare.
Etienne Demahis era attento ai
suoi giochi e le trasmise l'amore per la lettura. Le spiegò i primi libri, le
raccontò le scene della rivoluzione; Louise ricorda: "mi spiegava i
diversi libri che leggevamo insieme, mi trasmise l'odio verso l'Impero
e la monarchia, la compassione per gli umili e i deboli, l'amore per gli
animali, la sete di sapere ".
Dal lato materno era
circondata dall'affetto di molte donne: Marianne, la madre, una donna semplice
e bella che adorerà tutta la vita, la nonna materna e la zia Vittoria, il cui
misticismo la influenzerà profondamente. “Ascoltavo sia la mia zia
cattolica, che i miei nonni, che erano seguaci di Voltaire. Confusa da strani
sogni, ero come l'ago di una bussola che, sconvolto da una tempesta, cerca il
nord. Il mio nord era la rivoluzione”.
La sua infanzia fu ricca di
stimoli: suonava il piano, dipingeva, amava la natura, gli animali e, in
particolare, i gatti. A sei anni lesse le pagine delle "Parole di un
Credente" di Lamennais e "le bagnò di lacrime" (come
racconta lo scrittore Fernand Claude Planche). "A partire da quel
giorno, io appartenni alla folla, e dovevo salire di tappa in tappa, attraverso
tutte le trasformazioni del pensiero, da Lamennais stesso fino all'anarchia".
Louise, conscia dall’aver
ricevuto un’educazione atipica, diversa da quella che avevano ricevuto le
bambine alla sua età, più tardi dirà: "Le fanciulle allevate nella
scempiaggine sono disarmate".
Cominciò presto a scrivere
poesie, e continuò a scriverle per tutta la vita, senza pretese letterarie ma
per dare una voce nobile al suo amore per la natura, prima, e al suo impegno
politico poi. Già all'età di 12-13 anni ebbe due pretendenti ma li respinse.
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Marianne Michel la medre di Louise |
Per 15 anni visse un periodo
felice, fino a quando scoprì di essere figlia illegittima.
Nelle sue Memorie
Louise si ritrae scioccata dall'ingiustizia, un'ingiustizia che presto ha fatto
le spese dopo i successivi decessi di Charles Etienne Demahis nel 1844, Laurent
Demahis nel 1847 e Charlotte Demahis nel 1850. Quando Etienne Demahis morì, per
Louise fu un duro colpo, anche se ebbe in donazione 40.000 franchi, che
distribuì tra i poveri, con scandalo dei benpensanti; 5 anni dopo morì anche la
moglie del padre e da quel giorno cambiò la sua vita: la moglie di Laurent
Demahis ha venduto il vecchio castello, Louise e Marianne Michel furono
cacciate dai figli legittimi di Etienne, e Louise dovette portare il cognome
della madre.
Queste esperienze acuirono la
sua sensibilità circa la condizione femminile e segnarono le sue scelte di
donna. Forse fu tale coscienza che sottrasse Louise al ruolo tradizionale
attribuito alle donne. Lei scelse di non sposarsi e di non avere figli. Disse
in seguito: " Io ho giurato di non sposarmi mai; la vita maritale mi fa
orrore. […] Non ho voluto essere razione di carne per l'uomo né dare
schiavi ai Cesari". Ad un pretendente disse che se volesse sposarla
dovrebbe uccidere l'imperatore:
"rischiate la vostra vita, perché io rischio la mia libertà".
Allora alle donne francesi era
interdetta l’università ma permessa la professione di insegnante negli istituti
statali, Louise Michel non fu donna da perdersi facilmente d'animo. Il suo
amore per la letteratura la portò a studiare, nella scuola di Chaumont,
anche le materie frequentate solo da maschi (matematica, scienze naturali e
fisica), per conseguire il massimo titolo di studio concesso allora a una
donna; il 1º settembre 1851 si diplomò maestra e conseguì l'abilitazione
all'insegnamento il 25 marzo 1852, che le avrebbe consentito di poter
esercitare la professione di istitutrice.
Ma per insegnare nelle scuole
pubbliche occorreva prestare giuramento all'Impero
(Impero
che lei disprezzava profondamente) e questo Louise non poteva accettarlo. Si
rifiutò di prestare giuramento rinunciando alla carriera, e allora, nel
settembre del 1852 a
22 anni, aprì una scuola libera ad Audeloncourt,
il piccolo paese materno, ispirata ai principi della pedagogia libertaria, dove
insegnerà per un anno.
Come insegnante, Louise
Michel, tuttavia, sperava di vivere anche con la sua penna e firmò le sue prime
poesie ne L’Écho de Haute Marne, firmando con il nome di Louise Demahis
o Louis Michel. Le sue prime pubblicazioni furono quelle di una fervente Louise
Michel.
Intendendo professare a modo
suo, la giovane insegnante, che sosteneva di essere repubblicana, fu convocata
nel 1853 dal rettore Fayet che le chiese di incontrarla per farle la predica ma
che, infondo, simpatizzava con la giovane donna.
Dopo un primo breve soggiorno
a Parigi, Louise Michel si recò in Haute-Marne
per aprire successivamente delle scuole a Clefmont
alla fine del 1854 e a Millières
nel 1855, dove insegnò anche lì, per un anno. Coerente con i suoi
convincimenti, Louise adottò subito il metodo d’insegnamento cosiddetto
“sperimentale” e introdusse per la prima volta, suscitando qualche scandalo tra
i “benpensanti” del tempo, l’istituzione delle classi miste, poi legalmente
adottate in tutte le scuole francesi.
Ha goduto ancora una volta il
sostegno del rettore che ha scritto al prefetto il 9 novembre 1854: "La
signora Michel ha più fantasia che giudizio, ma è una persona onesta e non
credo ci siano motivi per opporsi alla riapertura della sua scuola che lei ha
abbandonato da tempo per farle fare la supplente in un collegio a Parigi".
Di fronte alla povertà della
regione, Louise Michel non ha esitato a scrivere al Prefetto dell’Haute-Marne
(tra il 1853 e il 1855) al fine di "creare un ufficio di beneficenza,
creare progetti, laboratori pubblici, per la carenza di pane (Louise
Michel: Memorie)".
Il suo rifiuto del Regime,
così presto manifestato, e i suoi articoli pubblicati nei giornali di Chaumont[2], nei quali
scriveva di storia antica alludendo alla Francia contemporanea, paragonando Napoleone
III
a Domiziano, l’imperatore romano che si proclamò dominus et deus (signore e dio), pur cercando di sfuggire alla
censura napoleonica, non rimanessero ignorati dalle autorità, che presero
diversi provvedimenti disciplinari nei suoi confronti: “Regnava Domiziano,
aveva scacciato i filosofi e i saggi capitolini da Roma, aumentato il soldo ai pretoriani,
reintrodotto i giochi sul Campidoglio e la gente onorava il clemente imperatore
nella speranza che arrivasse qualcuno a pugnalarlo”.
In quell’occasione il prefetto disse: "Se non
fosse così giovane potrebbe essere spedita a la Cajenne" e lei rispose
che avrebbe aperto una scuola laggiù risparmiando il costo del viaggio.
Per evitare, tuttavia, provvedimenti disciplinari,
che avrebbero comportato la chiusura della scuola e molto probabilmente precluso
anche per sempre la strada dell’insegnamento, fu costretta, dopo qualche tempo,
a interrompere quell'esperienza: Louise ritenne che era tempo di sottrarsi alla
vita di provincia e nel 1856 lasciò l'Alta Marna e si trasferì a Parigi, dove
sperava di combattere finalmente l'Impero.
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1870 - Da sinistra a sinistra Marie Ferré, la sorella
di Théophile Ferré, Louise Michel e Paule Mink |
Parigi
Nella capitale Louise Michel continuò ad insegnare,
cercando di riproporre le sue convinzioni e i suoi metodi pedagogici.
Su raccomandazione del rettore Fayet, si stabilì
presso un istituto nel 10°
arrondissement, in rue du Château-d'Eau,
diretto da una certa madame Voillier, che diventò per lei una seconda madre
piena di attenzioni e tenerezza; sorvegliava che Louise si nutrisse, che
curasse il suo aspetto fisico poiché, assorbita com'era solo da attività
intellettuali, era aliena da ogni civetteria. La madre le inviava regolarmente
qualche risparmio. Una debolezza di Louise fu l'acquisto di libri. La signora
Vollier doveva pagare con i soldi riservati alla pigione una cambiale che
Louise fece per acquistare libri. Infatti, ogni sudato e magro risparmio di
Louise, frutto di quella precaria attività, venne da lei impiegato
nell’acquisto di libri e messo a disposizione dei suoi allievi più bisognosi.
Gran parte dei suoi studi di quel tempo fu rivolta ai fanciulli, specie a
quelli affetti da disturbi psichici, troppo spesso allora abbandonati o
rinchiusi, nella più generale indifferenza, in tristi e diseducative
istituzioni. A loro volle dedicare molti lavori letterari, il più fortunato dei
quali risultò essere il saggio “Bagliori nel buio: non più idioti, non più
folli”.
Si iscrisse anche ai corsi di
istruzione popolare in rue Hautefeuille, dove gli oratori e gli ascoltatori
erano convinti repubblicani. Studenti, autodidatti, uomini e donne si
incontravano e per tutti, "una rabbia di conoscenza ci ha uniti (Louise
Michel: Memorie)".
A Parigi fu immediatamente
attratta dal vivace clima culturale che si poteva respirare in ogni angolo
della città e dai fermenti rivoluzionari sostenuti dai blanquisti,
dagli anarchici e dagli animatori della Prima Internazionale. Quell’ambiente particolarmente stimolante dal punto di
vista culturale finì ben presto per coinvolgerla completamente. Non vi fu,
infatti, manifestazione culturale o iniziativa sociale che la vedesse assente o
che la lasciasse indifferente.
Il cerchio delle sue
frequentazioni si andò così pian piano definendo. Si legò d'amicizia con le
femministe Maria Deraismes,
Andrè
Leo e con George Sand,
della cui figlia fu istitutrice.
Su richiesta di uno dei
professori di rue Hautefeuille, non tardò a dare lezioni aggiuntive alla
"scuola popolare" in rue Thevenat, dove diede delle lezioni di
letteratura e di geografia. Nella stessa scuola si riuniva il gruppo "
Droit des femmes
(Diritti delle donne)", frequentato da femministe tra cui le su citate; il
gruppo attaccava i valori patriarcali e rivendicava la stessa educazione per
uomini e donne e lo stesso salario.
Davanti alle molte ingiustizie fatte alle donne,
Louise Michel divenne naturalmente una femminista. Nel 1861, replicò in nome di
"donne di lettere" e "basso blu"
ad un giornalista che aveva preso in giro donne scrittrici in nome di
"uomini di lettere" (da un manoscritto datato 18 dicembre 1861 Musée
de l’Histoire vivante). Nel 1861, pubblicò a spese dell'autore un opuscolo, Lueurs dans l’ombre, plus d’idiots, plus de fous, un
saggio di pedagogia e terapia, e scrisse nello stesso periodo il Livre d’Hermann con stupefacenti nozioni di modernità,
dal momento che anticipava il principio della psicoterapia.
Ha anche partecipato ad incontri di pubblica
opposizione ed è diventata amica di Eugène
Varlin e di molti giovani blanquisti[7]
tra cui Raoul
Rigault, Émile
Eudes e Théophile
Ferré. Femminista, repubblicana e speranzosa nella rivoluzione, ha perso la
fede a poco a poco, anche se è rimasta molto attaccata a una mistica cristiana:
compassione e giustizia per tutti, tale era il suo credo.
Nel 1865, la madre la raggiunse a Parigi. Aveva
venduto un pezzo di terra che aveva ereditato dai Demahis, ottenendo una somma
di denaro che permise a Louise di aprire una propria scuola a Montmartre,
al numero 24 di rue Houdon, e poi un’altra in rue Oudot, nel 1868, dove in
entrambe, come insegnante, ha dato ai suoi studenti un'istruzione che può
essere descritta come libertaria. Nella sua classe, un vivaio di studenti
godevano di un'insolita libertà.
Presentò progetti avanzati per l'epoca, come la
creazione di scuole professionali e orfanotrofi gestiti da laici. Insegnava con
passione in una Parigi affamata, creando una mensa per i suoi allievi. Le sue
scuole erano frequentate da 200 studenti, con dieci insegnanti e del personale
per altri lavori. I suoi studenti la chiamavano la «piccola mamma Louise».
Gestiva inoltre un corso serale di alfabetizzazione gratuito per gli adulti.
Collaborò con giornali di opposizione e svolse una
discreta attività letteraria scrivendo poesie con lo pseudonimo di «Enjolras»,
il nome del personaggio, repubblicano e nobile d'animo, de I miserabili
di Victor
Hugo. Allo scrittore, con il quale Louise si tenne in corrispondenza fin
dal 1850 e che conobbe personalmente nel 1851 in un suo viaggio a
Parigi, ne invierà alcune.
Nel corso della sua vita sarà impegnata politicamente
fino alla sua morte ed entrò in contatto con diversi gruppi che si battevano
per i diritti delle donne, tra cui la Lega delle donne, un gruppo che
rivendicava la stessa educazione per uomini e donne e lo stesso salario.
S'iscrisse nel 1862 alla Union des poètes, ma soprattutto cominciò a
frequentare gli ambienti rivoluzionari, dove incontrò Jules
Vallès, Eugène
Varlin, Raoul
Rigault e Émile
Eudes, e soprattutto Théophile
Ferré, molto più giovane di lei, di cui pare fosse segretamente innamorata,
e lo stimò per il suo coraggio e la sua passione per la rivoluzione. Collaborò
anche con giornali di opposizione, come Le
Cri du Peuple.
Nel 1869, il nome di Louise Michel fu menzionato nel
quotidiano La
Marseillaise del 21 dicembre 1869 come segretaria della "Société démocratique de moralisation" (Società
democratica di miglioramento morale), un'associazione di assistenza il
cui scopo dichiarato era volto a evitare che le donne più povere fossero
costrette a mantenersi con la prostituzione e che offriva lavoro alle operaie a
casa o fuori; secondo un rapporto della polizia del 1878, è possibile che sia
entrata nell'Internazionale.
Fu tesoriera di un Comitato di soccorso ai profughi
russi, il cui presidente era Victor
Hugo.
«[…] alla casa di lei era un continuo
pellegrinaggio di sollecitatori, che si qualificavano profughi russi, per
quanto essi non avessero oltrepassato i boulevards di Montmartre,
e le buvettes del quartiere Latino. E nessuno tornava indietro, per quanto poco
russo egli fosse, con le mani vuote. Victor
Hugo, che grandemente amava e stimava la Michel, credette opportuno
esortarla a qualche cautela nella erogazione dei soccorsi, onde i veri
proscritti russi non ne fossero defraudati da codesti russi... d'occasione.
Louise, dopo avere ascoltato con deferenza l'autore dei Miserabili, gli chiese
con quel suo fervore traboccante di ingenua pietà: “Posso io domandare alla
miseria che invoca aiuto, la carta di nazionalità?”
Il poeta sorrise, e la sua fronte
radiosa si chinò perplessa. Da quel giorno però non si parlò più di controllare
la nazionalità degli indigenti, anche a costo che qualche mariuolo sfruttasse
il fondo raccolto per la Russia fuggiasca e martire» (Amilcare
Cipriani).
Un rapporto di polizia del 1878
afferma che lei aderì all’Internazionale.
A quell’epoca e fino al suo esilio Louise fu una blanquista[7], movimento repubblicano
socialista fondato da Auguste
Blanqui.
Sostenne il giornale "Libero
pensiero", discusse sulla religione e la rivoluzione ventura: "Quando
verrà l'ora e gli uomini esiteranno, allora saranno le donne che marceranno in
prima fila e io ci sarò".
Il 12 gennaio 1870 partecipò
al raduno per il funerale di Victor
Noir, il giovane giornalista assassinato dal principe Pierre Bonaparte,
raduno in cui parteciparono da 100.000 a 200.000 parigini, e che si stava
trasformando in insurrezione. L’evento acuì in Louise l'odio verso la monarchia
e da allora portò abiti maschili, una cappa, un cappello e con «un pugnale
nascosto sotto i suoi vestiti» per difendersi e, sulla tomba di Noir,
Louise giurò di portare il lutto per tutta la vita.
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Louise Michel con la divisa della Guardia 1871 |
A livello internazionale, la
crisi franco-prussiana per la successione al trono spagnolo portò la Francia a
dichiarare guerra
alla Prussia il 19 luglio. Nell'agosto del 1870, a guerra in corso,
Louise manifestò contro l'arresto dei blanquisti[7] Émile
Eudes e Gabriel Marie.
Quando l'Impero
napoleonico stava crollando sotto i colpi della potenza prussiana, Louise
entrò in contatto con le femministe André Leo
e Maria Deraismes[8]. Con Andrè Leo
fondò la Société de
revendication des drois de la femme.
Dopo molte battute d'arresto, Napoleone
III
firmò la sua resa il 2 settembre. I repubblicani, che si erano rapidamente
radunati all'Hôtel
de Ville, il 4
settembre dichiararono la Repubblica.
Il 19 settembre 1870, Parigi
fu assediata
dalle truppe prussiane ed era in procinto di vivere un rigido inverno, si
rifiutò di abdicare al nemico e si organizzò. André Leo
e Louise andarono insieme a migliaia di manifestanti al municipio
e reclamarono armi per andare a liberare Strasburgo
dai prussiani. Louise intanto si esercitava al tiro a segno al luna park. Il Comitato
centrale dei venti arrondissement evocò l'idea di una Comune in
grado di salvare la Repubblica.
Le donne parigine si
organizzarono costituendo comitati e Louise Michel fu una delle più attive
organizzatrici; per il fatto di essersi sempre dedicata agli altri e grazie
anche alla sua scuola, diventò molto popolare nel suo quartiere. Ha partecipato
a molte riunioni, tra cui il club della Patrie
en danger.
Nel novembre 1870, fu eletta
presidente del Comitato repubblicano di vigilanza della Guardia
Nazionale, un organo politico spontaneo, dei cittadini del diciottesimo
arrondissement, che si trovava nella zona collinare di Montmartre,
in cui non vi èra nessuna distinzione di genere sessuale, e dove vi conobbe Théophile
Ferré: “Il Comitato di vigilanza di Montmartre
non lasciava nessuno senza tetto, nessuno senza pane; la sera dividevamo un'aringa in quattro o cinque, ma quando
si trattava di bisognosi non si risparmiavano né mezzi pubblici, né la
possibilità di operare requisizioni rivoluzionarie. Il 18°
arrondissement era il terrore dei trafficanti e degli accaparratori. Tutti
appartenevano alla rivoluzione ... non si chiedeva di che sesso fosse uno
quando si trattava di compiere il proprio dovere“.
Il 1° dicembre, per la prima fu volta tenuta sotto
sorveglianza per due giorni per la sua partecipazione ad una manifestazione
femminista.
Nella Parigi affamata, creò una mensa per gli
studenti. Cercò l'aiuto di Clemenceau,
giovane sindaco di Montmartre;
tra di loro si svilupperà una forte amicizia, nonostante le differenze
politiche. I due furono testimoni di eventi straordinari: le donne, i bambini,
le guardie federate attorniavano i soldati
che fraternizzavano con la folla gioiosa e pacifica. Durante il periodo dell'assedio
di Parigi, Louise Michel fu molto attiva: gestiva ancora la sua scuola e
aprì un laboratorio di cucito curandone la contabilità; incontrò una seconda
volta Victor
Hugo tornato dall'esilio e non mancò di chiedergli anche dei soldi per i
bisognosi.
Il 22 gennaio 1871 molti
patrioti e guardie nazionali rivoluzionarie protestarono contro l'incuria del
governo, nella speranza di proclamare la Comune; Il
governo di Thiers
vide nella nascente Comune un
pericoloso esempio di governo proletario e una minaccia per l’ordine e ne
decise la repressione. Vi furono scontri abbastanza duri e Louise, a
quarant’anni e vestita da Guardia
Nazionale, per la prima volta prese il fucile e non lo lasciò più fino alla
caduta
delle ultime barricate nel maggio 1871. Quel giorno, partecipò ad una
battaglia in strada, a Clignancourt e nella piazza dell'Hôtel
de Ville, dove sparerà per la prima volta nella sua vita un colpo di
fucile. Dirà: "La prima volta che si difende la propria causa con le
armi, si vive la lotta così intensamente che si diventa come un proiettile".
28 gennaio, una prima
capitolazione fu firmata a Versailles
dai belligeranti. Thiers,
capo dell’esecutivo, emise l’ordinanza che fece traboccare il vaso: volle
requisire i cannoni della Guardia
Nazionale.
Dopo le elezioni dell'8
febbraio, consacrando la vittoria dei monarchici all'Assemblea costituente, Adolphe
Thiers è stato nominato capo del potere esecutivo ed ha ratificato i
preliminari di pace il 1° marzo. Se alcuni deputati repubblicani si erano
dimessi dall'incarico, parte della popolazione parigina si dichiarò pronta a
resistere e il 15 marzo venne eletto un Comitato
centrale composto da trentotto membri.
I parigini avevano pagato loro
stessi quei cannoni, e si rifiutarono di consegnarli. Iniziò l'insurrezione.
Quel giorno, il 18
marzo, Louise Michel si trovava nella Butte,
quando i militari di Versaiilles tentarono di portar via i cannoni. Fu tra
quelli che diedero l’allarme e partecipò attivamente nel convincere i militari
a fraternizzare col popolo. Parigi insorse tutta, compatta. I rivoluzionari
occuparono Les Tuileries e La Conciergerie; la Guardia
Nazionale prese l'Hôtel
de Ville. Il governo fuggì a Versailles
È nata la Comune
di Parigi. La sera del 18
marzo, i generali (che avevano partecipato alla repressione dei giorni del 1848
ancora nella memoria) che avevano guidato l'operazione furono fucilati.
L’insurrezione venne portata
avanti da un fronte ampio e variegato: sotto il grido di “Vive la Commune!” convivevano giacobini,
blanquisti[7], democratici, e soprattutto proudhoniani (anarchici minoritari nell’Internazionale
ma fortemente maggioritari nella Comune
rispetto ai marxisti),
che aspiravano la graduale liberazione degli individui dalla proprietà privata
e dall’istituzione statale e la collaborazione con le altre città insorte da
confederare a Parigi.
Jules
Vallès, direttore de “Le
Cri du Peuple” scrisse: «Quel sole chiaro, tiepido che indora le
bocche dei cannoni, il profumo dei fiori, lo sventolio delle bandiere, il
mormorio della rivoluzione che procede […] Qualunque cosa possa capitare, se
dovremo nuovamente essere sconfitti e morire domani, la nostra generazione è
consolata! Siamo ripagati di vent’anni di angosce».
Nell'Hôtel
de Ville, che era nelle mani della Guardia
Nazionale, si riunì il consiglio
della Comune per decidere se continuare l'offensiva su Versailles
per portare il colpo finale e sovvertire il governo di Adolphe
Thiers che in quel momento poteva contare su poche truppe. Louise Michel,
che faceva parte dell’ala rivoluzionaria più radicale, pensava che bisognava
perseguire l’offensiva su Versailles,
ma la decisione, che fu presa non andò in quella direzione. E fu allora che il
destino di Louise Michel cambiò; lei stessa, da sola e volontariamente, si recò
a Versailles
per tentare di capire come fare per uccidere Thiers. “Ed io che
pur sono accusata di bontà senza limiti, io avrei senza rimorso schiantata la
vita di quel nano (Thiers) che doveva poi fare tante vittime:
laghi di sangue non sarebbero colati, mucchi di morti non avrebbero
ingombrato Parigi, alti come montagne, e mutata la città in un macello. Prevedendo quanto avrebbe fatto questo borghese dal
cuore di tigre, io pensavo che
uccidendo Thiers
all'Assemblea, il terrore sarebbe
stato tale da arrestare di colpo la
reazione. Quante volte, nei giorni della disfatta, mi sono rimproverata
di aver chiesto su ciò consiglio: le nostre due vite avrebbero evitato la
carneficina di Parigi (Louise Michel, La
Comune)”.
Durante i
72 giorni della Comune, Louise, alternativamente ambulanziera o
combattente, si diede tanto da fare. Fu su tutti i fronti prodigandosi generosamente.
Instancabile propagandista, conferenziera ed abile oratrice, diffuse lo spirito
della Comune
animando il Club
de la Révolution nella chiesa
di Saint-Bernard de la Chapelle, di cui presiedette spesso le riunioni.
Collaborò ai giornali che sostenevano la rivoluzione, come «Le
Cri du peuple» e «La
Marseillaise», non trascurò le sue scuole e fu sempre interessata ai
problemi dell'educazione: legata agli organi della Comune
relativi all'istruzione. Louise propose un nuovo metodo di educazione, vivace e
popolare, fondata sull’idea di "formare il più possibile basi
elementari con il minor numero possibile di parole". In quei giorni
firmò una petizione per l'istituzione di scuole professionali per le ragazze,
per gli creare orfanotrofi al posto delle secolari istituzioni religiose.
Il 1°
aprile il governo di Versailles
dichiarò guerra alla Comune di
Parigi e Louise partecipò alla resistenza armata. In quell'occasione
indossò la divisa della Guardia
Nazionale e fece parte del 61° battaglione. L'esercito era composto da
35000 uomini, 3000 cavalli e 5000 gendarmi.
Dal 3
aprile fino alla Settimana
sanguinante, Louise Michel si diede da fare col suo fucile; lei disse
di aver abbandonato la lotta solo due volte e "per un breve
periodo". Nei mesi di aprile e maggio, quando le truppe governative
attaccarono Parigi, combatté in prima fila a Clamart, ad Issy-les-Moulineaux,
dove fu ferita, a Neuilly e, infine, a maggio si trovò sulle barricate di
Clignancourt, dove sparò i suoi ultimi colpi di arma da fuoco.
Nel mese di maggio, i
versagliesi di Thiers
ebbero il sopravvento e cominciarono i massacri.
Nell'ultima veglia di libertà,
cioè nella notte in cui i Comunardi
organizzarono un'estrema difesa del cimitero di Montmartre,
era andata tra le tombe con la scusa di verificare che non ci fossero brecce
indifese; e seguendo i viali profondi, aveva ritrovato la sepoltura di
un'amica, una donna "di gran cuore", come lei istitutrice dei
poveri a Montmartre,
ed era rimasta ferma tra i colpi di mortaio a godersi "la quiete della
morte". Georges
Clemenceau, che aveva concepito un singolare sentimento di stima per la passionaria,
ammirò la calma di Louise in battaglia e non capì mai come non la avessero
uccisa cento volte sotto i suoi occhi.
Non erano mai riusciti a prenderla sempre fuggita
miracolosamente alla morte, mentre da 15.000 a 30.000 uomini, donne e talvolta bambini sono stati giustiziati senza ulteriori
processi. La lotta si concluse, per lei, a Clignancourt. Aveva tenuto, sola con
due uomini, una barricata. A destra aveva un capitano dei Federati,
impassibile, profilo da medaglia romana; tirava senza mai fermarsi; quando il
fucile era infuocato, passava alla pistola. Era stupido, era venuto ad aiutarla
a far riparare un ferito da una pioggia di proiettili, ma era stato necessario
chiederglielo dieci volte. Ad un certo punto erano venuti verso la barricata
dei Comunardi
e loro li avevano accolti; per scoprire troppo tardi che erano nemici
travestiti. Ma era difficile agguantare Louise, lei riuscì a sfuggire alle loro
ricerche. I versagliesi andarono a casa a cercarla e presero sua madre per
fucilarla.
Louise Michel si arrese il 24
maggio 1871 a Versailles
in cambio di sua madre arrestata al suo posto. Informata dell’arresto di
Marianne, si procurò un cappellino e una gonna, la sua era crivellata di
pallottole; e nella Parigi riconquistata dalle truppe governative corse a
cercare la madre. La porta dell'appartamento era aperta, il cortile della
scuola deserto. Si precipitò al primo posto di guardia dell'esercito vittorioso
e si consegnò al nemico per fare liberare la madre: "Dov'è mia madre?
Sono Louise Michel", si era consegnata. "Portatela al bastione
37, senza perderla di vista", avevano ordinato, ma lei era partita
come il vento, seguita a fatica dai soldati, ed effettuò lo scambio.
Arrestata e processata
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Jules Girardet - L'arresto di Louise Michel |
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Jules Girardet - Louise Michel al Camp de Satory |
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Ritratto di
Louise Michel annotato dai Versagliesi durante il suo processo:
"Capo dell'insurrezione, voleva uccidere M. Thiers" |
In un primo momento, rischiò
più volte di essere fucilata; non fu una prigioniera disciplinata. Ad una
guardia aveva tirato in testa una bottiglia di caffè che tentarono di toglierle
davanti alla visitatrice che gliel’aveva portata, senza aspettare almeno che si
allontanasse; poi si scusò di aver colpito un pover'uomo, "ma non
c'erano ufficiali a tiro", disse.
Rimase con i condannati alla
fucilazione attendendo il suo turno. Il pittore Jules Girardet rappresentò la
rivoluzionaria in due tavole. La prima rappresenta il suo arresto, il 24
maggio 1871. La secondo è intitolata Louise Michel a Satory,
e la mostra nell’atto di arringare i Comunardi.
Da Satory
fu trasferita a Versailles
nella prigione dei Chantiers (dei cantieri), dove in una sola notte impazzirono
sette donne.
Il 28 giugno iniziò il processo a suo carico.
L'accusa la dipinse come «ambiziosa di elevarsi al livello dell'uomo,
superandolo nei vizi» e responsabile di tentato colpo di Stato, istigazione
alla guerra civile, complicità nell'esecuzione di ostaggi, uso di armi militari
e falsificazione di documenti. Louise sembrò minimizzare la sua azione, rifiutò
di difendersi dichiarandosi «sostenitrice assoluta della rivoluzione sociale», assumendosi la responsabilità di tutte
le sue azioni e chiedendo per sé la condanna a morte: “Se mi lascerete
vivere, esorterò incessantemente alla vendetta”.
Ammise di essere stata
infermiera nel reparto ambulanze, confermò di credere nel progetto dei Comunardi
e nel volere l'abolizione dell’istituzione clericale.
|
Loise Michel al suo processo |
Al secondo interrogatorio, il
19 settembre, scoprì che Théophile
Ferré, che lei aveva segretamente amato, imprigionato anch'egli, venne
condannato a morte e che doveva essere fucilato; per questo apparrà ancor più
risoluta nelle sue dichiarazioni, si prese di coraggio di fronte ai militari e
dichiarò, con orgoglio, la sua partecipazione agli eventi: “Sono accusata di
essere complice della Comune!
Certo che lo sono perché la Comune
voleva prima di tutto la rivoluzione sociale che è ciò che desidero
ansiosamente; è un onore per me essere una delle autrici della Comune,
che peraltro non ha niente a che fare con omicidi e incendi dolosi. Volete
sapere chi sono i veri colpevoli? La polizia”.
L'11
novembre, venne trasferita alla prigione di Arras,
nel dipartimento del Passo di Calais.
Il 28 novembre Ferré
venne fucilato, Louise gli fece giungere una poesia d'addio, Les Œillets
rouges (I garofani rossi). Quel giorno, anche un altro suo conoscente, Louis
Rossel, fu fucilato.
Inizialmente sembrò che anche
lei fosse destinata alla fucilazione immediata, invece subì un nuovo
interrogatorio. Le accuse che le autorità le rivolsero furono:
·
attentato con intenzione di
rovesciare il governo;
·
istigazione alla guerra civile;
·
detenzione di armi e uniformi al
momento della rivolta nonché uso delle armi;
·
false dichiarazioni in scritti privati al
fine di occultare la propria identità;
·
uso di documenti falsi;
·
concorso nell'uccisione di ostaggi;
·
concorso in arresti illegali.
L’atto d’accusa specificava che durante la sua
attività aveva incessantemente continuato ad «[…] aizzare la plebaglia,
applaudire gli omicidi, rovinare i bambini, predicare la guerra civile, in una parola,
incitare a tutti i crimini possibili. Ella andò ancora oltre, dando
personalmente l’esempio e mettendo in gioco la propria persona […]».
Quando il suo processo ebbe inizio il 16 dicembre
1871, non esitò più a sfidare il 6°
Consiglio di guerra con determinazione e coraggio che le valsero
l'ammirazione dei suoi parenti e detrattori.
Louise Michel reclamò la morte al tribunale,
in quell’occasione apparve davanti ai suoi giudici vestita di nero e disse:
"Non voglio difendermi e non voglio essere difesa, appartengo
completamente alla rivoluzione sociale e mi dichiaro responsabile delle mie
azioni", alla fine del processo aggiunse: "Bisogna escludermi dalla
società, siete stati incaricati di farlo, bene! L'accusa ha ragione. Sembra che
ogni cuore che batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo,
ebbene pretendo la mia parte!".
In seguito a quest'evento, Victor
Hugo le dedicò la poesia Viro
Major ("Viro major" letteralmente "più grande di un
uomo").
« […]
E coloro che come me, ti sanno incapace
di qualunque cosa non sia eroismo e virtù,
che sanno che, se Dio ti dicesse – Da dove vieni?-,
risponderesti – Vengo dalla notte in cui si soffre;
Dio, esco dal dovere di cui voi fate abisso!-
Che conoscono i tuoi versi misteriosi e dolci,
i tuoi giorni, le tue notti, i tuoi affanni, le tue
lacrime donate a tutti,
l’oblio di te stessa nel soccorrere gli altri,
le tue parole simili alle fiamme degli apostoli;
che conoscono il tetto senza fuoco, senz’aria, senza pane,
la branda col tavolo di abete,
la tua bontà, la tua fierezza di donna del popolo,
l’agra tenerezza che dorme sotto la tua collera,
il tuo profondo sguardo d’odio per tutti gli inumani,
e i piedi dei bimbi riscaldati tra le tue mani;
costoro, donna, davanti alla tua indomita maestosità,
meditavano e, malgrado la piega amara della tua bocca,
malgrado l’esecratore che, accanendosi su di te,
ti scagliava contro le urla indignate della legge,
malgrado la tua voce fatale e alta che t’accusa,
vedevano splendere l’angelo attraverso la medusa
[…] »
|
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Victor Hugo |
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Dal processo di Louise Michel
Resoconto
della Gazzetta dei Tribunali
Presidente
Signor DELAPORTE, colonnello del 12° cacciatori a cavallo.
Udienza del 16 Dicembre 1871.
" […] Di conseguenza, la nostra opinione è mettere Louise Michel
sotto processo per:
1. Attentato finalizzato
a rovesciare il governo;
2. Attentato avente come
obiettivo di incitare alla guerra civile, portando i cittadini ad armarsi l’uno
contro l'altro;
3. Per aver portato, al
momento della rivolta, armi e uniforme militare, e fatto uso di tali armi;
4. False dichiarazioni in
scritti privati al fine di occultare la propria identità;
5. Uso di documenti
falsi;
6. Complicità alla
provocazione e cospirazione dell’assassinio di gente tenuta presumibilmente
come ostaggio da parte della Comune;
7. Complicità ad arresti
illegali, seguiti da torture fisiche e la morte, con assistenza e conoscenza
degli autori dell'azione e dei fatti accaduti;
Crimini
previsti dagli articoli 87, 91, 150, 151, 159, 59, 60, 302, 341, 344 del codice
penale e dell’articolo 5 della legge del 24 maggio, 1834.
Presidente: - Avete sentito i fatti prima di essere accusata. Che cosa
avete da dire in vostra difesa?
Louise Michel: - Io non voglio difendermi, io non
voglio essere difesa. Io appartengo interamente alla rivoluzione sociale, e
dichiaro di accettare la responsabilità per le mie azioni. Accetto tutto e
senza restrizioni. Voi mi accusate di aver partecipato all'uccisione dei
generali? Per questo mi sento di rispondere affermativamente se essermi trovata
a Montmartre
quando volevano sparare sulla gente. Non esiterei a sparare su coloro che hanno
dato ordini simili. Ma quando sono stati fatti prigionieri, io non capì che
sono stati fucilati, e guardo questo atto come un’emerita viltà!
Per quanto riguarda l’incendio di Parigi, a cui ho partecipato. Ho
voluto opporre una barriera di fiamme agli invasori di Versailles.
Non sono stata complice di questo. Ho agito secondo il mio proprio istinto.
Dicono anche che sono complice della Comune!
Assolutamente sì, dal momento che la Comune
ha voluto prima di tutto la rivoluzione sociale, e la rivoluzione sociale è il
più caro dei miei desideri. Inoltre, sono onorata di essere una dei promotori
della Comune
che non è d’altronde per niente, che si sappia bene per niente, responsabile di
omicidi e di incendi. Io, che ho partecipato a tutte le sedute tenutesi all'Hôtel
de Ville, dichiaro che non c'è mai stata una decisione di omicidio o di
incendio. Volete sapere chi sono i veri colpevoli? È la polizia, e poi, forse,
si farà luce su tutti questi eventi di cui oggi si tende naturalmente a
ritenere responsabili tutti i sostenitori della rivoluzione sociale.
Un giorno, proposi di Ferré
di invadere l'Assemblea municipale. Io volevo due vittime, signor Thiers
e me, perché io volevo sacrificare la mia vita ed ero determinata ad ucciderlo.
Presidente: - In un
proclama, voi avete detto che dovevate, ogni 24 ore, fucilare un ostaggio?
Louise Michel: - No, io
volevo solamente minacciare. Ma perché mi difendo? Ho già detto, mi rifiuto di
farlo. Voi siete uomini, voi giudicatemi. Voi siete davanti a me a viso
scoperto. Voi siete uomini e io sono solo una donna, eppure io vi guardo in
faccia. Io so bene che tutto quello che dirò a voi non cambierà la vostra
sentenza. Dunque una sola e ultima parola prima di sedermi. Non abbiamo mai
voluto il trionfo della Rivoluzione. Giuro sui nostri martiri che sono caduti
sul campo
di Satory, sui
nostri martiri che io altamente acclamo ancora qui, e che un giorno troveranno
bene un vendicatore.
Ancora una
parola, io sono vostra. Fate di me ciò che volete. Prendete la mia vita, se lo
volete; Io non sono che una donna a voi la decisione in un istante.
Presidente: - Lei afferma di non aver approvato l'assassinio dei
generali e tuttavia si dice che, da quando abbiamo appreso, voi avete
esclamato: "Li fuciliamo, è fatta!"
Louise Michel: - Sì, l’ho detto, lo ammetto. Mi ricordo anche che era in
presenza dei cittadini Moussu e
Ferré.
Presidente: - Voi dunque approvaste
l’assassinio?
Louise Michel: -
Permettetemi! Questa non è una prova. Le parole che ho pronunciato erano
destinate a non fermare l'impulso rivoluzionario.
Presidente: - Avete
scritto anche sui giornali, nel "Le
Cri du Peuple", per esempio?
Louise Michel: - Sì, non lo nego.
Presidente: - Questi giornali chiedevano ogni giorno la confisca dei
beni della Chiesa e altre misure rivoluzionarie simili. Questi sono state
dunque le vostre opinioni?
Louise
Michel: - In
effetti! Ma faccio di notare che non abbiamo mai voluto prendere la proprietà
per noi. Noi pensavamo di donarla al popolo per il loro benessere.
Presidente: - Avete chiesto l’abolizione della magistratura?
Louise Michel: - Perché ho visto con i miei occhi
gli esempi dei suoi errori. Mi sono ricordata del caso Lesurques e molti altri.
Presidente: - Riconosce di aver tentato di assassinare Thiers?
Louise Michel: -
Perfettamente ... L'ho detto e lo ripeto.
Presidente: - Sembra
che voi indossavate vari vestiti durante la Comune?
Louise Michel: - Io ero
vestita come al solito. Aggiungo una cintura rossa sui miei vestiti.
Presidente: - Non avete
indossato molte volte un vestito da uomo?
Presidente (Rivolto
alla testimone donna Poulain Marchande): - Voi conoscete l'imputata? Sapete
quali erano le sue idee politiche?
Poulain Marchande: - Sì,
signor Presidente.
Louise Michel: - Ma io ho
confessato il fatto! Non è necessario che i testimoni vengono ascoltati.
Presidente (Rivolto
alla testimone donna Botin, pittrice): - Louise Michel non ha denunciato uno
dei tuoi fratelli per costringerlo a servire nella Guardia
Nazionale?
donna Botin: - Sì, signor
Presidente.
Louise Michel: - La
testimone aveva un fratello, l’ho creduto coraggioso e ho voluto che servisse
la Comune.
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Louise Michel davanti al consiglio di guerra neò 1871 |
Presidente (Rivolto
alla testimone donna Botin): - Ha visto l'imputata, un giorno su una carrozza,
passeggiando in mezzo alle guardie e fare loro saluti da regina, secondo la
vostra impressione?
donna Botin: - Sì,
signor Presidente.
Louise Michel: - Ma questo
non può essere vero, perché ho voluto imitare queste regine che non parlano e
che mi piacerebbe vedere tutte decapitate come Maria Antoinetta. La verità è
che sono semplicemente salita sulla carrozza perché soffrivo per una
distorsione che è stata il risultato di una caduta fatta ad Issy.”
Un’altra testimone, donna Pompon,
portinaia, ripete tutto quello che ha detto sul conto degli accusati. La
conoscevamo come altamente esaltata.
Presidente (Rivolto
alla testimone Cecile Denéziat, disoccupata, conoscente dell'accusata): -
L’avete vista vestita da Guardia
Nazionale?
Cecile Denéziat: - Sì, una
volta, il 18
marzo.
Presidente: - Portava
una carabina?
Cecile
Denéziat: - L’ho detto, ma non mi ricordo bene il fatto.
Presidente (Rivolto
alla testimone Cecile Denéziat): - L’ha vista passeggiare su una carrozza in
mezzo alla Guardia
Nazionale?
Cecile
Denéziat: - Sì, signor Presidente, ma non ricordo i dettagli del fatto.
Presidente (Rivolto
alla testimone Cecile Denéziat): - Lei ha anche detto pensavate si trovasse in
prima linea quando furono assassinati i generali Clement
Thomas e Lecomte?
Cecile
Denéziat: - Io stavo solo ripetendo quello che sentivo dire intorno a me.
Prende la parola il capitano Dailly.
Egli ha chiesto al Consiglio
di rimuovere l’accusata dalla società che per lui è un pericolo costante.
Abbandonò le accuse su tutti i fronti, ad eccezione della detenzione di armi
apparenti o nascoste durante il movimento insurrezionale.
La signora Haussman, a cui la
parola è quindi data, dichiara che davanti alla volontà formale dell’accusata
di non essere difesa, si appella semplicemente alla saggezza del Consiglio
di guerra.
Presidente: - Accusata, avete qualcosa da dire
in vostra difesa?
Louise Michel: - Quello
che io reclamo da voi, voi che formate il Consiglio
di guerra, voi che vi dichiarate i miei giudici, che non vi nascondete più
come commissione di grazia, di voi che siete dei militari e che giudicate di
fronte a tutti, è il campo
di Satory dove sono già caduti i nostri fratelli! Bisogna escludermi dalla
società, siete stati incaricati di farlo, bene! L'accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore che
batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo
la mia parte! Se mi lasciate vivere, non potrò mai smettere di gridare
vendetta, e mi appellerò alla vendetta dei miei fratelli assassinati dalla
commissione di grazia ...
Presidente: - Non posso lasciarla parlare, se
continuate con quel tono!
Louise Michel: - Ho finito! Se non siete
vigliacchi, uccidetemi!
Dopo queste parole che hanno causato profonda
emozione tra il pubblico, il Consiglio
si ritira per deliberare. Dopo pochi istanti, è tornato per la sentenza e, al
termine del verdetto, Louise Michel è stata condannata all'unanimità alla
deportazione in una prigione fortificata.
Ricondotta in aula, l’accusata è stata portata a conoscenza del
giudizio. Quando il cancelliere le ha detto che ha 24 ore per chiedere una
revisione della sentenza: "No! gridò lei, non mi appello,
preferisco la morte!"
da «La
Gazzetta dei Tribunali», dicembre
1871.
Il suo intervento, che oscillava tra preghiera e
provocazione, valse per lei l’essere condannata alla deportazione perpetua in Nuova
Caledonia come altri 4500 Comunardi.
Dal carcere, Louise scrisse ad Hugo,
Clemenceau,
Sarah Bernhardt, Jules
Guesde, letterati della cerchia di Dumas
e Verlaine, grandi anarchici come
Kropotkin. Allo stesso modo si
rivolse ai diseredati, ad illetterati, a certi che "non hanno
disimparato il mestiere di servire". Ed erano sempre lettere di una
qualità letteraria incredibile, una sfida continua alle condizioni in cui
furono scritte. Alcune si indovinano scarabocchiate sulle ginocchia, a terra,
nel "nido di gazze" delle compagne di pena che non si
zittiscono un momento: "sono donne piene di coraggio, ma noiose",
si lamentava Louise; nella lotta evitava di stare con le donne, confessa la
presidentessa di tanti comitati femminili. Si occupava certo della
corrispondenza delle illetterate, ma si rimproverava di non avere la pazienza
di stare a sentire le compagne di pena.
“La prigione è facile, come sempre per tutte le
istitutrici”, scrisse Louise Michel nelle sue Mémorie.
“Finalmente si è liberi del proprio tempo e dei propri pensieri. La
solitudine fa riposare. All'ultima lezione, ci si sente bestie sovraccaricate;
con un colpo di reni di fierezza si arriva alla fine senza cedere. Ma un'ora di
silenzio la si ottiene solo la notte. In carcere, si è liberi. La notte, poi,
ci si sente vivere, si può scrivere. Le poche ore di riposo le ho trovate in
prigione, ecco tutto". In prigione chiedeva libri, Tucidide, i Commentari di Cesare, le memorie della bellicosa
madame Roland e le Massime di La Rochefoucauld. Ma lei accumulava
febbrilmente missive per salvare l'amore, chiuso e inconfessato, della sua
vita, l'impassibile comunardo Ferré
che andrà alla fucilazione con pince-nez e sigaro.
Tra il 1871 e il 1873, trascorse venti mesi in
detenzione presso l’Abbazia Auberive (trasformata in prigione), nel
dipartimento della Marna. In quel periodo, la stampa la chiamava «La lupa
rossa assetata di sangue» oppure, al contrario, «La buona Louise».
La deportazione
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Carta di permesso in Nuova Caledonia
Documento per la deportazione sulla Nuova Caledonia |
Il 28 agosto 1873 venne imbarcata sulla Virginia,
una vecchia fregata a due vele trasformata in una "gabbia galleggiante"
per il trasporto dei detenuti, per essere deportata nella colonia francese situata nell'Oceano Pacifico sudoccidentale, la
destinazione era Noumea
dove arrivò dopo quattro mesi di traversata, l'8 dicembre 1873. Questo fatto
avvenne a soli venti anni da quando la Nuova
Caledonia, soprannominata "roccia", è stata ufficialmente
incorporata nell’Impero
francese e servire da prigione a cielo aperto per gli insorti provenienti da
tutto il mondo. Oltre i ribelli di Parigi, c’erano anche una manciata di
ribelli Kabyle sopravvissuti della feroce repressione del 1872.
A bordo, tra i tanti, fece la conoscenza di Henri
Rochefort, il celebre polemista, e di Nathalie
Le Mel anche lei grande animatrice della Comune. Fu
probabilmente grazie ai contatti con quest'ultima che Louise divenne anarchica;
in quel viaggio ebbe modo di ripensare a distanza tutti gli avvenimenti e si
rese conto che il potere corrompe anche gli animi più nobili. Dichiarerà
più tardi: “Sono diventata anarchica quando sono stata deportata”.
Louise Michel aveva sognato, aveva
visto il sogno prendere vita, aveva visto il sogno morire assassinato. Quando
arrivò in Nuova
Caledonia, il 10
dicembre 1873, pianse, per 5 minuti, ancora in ricordo di tutti i suoi
compagni uccisi, poi si voltò attorno, anche lì c’era molto fare.
Sbarcata a Nouméa, dopo essere stata ospite delle
galere dell’Isola dei Pini, alloggiò in una delle povere capanne della colonia
e là incontrò e strinse amicizia con il vecchio rivoluzionario italiano Amilcare
Cipriani che, nelle sue memorie, la ricordò sempre buona e affettuosa con
tutti. Amilcare
le insegnò i segreti per sopravvivere anche in condizioni estreme come quelle
che entrambi stavano subendo, la sostenne nei suoi progetti didattici presso la
popolazione locale e gli altri deportati, la protesse dalle angherie dei
guardiani. Le loro vite, da quel momento, ebbero uno sviluppo parallelo.
"Mi chiedete come sto: perfettamente",
dichiarò dalla Nuova
Caledonia, dove gli insetti proliferavano a quaranta gradi o dove il
terreno diventava, sotto la pioggia incessante, un nauseabondo acquitrino di
sabbie mobili; e pioveva anche all'interno delle baracche assemblate con
materiali di recupero dai deportati.
|
Louise Michel a Nouméa |
Il 20 maggio 1875, cinque donne, le più pericolose,
vennero trasferite dalla penisola di Ducos nella Baia dell'Est; Louise Michel
protestò vigorosamente insieme all'amica Nathalie
Le Mel, un'altra "pétroleuse" che aveva edificato due pollai. Le nuove
capanne si trovavano vicino alla foresta e per andare alla posta si doveva
affrontare una corroborante passeggiata in riva all'Oceano; Louise protestava
quando le scrivevano parole gentili, era così abituata ad essere insultata che
le cortesie la ferivano come se offrissero dolciumi a una belva.
Le lettere impiegavano, andata e ritorno, sei, otto
mesi; e un deportato, l'istitutore Verdure,
era morto di crepacuore per un pacchetto di corrispondenza arrivato troppo
tardi.
Demoralizzati, abbandonati a se
stessi e ruminando il loro fallimento, i Comunardi
vivevano in isolamento. Furono pochi quelli che si interessarono alla
sorte e alla cultura dei nativi, quei Kanak
che rifiutarono tuttavia, armi in pugno, di sottomettersi all'ordine coloniale,
e che vivevano in miseria, devastati dai parassiti, dalle autorità coloniali,
dalla dissenteria, dall’ignoranza; Louise Michel fu tra quei rari deportati,
con Charles
Malato (figlio del deportato Antoine
Malato), a denunciare e ribellarsi al destino di Kanaks,
e ci ha consegnato tutto ne "Légendes
et chansons de gestes canaques".
Gli altri, purtroppo, consideravano la popolazione indigena come inferiore,
dei selvaggi con i quali non si potevano creare legami.
L'ex
insegnante, riprese il suo lavoro di istruttrice nella comunità dei deportati.
Quella era la sua vocazione. Resterà per sette anni in Nuova
Caledonia, rifiutando di ottenere un trattamento diverso dagli altri
detenuti di sesso maschile. Negli anni passati nell'isola creò il settimanale Les
Petites Affiches de la Nouvelle-Calédonie.
Nel frattempo
aumentava l'interesse verso il popolo Kanak,
Louise decise di andare a trovarli da sola, per presentarsi. Questi ultimi che,
normalmente, preferivano evitare i bianchi, l’accettano velocemente e le
diedero presto il nome di “chènère” che significa sorella; entrò in rapporto
solidale e fece amicizia con gli autoctoni, che vivevano in forma comunitaria, dediti
all’agricoltura e alla pesca e in una semplicità di
condizioni ormai sconosciuta in Europa; fece lo sforzo di imparare la loro
lingua (cosa che era assolutamente vietata) e si aprì alla loro cultura e alle
loro tradizioni (che pubblicherà in una raccolta di racconti e leggende Kanak
dopo la suo permanenza). Fedele al suo motto "apprendere sempre e
condividere questo sapere", condividendo la loro rivolta con lo stesso
spirito di resistenza e di speranza, diventò allo stesso tempo loro studente e
loro insegnante. Inventò una scuola di alfabetizzazione per i Kanak,
partendo dai rudimenti della lingua attraverso lo sviluppo di nuovi metodi di
lettura e scrittura con le lettere mobili; improvvisò per loro dei corsi, in
particolare di storia e di politica sociale, in piena foresta, all’interno di
grotte o capanne abbandonate, e lì continuò con successo per tutta la sua
permanenza.
|
Nuova Caledonia: Louise Michel e i suoi allievi |
Da Parigi, gli amici Comunardi
pensarono di inviarle toniche letture femministe; lei chiedeva piuttosto libri
di Chimica agricola con cui intendeva indottrinare i Kanak.
Alcune notti
scappava dalla sua dimora per raggiungere i suoi nuovi amici e al chiarore dei
fuochi, ascoltava appassionatamente le leggende dei loro narratori, o discuteva
all’infinito con i loro guaritori, i “Takata”, che la iniziarono all’infusione
dei fiori di Niaouli, l’albero sacro. Louise si mostrò sempre dolce e calma con
i Kanak,
notevolmente aperta e attenta, completamente (o quasi) denudata dai pregiudizi
razziali del suo tempo, manifestò al contrario la speranza sincera di scoprire
una cultura altra, cercando di apprendere da loro tanto quanto insegnava.
Intraprese un
rudimentale ma pionieristico lavoro di etnografia, compilando un dizionario
elementare dei dialetti canachi e trascrivendo le leggende, i canti di guerra,
i poemi dei “bardi neri dell’età della pietra”. Una prima, parziale,
pubblicazione venne fatta, a puntate, nel 1875 sul settimanale di Noumea
Les Petites Affiches; poi la raccolta completa appare nel volume Légendes
et chansons de gestes canaques (Leggende e canzoni delle gesta dei
Kanak) del 1885.
Nelle sue Memorie
Louise, scrisse che valse la pena essere stata internata nel distretto degli
incorreggibiliil
che gli permise di insegnare ai Kanak.
Conobbe Daoumi, il capo dei nativi, il quale voleva "apprendere quello che
sanno i bianchi" e lei rispose che voleva apprendere quello che sanno i Canachi.
Qualche anno dopo mentre uno dei suoi ragazzi, un tempo analfabeti, scriveva la
parola «Libertè» le parve che in
qualche modo la Comune
avesse vinto.
Chiaramente questo suo
rapporto con i nativi rimase incompreso dai rivoluzionari deportati e in più
attirò le furie del governatore francese Olry, personaggio onnipotente
dell’isola che poteva decidere quasi su tutto senza doverne rendere conto a
nessuno. Il governatore giudicò con decisione questa donna pericolosa per le
sue ridicole idee di emancipazione degli indigeni: “Dove andremo a finire, santo cielo, se i Canachi adesso si mettono a parlare di
oppressione”. Questi richiami non spaventarono Louise Michel che
continuò ad avere rapporti con i nativi, e provò a far capire loro cosa aveva
significato la Comune e
la ragione per la quale lei si ritrovava al bagno penale, cosa che scatenerà le
loro personali confidenze:
“Quando i bianchi sono arrivati, all’inizio
hanno mangiato il piatto di igname che offrivamo loro. Poi hanno tagliato i
nostri alberi, portato via le nostre donne, devastato le nostre colture, ucciso
i nostri animali, preso i posti che occupavano i nostri villaggi vicino ai
corsi d’acqua, cacciandoci nella foresta. Non ci hanno dato niente, nient’altro
che tristezza, promettendoci la terra e il cielo”. Le raccontarono
la storia del progresso, la storia dell’invasione e la distruzione di tutte le
culture diverse dalla nostra che nei secoli abbiamo, come occidentali, distrutto in tutto il pianeta.
|
Guerrieri Kanak
vecchia cartolina del 1880 |
Quando i Kanak
nel 1878 si ribellarono ai colonialisti francesi, ricevettero il suo sostegno,
contrariamente a certi Comunardi
che, non esitando a schierarsi con i loro ex carnefici, collaborarono a
soffocare la rivolta. Louise scrisse: “Loro
si battono e sono pronti a morire contro la tirannia. Voi stessi qui,
deportati, banditi, esattamente per la stessa ragione…e la maggior parte di voi
osa negare i loro diritti!” Lei prese le loro difese,
e fece anche pervenire al capo della rivolta Ataï, tramite due Kanak,
vestiti completamente a modo loro -cioè senza nulla- che partendo per
l'insurrezione vennero a prendere da lei il coraggio, la sua sciarpa rossa che
portava sulle barricate: “La divisi laggiù in due parti, in una notte in cui
due canachi
vennero a dirmi addio, prima di andarsene a raggiungere i loro per battere i
cattivi bianchi”.
L’insurrezione delle zagaglie
e delle fionde contro i fucili europei volse, ovviamente al disastro: per
fermare la rivolta, le forze coloniali diedero fuoco alla foresta causando la
morte di molti Kanak,
diverse tribù vennero interamente decimate e duemila uomini, all’incirca,
morirono. Una volta che l'ordine fu restaurato, il governatore inviò le teste
mozzate dei capi dei ribelli a Parigi per l'Esposizione Universale. I vinti
furono venduti come schiavi a dei negrieri. Mezzo migliaio di Kanak
furono quindi trasportati sulle coste del Chiapas (Messico) per conoscere la
servitù dei lavoratori tzotzil
e tzeltal, e
dove saranno decimati da un'epidemia di vaiolo.
Questo è quanto scrisse su
Ataï nelle sue Memorie:
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Guerrieri Kanak |
“Ci vollero un traditore e una spedizione militare di
bianchi per uccidere Ataï e
Andia. Che tutti i traditori siano maledetti! Secondo la legge canaca, un capo
può essere ucciso da un altro capo o per delega fatta sempre da un capo. Noudo,
capo venduto ai bianchi, diede la sua delega a Segou, per uccidere Ataï, dandogli anche l'arma con la quale
doveva ucciderlo.
Segou uscì con la colonna della milizia dei bianchi e
attese Ataï tra le capanne e
Amboa; Ataï 'stava tornando
proprio al suo accampamento con alcuni della sua gente, quando Segou uscì fuori
colonna dei soldati bianchi e indicò il grande capo, riconoscibile per i suoi
capelli bianchi come la neve.
Ataï aveva avvolto la sua fionda intorno
alla sua fronte e teneva una sciabola della gendarmeria nella mano destra, e
una piccola ascia nella sua sinistra. Intorno a lui c'erano i suoi tre figli e
il bardo Andja, che era armato di una lancia corta.
Ataï 'si voltò verso la colonna di bianchi e notò Segou.
"Eccoti,"
gridò.
Il
traditore Segou esitò per un momento sotto lo sguardo del vecchio capo, ma poi,
volendo che tutto finisse, lanciò la lancia corta su Ataï che venne trafitto al braccio
destro. Tentò di contrattaccare con l’ascia che teneva con la sinistra, mentre
i suoi figli, che etano attorno a lui, venivano colpiti: , uno ucciso e gli
altri feriti. Andja saltò in avanti gridando «Accidenti! Accidenti!» E cade
ferito a morte all'istante.
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Insurrezione kanaka 1878 |
Poi
Segou si diresse verso Ataï
ferito, e con la sua ascia lo colpì colpo dopo colpo, allo stesso modo in cui
avrebbe tagliato un albero. Ataï
cadde e Segou afferrandogli la testa parzialmente tagliata continuò ad
infliggergli parecchi colpi, fin quando il grande capo canaco morì.
La
testa di Ataï fu inviato a
Parigi, ma non so cosa è successo al bardo Andja”.
Nel 1879, mentre
in Francia molti parlamentari stavano lavorando per l'amnistia
dei Comunardi, la pena per «deportazione in un carcere fortificato» di
Louise Michel è stata commutata in deportazione singola e così venne trasferita
a Nouméa (l’attuale capitale). 1879 si installò presso una tribù; il suo
trasloco fu pittoresco: un forzato l’accompagnò fino alla barca dondolando in
testa l'immensa scatola dei gatti di Louise, un altro si incaricò dei suoi
cani.
Riprese così il suo mestiere
di insegnante, dapprima per i figli maschi dei deportati, poi nelle scuole
delle bambine. Chiese di aprire una scuola in una tribù Kanak;
intendeva risiedere tra quei feroci antropofagi per almeno un anno, per
studiarne la lingua e le cerimonie. "Non si fanno seimila leghe per non
vedere niente, e senza rendersi utili". Iniziò ad istruire anche i Kanak,
fu insegnante per i bianchi e per i neri per la prima volta uniti nella stessa
classe. Il sindaco, Simone, che l’apprezzava, le affidò il corso di disegno e
di musica alla scuola normale femminile.
Durante questo soggiorno,
costruì anche dei rapporti con i ribelli algerini, anche loro deportati.
Nel 1880 ottenne finalmente tornare
a casa, grazie all’amnistia
generale concessa a tutti i Comunardi l'11 luglio 1880. All'imbarco per la
Francia, fu commoventemente salutata da una folla di nativi accorsi in lacrime
per darle l’addio, i quali le strapparono la promessa che prima o poi sarebbe
tornata a trovarli.
Il ritorno in Francia
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Copertina del Le Journal illustré
dedicato all'arrivo di Louise Michel alla
stazione di Saint-Lazare |
Louise Michel s’imbarcò per
Parigi, via Melbourne e Londra. Giunse a Parigi il 9 novembre 1880 sbarcando
nel porto di Dieppe e poi a Parigi. Il suo arrivo alla stazione Saint-Lazare,
il 9 novembre 1880, fu trionfale. Sulla piattaforma l’attesero Clemenceau,
Louis
Blanc, Henri
Rochefort e una festante folla di oltre diecimila persone con grida di
"Viva Louise Michel, Vive la Comune,
Abbasso gli assassini!". I francesi e, in particolare, i parigini non
avevano, evidentemente, dimenticato i suoi sacrifici e la speranza che aveva
saputo suscitare in loro durante i giorni della Comune.
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Louise Michel accolta al suo arrivo col treno 1880 |
Forte della solidarietà
dimostrata dai compagni e sempre più presa dalla sua missione, dopo essersi
riunita con sua madre e gli amici e affiancata in modo permanente da diversi
poliziotti incaricati della sua sorveglianza, riprese la sua infaticabile
attività di militante politica: diventò un'instancabile propagatrice del
pensiero anarchico, tenne riunioni e conferenze, partecipò a convegni e a
manifestazioni; parliamo di centinaia, di migliaia di incontri, in cui
partecipò in Francia, ma anche in Europa (Belgio, Paesi Bassi, Inghilterra). Il
primo ebbe luogo il 21 novembre 1880
a Parigi. Il 4 gennaio 1881 pronunciò l'elogio di Blanqui.
Iniziò a collaborare
assiduamente al giornale La Révolution Sociale, allora molto diffuso e
apprezzato negli ambienti rivoluzionari e ad esprimere apertamente il suo
pensiero.
Due mesi dopo il suo ritorno,
cominciò a pubblicare a puntate il romanzo La
Misère.
Fondò la "Lega delle
donne" e disse: "vogliamo che le donne imparino quali siano i
loro diritti e quali i loro compiti, vogliamo che l'uomo non consideri la sua
compagna come schiava ma come uguale a lui".
Si dedicò al movimento
anarchico e partecipò come delegata, nel luglio 1881, all’importante e storico
Congresso londinese dell'Internazionale
anarchica,
presieduto da Pëtr Alekseevič Kropotkin[20] e da Edwin Dun,
nel quale fu stabilita la parola d'ordine della «propaganda attraverso
l'azione»; Louise Michel preferiva in realtà che fosse l'azione sindacale a
costituire un mezzo di penetrazione dell'ideologia anarchica. Louise fu
monitorata costantemente, fino ai suoi ultimi giorni e regolarmente fu vittima
di diverse condanne. Il 18 gennaio 1882 fece un “soggiorno” di 15 giorni in
carcere per oltraggio agli agenti di polizia durante una manifestazione per
l'anniversario della morte di Blanqui.
Il 18 marzo 1882, durante una
riunione nella Salle Favié di Parigi, propose che gli anarchici adottassero a
proprio emblema la bandiera nera, per dissociarsi senza ambiguità dai
socialisti 'autoritari' e parlamentaristi:
“Basta con la bandiera rossa bagnata del sangue
dei nostri soldati. Io inalbererò la bandiera nera, che porta il lutto dei
nostri morti e delle nostre illusioni”.
Con l’anarchico Émile Pouget
organizzò, il 9 marzo 1883, una manifestazione di disoccupati, dove predissero l‘immediata
espropriazione dei capitalisti, e in cui riuscirono a far partecipare circa 15.000 persone negli Invalides.
L’imponente manifestazione all’aperto venne interrotta dalla polizia e circa
500 manifestanti, con Michel in testa che sventolava la sua bandiera nera (si trattava in realtà di una vecchia sottana nera
attaccata a un manico di scopa), urlavano: “Pane, lavoro o piombo!”, marciando
lungo boulevard Saint Germain. La folla saccheggiò tre panetterie prima di
venire attaccata dalla polizia.
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Boulevard Saint Germain: in questo viale, il 9 marzo 1883, sventolò la prima bandiera nera
anarchica |
Alcune decine di manifestanti furono arrestati:
Louise si sottrasse all'arresto ma, fu ricercata perché identificata dalle forze dell'ordine e
accusata di avere istigato i disordini. Alla fine di un rocambolesco
tentativo di caccia per quasi tre settimane, Louise Michel ha ridicolizzato il
capo della polizia di Parigi costituendosi. Venne incarcerata il 1 aprile 1883
nel carcere di Saint-Lazare.
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Louise Michel nel periodo delle sue conferenze |
Il suo processo, così come quello di Émile Pouget[29]
e di Eugene Mareuil,
iniziò il 20 giugno. Accusati di essere i mandanti dei saccheggi delle
panetterie, sono apparsi sotto l'accusa di "cospirazione contro la
sicurezza dello Stato" considerando che la dimostrazione avrebbe potuto portare
a un'insurrezione ...
Durante il processo, Louise Michel ha accusato più di
quanto si difendesse. Ha denunciato l'accusa di aver saccheggiato le panetterie
e le ha assicurato: "È un vero processo politico che ci viene fatto;
non siamo noi che siamo perseguiti, è il partito anarchico che è perseguito
tramite noi ... ". Fu pesantemente punita, venne
condannata a sei anni di detenzione e dieci anni di alta sorveglianza della
polizia. (Sui fatti avvenuti il 9 marzo 1883, vedasi il capitolo «9 marzo 1883 Esplanade des Invalides»
più avanti).
Una volta pronunciato il verdetto, Louise ritornò
nella sua cella nella prigione di Saint-Lazare prima di essere trasferita a
Clermont de l'Oise
il 15 luglio 1883. Coerente con sé stessa, durante la detenzione rifiutò ogni
trattamento di favore, volendo condividere la stessa sorte penosa degli altri
compagni incarcerati. Rimase così in isolamento, rinchiusa in un'angusta e
malsana cella per diversi mesi.
In carcere, la sua unica preoccupazione era Marianne,
sua madre. Da lontano cercò di risolvere i problemi di Marianne e solo il 12
dicembre le fu concesso di vedere per l’ultima volta la vecchia madre
paralitica, che per tutta la vita aveva seguito con apprensione e orgoglio le
imprese della figlia. A causa dell'isolamento in carcere, alla sua vista, ebbe
delle allucinazioni e pensò che volessero seppellire la madre viva. Le
somministrarono un calmante e pian piano ritornò in sé. Fu in seguito a questo
episodio che cercarono di farla passare per pazza.
Poté rimanere al suo capezzale con Clemenceau,
accompagnata da agenti di polizia fino al 3 gennaio 1885, data della morte di
Marianne Michel. Non ebbe l’autorizzazione a partecipare ai funerali, e fu
rimandata in prigione.
Il 14 gennaio 1886, grazie agli interventi di Clemenceau,
Rochefort
e dietro pressione dell’opinione pubblica, il presidente della Repubblica Jules
Grévy concesse la grazia a lei e altri anarchici condannati, come Kropotkin[20], allora imprigionato a Clairvaux.
Louise non aveva richiesto la grazia ed anzi, quando gliel’annunciarono,
rifiutò di lasciare la galera, mettendo di nuovo in imbarazzo l'amministrazione
della prigione!
Riprese come nulla fosse la sua attività frenetica e
già il 14 agosto 1886 tornò in prigione, fu nuovamente condannata a quattro
mesi di prigione per il suo intervento in una manifestazione a sostegno dei
minatori di Decazeville,
insieme a Jules
Guesde, Paul
Lafargue e al socialista Paul de Susini.
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Annoncio di una conferenza tenuta da Louise Michel a Parigi nel maggio 1902 |
Durante la manifestazione lei pronunciò un discorso
in favore di quelli che dovevano essere processati per l'omicidio
dell’ingegnere Watrin. Per questo, come scritto prima, venne condannata a
quattro mesi di reclusione, con i suoi compagni per istigazione a delinquere.
Ricorsero in appello e furono rilasciato nel mese di settembre, ma non Louise,
che non fece nessun ricorso. Uscì finalmente in novembre dopo aver scontato la
pena.
«Lei
ama il Povero aspro e franco o il timido;
lei è
la falce nel grano maturo per il pane bianco del Povero,
e la
santa Cecilia,
la Musa
rauca e gracile
del
Povero e l'angelo custode
a
questo semplice, a quest'indocile.
Louise
Michel è molto buona».
A novembre, beneficiò di una clemenza.
Riprese come nulla fosse la sua attività. Nel gennaio
1887 si schierò contro la pena di morte, in reazione alla pena cui fu
condannato il suo amico Clement Duval
(per incendio doloso, furto qualificato,
percosse e ferite in danno di un agente della
polizia) uno dei primi anarchici espropriatori che davanti al
tribunale rivendicò l’esproprio come atto di attacco allo Stato.
L'attività frenetica di Louise Michel spaventava e
infastidiva molte persone: vennero imbastite contro di lei accuse false nella
speranza di rigettarla in qualche galera di Stato,
Sempre in riunioni e in incontri, sfuggì
miracolosamente ad un attentato, il 22 gennaio 1888, al teatro Gaîté di Le
Havre,
e dove aveva pronunciato un discorso. L'estremista Pierre Lucas (si dice pagato
da un prete) attentò alla sua vita, senza riuscirci (le sparò due colpi di
pistola che la ferirono leggermente ad un orecchio); pare che in quella
circostanza sia stata lei stessa a intervenire con un gesto d’estrema
generosità per far liberare il suo aggressore e sottrarlo al linciaggio della
folla. Non si costituì nemmeno parte civile e al processo, intervenendo a
favore del suo aggressore, volle attenuare le responsabilità dell'imputato
testimoniando a suo favore facendo in modo che quest'ultimo non fosse
condannato ma riconosciuto come penalmente irresponsabile al momento dei fatti.
Louise era fatta così: decisa e tollerante, intransigente e generosa, libera e
disposta ad ogni sacrificio pur d’affermare i suoi diritti di donna e di
rivoluzionaria.
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Louise Michel nel periodo delle sue conferenze |
Era presente al fianco di Charles
Malato, il 9 agosto 1888, durante una manifestazione in pieno sciopero di
operai in cui, Joseph Tortelier
di fronte a 400 persone disse: "È solo con sciopero universale che il
lavoratore creerà una nuova società nella quale non ci saranno più di tiranni”.
All'avvicinarsi del 1° maggio 1890, gli anarchici di
Vienne
condussero un'intensa propaganda per dare a questo giorno un carattere
rivoluzionario. La loro campagna è culminata con l'arrivo degli attivisti
parigini Alexandre Tennevin
e Louise Michel, che, dopo aver tenuto riunioni
a Saint-Etienne,
Firminy,
Reims,
Lyon e
Saint-Chamond, sul
tema dello sciopero generale, con oratori che proponevano di trasformare il
Primo Maggio in una giornata di azione rivoluzionaria, il 29 aprile hanno
parlato a Vienne davanti a 3.000 persone nel cortile del teatro (Louise
nell’occasione ha pronunciato un discorso per la rivolta che ha spaventato le
autorità).
Il 30 aprile i due parigini
hanno lasciato Vienne, e il 1° maggio nuovi incontri hanno avuto luogo. Il
sindaco che ha cercato di intervenire in uno di questi, è stato espulso dalla
stanza e il commissario di polizia è rimasto ferito. Si formò una processione
preceduta dalle bandiere
rosse e nere. I
manifestanti hanno proposto di far uscire da tre fabbriche i lavoratori che non
avevano seguito lo sciopero. La polizia e la gendarmeria intervennero. I
dimostranti ptornarono indietro e saccheggiarono i negozi di Brocard, il
padrone di una filanda. Quindi la manifestazione si disperse. Nel pomeriggio,
la città fu messa sotto assedio e furono fatti circa sessanta arresti. Gli
scioperi durarono alcuni giorni e poi, il 6 maggio, i lavori ripresero ovunque.
Un mandato fu emesso contro Louise e contro il
tipografo, giornalista e militante anarchico francese Alexandre Tennevin[38]. Accusati di "provocazione diretta da
discorsi fatti in riunioni pubbliche per azioni di crimini e offese",
Louise Michel e il suo compagno furono chiamati ad apparire alla Corte
d'assise. Tuttavia, venne disposta la libertà provvisoria esclusiva per Louise Michel. Il 31 maggio
Louise è stata ufficialmente informata della sua liberazione in una causa,
mentre altri imputati sono rimasti in carcere. Rifiutò la libertà, fintanto che
i suoi compagni rimanevano in prigione e, presa da uno scatto di nervi, nella
sua cella ha iniziato a rompere tutto tanto che il medico della prigione
propose il suo internamento in un ospedale psichiatrico dichiarando che Louise
Michel “sta soffrendo di delirio di persecuzione”. Nonostante i
certificati medici, che l'avrebbero fatta cadere sotto il regime di ricovero
d’ufficio, alla fine non fu internata. Il ministro degli interni ha ordinato il
suo rilascio. Lasciò l'ospedale il 4 giugno e si recò a Parigi, dove, da una
settimana, tutti i giornali erano appassionati ogni giorno per la sua
disavventura.
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Con Louise Michel a sinistra il Dottor Berthollet e a destra Charlotte Vauvelle |
Dopo molteplici dichiarazioni, ha iniziato un
nuovo tour di conferenze intitolato «Appunti di una irresponsabile».
Per un “cambiamento d'aria”, accettò l’invito di Kropotkin[20] e nel mese di luglio si trasferì a
Londra, tra gli europei proscritti, con la sua amica Charlotte Vauvelle,
che l’accompagnò durante i suoi ultimi anni.
Rimase lì 5 anni, sempre sotto l'occhio costante
della polizia, facendo dei brevi ritorni in Francia. Nel 1892, gestì una scuola
fondata dal Gruppo libertario di lingua francese, in cui, volle
sviluppare un’educazione non autoritaria (libertà di parola, autorità
condivisa, autodisciplina).
Nella capitale inglese frequentò e strinse amicizia
con molti maestri del libero pensiero tra i quali Errico Malatesta
(con il quale fece conferenze, insieme con Kropotkin[20] nel 1895), Sébastien Faure
(con il quale fece dei viaggi di ritorno per dare lezioni conferenze e incontri
in Francia nel 1895 e il 1896), Emma Goldman
(con la quale approfondì il dibattito sulla questione femminista
ponendosi contro la rivendicazione di uguaglianza dei sessi che cominciava a
prendere piede all’epoca), Bakunin,
Élisée
Reclus, Charles
Malato, Emile Ponget,
Bernard Lazare e Pietro Gori.
Quando quest’ultimo si ammalò e fu ricoverato in clinica perché affetto da una
grave forma di esaurimento nervoso lei accorse ad assisterlo, rimanendo accanto
a lui per giorni e notti con infinito affetto.
Il «cavaliere errante» dell’anarchismo italiano.
Pietro Gori[48] che, in occasione del grande comizio del 1°
maggio 1895 tenutosi a Londra, aveva scritto per lei la poesia Tempesta
di maggio, in altre pagine della sua opera Pagine di vagabondaggio
così volle ricordarla: “Quella vecchia, pur tanto nella sua bruttezza bella
di gioventù ideale, coi capelli grigi svolazzanti, su cui era passato il soffio
tragico della rivoluzione parigina di marzo, si ergeva -
come la nemesi della storia in faccia agli uragani - contro le raffiche che le
flagellavano con le grosse gocce di pioggia le guance emaciate: mentre gli
occhi, due occhi grigi pieni d’infinita dolcezza anche tra i lampi di sdegno
umano, stavano fissi, mentr’ella parlava, e come irradiati dalla luce trionfale
d’un meriggio lontano. Le sue parole suonavano squillanti e sicure, come un
vaticinio: ed ognuno degli ascoltanti vedeva ascendere la realtà viva di quei
sogni, in un domani immancabile. Rivedo le migliaia di facce, intente e
commosse, nella visione dolce, e ascolto la parola che corre di bocca in bocca,
in tutte le lingue, per la folla sterminata: è Luisa…. Così la chiamava
semplicemente il popolo d’ogni paese, che la sentiva sorella”.
Per delle conferenze si è
recata anche nei Paesi Bassi, in Belgio, dove è stata espulsa.
Tornò definitivamente in
Francia il 13 novembre 1895, per seguire Sébastien Faure[44]
nell’avventura del giornale Le Libertaire. Ancora una volta il suo
ritorno a Parigi, fu accolto dai suoi compagni con una grande manifestazione
alla stazione di Saint-Lazare.
Dopo aver esitato, sostenne la
causa degli attentati individualistici in Francia (Clement Duval[34], François
Koenigstein, meglio noto
con lo pseudonimo di Ravachol,
Auguste Vaillant, Émile Henry,
Sante Caserio). Quando scoppiò il caso
Dreyfus,
Louise si fece promotrice di una campagna in favore di quest’ultimo fondata sui
principi antimilitaristi propri dell’anarchismo.
Durante gli ultimi dieci anni della sua vita, Louise
Michel, divenne una grande figura rivoluzionaria e anarchica, moltiplicò le sue
conferenze a Parigi e nelle province, fu molto attiva nonostante la sua salute.
Ha progettato per andare negli Stati Uniti, il 27
luglio 1896 tornò a Londra, dove ha partecipato al Congresso Internazionale
Socialista dei lavoratori e delle camere sindacali dei lavoratori, (tenutasi
nella Saint Martin's Hall, che riunì rappresentanti europei dell'anarchismo e
del socialismo antiparlamentare). In quel congresso si consumò la rottura tra
gli anarchici e socialisti. Per Louise, il marxismo
era come una religione di stato.
Nel 1898 pubblicò forse la sua opera più importante,
almeno dal punto di vista storico-politico, La
Comune, l’unica sua opera di cui conosciamo la traduzione in italiano.
Nel gennaio 1902, si ammalò gravemente e una prima
polmonite fu quasi fatale. Ha trovato, tuttavia, la forza di continuare il suo
giro di conferenze in Francia.
A Londra tornò più volte, trattenendosi per lunghi
periodi: ritornò definitivamente in Francia nel febbraio 1904 per fare delle
conferenze, alcune fermate da una nuova polmonite. Negli ultimi anni della sua
vita si impegnò per raccogliere fondi per i moti rivoluzionari in Italia, in
Spagna, per l'indipendenza cubana e lavorando anche l'internazionale
antimilitarista. Percorse la Francia per tenervi lunghi giri di conferenze dal
titolo: "Ciò che vogliono gli anarchici" e "Che cos'è
l'anarchia", e nell'ottobre del 1904, a 74 anni, si fermò per tre mesi in
Algeria, con l’anarchico Ernest Girault,
per un giro di conferenze.
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9 gennaio1905 - Louise Michel morta a Marsiglia |
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9 gennaio 1905, muore la compagna Louise Michel |
Ancora una volta malata, arrivò il 5 gennaio 1905 a Marsiglia
dove il 9 gennaio morì per una congestione polmonare. Dopo una serie di
conferenze nelle Alpi, prese freddo, e si acutizzò la bronchite cronica, di cui
soffriva da anni. Il Dr. Berthelot di Toulon considerò la sua condizioni
allarmanti e il Dr. Dufour di Marsiglia
le diagnosticò la polmonite. Dalle copie del Petit Marseillais si
apprende che lei fu sotto l'occhio della polizia, fino alla fine. Gli agenti di
polizia sorvegliavano l’hotel dove alloggiava, stando di guardia sulle scale e
alla porta d'ingresso della sua stanza!
Il suo funerale, senza
cerimonie religiose svoltosi a Parigi il 25 gennaio, venne accompagnato da un
immenso corteo, e fu una grande manifestazione, con le bandiere
rosse e le bandiere nere e duemila persone in lutto. Si dice che la sua
bara, che attraversava Parigi dalla Gare de Lyon al cimitero di
Levallois, fu
seguito da un'enorme folla stimata in 120.000 persone.
Ci furono
cerimonie commemorative per lei in tutta la Francia e a Londra. Secondo le
sue volontà, fu sepolta accanto alla madre nel cimitero di Levallois-Perret[55].
Durante la Comune, la
stampa borghese l’aveva soprannominata il lupo rosso. Louise fu davvero
un lupo, libero e indipendente, nero come il colore dell'anarchia, rosso come
quello della rivoluzione sociale. La sua integrità, il suo coraggio, il suo
altruismo, la sua lungimiranza e generosità, ci offrono una bella lezione di
umanità. Dopo il suo ritorno dalla Nuova
Caledonia Louise continuò ad arricchire la sua mente e si orientò
gradualmente verso l'anarchia. Ma in realtà lei visse sempre come tale, senza
dio né padroni, obbedendo solo alla propria coscienza e al suo cuore. Trascorse la sua vita a combattere contro le ingiustizie
della società. Si sacrificò e si diede appassionatamente alla rivoluzione. ... "Noi
rivoluzionari non siamo solo a caccia di una bandiera scarlatta. Quello che
perseguiamo è un risveglio della libertà, vecchia o nuova. Lei è nelle antiche Comuni
di Francia, è nel 1703, è nel giugno 1848,
è nel 1871. Soprattutto è nella prossima rivoluzione che avanza in quest'alba". La bambina che
stava seduta accanto al fuoco ad ascoltare storie del nonno degli eroi di un
tempo, era ormai diventata una leggenda stessa.
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Immagini del funerale di Louise Michel |
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Tomba di Louise Michel nel Cimitero di Levallois nel 1905 (scultura di Émile Derré) |
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Commemorazione al cimetero di Levallois-Perret, 1921 |
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Cimitero di Levallois Manifestation commémorative sur la tombe de Louise Michel 1921 |
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Tomba di Louise Michel al Cimitero di Levallois |
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Tomba di Louise Michel al Cimitero di Levallois |
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Louise Michel e il femminismo
Pioniera del femminismo,
scrisse nelle sue «Memorie»:
"La questione delle donne è, soprattutto in questo momento, inseparabile
dalla questione di umanità […] Le donne, in particolare, sono bestiame umano
che è sottomesso e venduto […] Il nostro posto nell'umanità non dovrebbe essere implorato, ma
preso".
La sua vicinanza a Victor
Hugo, il suo amore (platonico?) con Théophile
Ferré, le sue compagnie femminili con Paule
Mink e Nathalie
Le Mel, il suo lungo rapporto con Charlotte Vauzelle[42], che lei chiamò la
sua "compagna per 15 anni" alla fine della sua vita, hanno dato alla
borghesia una falsa immagine: al suo funerale, fu Séverine
che pronunciò il suo elogio funebre: "Nel nostro linguaggio di oggi, è
facile immaginiamo facilmente una relazione lesbica ma Louise Michel è stata
spesso criticata per il suo comportamento, piuttosto chiamato puritano".
Louise, a contatto con uomini progressisti, ebbe modo
di rilevare quanti pregiudizi avevano nei confronti della donna. Le sue
posizioni sulla relazione uomo/donna sono note: “Ovunque l'uomo soffre nella
società maledetta, ma nessun dolore è paragonabile a quello della donna […] È
necessario che una donna abbia mille volte più calma degli uomini, davanti ai
più orribili avvenimenti. Non può lasciarsi scappare nel dolore un moto oltre
l'ordinario. Gli amici, ai quali suscita pietà, i nemici, animati dall'odio,
sono ben felici di mandarla in qualche casa di cura. Io ho verificato sempre
con pena che noi siamo una casta a parte, resa tale attraverso i secoli. Quando
noi abbiamo del coraggio diventa un caso patologico. […] Gli uomini più
progressisti applaudono all'idea di uguaglianza dei sessi. Ho
potuto costatare che come prima e come sempre ancora gli uomini, senza volerlo,
vuoi per abitudini o vecchi pregiudizi, vogliono sì aiutarci, però si
accontentano solo di sembrarlo. Prendiamoci allora il nostro posto e non
aspettiamo d'averlo [...] Se l'uguaglianza tra i sessi è stata riconosciuta, ci
sarebbe una lacuna famosa nella stupidità umana. Nel frattempo, la donna è
sempre, per citare il vecchio Molière, la zuppa dell’uomo. Il sesso forte si
abbassa per adulare l'altro chiamandolo gentil sesso. È da tanto tempo che
abbiamo fatto giustizia a quella forza lì, e noi siamo abbastanza forti e
ribelli. [...] Non capiamo se si ottengono più vantaggi dal sesso o dal colore
della pelle. [...] Non ho mai capito perché ci sia un sesso di cui si cerca di
atrofizzare l'intelligenza come se ce ne fosse troppa nella razza. Le ragazze, cresciute nella sciocchezza, sono
disarmate appositamente per essere meglio dominate: è questo che si constata. È
la stessa cosa come se vi si gettasse nell’acqua dopo avervi impedito di imparare
a nuotare, o avervi legato mani e piedi. Con il pretesto di conservare
l’innocenza di una giovane ragazza, la si lascia sognare, in un’ignoranza
profonda, in delle cose che non le farebbero nessuna impressione se le fossero
conosciute come delle semplici questioni di botanica o di storia naturale.
Mille volte più innocente sarà allora, perché passerà calma attraverso mille
cose che la turbano: tutto ciò che
è una questione di scienza o di natura non turba i sensi (Louise Michel, Memorie)".
Louise rilevò come
l'oppressione e la considerazione di donna-oggetto attraversino le donne di
tutte le classi sociali, e a proposito della prostituzione, le sue parole sono
inequivocabili: "Tra i proprietari di bordelli c’è lo scambio delle donne,
come c’è scambio di cavalli o di buoi tra gli agricoltori; sono bestiame, e il
bestiame umano è quello che paga di più. [...] Se i grandi commercianti del
mercato di donne che viaggiano in Europa per la loro negoziazione, fossero
ciascuno all’estremità di una corda, non sono io che ne avrebbe dato il taglio.
[...] Le strade e i marciapiedi sono i mercati dove si vendono le belle figlie
del popolo, mentre quelle dei ricchi sono vendute per la loro dote. ... L'una
la prende chi vuole. L'altra la si dà a chi vuole. La prostituzione è la stessa
[...] schiavo è il proletario, schiavo fra tutti è la donna del
proletariato".
Louise rilevò anche il
coraggio delle donne: "Le donne, quando vale la pena di combattere, non si
tirano indietro. Il vecchio lievito della rivolta che è in fondo al cuore di
tutte fermenta rapidamente"; è rilevante anche il fatto che lei stessa
portò il suo impegno ed entusiasmo dietro una barricata costituita solo da
donne.
In Nuova
Caledonia osservò le dure condizioni della donna anche in questa isola e
dirà: "Ho visto laggiù in Caledonia
gli uomini che caricavano le loro donne come si carica un mulo".
Li ebbe modo di riflettere e
di confutare varie argomentazioni circa l'inferiorità della donna, espresse
anche da gente come Proudhon,
per il quale "esse possono essere solo massaie o cortigiane". "Non è vero
forse che la vanità stupida mette tra gli argomenti circa l'inferiorità delle
donne, la maternità o altre circostanze che impaccerebbero nel
combattimento?".
Vediamo quindi come Louise anticipò tante riflessioni
del recente movimento femminista.
Louise attribuì la responsabilità del perdurare di
tali condizioni anche alla donna "costretta a ricorrere all'astuzia, alla
dominazione occulta, che sono le armi degli schiavi".
Conobbe Emma Goldman[45] e con lei concluse che "La
richiesta di uguaglianza è una stupidaggine se porta le donne a
governare". Quindi per questo non la vediamo più partecipare alle lotte
delle donne che in quel periodo erano impegnate ad ottenere gli stessi diritti
degli uomini. "State tranquilli noi non siamo tanto stupidi perché questo
significherebbe perpetuare l'autorità... I vostri titoli, bah, non ci piacciono
gli stracci, fatene quel che volete, sono troppo rappezzati, troppo striminziti
.... quel che vogliamo è la scienza e la libertà ..... tenete questi abiti
smessi, noi non ne vogliamo".
Louise Michel e la prostituzione
Proponiamo alcune citazioni, sulla prostituzione, tratte dalle sue Memorie,
così come l’iniziativa della Comune di
Parigi per frenare “lo sfruttamento commerciale degli esseri umani da
parte di altri esseri umani …”.
L'emancipazione delle donne è
nel numero delle sue lotte: Se l'uguaglianza tra i sessi fosse riconosciuta, sarebbe una
famosa lacuna nella stupidità umana, fece notare. Imprigionata più volte,
ha incontrato in queste occasioni le sventurate abbeverate di vergogna perché
hanno fatto le prostitute, come se la vergogna è per le vittime e non per
assassini.
Il commercio dei protettori e dei clienti: Se i grandi commercianti del
mercato delle donne che percorrono l’Europa per la loro negoziazione, fossero
ciascuno all’estremità di una corda, non sarei io che andrebbe a tagliarla. C'è
tra i proprietari delle case di tolleranza scambio di donne, come c’è scambio
di cavalli o di buoi tra gli agricoltori; sono bestiame, il bestiame umano è
quello che paga di più. Quando i clienti trovano una femmina troppo affaticata
o stanca, il proprietario si organizza affinché la donna porti a casa una somma
che non potrà mai soddisfare; la fa schiava, poi cerva di fare uno scambio con
tutti i possibili mercanti. Fanno in modo che la bestia vada nella stalla dove
sarà più redditizia per i trafficanti.
Le prigioni, un luogo di
reclutamento per i magnaccia: Dei vecchi miserabili trovano il modo di farsi imprigionare per
qualche mese, e reclutano, adescano tutte le belle ragazze che trovano fallite.
La donna stessa deve essere
l'autrice della sua liberazione: E così, quando una povera ragazza (...) si rende conto di dove
si trova, ed è in grado di sfuggire, strangola con le sue mani vendicatrici uno
dei miserabili che la detiene; da fuoco a quel posto maledetto, sarebbe meglio
attendere l'esito dell’arringa su questo ...
La prostituzione, un aspetto
dell’appropriazione del corpo delle donne da parte degli uomini: È che non esiste un mercato
dove si vendono, per la strada, nelle bancarelle sui marciapiedi, le belle
figlie del popolo, mentre le figlie dei ricchi sono vendute per loro dote?
L’una, la prende chi vuole; l'altra, si è data a chi si desidera. La prostituzione
è la stessa.
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Monumento a Louise Michel |
Louise Michel e la pedagogia libertaria
Ciò che è rilevante per quell'epoca (e lo è ancora
adesso) è la metodologia utilizzata da Louise Michel; riportiamo qui alcuni
passi tratti dal libro di Planche
La vie ardente et intrépide de Louise Michel: "Ella rifugge dall'aridità
di un insegnamento prettamente libresco, adotta il metodo sperimentale, al
quale rimane attaccata per i felici risultati avuti, specie presso i Canachi
di Caledonia".
Louise condusse i suoi allievi a contatto diretto con
la realtà perché potessero verificare di persona ciò che si afferma in teoria.
Sempre nel corso della sua carriera di insegnante
Louise Michel si occupò dei disturbi psichici, "...non tentò soltanto
di applicare metodi pedagogici diversi con bambini normali, ma volle aiutare
anche quelli malati, fu molto avanti rispetto al suo tempo, pubblicando nel
1861 un opuscolo intitolato « Lueur dans l'ombre: plus d'idiots, plus de fous
(Bagliori nel buio: non più idioti, non più folli). Riuscì a convincere alcune
colleghe delle sue idee e fondarono un'associazione, dedicando parte del loro
tempo libero ai malati di mente".
Così si espresse Clemenceau,
giornalista dell'epoca: "Non posso dire che la scuola fosse del tutto
corretta, nel senso di come la si intende alla Sorbonne. Insegnavano in modo
confuso e secondo metodi sconosciuti, però insegnavano".
Dopo questo breve excursus riguardante la prassi di
Louise Michel come insegnante vorremmo passare ad una osservazione più generale
della pedagogia libertaria dove ritroveremo, naturalmente, Louise insieme ad
altri pensatori anarchici suoi contemporanei.
A coloro che si avvicinano all'area libertaria per
curiosare, per osservare, per capire cosa vogliono gli anarchici, capiterà
sicuramente di notare che una delle tematiche spesso affrontate è la pedagogia.
Questa brutta parola, che riduce i bambini a degli appartenenti ad una
categoria di minorati psichici e fisici, nel panorama libertario assume
(fortunatamente, diciamo noi) una valenza alquanto diversa, se non altro per la
capacità di mettersi e mettere tutto continuamente in discussione e almeno
questo lo dobbiamo ai bambini.
Essenzialmente si parte da una critica alla scuola
come istituzione tesa a creare «cittadini modello», ovvero dei robot funzionali
in tutto e per tutto alla struttura piramidale della società.
Questa critica si può dire che parta con William
Godwin;
egli visse in un'epoca in cui l'istruzione pubblica era uno degli obiettivi
sociali più avanzati, ciò nondimeno seppe evidenziare che i principali
strumenti/obiettivi del potere sono il governo e l'educazione. Il più efficace
strumento è l'educazione poiché, egli dice: "il governo dipende sempre
dall'opinione dei governati". Secondo Godwin l'educazione statale sarà
sfruttata per sostenere il patriottismo sciovinistico ed il potere politico ed
economico dello Stato.
E sull'onda di questa analisi, Francisco Ferrer
Guardia,
alla fine del XIX sec., dirà che la scuola comincia a
funzionare come appendice della nuova economia industriale; Ferrer nel 1901
aveva fondato a Barcellona la sua prima «Scuola Moderna» proprio al fine di
sottrarre i fanciulli al meccanismo perverso dell'istruzione pubblica. Insieme
ad altri (Lev Tolstoj,
Pëtr Kropotkin[20], Louise Michel, Élisée
Reclus, ecc...) aveva fondato nel 1887, la «Lega per l'educazione
libertaria», con la quale intendeva sostenere i principi dell'educazione
integrale.
Per educazione integrale si intende che ad ogni individuo
si deve dare la possibilità di sviluppare le sue capacità fisiche ed
intellettive.
Perché ciò possa avvenire, il fanciullo deve poter
operare liberamente le sue scelte.
Questo teorizzava anche Max Stirner
(1806 - 1856), concordando con Rousseau.
Secondo Stirner[61] l'individuo deve far dipendere la conoscenza e le credenze
dai suoi bisogni e desideri; ciò farà la differenza tra «uomini liberi» ed
«uomini educati»; allo stesso modo L.
Tolstoj[60] aveva evidenziato la differenza che c'è
tra «educazione» e «cultura». Un'attenta analisi di come avviene questa
divisione è proposta da Ivan Illich,
il quale dice: "La scuola ha alienato l'uomo da ciò che apprende"
ed ancora dice: "Ad ogni latitudine, sotto ogni regime e comunque venga
propinata, l'istruzione inculca nell'allievo l'idea che l'istruzione stessa non
ha valore se non si acquista a scuola e che ciò che conta è avere «titoli» per
riuscire nella vita e che è più importante apprendere cose «sul» mondo che non
trarre il proprio sapere «dal» mondo. Ciò trasforma l'apprendimento e da
un'attività ne fa un prodotto di un'istituzione sempre più burocratizzata che
invece di rispondere ad una domanda genera maggiore dipendenza da essa”.
Tentativi concreti di praticare queste teorie sono
stati operati anche negli ultimi cinquanta/settant'anni; ricordiamo, ad
esempio, negli anni '40, il «free playground (campo-giochi libero)»,
caratterizzato dalla presenza di materiale poco strutturato che i bambini
potevano utilizzare per costruire e successivamente distruggere, per
riutilizzare poi nuovamente e diversamente; citiamo ancora, negli anni '50 e
'60 le «free schools» ed in particolare l'esperienza di Summerhill,
dove si è cercato di costruire un ambiente adatto all'autosviluppo
dell'individuo.
Esponente delle «free schools» è Paul Goodman,
che porta avanti anche un discorso di decentralizzazione, a tutti i livelli,
delle strutture urbane e tecnologiche, in netto contrasto con quella che lui
chiama «compulsory Miseducation (La diseducazione obbligatoria)» operata nella
scuola tradizionale, dove l'individuo viene vistato, classificato, abilitato e
poi restituito alla società.
Goodman suggerisce che in alcuni casi si faccia a
meno anche delle aule e si preferiscano i luoghi autentici della vita
quotidiana - strade, negozi, musei, fabbriche ecc. - e che si faccia anche a
meno degli insegnanti poiché una persona che svolge un determinato lavoro è
sicuramente più in grado di spiegare le cose di quanto possa fare il
«tuttologo» in classe.
Il rischio delle sperimentazioni pedagogiche
libertarie è che esse (le loro forme, non il contenuto) tendono ad essere
continuamente recuperate, banalizzate: di esse vengono utilizzate le tecniche
nuove, migliori, che rendono la scuola più piacevole, ma non per questo meno
autoritaria perché l'obiettivo (il cittadino modello) rimane sempre lo stesso.
Ipotesi: senza pensare di fare un ghetto per bambini
libertari «assai», possiamo provare a fare i nostri lavori e coltivare i nostri
hobby insieme alle persone piccole?
Ai miei fratelli
|
Louise Michel a casa sua |
8 settembre 1871: dopo la Comune,
Louise Michel è rinchiusa nella prigione di Versailles,
in attesa di essere condotta davanti a una corte già affogata nel sangue fino
alla pancia. Tutti i suoi amici sono morti assassinati da giudici, soldati e
gendarmi. Fu allora che scrisse questa poesia, per classificarsi tra le più
belle della lingua francese.
AI MIEI FRATELLI
Passate, passate, ore, giorni!
Come l'erba cresce sui morti!
Cadono, cose appena nate;
Navi, allontanarsi dai porti;
|
Louise Michel a casa sua |
Passate, passate, o notti profonde.
Piangete, vecchie montagne;
Dalle celle, dalle tombe, dalle onde.
Proscritti o montagne torneremo.
Torneremo, folla senza numero;
Noi verremo da tutti i sentieri,
Spettri vendicativi che emergono dall'ombra,
Verremo, stringendo le mani,
Alcuni nei pallidi veli,
Gli altri ancora sanguinanti
Pallidi, sotto le bandiere rosse,
I fori dei proiettili nei loro fianchi.
Tutto è finito! Il forte, il coraggioso
Sono caduti tutti, amici miei,
E già strisciano gli schiavi,
I traditori e i cattivi.
Ieri, vi ho visto, fratelli miei,
Figli del popolo vittorioso,
Orgoglioso e valoroso come i nostri padri,
Vai, la Marsigliese agli occhi.
|
Louise Michel a casa sua |
Fratelli, nella gigantesca lotta,
Ho amato il vostro ardente coraggio,
La mitraglia rossa e fragorosa
Le bandiere che fluttuano nel vento.
Sulle onde, dal grande moto ondoso,
È bello tentare la sorte;
L'obiettivo è salvare il popolo,
La ricompensa è la morte.
Vegliardi sinistri e deficienti,
Dal momento che avete bisogno di tutto il nostro sangue,
Versate le onde fertili,
Bevete tutto l'oceano rosso;
E noi, nelle nostre bandiere rosse,
Lasciamoci avvolgere per morire;
Insieme, in questi meravigliosi veli
Saremmo qui per dormire.
Louise Michel raccontata da Pietro Gori[47]
|
Pietro Gori |
«La prima volta
che la incontrai fu durante una riunione internazionale dei proscritti politici, cui l'inverno del
'94-95 - furioso di reazione e di freddo -
avea divelti da ogni patria, mulinati
a traverso l'Europa fattasi, per viltà, aguzzina, ed ammucchiati nella
caligine di Londra.
Si trattava appunto di soccorrere
quelli, tra i profughi, maggiormente
privi di mezzi e di lavoro.
Quando entrai, in compagnia di Pietro Kropotkin[20] e di altri
amici inglesi – Luisa
Michel parlava.
Attorno al suo viso scarno, dalle
linee d'una singolare durezza, alcune ciocche di capelli bianchi aveano bruschi dondolii, come seguissero il ritmo
delle ardenti parole.
La voce aveva inflessioni che, a
primo udito, pareano disarmoniche: un fiotto di amarezza ma senza rancore, di
fierezza veemente ma senza acrimonia, di energia indomabile ma senza invettive – e la sua fronte,
segnata da solchi di dolore e da devastazioni
di tempesta, si ergeva anco una volta contro il nemico oscuro, pluriforme, che
i suoi occhi, grigi e tersi come lame, assalivano chi sa in quali ombre misteriose della sala, e fugavano, al
galoppo del suo gran sogno di ribellione, più là, oltre le pareti, più
là, oltre le brumose riviere del Tamigi e
della Manica, fino alla sua nobile terra di Francia, ove sua madre
dormiva presso i massacrati fratelli d'arme;
e più là ancora, oltre le frontiere delle
patrie tuttora inimiche, e via più lunge degli oceani lontani, e più là
delle patrie lontanissime, sempre e dovunque
pugni o talloni di uomini premessero petti umani, sempre e dovunque
violenza di leggi o di individui spremessero
sudore, pianto o sangue da creature viventi; allora come sempre quei
suoi occhi e quelle sue parole incalzavano il nemico, con lampo e crepitio di
barricata.
Ma poi le irrequiete pupille e le
irrequiete parole si posavano, come in una luce interiore di visione, in una carezza diffusa
di sguardi e di accenti: ed allora erano le fronti stillanti di fatica, gli esili
corpi tremanti di freddo e di fame, le pallide gote bagnate di lacrime – era tutto
lo schiacciante
peso del lavoro aggiogato al capitale, che parea ella volesse, con la tremula e
curva personcina, sollevare; era tutta la vastità di carne umana mal
coperta, che ella si
accingeva a difendere dall'empio inverno, e tutta la piagatura delle spalle lacerate dal pondo della croce infame, che essa pretendeva lenire coi balsami
della sua bontà.
Più tardi, anche quando ebbi stretto con lei
quell'amicizia profonda, nella quale essa
ponea per i giovani come un senso di
maternità, non ho più dimenticato il suo atteggiamento di quella sera, né quella apparente contraddizione tra la
sua fierezza di ribelle e la sua pietà di suora.
Contraddizione apparente, dicevo,
giacché ogni scatto di rivolta in lei non era che una esacerbazione del suo
spirito di carità universale, offeso da un'ingiustizia vista patire. Le calunnie, le
sofferenze, le persecuzioni di cui la resero vittima i potenti, erano scivolate
sul suo cuore leonino, come sopra una corazza di diaspro – ma quel suo stesso gran cuore avea
sanguinato d'ogni più piccola ferita inferta su corpo altrui. Essa non odiava
che per troppo amore. Il suo ardore rivoluzionario, per uno psicologo sperimentale,
non
poteva essere che il resultato d'una iperestesia del sentimento.
E qual delicatezza di sfumature
nella sua affettività, sempre
in armi ed in opera!...
Dalla tenerezza per sua madre,
che era tutta una religione, alle premure ardenti e febbrili per qualunque infelice a lei si rivolgesse – sino
alla benevolenza soccorritrice verso le
bestie randagie, da lei reputate più delle altre in angustie per il pane –
nessuna soluzione di continuità nei suoi atti.
Giustamente un giorno Pietro Kropotkin[20],
parlando di lei, diceva: “Lo zelo di Luisa nel soccorrere le sofferenze altrui
non si ferma all'umanità, ma tenta di abbracciare perfino l'animalità”.
E mi raccontava certe sue
ingenuità commoventi verso bestiole malate o fameliche, per le quali la casa
ospitale della comunarda diventava prima un rifugio, e poi un condominio con tutti gli altri
esseri colà sospinti dalla risacca sociale.
Una volta – era stata gravemente
malata di bronchite quell'inverno – tornò a casa, dopo una conferenza; si sentiva affaticata, sfinita. La
buona Carlotta, la fida compagna di lei,
aveva preparato del latte caldo. Esso fumava lì presso, sulla tavola. Ma
intanto che Luisa parlava con alcuni amici,
che l'avevano accompagnata, una gatta malaticcia, salita sulla tavola,
aveva tranquillamente vuotato la tazza.
Quando Carlotta se ne accorse,
non fu a tempo che a regalare un solenne scapaccione alla bestiola, la quale
chissà per quali complicazioni tra la bevuta furtiva e lo scappellotto giustiziero nella notte
morì.
Fu tutto un piccolo dramma
domestico di rimpianti per il quadrupede defunto in seguito a quell'atto di
tirannide padronale, ed
anche una sequela di rimbrotti verso Carlotta, che se ne era resa colpevole. Si dovettero immischiare nella
faccenda parecchi amici; e la pacificazione degli animi non riuscì completa, se
non dopo che fu convenuto che là in quella
casa, nessun atto di violenza sarebbe stato più commesso da inquilini o
da ospiti verso gli animali inferiori.
Da quel giorno anch'io, a cui
molto Luisa perdonava per la mia giovanile impetuosità, dovetti tenere a me le mani ed i piedi – giacché una sera che un cane,
insopportabile per petulanza, eppur
cittadino libero sotto quel tetto ideale, provocò il mio piede ad assestargli
un rapido correttivo, dovetti ascoltare dalla cara vecchia tutta una
calda allocuzione in difesa degli esseri inferiori.
“ – Ah, gli esseri inferiori, ecco il pretesto
d'ogni dominazione!... Inferiori perché?
Perché altri più violenti, o più astuti, riuscirono ad assoggettarli o
ad ucciderli?...O non sono invece inferiori
di senso morale quelli che formano la
felicità propria sulla infelicità altrui divorando, sfruttando, asservendo?... Voi mi risponderete con
la dura legge di selezione, col
trionfo del più adatto, con l'impero
del più forte. Ma io conosco un'altra
legge, che non è di oppressione né di morte – ma di libertà e di vita:
quella della solidarietà... Voi vi deliziate
degli uccellini allo spiedo, ed io preferisco il trillo del cardellino,
che canta là, su quell'albero, a tutte le orazioni di voi avvocati... Diversi
sì, inferiori no...”
“
– Ma tra l'umanità, e le altre specie zoologiche...” azzardai io.
“ – Ebbene – incalzò
l'ardente vegliarda – è appunto perché l'umanità volle calpestare gli altri
esseri, che voi chiamate inferiori, che essa si trovò esercitata ad
inferocire e a dilaniar sé stessa. Le razze inferiori, le classi inferiori, il
sesso inferiore, che per dileggio chiamate gentile – ecco la stessa
classificazione trasportata dal campo animale a quello umano...
Ma la lotta, direte, fu la condizione d'ogni progresso... Sì,
ma io non amo la lotta per la lotta; la voglio solo perché da
essa scaturisca invece dell'antagonismo la fratellanza di tutti gli esseri...”
E le labbra della vergine
dolorosa tremolavano ancora, nell'improvviso silenzio – come se avessero proseguito il filo mentale di quella sua corruscante visione di
ardimenti e di tenerezze...
Guardando la sua fronte vasta ed eretta di donna, su
cui balenavano le più virili energie, il mio
pensiero ricostruiva i profili, dalla leggenda ammorbiditi, di quei
singolari panteisti del cristianesimo, che da
Francesco d'Assisi agli uomini semplicisti della epopea messianica,
imbrandivan la croce – tra l'infuriar del
fanatismo chiesastico, che stava facendosi dominazione cruenta sui
corpi, e cilizio truce sulle anime – e la
agitavano con furente amore, nella ingenua illusione di far cadere gli
artigli alle tigri, per la tranquillità degli agnelli.
Solo che in cotesta vestale del dolore e della
speranza, la magnanima chimera era fede
operosa, e ribellione indomabile.
Essa non agitava né croce, né
fiaccola. Tutto il suo combattimento era stata una croce – tutta la sua persona, tutta la sua parola, l'opera sua
tutta erano una face ardente, sempre in cammino.
Nel processo di beatificazione di
San Martino uno dei titoli, che più gli valse la laurea di beatissimo, fu
l'aver donato, una volta in sua vita, metà del proprio mantello ad un mendico.
Luisa, centinaia e centinaia di volte (Carlotta ormai
aveva perduto ogni lena a riprenderla) aveva
dato via l'ultima camicia al primo indigente che bussava alla porta. E
tutta la pena degli amici era sempre di
trovare una maniera delicata, onde
sostituire, almeno l'indispensabile, al gettito, ch'ella faceva di ogni
suo avere.
Un inverno, ch'essa aveva molto
sofferto di petto, i suoi antichi compagni di deportazione alla Nuova
Caledonia, allora residenti in Londra, pensarono di donarle un
pesante e ricco mantello, per l'anniversario della Comune
parigina, tanto più, ch'ella doveva recarsi
appunto la sera del 18
marzo, al Mass-Meeting commemorativo, che si teneva nel centro della metropoli, a sì grande distanza dal
sobborgo, ove essa e Carlotta abitavano.
Quando
Luisa entrò nella sala gremita, i compagni, che avevano fatto il dono,
stupirono nel vederla ravvolta in un meschino scialletto, e Charles
Malato ebbe l'incarico di fare le dovute rimostranze.
“ – Voi venite a sgridarmi,
Carlo – si affrettò a dir Luisa al veniente
– però avete torto. Il pensiero fu gentile, ma quel ricco
mantello sarebbe stato un rimorso per me...”.
E Carlotta
spiegò, come non le fosse stato possibile impedire che Luisa regalasse il
mantello (non la metà come S. Martino, ma
tutto intero) ad una povera vedova del vicinato,
sovraccarica di cinque piccini, la quale tremando era venuta a chieder la carità, in memoria dei
poveri assassinati della Comune di
Parigi.
La mendicità, e talvolta le escroquerie, delle grandi
metropoli ha di queste meditate astuzie, delle quali più volte Luisa era rimasta vittima, come una di quelle
pellegrine sull'erta di un santuario, alla cui fede lo storpio estorce
fin gli ultimi piccioli, per amore della madonna o del santo.
Naturalmente ben altri erano i
santi e le madonne della comunarda.
Parecchi anni or sono, a Parigi si costituì
un Comitato di soccorso in pro' dei
profughi russi – in seguito ad uno dei periodici
deliri acuti della reazione autocratica – e del comitato facevano parte le personalità culminanti della scienza, dell'arte, della politica. Ne erano presidente
Victor
Hugo e cassiera Luisa
Michel.
Ebbene: alla casa di lei era un continuo
pellegrinaggio di sollecitatori, che si
qualificavano profughi russi, per quanto essi non avessero oltrepassato
i boulevards di Montmartre,
e le buvettes del quartiere Latino.
E nessuno tornava indietro, per
quanto poco russo egli fosse,
con le mani vuote.
Victor Hugo, che grandemente amava e stimava la Michel, credé
opportuno esortarla a qualche cautela nella erogazione dei soccorsi, onde i
veri proscritti russi non ne fossero defraudati da codesti russi... d'occasione.
Luisa, dopo avere ascoltato con
deferenza l'autore dei Miserabili, gli chiese con quel suo fervore traboccante di ingenua
pietà:
“ – Posso io domandare alla
miseria che invoca aiuto, la carta di nazionalità?”
Il poeta sorrise, e la sua fronte radiosa si chinò
perplessa. Da quel giorno però non si parlò più di controllare la nazionalità
degli indigenti – anche a costo che qualche
mariuolo sfruttasse il fondo raccolto per la Russia fuggiasca e martire. [N.d.R. - questo fatto, già citato in precedente
capitolo, ci è sembrato opportuno non eliminarlo per riportare completamente
quanto scritto da Pietro Gori]
Quando Sarah Bernhardt[17] si recò sullo scorcio del '96 in Inghilterra – e fu
allora che avvenne il
mirabile duello d'arte, senza sfida ingaggiato tra Eleonora Duse
e la grande attrice francese – Luisa Michel che era stata presentata da Ottavio
Mirbeau
a Sarah[17], si affrettò a sollecitare da lei una
rappresentazione a profitto dei rifugiati politici d'Europa in Londra, per i quali ella sognava di fondare un
asilo fraterno sulle sponde del Tamigi.
La celebre attrice, che è profondamente buona,
ricevette con grande cordialità la comunarda, ma dovette significarle, che le condizioni di scrittura e la rigidità
dell'impresario le impedivano di
organizzare serate di beneficenza, non previste già dal contratto.
Ma Luisa non si diè per vinta; e descrisse con sì
strazianti particolari le condizioni dei rifugiati politici in Londra – che i
begli occhi di Sarah versarono lacrime copiose – e le due donne, pur sì
contrastanti d'aspetto e di costumi, furono per un momento sorelle in un
amplesso bizzarro di magrezza e d'intenerimento.
Il colloquio ebbe termine con una
cospicua offerta che Sarah consegnò alla Michel, come contributo personale all'istituendo asilo. La somma
doveva essere poi aggiunta al fondo ricavato
da una grande tournée
di propaganda, che gli amici residenti negli Stati Uniti durante il mio
precedente pellegrinaggio laggiù, mi avevano
proposto di fare lungo il territorio dell'Unione, in compagnia di Luisa
Michel, Charles Mowbray,
Emma Goldman[45] e Sébastien Faure[44];
quattro idiomi: l'indispensabile per
farsi capire dalle folle cosmopolite
della repubblica stellata; cinque persone, tali e quali in Italia avrebbero, in quell'anno di grazia
e di reazione, potuto agevolmente rispondere agli estremi dell'articolo
248 del suo codice penale.
Ah, cotesto meeting
tour andato in fumo in seguito a quella
plumbea nevrastenia, che m'incatenò in Londra al punto di partire, e che scombussolò anche il piano degli altri, che non partirono più, malgrado il meeting
of far well; ah, quella progettata corsa
di avventura e di battaglia, sfumata come tanti sogni lieti nella
caligine dell'esaurimento nervoso e
dell'autunno londinese, quante volte tornò nei nostri discorsi – mentre
Luisa, maternamente soave, vegliava presso il mio letto!...
Fu allora, nello spasimo inafferrabile della malattia
tutta dolore, ch'io la conobbi interamente
nella sua duplice personalità eccelsa di combattente e di consolatrice.
Difficilmente avevo udito dalla sua bocca qualche narrazione delle avventure terribili e gloriose,
che l'avevan travolta dalle barricate
di maggio alla deportazione – a traverso
i suoi eroismi di carità tra i feriti della
Settimana
sanguinante e le sue fierezze di
ribelle innanzi ai briganti decorati
della Corte Marziale, intenti a colmar della macellata Parigi plebea la fossa
infame di Satory.
L'eroina
che aveva ruggito in faccia ai carnefici l'ormai storico: «Si vous n'êtes
pas des laches tuez moi! (Se non
siete codardi uccidetemi! [n.d.r.])» non amava affatto parlare delle
gesta di cui era stata parte viva. Preferiva narrare quelle storie di rivolta e
di sacrificio, come cose udite, passando, da viandanti sconosciuti.
Tutto quel
soffio di bufera, che fu la Comune del
'71,
fremeva nella sua voce, talora stridente come il crepitio lontano di
vecchie foreste in fiamme, tal'altra tremula come per lunghi singulti repressi
nel forte cuore solitario, tal'altra ancora dolcissima, quasi riflesso di
aurore miti intraviste, presentite dopo il temporale notturno: ed io guardavo, dal
fondo
dell'animo conturbato dalla malattia e dalle suscitate visioni, quella
donna e quel vasto cielo di incendio e d'ideale, su cui ella pareva giganteggiare,
nella sua umiltà infantile, come una sacerdotessa inesorabile e pia della morte e della
vita: e vedevo tutto, anche nei dettagli, il grande quadro della tragedia
proletaria; ne comprendevo (come sotto la luce di lampi solcanti la tenebra) la
essenza profonda e la soluzione fatale; sentivo, anche più che nei canori versi degli Chatiments e dell'Année terrible, le voci
solenni della storia e dell'irrevocabile, le
grida argentine degli eroici bimbi,
col petto aperto contro i cannoni tuttora fangosi di Sédan, comandare
essi stessi il fuoco, nel delirio sublime, e con l'occhio smarrito, associavo i
profili enormi di quegli uomini e di quegli
avvenimenti, convergenti alle finalità supreme che in essi vagirono.
E in quella figura adusta di
vergine che ignorò, e volle ignorare, le gioie dell'amplesso sessuale, e che pur
si fece la sposa casta
di tutti i forti, che scotessero catene, e si avviticchiò
al corpo e si fuse nell'anima del popolo sudante al lavoro, come una innamorata dalla passione inestinguibile – in quella evanescenza di donna
quasi incorporea, che non seppe le
dolcezze ed i pianti soavi della
maternità, ma lacrimò ansiosa ad ogni vagito di infante, ad ogni grido d'aìta
di adolescente, e reclinò piamente la
testa, già fiera nei tumulti, su tutte le cune e su tutte le bare, in cui si avvicendarono i figli
dell'uomo – in quella superstite mai
vinta, pur nella sconfitta e nella captività,
io riconobbi – allora – l'incarnamento vivo della rivoluzione, il simbolo della misteriosa forza, che
travolge i mondi e le società, la
forza inesorabile e benefica che fin dalla morte e dallo sfacelo fa
germogliare la vita.
Ed ora che nel turbinio della materia e della forza
infinite quella tua forma vitale d'eroismo e
di gentilezza ritorna, o Luisa – sulla
mia fronte, che oggi arde di febbre, sento ancora passare la carezza asciugante
il sudor gelido di quelle veglie, la
carezza che, mia madre lontana allora, invidiò alla tua mano, sottile e
pronta al bene, come la sua... Ahi più
lontane, ora tutte due – se ben fisse nell'anima – tutte due immote nel gran sogno di pace, dopo tanto
aspra giornata, o Luisa, nostra buona sorella maggiore!...»
Pietro Gori
Una visita a Louise Michel carcerata
- Ma che cosa avete? Sembrate
abbastanza sconvolto, come se la vista di una prigione vi disturbasse, mi
disse, sorridendo Louise Michel, vedendomi entrare.
- Ah! cittadina, è doloroso per
noi sapere che state imprigionata; ma non mi aspettavo di vederti dietro una
griglia; Speravo di parlare con te in una stanza, stringendovi la mano.
- Mio caro Lafargue, lei mi ha
risposto, non c'è nessun altro salone in questo hotel dove il borghese mi
ospita gratis. Non mi lamento; ne ho sopportato più dure a dire la verità; ho
trovato in prigione una felicità che non ho mai conosciuto nella libertà, ho il
tempo libero per studiare e ne approfitto. Quando ero libera ho avuto la mia
classe, centocinquanta studenti al massimo; il che non era sufficiente a farmi
vivere, almeno i due terzi non mi hanno mai pagato; la sera fino alle dieci o
undici, ho dovuto dare lezioni di musica, di grammatica, di storia, di tutto
insomma; e quando tornavo a casa, ho mi coricavo stanca, incapace di fare
qualsiasi cosa; Vorrei allora dare anni di vita, al fine di avere ore per
studiare. Qui a St. Lazare, ho tempo per me, un sacco di tempo; e sono felice:
ho leggo, io studio; ho imparato diverse lingue. Un amico, G ... mi ha dato
lezioni di russo, posso già leggere e anche scrivere un po'. Tu lo sai, ho una
memoria eccellente, la cosa principale per lo studio delle lingue. Ho imparato
l'inglese da sola ... devo sapere più lingue per quello che voglio
intraprendere alla mia uscita di prigione ... Nell’attesa di riconquistare la
mia libertà d'azione, la mia libertà di propaganda, scrivo. Ho scritto libri
per i bambini; Insegno loro a pensare come cittadini, come rivoluzionari, tutto
in modo divertente; ho fatto, nei romanzi, pitture realistiche delle miserie
della vita, cerco di soffiare nei cuori degli uomini l'amore della rivoluzione.
Per un'ora e mezza,
chiacchierando abbiamo perso la memoria del luogo dove eravamo, parlando di
tutto, affrontando tutte le questioni politiche di attualità, elezioni, letteratura
realista, nuovi romanzi, viaggi.
- Non mi compatite, io sono più
libera di molti di coloro che passeggiano a cielo aperto; quelli sono
prigionieri col pensiero; essi sono incatenati per le loro proprietà, i loro
interessi del denaro, le loro tristi necessità della vita; essi sono assorbiti
al punto di non essere in grado di vivere il loro essere umani, esseri
pensanti. Io vivo la vita del mondo. Io sono con entusiasmo nei
movimenti rivoluzionari della Russia, della Germania, della Francia, ovunque.
Sì, io sono una fanatica e, così come i martiri, il mio corpo non sente il
dolore quando la mia mente mi porta nel mondo della rivoluzione. Intrappolata
tra queste mura spesse, ho visto il mio bellissimo viaggio in Nuova
Caledonia. Mai il mio essere era così potentemente emozionato per lo
spettacolo della natura, quando ho navigato sulla oscura immensità dell'oceano,
quando, al Polo Sud, ho assistito ad una tempesta di neve e ho visto l’aria
bianca di neve e il mare nero divorare i fiocchi che cadevano sulla sua
superficie, mentre nel mio cuore vivevano i sanguinosi giorni della sconfitta e
la
sublime esplosione del 18 marzo. Io riempio la mia solitudine di migliaia
di ricordi. E i miei cari Kanaki!
Quei barbari che li civilizzano! Ho
imparato la loro lingua, la loro musica, le loro canzoni; ho vissuto in mezzo a
loro; mi amavano come se appartenessi alla loro tribù. Ho fondato una scuola;
in poco tempo, ho insegnato a quei piccoli Selvaggi a leggere e a contare; ma
devo dire che mi ero inventato un metodo speciale per il loro uso ...
Louise Michel discuteva
lungamente sul tema educativo che lo interessa così vivamente.
- Ho ricevuto una lettera del
sindaco di Nouméa; mi chiede di andare laggiù per fondare delle scuole. Andrò.
È stato commovente sentire
parlare questa donna eroica.
- Ah! Una cittadina, come voi
quanto ci manca!
- Non mi parlare di grazia; Non
voglio la grazia, giammai, a nessun prezzo.
- Non sarebbe una grazia che vi
farebbe il governo rendendovi la libertà che vi ha privato con la forza. Un
rivoluzionario, ed è la mia opinione riflettuta a lungo, non dovrebbe
riconoscere alla borghesia il diritto di condannarlo; cede all'enorme forza che
lo schiaccia, ma non abbandona nessuno dei suoi diritti e se, dopo averlo
rinchiuso, il governo borghese ha aperto le porte della sua prigione, non gli
ha fatto una grazia, gli restituisce la libertà che gli aveva rubato; gli deve
anche il risarcimento dei mesi di reclusione che gli ha fatto fare. Ho appena
terminato otto mesi di carcere ed ho intenzione di richiamare i danni il giorno
della rivoluzione. Penso quindi, cittadina, ai servizi che renderete alla causa
rivoluzionaria se voi foste libera.
- No, non voglio la grazia;
uscirò di prigione solo se danno l'amnistia. Chi mi ama non parla mai con me di
grazia, che sarebbe per me un disonore.
- Mai alcuna grazia né disonore
Louise Michel ci sarà il giorno dopo la sua uscita campagna di lotta
rivoluzionaria.
- Andiamo, smettere, non voglio
sentir parlare di grazia. Non dimenticare di portarmi i tuoi libri di
antropologia e le origine dell'uomo di Darwin, la sua lettura
rafforzerà il mio inglese.
Ditelo agli amici che sto bene.
Addio e arrivederci.
Da “Il
socialista”, 26 Settembre 1885
Louise Michel:
Perché sono diventata anarchica
"Anarchica, sono diventata
quando siamo stati deportati in Caledonia
e dovevamo sopportare i tormenti fisici. Questo non ci impressionava,
però. Nella nostra coscienza saremmo stati dei veri criminali se avessimo agito
diversamente da come abbiamo fatto. Piuttosto avremmo dovuto rimproverarci di
non esserci strappati il cuore dal petto, perché in certe circostanze
l’autocommiserazione è tradimento. In ogni caso ci tenevano in gabbie come tigri
e leoni, affinché noi ci pentissimo della nostra giusta lotta per la libertà.
Volevano anche prendere ulteriori precauzioni contro "malfattori"
come me. Nel corso di quattro mesi non vedemmo che cielo e acqua e solo di rado
appariva all’orizzonte la vela bianca di una nave, come un uccello: queste
immagini di estensioni immense mi toccavano profondamente. Avevamo molto tempo.
Dondolati dal ritmo leggero delle onde che si alzavano a volte come se due
braccia le avessero prese e poi riscaraventate nelle profondità del mare, come
la pasta nella madia. E il vento, che suonava tra le vele, cadeva ad intervalli
molto brevi in bassi immensi, per poi rilanciarsi con un fischiare stridente;
la nave gemeva tra le onde. Eravamo esposti agli elementi e c’era tempo per
pensare. Dato che paragonavo continuamente le cose, gli avvenimenti e le
persone e poiché ho visto i nostri compagni della Comune
all’opera, sono arrivata ben presto alla conclusione che addirittura gli
onesti, una volta al potere, sono tanto incompetenti quanto i bricconi dannosi
e vedevo l’impossibilità che la libertà si potesse associare con un potere
qualsiasi. Il potere è maledetto: ecco perché sono anarchica. Sentivo che una
rivoluzione che prendesse una forma governativa qualsiasi non potesse essere
che un’apparenza ingannevole potendo segnare solo un passo, ma non in grado di
aprirsi completamente al progresso. Sentivo che le istituzioni del passato, che
sembravano già svanite, rimanevano, solo con un’altra etichetta e che tutto nel
vecchio mondo giacesse incatenato e rappresentasse perciò un tutt’uno che
dovesse crollare nel suo insieme per lasciare spazio ad un mondo nuovo, felice,
libero sotto i cieli. Io sono quindi anarchica perché solo l’anarchia può
rendere felici gli uomini e perché l’idea suprema che possa essere pensata
dalla ragione umana è l’idea anarchica. Così come passano le epoche seguiranno
progressi ancora sconosciuti. Non sanno poi tutti che ciò che può sembrare
utopia ad una o due generazioni, potrebbe già verificarsi per la terza
generazione? Solo l’anarchia può rendere l’uomo cosciente perché solo essa lo
rende libero, essa sarà allora il passo compiuto da un branco di schiavi verso
una società umana. Per ogni uomo, raggiunto il potere, lo stato non è che
l’immagine speculare di se stesso, lo guarda come un cane guarda l’osso che sta
masticando e solo per il suo vantaggio lo difenderà. Così come il potere rende
duro, egoistico e crudele, allo stesso modo la schiavitù umilia. L’anarchia
sarà quindi la fine della miseria spaventosa di cui da sempre soffre l’umanità.
Essa sola non sarà una ripresa delle sofferenze; sempre di più attirerà i cuori
colmi di giustizia ed autenticità per la lotta. L’umanità vuole vivere e si
rivolge all’anarchia nella lotta disperata per evitare l’abisso: questa sarà
una scalata dura. Qualunque altra idea però, assomiglia alle pietre che
scivolano via e all’erba che si calpesta scalando la montagna. E non dovremmo
combattere solo in modo coraggioso ma anche ragionevolmente. E’ arrivato il
tempo che l’ideale, più grande e più bello di tutte le finzioni che lo hanno
preceduto, si avveri in piena grandezza, affinché il popolo privato dei suoi
diritti non abbeveri più col proprio sangue quella chimera ingannevole. Sì, per
questo sono anarchica."
Dal «Manifesto dei proscritti di Londra»
“Noi siamo atei, perché l'uomo non sarà mai libero,
finch'egli non avrà scacciato Dio dalla sua intelligenza e dalla sua ragione.
Prodotta dalla visione dell'ignoto, creata
dall'ignoranza, aiutata dall'intrigo, e subita per imbecillità questa nozione
mostruosa di un essere, di un principio all'infuori del mondo e dell'uomo,
tesse la trama di tutte le miserie, nelle quali è caduta l'umanità, e forma l'ostacolo
principale alla sua liberazione. Fin tanto che la visione mistica della
divinità oscurerà il mondo, l'uomo non potrà né conoscerlo né possederlo;
invece della scienza e della felicità, non ci troverà che la schiavitù della
miseria e dell'ignoranza.
Ed è in grazia di questa idea d'un essere che è
superiore al mondo e che lo regge, che si sono prodotte tutte le forme di
schiavitù morale e sociale: religioni, dispotismo, proprietà, caste, sotto le
quali geme e sanguina l'umanità.
Scacciare Dio dal dominio della conoscenza,
espellerlo dalla società, è la legge necessaria per l'uomo, se vuole arrivare
alla scienza, se vuole realizzare la vittoria della Rivoluzione.
Bisogna negare quest'errore, genesi di tutti gli
altri, ché per esso da tanti secoli l'uomo è represso, incatenato, spogliato,
martirizzato.
Che la Comune sbarazzi l'umanità di questo
spettro delle miserie passate, di questa causa delle miserie presenti. Nella Comune non c'è posto per il
prete: ogni manifestazione, ogni organizzazione religiosa deve essere
proscritta.....:governi, religioni, famiglia, leggi, istituzioni del passato e
del presente, si sono finalmente mostrati, in questa società, ridotta ai
semplici termini di capitalisti e salariati, come istrumenti di oppressione;
per mezzo della quale la borghesia mantiene la sua dominazione, la sua
oppressione sul Proletariato.
Noi siamo rivoluzionari, perché per realizzare la
rivoluzione noi vogliamo abbattere con la forza una società che si mantiene con
la forza; perché sappiamo che la
debolezza, come la legalità, uccide le rivoluzioni, e che l'energia le salva…
La Comune è la forma militante della
Rivoluzione: è la Rivoluzione vincitrice, padrona dei suoi nemici; la Comune è
il periodo rivoluzionario da cui uscirà la nuova società.
La Comune, non dimentichiamolo più noi che abbiamo avuto l'eredità della
sua memoria e della vendetta degli assassinati, è anche la RIVINCITA...”
Louise
Michel
Louise Michel e la bandiera nera
L’apparire della bandiera nera dei ribelli
canuts fu "notata" a Parigi, il 9 marzo del 1883, nella
manifestazione dei disoccupati agli Invalides, in un incontro organizzato dai
sindacali dei carpentieri. Louise Michel sventolò, per la prima volta, una
bandiera improvvisata, formata da una vecchia gonna nera attaccata ad un manico
di scopa.
Qui di seguito
riportiamo il motivo della scelta della bandiera nera in una dichiarazione
fatta da Louise al suo processo il 22 giugno 1883; il testo della Difesa di Louise
Michel, consegnato 22 giugno 1883, presso la Corte d’Assise, della Senna.
"[…] Perché
abbiamo manifestato con la bandiera nera? Perché questa bandiera è la bandiera degli scioperi e che afferma che il
lavoratore non ha il pane.
Se la nostra manifestazione non fosse
stata pacifica, avremmo preso la bandiera
rossa; ma lei adesso è inchiodata al Père-Lachaise,
sopra la tomba dei nostri morti. Quando l’esporremo la difenderemo.[…]
È dalla fine del 1882 che gli
anarchici si pronunciano di abbandonare la bandiera
rossa a favore della nera, quella della rivolta.
Il 18 marzo
del 1883, Louise Michel esclamò nella sala Favié a Parigi: "Basta con
la bandiera
rossa bagnata del sangue dei nostri soldati. Io innalzerò la bandiera nera,
che porta il lutto dei nostri morti e delle nostre illusioni".
Louise Michel fece lo stesso discorso a Lione, davanti
ad una folla che, durante la loro rivolta
Canuts, vide, per la prima volta l'apparizione della bandiera nera. Quel ricordo stava ancora nella loro memoria.
|
Manifesto di un meeting pubblico di Louise |
9 marzo 1883 Esplanade des Invalides
Il periodo del 1883-84 è
segnato da una crisi economica di un’acutezza particolarmente formidabile.
A Parigi, il numero di
disoccupati raggiunse circa 150.000 unità. A Lione, c’erano
10.000 tessitori e 5.000 tintori senza pane.
A St.
Etienne, 10.000 operai delle industrie minerarie e metallurgiche di
Besancon, diverse migliaia di lavoratori delle varie corporazioni erano senza
lavoro.
Nelle officine, gli altiforni
si spensero e le acciaierie si fermarono.
In tutti i centri industriali
fu la stessa cosa. La causa della crisi stava, naturalmente, nella disorganizzazione,
nell'incoerenza della produzione, che rendeva ogni paese, ogni singolo
produttore, come se doveva rifornire l'intero mercato, anche quando il mercato
era già saturo; la sovrapproduzione fu quindi inevitabile. Disoccupazione,
miseria per i lavoratori, fu il risultato (assurdità del regime economico)
dalla sovrabbondanza di prodotti: senza dubbio, l'intensità della crisi poteva
essere mitigata in una certa misura riducendo la durata della giornata
lavorativa che era poi dodici ore (che, implicitamente, aumentava il numero di
lavoratori occupati). Ma il governo, con la sua polizia e il suo esercito,
pensava che gli affamati potevano aspettare.
Nella Camera, alcuni membri stanno facendo delle
interpellanze. Il radicale Tony Révillon,
che rappresentava i quartieri operai di Charonne
e Père
Lachaise, chiese al governo "di accelerare l'esecuzione di lavori
che dipendono dallo Stato nel dipartimento della Senna e di offrire l'apertura
di un credito di tre milioni per aiutare le vittime della crisi, metà delle
quali saranno messe a disposizione delle commissioni di assistenza pubblica e
di quartiere composte da rappresentanti dei sindacati”.
Ma Waldeck-Rousseau, ministro dell'Interno, oppose
alla dottrina opportunista e governativa "Lo Stato non deve fare opera
di beneficenza".
In una serie di articoli del Cri
du Peuple e in una campagna di incontri, Jules
Guesde si schierò, fedele al suo metodo di conquista dei poteri pubblici,
verso l'intervento dello Stato. Nello stesso senso, il blanquista[7] Vaillant
intervenne al consiglio comunale di Parigi.
Tuttavia, la crisi si
prolungò, sempre più dolorosa e più angosciante.
Da quel momento in poi, quale
poteva essere il ruolo degli anarchici? Ovviamente erano impotenti a fornire
una cura per una crisi che aveva le sue origini e le sue cause dirette nel
regime economico di quel momento. Tutto quello che poterono fare fu mettere in
atto un'opera di propaganda e agitazione, chiamando gli affamati, i
disoccupati, tutte le vittime, per riflettere sull’insicurezza del loro
destino, per trasformarsi in ribelli. E i privilegiati della fortuna non
dovrebbero essere turbati nella loro tranquillità ed egoismo dallo spettacolo
di queste atroci miserie, ascoltando le grida di disperazione di questi
oppressi?
Da qui l'idea espressa da un
certo numero di anarchici di una manifestazione, sulla pubblica strada, dei
disoccupati e che venne organizzata dalla Chambre syndicale des carpenters (il
sindacato dei carpentieri).
Questi furono convocati
venerdì 9 marzo 1883, alle due in punto, in un concentramento all'Esplanade des
Invalides. Vi si recarono
molte migliaia di persone tra operai e disoccupati.
|
L'Esplanade des Invalides ai giorni d’oggi |
Spinti dalle forze di polizia del ministro
Waldeck-Rousseau e del prefetto Camescasse, i manifestanti si divisero in due
gruppi. Uno andò all'Eliseo, l'altro prese la strada per il boulevard
Saint-Germain. Sulla strada, assalirono delle panetterie, quella di un certo
Augereau, in rue du Four e di un certo Morisset, in boulevard Saint-Germain,
rompendo alcune vetrine. In place Maubert, la polizia caricò violentemente gli
anarchici che resistettero al meglio. Gli agenti si affrettarono ad arrestare
Louise Michel che sventolava una bandiera nera, Émile Pouget[29] si oppose all'arresto bloccando i poliziotti, e così lui
stesso venne arrestato.
Louise Michel riuscì a scappare alla polizia. Nel
frattempo l'altra parte dei manifestanti, circa tre o quattromila persone, ha
marciato verso l'Eliseo attraversando avenue d’Antin e rue Matignon. L’avenue
Marigny era sbarrata dalle guardie repubblicane. Il prefetto Camescasse e il
commissario Clément proteggevano i dintorni del palazzo presidenziale. Al
faubourg Saint-Honoré, al numero 71, una squadra di guardiani della pace corse
e respingere gli operai che reclamavano:.
- Lavoro o pane.
Quindi si riorganizzarono e ritornarono verso il
palazzo. Una nuova carica di polizia li fermò e li disperse a poco a poco.
Louise Michel era nascosta in rue Censier, da Ernest
Vaughan, mentre tutta la polizia pensava che stesse andando all'estero. Lo
stato di salute di sua madre, che era gravemente malata e che sarebbe morta
pochi mesi dopo, la preoccupava. Louise non era una donna per rimaneva nascosta
a lungo e non ha intenzione di sfuggire alla giustizia. Il 29 marzo si recò
alla Prefettura di Polizia, accompagnata da Vaughan,
chiedendo di Camescasse. Il Prefetto rispose che non poteva vederla. Chiesero
di Puybaraud, il suo coadiutore, ma questi era assente.
Su un bigliettino da visita di Vaughan,
bigliettino che ne riportava l'indirizzo, Louise Michel scrisse queste poche
righe:
"Louise Michel teneva di non essere arrestata né da sua
madre né in un incontro pubblico. Finirà un po' di lavoro ed assicurerà il
destino di sua madre. Verrà oggi a mettersi a disposizione del signor
Camescasse”.
Il suo arresto ebbe luogo il giorno successivo.
|
Emile Pouget |
Il processo del 22 giugno 1883
Questa storia ebbe il suo epilogo davanti
alla Corte d’assise della Seine, il 22 gennaio 1883.
Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, questa
non fu la prima volta che Louise Michel appare davanti alla giustizia del suo
paese.
Emile Pouget[29], era un ragazzo di ventitré anni,
originario delle vicinanze di Rodez,
figlio di un notaio. Diventato orfano presto, venne a Parigi all'età di
quindici anni ed iniziò a lavorare come impiegato in un negozio. Nel 1880 si
unì con i primi anarchici e cercò di creare un Sindacato dei lavoratori
dipendente.
Davanti la Giuria, Louise Michel ed Emile Pouget[29]
furono accusati di aver saccheggiato delle panetterie.
Pouget[29] era, inoltre, perseguito. per un opuscolo
destinato ai soldati che comprendeva i seguenti suggerimenti:
1. Alle prime notizie dell'insurrezione, ogni soldato
rivoluzionario dovrà appiccare il fuoco alla caserma dove risiede, a tal fine
che si digerirà nei punti in cui si accumuleranno il legname, le paglie e il
foraggio dentro delle casse, spargerà il pagliericcio con la cura per dare più
presa al fuoco.
2. Nel mezzo della confusione che si verificherà
necessariamente non appena il fuoco si sarà diffuso, sarà necessario attivarsi
per la rivolta e affondare gli ufficiali spietatamente fino a quando nessuno
rimarrà in piedi.
3. I soldati dovranno lasciare la loro caserma e
unirsi al popolo portando loro fucili e munizioni per aiutare gli operai
ribelli a schiacciare le forze di polizia.
Questo opuscolo, ha detto l'accusa, sarebbe stato
propagato a Marsiglia.
Reims,
Amiens,
Bordeaux,
Roanne,
ecc.
Infine, un terzo compagno, Moreau (noto come
Garraud), un tipografo del Petit Troyen, fu processato per aver
distribuito l’opuscolo a Troyes.
Il presidente interroga Louise Michel
Presidente: Avete preso parte alla
manifestazione dei disoccupati?
Louise Michel: Sono sempre con i disgraziati.
Presidente: Perché non siete rimasta a casa?
Louise Michel: Era stato annunciato che il
governo avrebbe spazzato l'Esplanade des Invalides con i suoi cannoni. Volevo
essere in pericolo.
Presidente: Voi avete dato il segnale per il
saccheggio.
Louise Michel: Lo nego. Ma non discuto che ho
avuto un'impressione dolorosa. La strada sembrava un alveare pieno di api e
pensavo che quelli che fanno il miele non lo mangiano mai. Sono rimasto a
manifestare a favore della fame.
Presidente: Vi ostinate a fingere che
volevate solo una dimostrazione pacifica?
Louise Michel: Sì, pacifica.
Presidente: E il saccheggio delle
panetterie?
Louise Michel: Non è niente. Voi avete fatto
meglio di altri nel 1871, quando Galliffet macellò per la strada il popolo affamato.
Il presidente procede quindi all'interrogatorio di
Emile Pouget[29].
Presidente: Avete un lavoro, lavorate in una
libreria. Cosa facevate a questa dimostrazione di lavoratori disoccupati?
Emile Pouget: Stavo protestando contro un
governo che lascia i lavoratori senza pane.
Presidente: Quindi il governo è responsabile
di tutto?
Emile Pouget: Perfettamente È lui che
rappresenta e difende abusi e privilegi.
Presidente: Voi professate le dottrine più
violente. In casa è stato trovato un manoscritto che inizia con la frase «Uccidere
un deputato o un capo è meglio che fare cinquanta discorsi».
Emile Pouget: Questa è un'opinione. Mi fate un
processo all’intenzione.
Presidente: No, ma come magistrato ho il
diritto di stigmatizzare le vostre dottrine prima che la giuria li condanni.
Emile Pouget: Questi scritti sono meno letali
delle mitragliatrici del governo.
Una serie di testimoni sfilano durante le audizioni alla sbarra. Tra
i testimoni citati su richiesta della difesa, Henri
Rochefort ed Ernest
Vaughan.
Henri
Rochefort, il
redattore capo di L'Intransigeant afferma: Conosco Louise Michel con
la quale sono stato deportato in Nuova
Caledonia. La sua capanna era di fronte alla mia. Louise
Michel, durante il viaggio, si era costantemente sacrificata per le sue compagne,
distribuendo cibo e vestiti. In Nuova
Caledonia, è arrivata senza scarpe, ha dato tutto ciò che aveva non si è
nutrita di niente ed ha dormito sul pavimento. Aveva trasformato la sua
capanna in un ospedale e si prendeva cura degli sfortunati.
A sua volta, Vaughan
disse così: Desidero esprimere la mia rispettosa solidarietà per la signora
Louise Michel. Sono orgoglioso di essere suo amico.
Louise Michel: Farò in modo che i miei amici
siano sempre orgogliosi di me. Il testimone potrebbe dirci se sa come è stata
trattata la mia famiglia? Perché anche noi abbiamo famiglie.
Ernest
Vaughan: So
che un miserabile è venuto a casa ed ha colpito, con un colpo di canna, la
donna che guarda la madre di Louise Michel.
L’avvocato dell’accusa era il signor Quesnay de Beaurepaire.
Questo magistrato teneva all'estetica ed aveva la pretesa di dare alle sue
accuse qualche svolta letteraria. Al processo paragonò Louise Michel
successivamente ad una Furia, ad una Erinni
in tournée, ad un'Amazzone, ad una Sultana affiancata dai suoi due visir Pouget[29]
e Garraud. Non è più, continua lui,
la donna della Repubblica romana, che guardava la casa e che filava la lana,
ecc. ecc.
Gli accusati si difesero da soli.
La difesa di Louise Michel al processo del 22 giugno 1883
Qui
di seguito riportiamo il testo della Difesa di Louise Michel,
consegnato 22 giugno 1883, presso la Corte d’Assise, della Senna.
Il 22 giugno 1883, la grande
cittadina, il cui nome era Louise Michel, pronunciò il seguente discorso alla
Corte d'Assise della Senna:
|
La difesa di Louise Michel al processo del 22 giugno 1883 |
"C'è
qualcosa di più importante in questo processo, che l’appropriazione di alcuni
pezzi di pane. Si tratta di un'idea che persiste, si tratta delle teorie
anarchiche che volete condannare a qualsiasi costo.
Sottolineo
che sul famoso opuscolo «Alle armi!» il pubblico ministero sembra aver fatto
una pubblicità della difficilmente ci aspettavamo.
Avete
agito duramente nei nostri confronti nel
1871.
Ho visto le fucilazioni sommarie; ho visto il signor de
Gallifet[77] fare fuoco, senza processo,
su due commercianti di Montmartre
che non erano mai stati sostenitori della Comune; ho
visto il massacro dei prigionieri perché hanno osato lamentarsi. Sono stati
uccisi donne e bambini; Federati
trattati come bestie selvatiche; ho visto angoli delle strade piene di cadaveri.
Non stupitevi se le vostre incriminazioni ci commuovono.
Ah, certo, signor avvocato generale, voi trovate strano
che una donna osa
difendere la bandiera nera. Perché abbiamo manifestato con la bandiera nera?
Perché questa
bandiera è la bandiera degli scioperi e che afferma che il lavoratore non ha il
pane.
Se la nostra manifestazione non fosse stata pacifica,
avremmo preso la bandiera
rossa; ma lei adesso è inchiodata al Père-Lachaise,
sopra la tomba dei nostri morti. Quando l’esporremo la difenderemo.
Non faccio più appello all’Internazionale
morta perché non siamo riusciti a riunire i segmenti e perché l'internazionale
è un potere occulto e che è tempo che il popolo si mostri allo scoperto.
Abbiamo parlato allora ai soldati di sparare ai loro
comandanti: Ebbene! a Sedan,
se i soldati avessero sparato ai loro comandanti, pensate che sarebbe stato un
crimine? L'onore, almeno sarebbe stato al sicuro. Mentre non osservando questa
vecchia disciplina militare abbiamo lasciato che il signor Bonaparte
liberasse la Francia dallo straniero.
Io preferisco vedere Gautier,
Kropotkin[20] e Bernard[47] nelle carceri che in un ministero. Lì loro
servono l'idea socialista, mentre dall’alto uno è preso dalle vertigini e
dimenticare tutto.
Quanto
a me, quello che mi consola è che vedo sopra di voi, al di sopra dei tribunali
sollevarsi l'alba della libertà e dell'uguaglianza umana.
Ora
siamo in piena miseria e siamo nella Repubblica. Ma questa non è la Repubblica.
La Repubblica che vogliamo è quella in cui tutti lavorano, ma anche il luogo
dove tutti possono consumare ciò che è necessario per le loro esigenze ...
Si
parla di libertà: ma c'è libertà e libertà. In Inghilterra le manifestazioni
sono permesse, in Francia le persone che muoiono di fame non hanno il diritto
di dire che stanno morendo di fame. Ebbene, ho preso la bandiera nera e ho
detto che il popolo era senza lavoro e senza pane. Questo è il mio delitto;
giudicatelo come vi pare.
Voi
dite che vogliamo fare una rivoluzione. Ma queste sono le cose che fanno le
rivoluzioni: il disastro Sedan che ha fatto crollare l'impero,
e qualche crimine del nostro governo porterà anche una rivoluzione.
Questo
è certo. E forse voi stessi sarete dalla parte degli indignati se i vostri
interessi sono gli stessi di loro. Pensateci bene.
Se ci
sono così tanti anarchici è perche ci sono molte persone disgustate dalle
tristi commedie che da tanti anni ci danno i governi. Io sono ambiziosa per
l'umanità vorrei che tutti fossero abbastanza artisti, abbastanza poeti
affinché la vanità umana scompaia. Per quanto mi riguarda, non mi faccio
illusioni. E guarda, quando l'avvocato generale è di circa la mia vanità.
Ebbene! Io sono troppo orgogliosa di me stessa per non essere un leader.
Non
voglio discutere l'accusa di presunta rapina contro di me, questa è troppo
ridicolo. Ma, se volete punirmi, io commetto tutti i giorni dei reati di
stampa, di parola, ecc. Orbene! citatemi in giudizio per tali reati.
Insomma,
il popolo non ha né pane né lavoro, e noi non hanno in prospettiva che la
guerra. E noi, noi vogliamo una vita pacifica per genere umano attraverso
l'unione dei popoli.
Questi
sono i crimini che abbiamo commesso.
Ognuno
cerca la sua strada; noi cerchiamo la nostra e siamo convinti che il giorno in
cui il regno della libertà e dell'uguaglianza sarà arrivato, l'umanità sarà
felice".
Infine la Giuria dichiarò: Louise Michel, colpevole
di atti di saccheggio ed associazione a delinquere, Emile Pouget[29], di saccheggio ed associazione a delinquere,
di distribuzione ai soldati di scritti che li eccitano alla rivolta e
all'omicidio dei loro ufficiali, Garraud, alla distribuzione degli stessi
scritti.
Louise Michel ed Emile Pouget[29],
molto calmi, ascoltarono, senza la minima emozione, l'odiosa condanna che li
colpì. A seguito di questo verdetto, la Corte ha condannato Louise Michel a sei
anni di reclusione e dieci anni di sorveglianza della polizia, Emile Pouget[29],
a otto anni di reclusione e dieci anni di sorveglianza della polizia, Garraud,
a un anno di prigione.
Al presidente Ramé che aveva
avvertito i detenuti che avevano tre giorni di tempo per fare appello alla
Cassazione contro la sentenza che era stata appena pronunciata, Louise rispose
sorridendo, "No, signore è inutile, voi avete meritato troppo dell'Impero
per fare appello al vostro giudizio".
Qualche secondo di silenzio:
poi una protesta energica, quasi unanime, a parte gli avvocati. Mentre i
condannati, circondati da molte guardie, lasciavano la sala di Assise, la folla
esclamava: “Lunga vita a Louise Michel! Abbasso i giurati! Abbasso i togati!
È un’onta! È un'infamia! Lunga vita alla rivoluzione!” Il popolo stava
assolvendo Louise Michel.
E in mezzo a tutte queste urla
e tutte queste confuse proteste scoppia una voce:
"Presidente Ramé,
ricordati di Bonjean!"
I giurati spariscono, le vesti
rosse decollano e la folla scende in piazza Dauphine, dove più di mille persone
attendevano il risultato del processo.
Louise Michel ed Emile Pouget[29]
furono, insieme a Kropotkin[20], Emile Gautier[81]
e alcuni
altri detenuti di Lione,
graziati nel gennaio 1886 da Jules Grévy,
dopo la sua rielezione a presidente della Repubblica.
L'attentato del 22 gennaio 1888
Il sindacalismo, i sindacati di mestiere raggruppati
in un ufficio di collocamento, si affermarono presto a Le Havre
e presero fin dall'inizio, un posto importante nella vita politica e sociale
della città. Le fabbriche erano molteplici, e Pierre Lucas, descritto in questo
capitolo, era un magazziniere in una di queste.
Nel 1880, i sindacati di Le Havre apparivano
abbastanza potenti per organizzare, in collaborazione con i gruppi socialisti,
il 4° Congresso Nazionale dei lavoratori. Queste organizzazioni dei lavoratori
locali svolgevano un ruolo chiave data la loro ispirazione
proudhoniana[14].
Anche a Le Havre, gli anni
1880 furono caratterizzati da una recessione economica che ebbe un forte impatto
sulle condizioni di lavoro (stagnazione salari già molto bassi, aumento il
costo della vita, aumento della disoccupazione). La corrente anarchica era
molto attiva ed occupava questo iniziale movimento sindacale. I militanti
anarco-sindacalisti furono pionieri nella lotta contro le repressioni spietate
delle manifestazioni e degli scioperi dei lavoratori. Saranno gli unici a
commemorare la Comune di
Parigi, i primi a chiamare la giornata di otto ore, e manifestarono la loro solidarietà internazionale
con i loro fratelli di Chicago, Rotterdam e Londra.
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Pierre Lucas |
L’arrivo a Le Havre di Louise Michel, fu il punto
culminante dell'agitazione anarchica di quel periodo. Arrivò il 22 gennaio, e
tenne due comizi. Uno al teatro della Gaieté, nel pomeriggio, l'altro la sera
nella sala de l’Élysée presso il Rond-Point.
Il secondo protagonista di questa storia è un
bretone; Il suo nome è Pierre Lucas. Egli viveva, non la vita del suo tempo, ma
quella dei suoi antenati: l'ascolto del mare ruggente senza chiedersi se
esistessero altri orizzonti né il motivo per cui il lavoro fosse così difficile
per i diseredati. Si trattava di un fanatico della rassegnazione.
La domenica del 22 gennaio alle due del pomeriggio,
Louise apparve al teatro della Gaieté. La sala era piena. Louise aprì
l'incontro e attaccò il governo: "Ma possiamo dare questo nome ad un
banco di mistificatori, di ladri?". I partecipanti, nella sala,
protestavano, fischiavano. "Che cosa, continua Louise, vuoi
rifiutare questi epiteti a persone che hanno fatto la spedizione del Tonchino,
e tutte le operazioni corrotte collegati ad essa: traffico di decorazioni di
Wilson, il figlio del signor Grevy ... Abbiamo bisogno che la società si
rinnovi, e vorremmo che non fosse col sangue. È attraverso la pace e il
lavoro che vorremmo raggiungerla. Ma se i borghesi non vogliono stare
con noi, la rivoluzione che è inevitabile, sarà contro di loro. Lei sarà
con noi, con voi o contro di voi. Scegliete".
Lucas in vita sua non aveva mai messo piede in un
incontro pubblico, quando decise, il 22 gennaio, preso dalla curiosità, di
vedere quelli che gli furono presentati come i nemici del genere umano, nella
sala del Gaieté. Lucas fu il primo ad essere sorpreso nel sentire quelle cose a
cui non aveva mai pensato. Poi alcuni, intorno a lui, probabilmente contrari
con le teorie della conferenza, gli spiegano che è la donna la causa di ogni
male e che avrebbe bisogno di essere sbattuta in acqua! Che la conferenziera si
arricchiva con quelle riunioni ... Queste cose turbarono la sua mente tanto
che, all'uscita della stanza del Gaieté, si comprò una pistola che pagò 12 o 15
franchi. Incontrò degli amici con i quali bevve, inebriandosi sempre più di
parole che di vino.
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L'attentato a Louise |
Lucas andò nella sala dell’Élysée, alle otto in
punto, per il secondo incontro. Si trovava in un semi sonnambulismo naturale.
La sala conteneva duemila persone: simpatizzanti,
contrari, spettatori curiosi ammassati lì a sentire Louise Michel. Quella sala
si trovava in fondo ad un cortile con alberi, rue de Normandie. C'era anche un
ristorante rustico.
Louise camminava sul palco e parlava senza vivacità
in modo impersonale:
"Il capitale deve sparire
perché le fabbriche non sono nulla se non ci sono i lavoratori. È necessario che noi usciamo
dalla mangiatoia dove si serve e sgomita. Ci riusciremo grazie
l’istruzione che gli umili e i poveri oggi non possono avere".
Denunciava le guerre, in particolare quelle coloniali, dove si addestrano i
soldati al furto e all’omicidio.
Queste parole colpirono Lucas come una sorta di
bestemmia, e nel calore della stanza, il suo cervello continuò ad annebbiarsi.
Gli avversari rumoreggiavano. Ha ragione, ha torto ... Altri le chiesero dove
andassero i fondi delle sue conferenze? "Voi lo sapete, vanno ai
poveri, al fondo per gli scioperi, a movimento anarchico".
«Improvvisamente un uomo apparve sul podio, alto,
vestito di nero, con un tragico pallore (Edith Thomas: Louise Michel ou la Velléda de l'anarchie, Paris, Gallimard, 1971.)».
«Uno degli avversari, mentre Louise riprese a parlare
nuovamente, montò sulla tribuna. Con l’aria imbarazzata, questo colosso,
austero, si pose davanti alla conferenziera. Vestito sobriamente, tutto di
nero, di circa trent’anni. Ha occhio nero e il suo volto è molto pallido
(giornale Piccola Le Havre - Archivio Comunale)».
«Un uomo ha chiesto di parlare e gli è stata
concesso. È salito sulla tribuna. È un uomo grande, il volto regolare e dolce,
come preso in prestito al dolore e al sogno, così ho detto agli amici intorno a
me: "Questo uomo ha la maschera tragica" (Louise Michel:
Histoire de ma vie)».
Lucas cercò di parlare, lo fece in modo incoerente:
"Io non parlo un francese corretto. Io non sono né un ladro
né un assassino. Sono bretone "Louise si voltò verso la
postazione della stampa e disse: "Non capisco niente".
“Noi nemmeno” risposero i giornalisti. Fecero sedere Lucas, che lo fece
semplicemente senza dare problemi, e la riunione poté continuare.
«Tutto ad un tratto si sente un botto. Sento
un bruciore all’orecchio. Lucas è in piedi dietro di me, tenendo il
revolver come avrebbe tenuto un bambino di due anni. Tutti si alzarono
in piedi. Allora io dico alla folla: "Non è niente. È un imbecille
che ha sparato a salve". Nel frattempo, Lucas spara nell'altro
orecchio dove sento ancora una bruciatura (Louise Michel: Histoire de ma
vie)».
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L'attentato conto Louise Michel a Le Havre |
Che cosa successe esattamente? Lucas sparò due colpi,
uno nel lobo temporale sinistro, l'altro nella fodera del cappello.
Louise Michel ricevette i primi soccorsi dai dottori
Malherbe e Lignerolles che cercarono invano di rimuovere il proiettile. Lei non
manifestò alcuna rabbia contro il suo aggressore. Louise tornò a Parigi (Levallois[55]), nonostante il parere dei
medici.
Il suo medico di Levallois[55], non fu in grado di estrarre il proiettile, e la inviò
dal dottor Labbé all’ospedale Baujon. Questi ultimo, pur essendo uno dei
principi della chirurgia, non rimosse il proiettile per come si presentava.
Decise di non tentare l'operazione. È probabile che Louise mantenne sempre quel proiettile in testa.
Recuperò l’altro proiettile e ne fece un altro regalo a Rochefort
accompagnato dalla scritta "Souvenir del proiettile dell'orecchio mozzato
trovato nel mio cappello."
«Lucas, nel frattempo, è stato linciato da
amici anarchici di Louise. Il suo volto conserva ancora traccia di quella giusta correzione che
gli hanno inflitto testimoni il suo crimine (L’Intransigeant)».
Il rapporto della polizia del 23 gennaio inviato al
commissario capo Heu, racconta l'accaduto: «L'uomo di nome Lucas, che era
dietro Louise Michel si alzò e le sparò, a distanza ravvicinata, due colpi di
revolver che la colpirono dietro l'orecchio sinistro. Il suddetto Lucas è stato
immediatamente arrestato e condotto in prigione a disposizione della giustizia.
Il proiettile non può essere estratto. Tuttavia Louise Michel è ripartita
questa mattina per Parigi col treno delle 06,40».
Rapporto
della polizia
Anche se Louise Michel non fece nessuna denuncia,
venne aperta un'inchiesta.
L'attentatore si chiamava Pierre Lucas. È nato a
Guerlesquin il 17 febbraio 1855, sposato
con Maria Yvonne nata Le Bars, 29 anni di età, sarta. La coppia aveva un
figlio. Vivevano al numero 12 di rue de la Communauté (oggi rue Masurier). Che
cosa disse? "Si le ho sparato, è che questa idea mi è venuta in testa.
Ero esasperato". "Ho bevuto molto e non ho capito
quanto è stato detto. Non ho l’istruzione necessaria”.
Louise Michel ha dichiarato immediatamente al
procuratore che l'aggressore ha bisogno più di cure che di giustizia. Lucas non
è responsabile, questo è quello che lei continuò a dichiarare al giudice
incaricato, da parte della commissione rogatoria, venuto ad interrogarla a
Levallois[55].
A seguito di questo attacco, quali sono state le
reazioni?
Le Petit Havre: "Lucas è un onesto lavoratore. La sua colpa: bere un
po’ più di quanto dovrebbe. Cosa lo ha spinto? Tutta la città se lo chiede. A
dire il vero, nessuno può rispondere".
Le
Cri du Peuple:
"Lucas è un proletario, un fanatico ignorante. L'atto che ha compiuto non
può ispirare che pietà".
La République française: "Non è al dottor Blanche (psichiatra) che si
deve inviare Lucas, è la Corte d'Assise che noi insistiamo di voler inviare gli
assassini, alcolizzati o no".
L’Intransigeant: "Come sostengono che non c’era alcuna premeditazione,
quando Lucas andò a cercare una pistola poche ore prima? L'omicidio premeditato
di Louise Michel sembra ovvio. "
L’Intransigeant: "Il tentativo di assassinio contro Louise Michel,
dopo quello contro J. Ferry (che si credeva essere morto quando lui non aveva
né livido né contusione) mostra come la violenza sia entrata la nostra
morale".
L’Autorité chiede: "il divieto della vendita di armi da
fuoco".
Le Petit Journal titola: "L'abuso del revolver" Perdiamo sempre
più rispetto per la libertà della personalità, della vita umana ".
Nei circoli anarchici, si ritiene che Lucas sia un
agente segreto del dipartimento di polizia incaricato di liberare la società da
Louise Michel - o degli orleanisti la cui la propaganda in Normandia, è più
attiva.
Louise Michel scrisse alla moglie di Lucas:
"Apprendo il vostro dolore, desidero rassicurarvi. Come è inaccettabile
che vostro marito abbia agito con criterio, è inaccettabile che non possiate
visitarlo...". Rispose a Lucas che le scrisse dal carcere di Le Havre:
"La tua lettera mi ha fatto molto piacere; dimostra ancora una volta che
abbiamo motivo di ritenere che hai agito da allucinato, e quindi, come puoi
essere giudicato ... "
Louise scrisse anche una poesia dal titolo "Le
Breton", che recita tra i suoi versi:
"... che il figlio della costa della Bretagna,
la costa dove il mare ruggisce, andò pensieroso e mistico ... che lui resta
libero nella sua ombra, per lui non abbiamo più legge ...".
Louise Michel incaricò l’avvocato Laguerre (che
difese il suo cugino a Lione)
per difendere Lucas. Egli promise di salvare Lucas e mantenne la parola.
Non solo il pubblico, numeroso in aula, ma tutti i
giornali, accolsero come un atto di vera equità l’assoluzione Lucas.
Dal giornale Le Havre del 17 gennaio 1890:
"Apprendiamo della morte di un individuo che ha avuto a Le Havre, e anche
a Parigi, la sua ora di gloria, parliamo di Pierre Lucas che ha sparato un
colpo di pistola a Louise Michel nella sala dell’Élysée. Pierre Lucas, che
aveva 35 anni, era stato assolto dalla Corte d'Assise. Entrò, per la seconda
volta, nell'ospizio generale il 4 gennaio scorso. È morto di tisi ieri mattina
alle 4,00".
Il ricordo di Louise Michel da parte
del periodico statunitense «Cronaca
Sovversiva» (Barre, Vermont – 1903-1920)
È morta Luisa Michel?
Al momento di andare in macchina ci capita
sott'occhio un telegramma da Parigi il quale afferma che Luisa Michel è morta a
Marsiglia la sera di Lunedì 9 corrente gennaio.
Temiamo che la notizia, tante volte e con tanta
compiacenza diffusa dai giornali borsaioli, abbia ad essere questa volta
dolorosamente confermata. Luisa Michel, superato gagliardamente malgrado i
settant'anni il periodo dell’ultima convalescenza disponevasi in questi giorni
ad un lungo giro di propaganda in Algeria e doveva a tale effetto trovarsi a
Marsiglia dove, secondo il telegramma citatato, sarebbe spirata avantieri. Il
tempo, indeprecabile, avrebbe alla fine avuto ragione di questa eroica tempra
ribelle che nessuna violenza, nessuna lusinga era giunta a rompere o a piegare;
non a Issy la mitraglia, non sulle barricate della Comune
il rombo delle cannonate versagliesi, non un decennio di galera alla Nuova
Caledonia, non le revolverate di Lucas, non la grazia di Constants, non la
miseria né le persecuzioni assidue, né il suggestivo mistero della morte che a
69 anni quando ammaina esausta più d'una fede, più d'un scettico proposito
aveva, pochi mesi sono minacciato rapircela per sempre! Coi fervidi voti che la
notizia abbia a ricevere una recisa smentita rimandiamo al prossimo numero ogni
più largo cenno sull'apostolato eroico, sull'abnegazione leggendaria, sulla
tenacia di Luisa Michel, che, per trentacinque anni, ha dato fino a ieri tutte
le energie della mente elettissima o dell'anima generosa alla causa del
proletariato e della Rivoluzione Sociale.
G. Pimpino
Luisa Michel
Nata nel 1835, mentre avveniva la famosa
esplosione romantica che spezzò il giogo delle vecchie regole e delle vecchie
abitudini, per dare alla nuove formule ed alla pensiero un nuovo slancio, Luisa
Michel fu ella stessa una super la romantica, innamorata del colore, del ritmo
sonoro e della beltà del gesto. Un'anima di poeta si risvegliò in lei e poeta
ella rimase per tutta la sua vita, così movimentata di rivoluzionaria. Anche
Victor Hugo fu in principio la sua adorazione; allora si piegava volentieri in
ginocchio alle divinità umane. Victor Hugo in quel tempo appariva non solo come
il grande lirico, cesellatore diversi che i posteri giammai dimenticheranno, ma
era innalzato anche come filosofo, come sociologo, come amico ardente del
popolo, super uomo universale e sfidava in un teatrale atteggiamento di
protesta dalla rocca di Jersey il colosso imperiale: agli occhi degli
entusiasti incomparabilile campione della Repubblica e del diritto violato. Che
cos'era, accanto ad un bel semidio, un semplice mortale come Blanqui, che
parlava e scriveva in prosa e cospirava in silenzio? Victor Hugo ebbe anche
l'omaggio di Luisa Michel -i suoi ultimi versi ebbe il grande poeta si degnò di
rispondere, profetizzando garbatamente un avvenire le celebrità.
Allevata in una fattoria nei pressi di Campagne,
in cui sua madre, una serva, si era lasciata amare e sedurre da un giovane
castellano, ribelle alle disuguaglianze sociali, Luisa Michel ebbe una
educazione compiuta che permise alle sue attitudini artistiche di affermarsi.
Nel tempo stesso, insieme ai figli dei contadini, partecipava alla vita sana e
fortificante dei campi, preludiando. con ardite escursione nella foresta ai
lunghi viaggi, cui più tardi l'avrebbe costretta l'altra mala femmina; la
politica. Fu allora, proteggendo contro i ragazzi, terribili torturatori, gli
animaletti senza difesa, ch'ella senti destarsi in se l’anima di una amica dei
deboli. e dei vinti
Per la sua vita modesta e laboriosa di istitutrìce
a Baignolles fino agli ultimi giorni dell'imperò, amici e nemici le han dovuto
rendere omaggio. Pure, in quel tempo, la rivoluzionaria cominciava a far
capolino sotto le spoglie di educatrice. È proprio di individualità simili
vivere oltre il proprio tempo; epperò' codeste sono sempre onorate dalle
persecuzioni dei contemporanei e dagli omaggi dei posteri.
Una generazione trascina alle gemonie; la
generazione seguente le tributa l'apoteosi.
Luisa Michel dava fino da allora ai suoi amici,
repubblicani d'avanguardia, soprattutto blanquisti, che cospiravano contro l’impero,
l'aiuto del suo coraggio, della sua attività, delle sue speranze entusiastiche.
Victor Hugo aveva fatto appello, senza pericolo, ad Armodio contro l'assassino
del Due Dicembre; e Luisa Michel si offri di essere Armodio e di andare a
pugnalare Napoleone III. In quel tempo, appunto, ella cominciava a studiare ed
occusparsi di questioni sociali. Jules Simon, economista sentimentale al modo
dei coccodrilli, che piangeva volentieri sulle condizioni degli operai, in
attesa di farli fucilare, aveva rapidamente traversata l'Internazionale, e,
come Victor Hugo, anche egli manifestò una simpatia benevola per colei che più
tardi doveva, in complicità coi suoi colleghi di Versalia, abbandonare alla
giustizia militare....
Ma scoppiò la guerra del 1870: la tragedia
dell'assedio si svolse lugubremente e fu continuata da quella della Comune!
Ecco che la personalità di Luisa Michel diviene
grande: l'istitutrice sta per diventare infermiera, soldato, tribuno.
Il 18 marzo '71 fu lei che aggruppando degli
elementi isolati e sparsi, organizzò il Comitato Centrale della Unione delle
donne; presiede il club rivoluzionario della chiesa di San Michele, dove la
parola entusiasta, sincera, dei militanti che lottano per la emancipazione
umana, era succeduta alla parola menzognera ed untuosa del prete. Vestita della
uniforme dei federati, confusa tra questi, poiché mai ella ha cercato di posare
per la storia. Luisa Michel prese parte col 61° battaglione agli scontri sotto
i forti a Issy, Clamart, Reuil e quando penetrò a Parigi l’armata versagliese
dei massacratori, le trentamila belve, rientrò anche lei per prender parte alla
ultima disperata difesa dei comunardi. Fu il momento sublime e terribile in cui
centoventi donne si fecero uccidere difendendo la barricata della piazza
Bianche. Che ne pensano coloro che proclamano la inferiorità della donna? E che
ne pensano anche quelle donne che fanno del feminismo una reclame o una
speculazione?
Sempre combattendo Luisa Michel sfuggì alle mani
dei Versagliesi; era salva ma, saputo che sua madre era stata arrestata dai
difensori dell'ordine e della famiglia, corse a costituirsi prigioniera perchè
fosse rilasciata la povera donna.
Non fu fucilata. Miracolo dei miracoli, giacché
dappertutto circolava la pericolosa e mortale leggenda delle petroliere. Pero
fece parte della colonna interminabile di prigionieri e prigioniere che furono
trascinati a piedi, sotto le ingiurie, gli sputi e le bastonate, a popolare a
Versaglia le prigioni dei Chantiers e dell'Orangerie. Ad una porta di Parigi,
un cavaliere dal kepi stellato, coi mostacci ritti, e terribile, con aria
furiosa, si avanzò contro la colonna in marcia, facendosi conoscere, per
terrorizzare col suo nome i vinti: "Parigini! sono io Galliffet!”, Luisa,
squadrondo tranquilla il sinistro fucilatore, gli rispose ironicamente sul viso
con una reminiscenza classica di poesia pastorale: “C'est moi qui suis Lindor,
berger du troupeau" (Lindoro sono io, pastore di questo gregge). Il bravo
generale rimase stupito naturalmente così stupito che dimenticò di far fucilare
la prigioniera tanto audace da beffeggiarlo, L’autodifesa di Luisa Michel
davanti al sesto Consiglio di guerra fu d'una ammirabile energia. Dinnanzi ai
vili sgozzatori dei parigini, la prigionièra, diritta e fiera nei suoi lunghi
veli neri, sembrava un vessillo vivente di dolore, di lutto e di rivolta;
altamente ella affermò la sua partecipazione alla resistenza comunalista.
Invitata dal presidente del Consiglio di guerra a difendersi, rispose:
"Io non voglio difendermi, né voglio esser
difesa; ho fatto tutto quello che ho potuto per far trionfare la rivoluzione
sociale, ed ora se voi non siete vigliacchi fucilatemi, poiché i cuori che
palpitano per la libertà non meritano che del piombo, ed io pure ne voglio la
mia parte!"
Pure, non osarono ucciderla come avevano ucciso
Ferrè, Rossel, Bourgeois e trentacinquemila altri, assassinati con o senza
processo; la condannarono solo alla deportazione entro una cinta fortificata.
La cinta era la penisola Ducos nella Nuova Caledonia; le fortificazioni erano
da tre lati il mare, dal quarto lato una palude rinforzata da un posto
militare; e cioè dappertutto la morte. "I deportati non possono evadere;
-spiegava con sollecitudine il ministro della marina ai rurali dell'Assemblea
di Versaglia- essi sarebbero mangiati o dai pescicani o dagli antropofagi".
Luisa Michel partì a bordo del vascello
"Virginia" per questo paese idillico, e fece, insieme agli altri
prigionieri, in fondo alla stiva, l’orribile traversata in cui successivamente
il caldo soffocante ed il freddo glaciale, a seconda delle latitudini, si
aggiungevano per torturare i deportati, alle contrazioni della fame,
all'ammucchiamento nei gabbioni ed alle vessazioni delle guardie.
(Articolo non firmato)
Luisa Michel
A chi la studiava traverso le sue innumerevoli
peripezie, la vita di Luisa Michel presenta una trilogia naturale, in cui
l'eroina appare successivamente: la comunarda, la deportata, la propagandista.
L'abbiamo seguita nella prima fase, durante la
grande epopea di aprile e di maggio: la bandiera rossa fiammeggiante sotto
l'azzurro del ciclo solcato da una mortale pioggia di fuoco, i forti
smantellati crollanti sotto l'esplosione degli obici, la lotta disperata e
finale sulle barricate; poi il massacro, la Senna imporporata di sangue,
Versaglia, la prigione in cui s'ammucchiano alla meglio uomini e donne, mentre
dal campo di Satory giunge l'eco sinistra del fuoco di fila sui condannati alla
fucilazione e, infine la prigione centrale di Auberive, aspettando l'imbarco
per la Nuova Caledonia.
Dopo tutto questo dramma tumultuoso e terribile,
traversato quasi come in sogno, un'altra vita cominciò per Luisa Michel. Agli
antipodi, sotto un cielo torrido implacabilmente sereno, l'azzurro del quale si
sposava all'azzurro dell'oceano infinito, come un doppio lenzuolo teso dalla
dea dell'oblio, la Nuova Caledonia, attorniata di scogli e di isolotti, apriva
ai vinti, come braccia, le sue plaghe madreporiche.
Mentre l'isola dei Pini ospitava i deportati
semplici, la penisola Ducos riceveva nei suoi due villaggi, Numbo e Tindu,
abbozzati appena nelle loro baracche primitive, i "sorvegliati" o
condannati alla cinta fortificata. E, all'imboccatura della rada di Noumea,
v'era infine l'isola Nou, ultimo cerchio dell'inferno, in cui altri combattenti
della Comune,
divenuti forzati, espiavano il delitto inaudito, agli occhi dei guardaciurme,
di aver difesa un'idea.
Luisa Michel ha vissuto circa sei anni dal '73 al
'79 nella penisola Ducos. Durante tutto questo tempo, ella fu insieme una
compagna infaticabilmente devota ed una prigioniera indomata ed indomabile. In
principio si volle separarla, assieme allesue amiche deportate, la Lemel, la
Desfosses, la Dupre, la Cailleux e la Smith, dagli uomini, loro fratelli nella
battaglia e nella sconfitta; si parlava di mandarle molto lungi, a Bourail, in
mezzo ai forzati comuni ed ai guardiaciurme. Forse le avrebbero fatte sparire,
cosa non molto rara nei penitenziari Ma dietro le loro energiche proteste vi si
rinunciò.
Partita comunarda, Luisa Michel ritornò anarchica.
E tale fu la sua penetrante forza di bontà, che anche nei giorni più rabbiosi
di discordie settarie, ella fu sempre amata; rispettata da tutti, repubblicani,
socialisti, anarchici. L'unico rimprovero che gli uni e gli altri le facevano,
era essere "troppo buona". Gli è che, eroina di un tempo battagliero,
niuno più di lei era lontano da questa atmosfera glaciale di pedanteria e di
arrivismo, in cui al giorno d'oggi vediamo uscir fuori come lumache, fenomeni
infatuati, anticlericali di professione, tanti sedicenti amici del popolo sul
quale vivono e del quale tutto ignorano. Per quanto fermamente affezionata al
suo ideale, Luisa Michel sapeva che ogni dogmatismo è sterile, e che la scienza
essendo relativa, solo gli ignoranti possono essere pedanti. Libertaria fino
alle intime fibre del suo essere, ella ripudiava la intolleranza nelle discussioni,
pur conservando tutta la sua forza d'intransigenza per l'ora critica in cui non
bisognerà più gridare, parlamentare, pontificare, ma vincere o morire.
Buona, certo, ella è stata quanto era possibile
esserlo: lo fu anzi eccessivamente, eppure senza ridicolo, in un tempo in cui i
commedianti impudenti si mascherano di bontà e predicano la mollezza. Ferocia
di vipere o lacrime di coccodrillo: non v'e' dunque altra alternativa? Luisa
aveva orrore d'ambedue, e la sua bontà anche se ingenua e cieca, era sempre
virile. Su la legione senza posa lamentevole degli sventurati e dei mendicanti,
giammai ella gettò come fanno i tartufi della filantropia, la panacea
dell'elemosina, la vile elemosina che degrada chi dona e chi riceve!
Rientrata in Parigi nel novembre del 1880. vi fu
ricevuta con entusiasmo da quella stessa folla che, nove anni prima, l'aveva
insultata. Molte personalità politiche, che l'indomani dovevano trattarla da
traviata, le fecero buona accoglienza. Le folle nel medesimo tempo che gli
individui!
Il nove marzo dell'83. ebbe luogo la dimostrazione
famosa della Spianata degli Invalidi, di cui la valorosa donna fu l'eroina e la
vittima. Da quattro anni la Repubblica opportunista era succeduta alla
Repubblica militarista e clericale. Grevy, un economo possidente, aveva
sostituito all'Eliseo il soldataccio Mac Mahon; i giornalisti potevano quasi
scrivere ciò che volevano, ed il popolo, grande fanciullo cui si offrono i
Krumiri ed i Tonchinesi per divertirlo, gli aveva domandato in cambio del
danaro e del sangue dei suoi figli, ed aveva ottenuto, il permesso di cantare
la Marsigliese.
La propaganda rivoluzionaria trovava in quel
momento una forte ausiliaria nella crisi economica, molto più intensa che pel
passato, in quell'anno. Era questa dunque la Repubblica, una secca e vuota
formula per coprire le esazioni del capitale, tiranno anonimo ed invulnerabile,
per la quale tanti valorosi avevano spesa la vita e la liberta "Oh che -si
domandava Jean Misere della canzone di Portier- non la finirà mai tutto ciò?
Fu il 1882-85 il periodo doloroso che vide lo
sciopero nero di Montcau-les-Mines, l'attentato misterioso dell'Assomoir, il
grande processo di Lione: Kropotkine, Gauthier; Bordat, Ricard e cinquanta
altri .inviati alla prigione centrale di Clairveaux, e a Parigi la
dimostrazioue della Spianata degli Invalidi.
Dei rivoluzionari gli uni facevano appello
all'azione popolare, gli altri si riserbavano, perplessi, di trarre consiglio
dagli avvenimenti. Ma di loro iniziativa i disoccupati, i morti di fame, la
massa anonima dei miserabili, lasciarono la piazza e si ingolfarono, fiume
umano, per le vie che conducono al Palazzo Borbone ed al sobborgo San Germano.
Luisa Michel era là. Una bandiera nera si levò,
simbolo di dolore dei disperati, per i quali la Repubblica non era che una
parola, una derisione unita a tante altre. E chi portava la bandiera nera era
Luisa Michel.
Fu riconosciuta ed acclamata, la folla la seguì.
Alcuni affamati, strada facendo, avevano presi dei pani alla panetteria
Morisset, delitto orribile, che la Repubblica, guardiana fedele del vecchio
ordine sociale, non saprà abbastanza castigare! Il popolo ignora forse che si
può rubare soltanto alla Borsa? La guardia municipale caricò la folla, e la
polizia la prese a sciabolate: la società era salva! Tradotta in Corte di
assise come "capo dei ladri", Luisa Michel fu condannata, il 21
giugno, a sei anni di reclusione e a dieci anni di sorveglianza.
Graziata nel gennaio '86, non volle uscir di
prigione che quando fu minacciata d'esser cacciata con la forza dai guardiani,
protestando contro una misura che la liberava, mentre i suoi compagni
rimanevano ancora in prigione. In una lettera ai giornali ella espresse tutta
la sua indignazione per questo fatto.
Poi il 3 giugno prese parte al comizio di
Chateau-d'Eau, dove si protestò energicamente contro l'opportunismo governativo
che tradiva tutte le speranze del popolo repubblicano e sobillava l'agitazione
boulangista. Tempo in cui le passioni ruggivano ancora, in cui ogni militante
si coricava la sera domandandosi sui serio se l'alba del domani non potesse
essere quella della rivoluzione!
Per il suo discorso in questo comizio, Luisa
Michel fu condannata a quattro mesi di prigione e a 100 franchi di ammenda.
Particolare di poca importanza nella sua vita! La prigione, del resto, era per
lei un riposo; vi preparava e scriveva nuovi romanzi tentava convertire
all'anarchia le monache stupefatte e distribuiva invariabilmente i cibi, che le
mandavano da fuori gli amici, alle prigioniere ed ai loro bambini.
Nella vecchia prigione nera e fetida di San
Lazzaro, la sua pietà si rivolgeva sopratutto alle sventurate prostitute, paria
dei paria: pietà non teatrale ed altezzosa, ma rattristata e profonda. La
prostituta, figlia del dolore che viene chiamita “figlia del piacere” in una
società in cui tutto è menzogna, non è forse la grande schiava moderna?
Liberata ancora una volta e cacciata di prigione,
Luisa Michel riprese di nuovo la sua vita febbrile di militante. Nel dicembre
del 1887, ella era nella via quando le dimostrazioni impedirono l’elezione di
Ferry alla presidenza della repubblica. Il mese appresso, mentre all'Havre
teneva una conferenza, un fanatico, certo Lucas, eccitato e spinto dalle
sobillazioni assassine dei preti, le scaricò addosso due colpi di rivoltella ferendola
alla testa. Le ferite furono abbastanza leggere, del resto, per permetterle di
difendere il suo assassino contro la folla e di andare, dopo una settimana, in
tribunale a patrocinare la sua causa innanzi ai giudici ed a farlo mettere in
libertà. Nessuno di noi che la conoscevamo, pensò neppure un istante di
meravigliarsi per questo fatto.
Alla vigilia del 1° Maggio '90 ebbe luogo in
Francia una retata generale di tutti i militanti rivoluzionari. Era la prima
volta che stava per aver luogo la manifestazione internazionale dei lavoratori,
e la borghesia non sapeva che cosa mai sarebbe succeduto. Luisa Michel fu
arrestata a Saint-Etienne assieme a Tennevin. Egli fu rinviato alle assise per
una apologia non certo più incendiaria di uno zolfanello. In quanto a Luisa, si
tentò lealmente (allora comandava sulla Francia e sul ministero Constans) di
farla rinchiudere come colpita da follia.
Follia! la gran parola della viltà umana! Follia,
osar pensare con indipendenza e vivere del proprio pensiero! Follia, rifiutare
di curvarsi dinanzi a una regola, di bruciare il suo granellino d'incenso agli
idoli, e, avendo tutto un mondo nel cervello, tentare di realizzarlo! Questa
follia, che le persone “sagge” non sanno
concepire fu la follia di Luisa Michel.
Rimessa in libertà, parti per l'Inghilterra, paese
monarchico, ma libero; in cui si muore ciononostante di fame. Là io dovevo
rivederla due anni più tardi. Fino all'amnistia del '95 noi tutti, proscritti,
abbiamo vissuto accanto a lei; e la trovavamo invariabilmente o nel suo
alloggio in "Huntley Street" o nella sua casetta di "East
Dulwich", sempre valorosa e devota come in Francia e nella Nuova
Caledonia, e pronta a rispondere "presente!" al primo suono di tromba
delle umane rivendicazioni.
Si udirà mai questo squillo di tromba? In qual
giorno, in qual paese, i diseredati cominceranno a vivere, finiranno di essere
poveri, sfruttati, scherniti, carne da lavoro e carne da cannone? L'era delle
rivendicazioni é chiusa per sempre per la razza umana?
L'avvenire conserva su ciò il suo segreto e
ciascuno di noi può rispondere come vuole a queste domande. Comunque, se, più
tardi, questo popolo, che l'ha alternativamente schermita ed amata, conosciuta
e misconosciuta, si desterà come altre volte per rinnovare e trascinare verso destini
migliori il vecchio mondo, la severa e gentile figura di Luisa Michel gli
apparirà al prillo levarsi come una
bandiera di vittoria.
Carlo Malato
Luisa Michel dopo aver dovuto sopportare, vivente,
lo scherno, la prigionia e quasi la fucilazione dei reazionari, morta, è
l'oggetto del supremo oltraggio.
Enrico Rochefort, il più bel tipo del saltimbanco
politico, il quale fu già compagno di deportazione della Michel, è che sfruttò
sempre la di lei bontà ed ingenuità, ha tentato di accaparrare le spoglie della
impertinente rivoluzionaria, per fare, a spese dei nazionalisti, i funerali.
Ma il tentativo è fallito.
Il cadavere della "Vergine Rossa" è
patrimonio di quanti hanno sincere aspirazioni rivoluzionarie. Essi solo la
porteranno alla dimora estrema: essi solo ne tenteranno l'elogio funebre e
nella evocazione della donna scomparsa, tireranno esempio e coraggio per le
lotte future.
Sempre vigliacca la reazione.
U.
Luisa Michel
Lutto? no. Noi non piangiamo. Noi salutiamo il
soldato -che fu anche duce- che passa. Passa e rimane. Rimane come un simbolo
un simbolo rosso, come i garofani sanguigni che profumano il maggio: rosso come
il sangue che volta a volta irrora le zolle e i selciati, zampillato da una
vena proletaria; rosso come, nelle sere di agosto, il cielo lontano, soffuso
dal sole che par s'anneghi nel mare immenso. Perchè sminuzzare questa figura
ribelle in un arido diario?
Luisa Michel va presa nell'opera sua complessa.
Fu, per quarant’anni, l'espressione palpitante e fremente del pensiero
rivoluzionario. Oh, saper rievocare le sublimi pagine dell'insurrezione
comunarda, fra lo schianto della mitraglia versagliese e i canti dei
"Gavroches" volanti alla morte sulle barricate sormontate dalle rosse
bandiere! Oh, saper rivendicare il lungo dolore della torrida Caienna, e
l'abnegazione dì quella scialba figura di donna instillante la civiltà ribelle
in mezzo ad un popolo primitivo!
Basta, io non so scriverlo -né vorrei- l'epicedio.
Io, in questo momento, mi figuro schierata in una
vasta pianura la falange interminata del proletariato rivoluzionario. E il
cataletto passa, e una pioggia di fiori rossi lo ricopre. E avanti, avanti,
incedendo la bara, da ogni bocca esce un saluto l'addio dei camerati alla
compagna buona e quei saluti bisbigliati diventano urlo: e l'urlo permane
nell'aria come sospeso, ingrossando. E avanti avanti, i fiori rossi si
collegano e diventan ceppo. La bara cala nel solco; il ceppo si sovrappone al
cumulo di terra recente e l’urlo scoppia, maestoso, come la folgore.
L'urlo dice:
"Finche un uomo sopraffà un uomo; finché la
fame ed il delitto ed il vizio sta a canone doloroso e necessario della vita;
finché la siepe starà a dividere i frutti della umana attività; finché l'amore
non stia, re e sacerdote unico, sul mondo, noi predicheremo e attueremo la
ribellione”.
La ribellione.
Ignis. (Dall'"Avanguardia Socialista").
Louise Michel attraverso i suoi archivi
Una
donna passionale
La vita di
Louise Michel può essere considerata un "romanzo picaresco", dice
Edith Thomas[85] nella sua biografia (Louise Michel ou la Velléda de
l'anarchie, Paris, Gallimard, 1971). Lei la descrive come una donna romantica,
sentimentale e passionale. Così nella sua giovinezza si innamorò follemente di Victor
Hugo e di Théophile
Ferré. Ma lei odiò anche con passione, tanto che nel 1871 progettò di eliminare
Adolphe
Thiers, decidendo solo all'ultimo momento, di non mettere in piano la sua
deisione. Louise Michel fu radicale nei suoi giudizi e rimase fedele ai suoi
principi. Durante il processo per il suo coinvolgimento nei disordini di
Parigi, condusse la sua difesa e rifiutò qualsiasi avvocato. Sfido i giudici
chiedendo di essere condannata a morte, proprio come Théophile
Ferré, che venne fucilato il 28 novembre 1871. Il testo seguente fu scritto
da Louise Michel un anno dopo la morte di Ferré.
|
Lettera scritta dopo la morte di Théophile Ferré 1872 alla Commissione delle Grazie |
|
Alla
Commissione delle Grazie
Centrale
d'Auberive, 28 novembre 1872,
7 del
mattino
Assassini,
sentite l’ora che suona?
Bene, mi
rallegro per quanto è accaduto.
Noi
abbiamo sofferto ma la causa è salva.
Tanti
crimini cinicamente ammassati, effettuati con freddezza; tanta codardia e
incapacità in gran parte si smascherano.
Bravi,
signori! L’orgia bianca è completa!
Togliete
adesso il vostro nome da lì! Impossibile...!
Voi
sarete per sempre nella storia della commissione del colpo di grazia, gli
assistenti del boia!
Ricordatevi
bene signori, nell’orrore e nel riso, voi siete orribili e grotteschi .
Louise
Michel
|
La
scrittrice
Lettera di Ch. Chalomon
a Louise Michel, 1901
A Parigi, nel periodo che fu una insegnante, Louise
Michel lesse molto, scrisse una moltitudine di poesie, romanzi, di racconti per
bambini e addirittura compose un'opera. I suoi amici si incaricarono a
pubblicare le sue opere - circa 25
in tutto - e gli articoli per la stampa ogni volta che
lei fosse in prigione o in viaggio. Scrisse su giornali come l’Intransigeant, Les Temps Nouveaux o il Libertaire
. Ha scritto anche per altri giornali, quando le veniva richiesto,
come in questo caso per La voix du peuple socialiste o giornali stranieri.
La voce *****
***del popolo
Socialista***
**Redazione**
|
Luzancy,
14 Marzo 1903
|
Mia cara amica,
Il nostro giornale della Senna e
Marna devono uscire quanto prima, sarebbe così gentile da inviarci le poesie
e gli articoli promessi.
Nella sua ultima lettera, l'amico
Romain mi ha chiesto se non possiamo riuscire a raggiungere il nostro
obiettivo senza rivoluzione; quella parola sembrava spaventarlo. A Lagny
stesso, un gruppo socialista rivoluzionario si è formato e Romain sembrava
inquieto di vedere la parola "rivoluzionario". Gli ho spiegato che
la nostra rivoluzione era soprattutto una rivoluzione nelle idee e che
solamente nell'ultimo estremo e soprattutto per difendere il & 156 [ ???
. NDR ]; pezzo acquisito rivoluzionario, che noi faremo uso della forza.
Ora ci sono una dozzina altamente
gruppi organizzati nella Seine e Marne; il partito lo scorso anno, ha fatto
grandi progressi.
Ho visto su Les Temps nouveaux
che lei ha parlato in una manifestazione a Les Temps nouveaux avete preso la
parola in sostegno della dei Mano Negra. Complimenti!In attesa del piacere di
leggervi, vi stringo cordialmente le mani. Mia moglie e le mie ragazze si
inviano i loro migliori baci.
Ch. Chalamon
Faccio due buoni cliché dei vostri ritratti da pubblicare con la
vostra biografia.
|
Lettera di Soledad
Gustavo a Louise Michel, 1901
|
Madrid, 20 aprile 1901
Louise Michel
Cara Louise: Per il
numero del Supplemento alla Revista Blanca, del 20 maggio, e per celebrare i
suoi tre anni di pubblicazioni, abbiamo in programma di fare un numero
speciale in cui vorremmo mettere insieme articoli degli attivisti più noti in
Spagna e all'estero. Scrivo di questo, per chiederle di scrivere alcune righe
che saranno pubblicate nel numero di cui sopra.
Noi crediamo che sia importante evocare i tempi difficili che stanno
attraversando le nostre idee in Spagna.
Con i miei affettuosi saluti a nome di tutta la redazione,
cordialmente il tua
Soledad Gustavo
|
La militante
Lettera di Christ
Cornelissen a Louise Michel, 1896
Redaktie "Recht Voor
Allen"
Damrak, 100 A
Amsterdam
Cara compagna Louise Michel,
ecco la lista dei comuni in cui i
nostri amici hanno organizzato un incontro:
* Amsterdam per il 31 maggio
x Haerlem 1 giugno
xx L'Aia 2 giugno
xxx Rotterdam 3 giugno
xxx Zaendam 4 giugno
xx Sneek (Friesland) 5 giugno
xx Franeker (id.) 6 giugno
x Groningen 7 giugno
xxx Heerenveen (Friesland) 8 giugno
x Arnhem (Guelre) 9 June
Crediamo inutile scegliere dieci
diversi argomenti per questi incontri. Tre o quattro basteranno. Vi proponiamo
- io e Domela - come argomenti:
* La questione delle donne (per
Amsterdam)
x Parlamentarismo (p. Haarlem,
Groningen e Arnhem)
xx Il vecchio e il nuovo mondo (p.
L’Aia Sneek, Franeker)
xxx Libertà (p. Rotterdam Zaendam e
Heerenveen)
Puoi scegliere p. Amsterdam come p.
Haarlem ecc il parlamentarismo, se si preferisci avere solo tre argomenti
diversi. Ad Amsterdam incontrerai nel dibattito le nostre "donne
libere" o "dame libere" che lottano per ottenere i diritti
politici (suffraggio etc.) per le donne come per gli uomini. Questo è come la
chiamiamo "la questione delle donne."
Se preferisci tenere solo nove
incontri per riposarti un giorno potremo depennare p.e. [per esempio] la città
di Franeker, se lo desideri.
Spero di avere ancora un solo
momento che avanzi per concordare la traduzione di ogni discorso. Gentilmente
scrivimi un piccola cartolina se sei soddisfatta di questo accordo e noi
penseremo al resto.
Accetta, per favore, i miei saluti fraterni.
Christ Cornelissen
Le opinioni della gente
Biglietto da visita di
G. Magnier, 1888
Louise Michel, ha ricevuto espressioni di simpatia
da tutta Europa. Le chiesero frequentemente autografi, gli vennero fatte
domande su vari argomenti , e lei rispose con gentilezza. Ricevette, per
esempio, molte lettere di sostegno, come evidenziato da questa biglietto, dopo
che un uomo le ha sparato in una manifestazione a Le Havre nel 1888.
|
Georges
Magnier
Scuola
Superiore di Commerce
ammiratore sconosciuto ma sincero
della grande cittadina, campione (sic.) della più nobile delle cause,
indirizzo a Miss Louise Michel, in occasione
Lione, rue de la Charité, 34
dell'infame attentato di cui è
stata vittima, l'espressione della mia rispettosa e profonda simpatia. Sono
contento che l'assassino abbia in parte mancato il suo colpo. Desidero per
l'amica generosa e valorosa dei poveri, una pronta e piena guarigione.
|
Lettera dal signor Bazin a Louise
Michel e Charlotte Vauvelle[42]
Parigi, 20 Giugno 1901
Cara Louise e Charlotte[42]
Spero
che mi perdonerete se non vi ho più scritto. Infine, il giorno è arrivato, io
sono padre di una bella bambina; la mia compagna sta bene, ha avuto circa
quattro ore di sofferenza. Speriamo di farne una buona cittadina; per me avrei
preferito un ragazzo, perché le ragazze sono sempre sventurate; infine,
prendiamo ciò che la natura ci dà.
Ho
una cosa da chiederti, sei una sostenitrice delle fasciature dei bambini? Non
lo so, ma sembra che non si sviluppino bene se non sono liberi.
Ricorda,
mia cara Louise, di dammi la tua opinione.
Per
molto tempo non ho avuto notizie di madame Alexandrine, nonostante dia stata
ben ricevuta, non è una critica da parte mia; quando le piacerà venire, lei
sarà sempre a benvenuta.
Mio
fratello che è paralizzato, non ha migliorato la sua salute; Non credo che si
trascini ancora a lungo.
Il
compagno Henon ti presenta buone amicizie.
Ti abbracciamo con tutto il cuore.
César Bazin.
110 rue de Charenton
Lettera di Louise Michel
al signor Vaughan 1891
Ma Louise Michel ebbe anche degli avversari e furono
molti. Seguita da polizia e da spie: il minimo passo falso e veniva fermata e
arrestata. Lasciò Parigi per Londra nel 1890, stanca di pettegolezzi e calunnie
come lo percepiamo in questa lettera al signor Vaughan.
15 Novembre 91
Il mio caro amico,
Scusami per aver tanto tardato nello scrivervi e grazie di tutto cuore.
Sono stata impegnata tutti i giorni con un progetto di traduzione delle mie Memorie, che un traduttore di nome Baufort è venuto a propormi e che ha portato a un trattato con Rives (trattato ho mostrato a Rochefort e che ha trovato molto buono). Ecco dunque un lavoro effettivamente pagato, ho finito di annoiarmi, con tutte le brutte occasioni, e sono lieto di riferirti questo.
Allego alla mia lettera una nota per l'Intransigeant – di stupidità su di me sono state inventate da un imbecille della St James Gazette che ha detto di avermi visto andare occhi selvaggi, alla stazione ferroviaria di Levallois[55]. Ti ricordi dell’altro animale che mi aveva visto al bois de Boulogne nel periodo del processo degli Invalides?
Mille amicizie da Charlotte[42] e da me.
Vi abbraccio con tutto il cuore
L. Michel.
Nella cultura popolare
* Il gruppo rock francese Louise
Attaque prende il nome da lei.
* Nel 2005, Clément Riot omaggio
a Louise Michel nel suo epico acousmatique Daoumi - In Memoriam Louise Michel.
* Il terzo film di Benoît
Delépine e Gustave Kervern si chiama Louise-Michel. Anche se non
affronta la figura della Comune, lo scenario (lavoratori
ingaggiano un killer per sparare il suo capo) può ricordare la personalità di
Louise Michel nel messaggio radicale che si esprime. Il film si chiude,
inoltre, con una citazione di Louise Michel.
* Michèle Bernard, in una
canzone chiamata cimitero di Levallois-Perret[55] fa, senza nominarlo, un
omaggio a Louise Michel: "Nel cimitero di Levallois[55] / bellissimo bosco divertente
/ Si dorme per un centinaio di anni, è pazzesco / Mentre il tempo scava il suo
buco ..."
* Louise
Michel, la ribelle,
fiction e film di Solveig Anspach con Sylvie Testud (2010), basato
essenzialmente sula deportazione di Louise Michel in Nuova
Caledonia. (Filmato trasmissione televisiva su FR3 il 6 Marzo 2010 alle
20,35 e nelle sale il 7 Aprile 2010; pubblicate 6 pagine speciali di
"Monde Libertaire", il settimanale della Federazione e interviste su
Radio Libertaire Federazione Anarchica, con il regista e gli attori del film).
Alla memoria e intitolazioni
Fino al 1916, si teneva ogni anno una manifestazione alla sua
tomba. Nel 1946, i suoi resti sono stati spostati alla rotonda delle Vittime
del dovere, nello stesso cimitero. Ancora a nostri giorni, ad ogni
anniversario, la sua tomba è riempita di fiori.
Il suo nome è stato dato a scuole materne ed elementari, a licei e
collegi di vari comuni della Francia.
C'è un premio francese, Louise Michel, assegnato dal Centro di
studi politici e di società di Parigi che premia le personalità per "le
virtù del dialogo, la democrazia, lo sviluppo e la pace".
Nel 2005, è stato celebrato il centenario della morte di Louise
Michel. In quell’occasione due seminari resero omaggio alla "buona
Louise", tra cui l'importante seminario di marzo organizzato dal Municipio
di Parigi e
l'associazione culturale Actazé "Louise Michel, figura di
trasversalità" (guidato da Valérie Morignat).
Il 24 settembre 1937, le è stata dedicata una stazione della
metropolitana di Parigi, gare
Louise Michel, situata a Levallois-Perret[55]. Parigi, inoltre, le ha intitolato una strada, rue
Louise Michel (sempre a Levallois-Perret[55]) e una piazza, ovviamente Squre Louise
Michel, che si trova a Clignancourt, scendendo dalla collina di Montmartre
verso Pigalle, proprio dove lei comandava la resistenza sulle barricate in
difesa della Comune
in quella primavera del 1871. Il 28 Febbraio 2004, la grande piazza è stata
ribattezzata con il suo nome in seguito a una delibera del Consiglio comunale
di Parigi.
C’è comunque una nota stonata
in quella piazza, sulla collina di Montmartre
che la sovrasta si trova la basilica de Sacro Cuore. La decisione di costruire
la basilica venne si presa all'indomani della sconfitta francese nella guerra
franco-prussiana, per donare alla nazione la fiducia e l'ottimismo necessari ad
una nuova rinascita, ma la costruzione, sollecitata anche dall'arcivescovo di
Parigi Joseph Hippolyte Guibert, fu decretata da una votazione dell'Assemblea
nazionale il 23 luglio 1873
dopo la sconfitta del 1871 per «espiare i crimini dei Comunardi».
Numerose le città francesi che le dedicano una
strada: da Grenoble
a Bourges, da Avignone
a Besançon, da Montreuil
a Colombes e anche Bourg-en-Bresse,
Martigues, Massy,
Morsang-sur-Orge, Vaurèal
e moltissime altre; di recente le ha reso omaggio anche la toponomastica di
Strasburgo. In Lussemburgo portano il suo nome una via nella capitale e una a
Bivange; anche a Bruxelles una grande arteria porta il nome di avenue Louise
Michel; inoltre Amhem, nei Paesi Bassi, le ha tributato lo stesso onore.
Piazza Louise Michel a Marsiglia:
Autorganizzata, Autocostruita, Autogestita
Se cercate Place Louise Michel sulla pianta del comune di Marsiglia,
non la troverete. Per le autorità amministrative e politiche della città questa
piazza non esiste. C’è uno slargo all’incrocio di due strade nel cuore di
Belsunce , il più “arabo”
dei quartieri marsigliesi e fino a poco tempo fa, uno dei più malfamati. Uno
spazio tra alcuni palazzi abbastanza vecchi, quasi fatiscenti, che doveva
essere venduto a un qualche speculatore immobiliare, trovandosi in centro città
a due passi dal Vieux Port, dove Marsiglia
sbocca meravigliosamente sul mare,
luogo del passeggio e dei ristoranti, del mercato del pesce e dell’Operà. Ma
sia il Comune gestito dalla destra che gli speculatori immobiliari avevano
fatto i conti senza l’oste. Cioè i cittadini. Per un verso è nata e si è
mobilitata l’Associazione Commercianti del quartiere, Association des Commercants et des
Artisans de Proximité Marseille Méditteranée, per l’altro è intervenuta
un’associazione cittadina Nouvelles
Energies Citoyennes. Il loro lavoro congiunto ha, prima di tutto,
ridotto fortemente il tasso di piccola criminalità, “col dialogo, col dialogo” ripete il
Presidente dell’Associazione commercianti e artigiani, Ali Tamizar spiegando
come hanno convinto molti giovani a “comportarsi bene” attraverso una sorta di
educazione sociale a cui prendevano parte attiva i cittadini adulti e/o anziani
nei confronti dei giovani. In secondo luogo le associazioni insieme hanno
deciso di inventare e costruire una agorà, un luogo aperto di pubblico
dibattito e incontro e convivenza civile e anche per stare seduti al sole su
una bella panchina a chiacchierare cogli amici. Ovvero di trasformare lo slargo
in una Piazza, bella, comoda, accogliente. Une Place Citoyenne, dicono. Tutti
gli abitanti partecipano a ripulirla e sistemarla, gli idraulici, i muratori, i
falegnami, portano materiali, attrezzi, competenze fornendo lavoro, e
contribuiscono a progettarla dicendo come la vorrebbero, arrivano anche artisti
e architetti e urbanisti: nel progetto “Renovation de la place Louise Michel”. infine
tutto questo lavoro si condensa anche in un nuovo piano per la mobilità, perché
oggi la zona è ingorgata di automobili, e siamo in vie strette, quindi diventa
rumorosa e molto inquinata, per non dire delle difficoltà che hanno le madri
con bambini piccoli e i rischi che corrono quelli più grandicelli. Cioè la
piazza e i suoi dintorni devono essere agibili per i pedoni, che la mobilità
pedonale è un vettore di socialità. Insomma nasce, cresce, si autorganizza un
movimento di cittadini senza distinzione di cultura, religione, origini, per
costruire dal basso Place Louise Michel, che verrà inaugurata il 9 Dicembre, in
Francia giornata della laicità,a cui tengono molto. Per avere la percezione
della natura di questo movimento, vediamo in breve come nasce l’idea di
chiamarla Place Louise Michel.
|
Place Louise Michel dopo i primi lavori autogestiti dei
cittadini |
Oggi è un luogo di ritrovo di anziani quasi
tutti cittadini francesi di origine maghrebina, gli “chibanis” come sono chiamati a Marsiglia,
e qualcuno proponeva di chiamarla piazza degli “Chibanis”, ma poi discutendo tutti sono
stati d’accordo che avrebbe avuto così un connotato troppo chiuso, “etnico” e di “generazione”, insomma una
agorà dove essere tale anche nel nome. Quindi una giovane donna
dell’Associazione dei Commercianti scopre che, due strade più giù, ha vissuto
per qualche tempo Louise Michel, “una donna, una grande figura della Repubblica, una Comunarda
rivoluzionaria”, e propone di chiamare la piazza “Louise Michel” “perché la piazza
vuol anche significare che noi siamo cittadini repubblicani, e per la libertà
della donna”, e la proposta è passata, anzi ha trovato tutte/i
entusiasti. Ricordiamoci: siamo nel cuore del quartiere più “arabo” di Marsiglia,
la città più “araba”
di Francia, probabilmente d’Europa. Leggiamo per un momento alcuni capitoli
della prima pagina del progetto: Un quartier reconnu et vivant..meme
le soir (un quartiere riconosciuto e vivente..anche di sera), Conserver notre identité
populaire..et solidaire (conservare la nostra identità popolare..e
solidale), Belsunce,
culture pour tous à tous les étages (Belsunce, cultura per tutti a
tutti i livelli), e
infine Etre un quartier exemplaire en matière d’environnement (essere
un quartiere esemplare
in materia di ambiente). Ma non ci sono solo le associazioni e i cittadini del
quartiere in ballo, entra in gioco anche l’IMÉRA, Institut d’Etudes Avancées (IEA),
un Istituto di Studi Avanzati in Sciences and Humanities, dove si sviluppa un
progetto scientifico di ricerca delle Agorà di Marsiglia,
e delle loro dinamiche, e che quindi del tutto naturalmente incontra il gruppo
che discute e costruisce Place Louise Michel, e infatti il 2 Dicembre si tiene
all’IMÉRA un Atelier «Comment
créer une agora ? Le cas de la place Louise Michel». Ovvero i
protagonisti di una esperienza di base, militante e autorganizzata, per
l’autocostruzione e l’autogestione di uno spazio pubblico libero e aperto, si
incontrano e discutono con ricercatori e accademici, artisti, architetti,
sociologi urbani, storici, fisici, matematici, urbanisti, antropologi ecc.. per
riflettere e collocare in un quadro teorico più ampio il proprio lavoro e
impegno civile. Il che significa anche che questa esperienza acquista un valore
generale, diventando materia per un modello delle dinamiche sociali di agorà. Infine
le autorità: per ora quelle centrali fanno come le tre scimmiette, non vedono,
non sentono, non parlano, però il maire (sindaco, Marsiglia
è organizzata su base
metropolitana come Parigi e Londra) del quartiere ha convocato in Place Louise
Michel un’assemblea dei cittadini, e la lettera di convocazione è per ora
l’unico documento ufficiale dove la Piazza autocostruita e autogestita viene
nominata.
La Louise Michel salva migranti
Nell’agosto del 2020 è arrivata nel Canale di Sicilia
ed ha iniziato a pattugliare l'area davanti alle coste libiche.
Si chiama Louise Michel. È una motovedetta, ma non ha
insegne militari ... e come avrebbe potuto averle con quel nome. È dipinta da Banksy
la Louise Michel che salva i migranti nel Mediterraneo. I colori scelti sono il
rosa e il bianco, con una serigrafia delle ciambelle di salvataggio a forma di cuore,
e poi la scritta, sulle fiancate, “Rescue” e un nome, quello a cui è stata dedicata:
Louise Michel, l’anarchica, rivoluzionaria, poetessa e insegnante francese che ha
vissuto nell’800 e che è stata protagonista della Comune del 1871 e della lotta
contro la Francia di Napoleone III.
L’ha voluta appunto così, l'artista e writer inglese,
considerato uno dei maggiori esponenti della street art, la cui vera identità rimane
ancora sconosciuta. A quanto confermano fonti francesi, Banksy, insieme ad un gruppo
di attivisti europei, avrebbe partecipato all’operazione, rimettendo a nuovo una
nave della Guardia costiera francese, riconfigurata per operazioni civili.
Era febbraio quando, nel porto di Camaret, in Bretagna,
è ormeggiata una vecchia barca pronta a cambiare non solo nome e colore ma anche
missione (umanitaria). Ed è lì che Banksy si presenta dicendo: «Lasciatemi vuoto
il cantiere per un paio di giorni, resto solo io con i miei collaboratori». Così
ha cominciato a rendere unica quella nave dipingendola di rosa e bianco e aggiungendo
la scritta “rescue” (soccorso) sulle fiancate e il nome con cui è stata battezzata,
quello di Louise Michel.
Tutt’ora la motovedetta solca il Mediterraneo Centrale,
un’opera d’arte galleggiante che con i suoi quasi 30 nodi di velocità massima naviga
con il motore avanti tutta verso i barconi in difficoltà, dando filo da torcere
alla cosiddetta guardia costiera libica per soccorrere migranti in fuga dalla Libia.
Una delle volontarie aveva spiegato alla stampa d’Oltralpe
che si tratta di “una piccola squadra internazionale di circa dieci marinai, professionisti
del settore marittimo e del soccorso”. La motovedetta è stata recentemente acquistata
a Saint-Malo da un mecenate che per ora vuole rimanere anonimo ma che vuole creare
un team di soccorritori professionali”. Tuttavia “non siamo associati a nessuna
Ong o organizzazione. Siamo solo una buona squadra pronta ad uscire e ad aiutare
in mare".
Non si sa ancora esattamente chi la finanzi: è certo che
usi fondi privati, che non dipenda da organizzazioni internazionali e che ha acquistato
la nave da «un mecenate che vuole restare anonimo». Forse Banksy stesso? Chissà.
Basta guardare le sue opere per capire quanto l’artista sia, da sempre, sensibile
al tema dell’immigrazione.
Adesso, la nostra compagna Louise Michel non verrà solo
ricordata negli ambienti dell’anarchismo, ma il suo spirito rivoluzionario verrà
riconosciuto dal mondo intero.
Opere
·
Le livre du jour de l’an. Historiettes et
légendes pour les enfans, Parigi, 1872
·
La grève dernière, Parigi, 1882
·
Ligue internationale des femmes
rivolutionnaries, Parigi, 1882
·
Défense de
Louise Michel, cour d’assises, 22 juin 1883, Bordeaux, 1883
·
La
Misère
·
Lectures encyclopédiques, Parigi, 1886
·
Rondes pour
récréations enfantines, Parigi, 1886
·
L’Ere nouvelle. Pensée dernière. Souvenirs
de Calédonie, Parigi, 1887
·
Les droits des
femmes, in Le Libertaire, 1, 1893
·
Prise de possession, 1890
·
Le Claque-Dents
"La Comune era
composta da uomini di intelligenza, di coraggio, di incredibile onestà e che
aveva dato chiara prova di devozione e di energia. Il potere li annientò,
lasciando loro la più implacabile volontà per il sacrificio. Il potere è
maledetto ed è per questo io sono un’anarchica".
“Sono
anarchica perché solo l'anarchia può rendere felici gli uomini e perché è
l'idea più alta che l'intelligenza umana possa concepire, finché un apogeo non
sorgerà all'orizzonte”.
Nel dipartimento dell'Alta Marna nella regione
della Champagne-Ardenne.
Capoluogo del dipartimento dell'Alta Marna nella
regione del Grand Est.
Nel dipartimento dell'Alta Marna nella regione
della Champagne-Ardenne.
Dipartimento francese della regione Grand Est.
Nel dipartimento dell'Alta Marna nella regione del
Grand Est.
Nel dipartimento della Manica nella regione della
Normandia.
Il blanquismo fu un movimento dottrinale e
attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta,
del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo secolo,
penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali e
studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria
combattiva. Deve il suo nome allo
scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis
Auguste Blanqui.
Marie Adélaïde Deraismes, conosciuta come Maria Deraismes (Parigi, 17 agosto 1828 –
Parigi, 6 febbraio 1894), è stata una scrittrice e giornalista francese, nonché
una femminista ante litteram che sostenne la parità dei diritti civili ed il
voto per le donne. Prima donna iniziata alla Massoneria
in Francia, alla fine del XIX secolo, è all'origine della creazione dell'ordine internazionale
massonico misto "Diritto umano".
George Sand,
pseudonimo di Amantine (o Amandine) Aurore Lucile Dupin (Parigi, 1º luglio 1804
– Nohant-Vic, 8 giugno 1876), è stata una scrittrice e drammaturga francese.
Considerata tra le autrici più prolifiche della storia della letteratura, è
autrice di numerosi romanzi, novelle e drammi teatrali. Femminista molto
moderata, fu attiva nel dibattito politico e partecipò, senza assumere una
posizione di primo piano, al governo provvisorio del 1848, esprimendo posizioni
vicine al socialismo, che abbandonò alla fine della sua vita per un moderato
repubblicanesimo. La sua opposizione alla politica temporalistica e illiberale
del papato le costò la messa all'Indice di tutti i suoi scritti nel dicembre
del 1863.
L'espressione
basso-blu appare nel diciannovesimo secolo per designare una donna di lettere.
La parola è tradotta dalla lingua inglese «blue stocking» e in origine si
riferiva ai frequentatori abituali di un salone letterario presieduto da una
donna, Elizabeth Montagu (1720-1800), che si incontravano a casa sua, una volta
alla settimana, amici che condividevano i suoi gusti letterari. L'espressione è
sempre maschile; così, si dirà di una donna: «è un basso blu». Il termine
assumeva rapidamente una connotazione peggiorativa: donna di ridicola
pedanteria, che ha pretese letterarie.
L'assedio di Strasburgo, capoluogo della regione
dell'Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena, nel Nord-est della Francia, ebbe luogo durante la guerra franco-prussiana del 1870.
L'assedio che ebbe inizio 16 agosto 1870 dopo la battaglia di
Frœschwiller-Wœrth, conclusa con la resa della
fortezza di Strasburgo, il 28 settembre 1870.
Con
il termine giacobinismo si intende un movimento e un'ideologia politica
risalenti all'esperienza del Club dei Giacobini durante la Rivoluzione francese (il
club des Jacobins fu un'associazione politica fondata a Parigi nel
novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo
-Saint-Jacobus- in rue Saint-Honoré). Il giacobinismo si diffuse in buona parte
dell'Europa durante l'epoca rivoluzionaria ed ebbe un'influenza politica notevole
nella storia francese per tutto il XIX secolo, in particolare negli eventi della
Rivoluzione di luglio, della Rivoluzione
francese del 1848 e, soprattutto, nell'esperienza della Comune di
Parigi del 1871. Il giacobinismo è sopravvissuto a lungo alla sua fine
storica, che viene canonicamente fissata al 1800. Quello che Vovelle ha
definito giacobinismo trans-storico ha infatti alimentato le vicende
politiche della Francia e, in parte, anche del resto d'Europa. Durante la Rivoluzione
di luglio, nel 1830, si assisté a una nuova fase del giacobinismo, dove
tuttavia andarono a mescolarsi istanze repubblicane, socialiste e cattoliche,
unite solo dall'opposizione a una nuova esperienza monarchica[. Il “neogiacobinismo” del XIX secolo, sempre più
legato al socialismo repubblicano, si consolidò con la rivoluzione
del 1848 e con la Seconda
Repubblica, ma finì per essere spazzato via dall'ascesa di Napoleone
III. Con la brevissima e drammatica esperienza della Comune di
Parigi (1871), il giacobinismo tornò al governo della capitale francese, in
una replica delle forme dell'anno II, a partire dalla ricostituzione del Comitato
di salute pubblica e dalla rinnovata applicazione del vecchio Calendario
repubblicano. La diffusione del comunismo su scala europea, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, alimentò
le ipotesi di una sua discendenza dal giacobinismo. Karl Marx
e Friedrich Engels, nel 1848,
lo scrissero esplicitamente: “Il giacobino del 1793 è diventato il comunista
dei giorni nostri”.
Per proudhoniani s’intendono
definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph
Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo, da molti
studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx
definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una
società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro
i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi
basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il
controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non
del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli
insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.
Nel dipartimento del Passo di Calais, di cui è
capoluogo, nella regione dell'Alta Francia.
Hugues Nicolas
Joseph Lesurques era un uomo d'affari francese, vittima dei più famosi errori
giudiziari nella storia della Francia, conosciuta come «il caso del postale di
Lione». La notte tra l’8 e il 9 Floreale Anno IV della Rivoluzione
Francese (27-28 aprile 1796), la diligenza postale che andava da Parigi a Lione
fu attaccata nei pressi del villaggio di Vert-Saint-Denis, a circa 40
km a sud est di Parigi, da cinque individui che
rubarono il denaro trasportato e uccisero due dei postiglioni. Le indagini del
caso, svolte sommariamente e troppo velocemente, portarono a quello che
potrebbe essere considerato un aborto spontaneo della giustizia. A seguito delle indagini, furono accusati sei uomini. Durante la lettura della sentenza un imputato, Couriol,
condannato, si alzò indignato per proclamare la propria colpa e l’innocenza di
Lesurques, che i testimoni additarono a causa della sua somiglianza con il vero
colpevole di nome André Dubosc. Nonostante questa dichiarazione, che Couriol ripeté sulla
strada che lo conduceva al patibolo, Joseph Lesurques venne ghigliottinato il 3
ottobre 1796.
Sarah Bernhardt (Parigi, 22 ottobre
1844 – Parigi, 26 marzo 1923) è stata una celebre attrice teatrale e
cinematografica francese. Il suo vero nome era Rosine Bernardt. Soprannominata
da Victor Hugo La voix d'or ("La voce d'oro"), ma anche da altri La
divina o addirittura "l'Imperatrice del teatro", Sarah Bernhardt è ad
oggi considerata una delle più grandi attrici. Prima " star "
internazionale, è la prima attrice ad aver fatto tournée trionfali nei cinque
continenti, Jean Cocteau coniò per lei l'espressione di "mostro
sacro".
Alexandre Dumas figlio (Parigi, 27
luglio 1824 – Marly-le-Roi, 27 novembre 1895) è stato uno scrittore e
drammaturgo francese, figlio di Alexandre Dumas. Come il padre, è stato un
autore di grande successo, noto soprattutto per il romanzo La signora delle
camelie (a cui si ispira La traviata di Giuseppe Verdi).
Paul Marie Verlaine (Metz, 30 marzo
1844 – Parigi, 8 gennaio 1896) è stato un poeta francese. Figura del poeta
maledetto, Verlaine viene riconosciuto come il maestro dei giovani poeti del
suo tempo.
Pëtr Alekseevic Kropotkin (Mosca, 9
dicembre 1842 - Dmitrov, 8 febbraio 1921), è stato un militante e teorico
dell'anarchia, fautore della "propaganda col fatto", ed uno dei primi
sostenitori dell'anarco-comunismo.
Tipo di occhiali
senza stanghette, in uso nell’Ottocento e nel primo Novecento, in cui le due
lenti erano unite da una molla che le teneva ferme sul naso, stringendolo da
una parte e dall’altra (detto anche, con termine ital., occhiali
a molla)
Il popolo Kabyle è un gruppo etnico
berbero originario di Kabylia nel nord dell'Algeria, diffuso sulle montagne
dell'Atlante, a cento miglia a est di Algeri. Rappresentano la più grande
popolazione di lingua berbera dell'Algeria e la seconda più grande del Nord
Africa. I Kabyle erano relativamente indipendenti dal controllo esterno durante
il periodo del dominio dell'Impero ottomano nel Nord Africa. Vivevano
principalmente in tre diversi regni: il regno di Kuku, il regno di Ait Abbas e
il principato di Aït Jubar. L'area fu gradualmente rilevata dai francesi
durante la loro colonizzazione a partire dal 1857, nonostante una vigorosa
resistenza. Leader come Lalla Fatma N'Soumer continuarono la resistenza fino
alla ribellione di Mokrani nel 1871. Lalla Fatma N'Soumer di Tariqa guidò la
resistenza contro la colonizzazione francese dal 1851 al 1857. I funzionari
francesi sequestrarono molta terra dalle tribù più recalcitranti e la
concessero ai coloni, che divennero noti come pieds-noirs. Durante questo
periodo, i francesi effettuarono numerosi arresti e deportarono i resistori,
principalmente in Nuova
Caledonia. A causa della colonizzazione francese, molti Kabyle emigrarono
in altre aree all'interno e all'esterno dell'Algeria. Nel tempo, anche i
lavoratori immigrati sono andati in Francia.L'insurrezione scoppiata nel gennaio 1871
unì più di 200.000 combattenti guidati da Mokrani, famiglia dei caïd kabyle,
che affrontarono 90 000 soldati francesi. Questa guerra si concluse il 17
gennaio 1872 con una feroce repressione. I coloni si appropriarono, al loro
passaggio, di mezzo milione di ettari di terreno. I ribelli Kabyle catturati
quindi condivisero la messa al bando dei comunardi parigini che fraternizzano
nelle galere di Tolone o dell'isola di Ré, prima di essere deportati Nuova
Caledonia.
Si dice che il
governatore della Nuova Guinea avrebbe preso in considerazione di affliggere a Louise
Michel una pena di 25 frustate, ma la pena fu ridotta dal consiglio con il suo
trasferimento nel «quartiere degli incorreggibili» dove è stata incatenata
"come un animale feroce" (storia pubblicata nel n° 13 di Vie
Populaire del 14 aprile 1905).
Louise non fu
l’unica. Quanto meno un altro anarchico, l’allora giovanissimo Charles Malato,
si “canachizzò”, per usare un’espressione coloniale dell’epoca. Ma, certo, fu
solo una minuscola minoranza di deportati a non schierarsi incongruamente dalla
parte dei soldati, dei coloni bianchi, in occasione della grande rivolta canaca
del 1878-79, domata con una sanguinosissima repressione militare.
La
zagaglia è un'arma inastata eiettabile, più corta della lancia propriamente
detta ma più pesante rispetto al giavellotto, con lama più sviluppata,
ampiamente diffusa tra i popoli dell'Africa.
I maya tzotzil degli altopiani centrali del Chiapas, in Messico, sono un gruppo etnico di indios americani, discendenti diretti dei maya classici. Gli tzotzil furono per secoli usati dagli
europei come lavoratori per le piantagioni di
caffè e zucchero.
Gli tzeltal sono il più numeroso gruppo indigeno
situato principalmente sulle alture della regione di Los Altos, nello stato messicano del Chiapas.
Sono uno dei principali gruppi etnici Maya.
Questo ed altri gruppi indigeni furono obbligati
a lavorare nelle miniere, nei mulini e nelle hacienda di stato quasi senza
paga.
45 delegati,
rappresentanti 56 federazioni e 46 sezioni o gruppi non federati, si riunirono
a Londra dal 14 al 20 luglio 1881. Se lo scopo principale del congresso era
quello di ricostituire l'AIT; quei compagni, di cui un buon contingente di
francesi, finirono per accreditare il principio di propaganda del fatto,
essendo l'illegalità (secondo loro) "l'unica via che conduce alla
Rivoluzione".
Émile Pouget (1860 - 1931), è stato uno dei militanti
anarchici più rappresentativi del movimento operaio francese, la cui influenza,
tra la fine del XIX
secolo e l’inizio del XX,
fu decisiva per lo sviluppo delle tematiche sindacaliste rivoluzionarie.
Partecipò a numerosissime manifestazioni e, nel 1883, dopo un incontro a Parigi
con i disoccupati, prende parte all'assalto dei forni. Il 9 marzo 1883, la
Camera sindacale dei carpentieri, di fronte alla crescente disoccupazione,
convocò i disoccupati a una riunione all'aperto, all'Esplanade des Invalides.
Dopo la dispersione di una parte dei partecipanti da parte della polizia, Emile
Pouget con Louise Michel ha preso la testa di una colonna di manifestanti che
hanno voluto unirsi al Faubourg Saint-Antoine in Boulevard Saint-Germain. Tre
panetterie sono state saccheggiate con grida di "pane, lavoro o
piombo". In place Maubert, la colonna si imbatté in grandi forze di
polizia ed Emile Pouget fu arrestato mentre
stava tentando di far fuggire Louise Michel. Venne perquisita la sua
casa dove hanno trovato un revolver con 6 colpi, vari flaconi di prodotti
chimici esplosivi e 600 copie del libretto À l’armée (All’esercito), scritto da Emile Digeon.
Stampati a Ginevra, gli opuscoli antimilitaristi erano stati inviati a Pouget
che era responsabile della ridistribuzione in piccoli pacchetti ai gruppi
anarchici provinciali. Il 22, 23 e 24 giugno si presentò davanti alla corte
d’assise della Senna per il processo che comprendeva due gruppi di accusati: un
gruppo accusato per il saccheggio delle panetterie (Louise Michel, Pouget e
Mareuil) e un gruppo accusato per la distribuzioni del libretto À l’armée, procurato da Pouget (Leo
Thiery, Reims, Jacques Moreau, Pol e Henri Martinet Enfroy, Troyes; Corgeret
Claude e Marie-Anne Bouillet, Roanne). Al processo, il giornale L'Intransigeant
ha presentato Pouget come un "eccellente impiegato, laborioso e onesto.
Inoltre, è straordinariamente intelligente". Di fronte alla corte, si
è professato di fede anarchica. Pouget è stato condannato a otto anni di
carcere e dieci anni di sorveglianza per incitamento alla rapina a mano armata
e alla diffusione della propaganda antimilitarista. Ha scontato tre anni nella
prigione di Melun e fu rilasciato all'epoca dell'amnistia del 1886.
Eugéne Mareuil il
9 marzo 1883, partecipò alla manifestazione dei disoccupati, convocato dalla
camera sindacale dei carpentieri all'Esplanade des Invalides. In occasione di
quell’evento, si trovò insieme a Louise Michel, armato di bandiera nera, e ad
Émile Pouget, con i quali prese la testa del corteo. Alcune panetterie sono
state saccheggiate. In seguito, Émile Pouget, Louise Michel e Mareuil furono
imprigionati. Mareuil comparve davanti alla Senna, il 21 e il 23 giugno 1883, e
fu presentato dall'accusa come uno dei "luogotenenti" di Louise
Michel durante la manifestazione dell’Invalides. Durante il processo di
accusati comparurent due gruppi: un gruppo accusato di aver portato al
saccheggio delle panetterie (Louise Michel, Pouget e Mareuil) e un gruppo
accusato per la distribuzioni del libretto À l’armée,
procurato da Pouget : Léon Thiéry, di Reims (assente al processo); Jacques
Moreau (detto Gareau), Paul Martinet ed Henri Enfroy, di Troyes; Claude Gorget
(assente) e Marie-Anne Bouillet, Roanne. All'udienza, è sembrato che Anne-Marie
Bouillet fosse solo lei la vera destinataria del pacco. Alla fine del processo,
Louise Michel fu condannata a sei anni di prigione e a dieci anni di
supervisione; Pouget, a otto anni di prigione e dieci anni di supervisione;
Jacques Moreau, a un anno di reclusione; Thiéry e Gorget, in contumacia, a due
anni di reclusione e 300 franchi di multa; tutti gli altri, incluso Mareuil,
furono assolti.
Nel
dipartimento dell'Oise della regione dell'Alta Francia.
Alle 6 del mattino
del 26 gennaio 1886 duecento minatori cessarono di lavorare alle miniere di
Poleyrets a Decazevìlle (nel dipartimento di Aveyron, nella regione del Midi-Pirenei) e il movimento si estese alle
miniere di Combes. di Bourran e dì Firmy.Entrarono in sciopero duemila
minatori, che si lamentavano del fatto che dopo l'arrivo alla direzione delle
miniere dell'ingegnere Watrin la loro condizione era peggiorata. Da
centocinquanta a duecento franchi al mese i salari erano scesi di circa cento franchi,
dal quali occorreva dedurre cinque franchi al mese per ammortamento e
manutenzione degli attrezzi. Gli operai si ribellarono anche all'economato cui
erano obbligati a rivolgersi per essere riforniti di pane e di carne il cui
importo, in seguito, veniva trattenuto sui loro fogli di paga. La società
mineraria aveva fatto sapere che intendeva estendere la misura alle spezierie,
al vestiario e alle calzature. I minatori volevano discutere con Watrin, lo
trovarono all'officina e volente o nolente lo condussero in municipio dove fu
circondato da una decina di scioperanti mentre intorno cominciavano a levarsi
delle grida minacciose. La discussione durò tre ore e non ebbe alcun risultato,
perché la direzione non voleva cedere, e Watrin rifiutò di presentare le sue
dimissioni, come gli chiedevano di fare. Quando la delegazione uscì vi fu una
grande delusione tra la folla, e tra le mogli dei minatori che erano venute a
raggiungere gli scioperanti. L’ingegnere Watrin, uscito a sua volta, fu
beffeggiato, minacciato, e poté solo rifugiarsi in fretta e furia al primo
piano di uno stabile vicino, di proprietà della compagnia mineraria. Il sindaco
Cayrade e l’ingegnere capo Laur esortarono la folla alla calma, ma inutilmente,
e questa diede l'attacco simultaneamente dallo scalone e con una scala. Watrin
fu ritrovato, assalito, caricato di botte, gettato dalla finestra, linciato a
morte. Le truppe furono inviate in fretta a Decazeville. la compagnia promise
alcune concessioni, e il lavoro riprese il 29 gennaio. I funerali
dell’ingegnere ebbero luogo il 30, alla presenza del prefetto, del
vice-prefetto, del procuratore generale, dei generali e del sindaco, ma
disertati dagli operai e dai commercianti. Secondo quanto riportò il
giornalista Zévaès [sul giornale Illustration - ndr] quando il feretro
uscì dall’ospedale in cui il cadavere era stato portato, tra la folla nessuno
si scoprì. [Tratto da: Scioperi di ieri e di oggi, di Georges Lefranc.
Paul Susini,
chiamato Paul de Susini (1843-1901), era un medico, politico, boulangista e
socialista francese. Fu membro del Parlamento per la Corsica (1885-1889).
Clément Duval (Parigi, 11 marzo
1850 – New York, 29 marzo 1935) è stato un anarchico illegalista e un
rivoluzionario francese. Diventato anarchico intorno al 1880, quando lavorava
nelle officine Choubersky, nell'autunno del 1882 è con A. Ritzerfeld tra i
fondatori presso il 17° arrondissment del gruppo La Panthère des Batignolles.
Alla riunione fondativa, il gruppo manifesta immediatamente idee
insurrezionaliste e illegaliste riportando nel L'Etendard Révolutionnaire
(Manifesto Rivoluzionario) del 15 ottobre le modalità riguardanti «la
preparazione delle bombe a mano». Dopo la grande manifestazione del 1 marzo 1883, in cui Louise Michel
ed Emile Pouget incitarono all'espropriazione dei capitalisti, intensifica il
suo impegno arrivando a stampare alcuni manifesti, affissi sulle porte di
alcune fabbriche parigine. Nell'ottobre del 1886 Clément è accusato di essere
stato uno degli autori del furto effettuato il 5 del mese in un hotel di rue de
Monceaup, in seguito incendiato dai ladri stessi. Per sfuggire all'arresto,
ferisce con molte coltellate, «in nome della libertà», l'agente Rossignol che
voleva eseguire il fermo «in nome della legge». Il 12 gennaio, Duval, veniva
condannato a morte. Nel febbraio seguente la pena veniva commutata ai lavori
forzati a vita. Duval, matricola 21551, arriva nella Guyana il 24 aprile 1887 a bordo dell'Orne
proveniente da Tolone. È immediatamente inviato all'Iles du Salut (Isole della
Salute), dove vi resta 14 anni, tra numerosissimi (almeno diciotto) tentativi
d'evasione. Trasferito a Saint-Laurent-du-Maroni, riesce ad evadere con altri
otto forzati come lui il 14 aprile 1901, raggiungendo la Guyana inglese da cui,
il 17 luglio 1901. Si rifugia allora per un certo tempo a San Juan di
Portorico, poi, raggiunti gli USA nel 1903, viene supportato da anarchici
francesi ed italiane. Negli USA redige le sue memorie, tradotte da Luigi
Galleani e pubblicate poi nel 1907
in «Cronaca Sovversiva» (New York). Alcune pagine
saranno in seguito pubblicate in Francia nelle pagine de «L'En Dehors» (ottobre
1926 e maggio 1931) e anche, nel 1929, sotto il titolo di Memorie
autobiografiche, dai compagni de «L'Adunata dei Refrattari». Clément Duval
muore a Brooklyn, New York, il 25 marzo 1935.
Nel
dipartimento della Senna Marittima nella regione della Normandia.
Joseph Jean-Marie Tortelier, nato a
Bain-de-Bretagne (Ille-et-Vilaine) nel 1853; muore a Eaubonne (Val-d'Oise) il 1
dicembre 1925, era un falegname, un militante anarchico e un sindacalista
rivoluzionario a favore dello sciopero generale. Fu condannato 3 aprile 1883 a tre mesi di carcere a
seguito della manifestazione da parte dei disoccupati del 9 marzo 1883. il 9
agosto 1888 durante un incontro in pieno sciopero dei lavoratori della terra,
parla di fronte a 400 persone a fianco di Louise Michel e Charles
Malato: "È solo con lo sciopero universale che il lavoratore creerà
una nuova società, in cui non troverà più tiranni”. Ha quindi guidato, con
altri, la Lega degli antipatrioti e la Lega degli anti-proprietari.
Nel
dipartimento dell'Isère nella regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
Alexandre Tennevin è nato il 5
dicembre 1848 a
Parigi, ed è morto nel giugno 1908
a Parigi; commercialista, giornalista e tipografo;
relatore anarchico. Nel 1885, si avvicinò ai circoli anarchici, fondò la Lega
degli antipatrioti e collaborò a diverse pubblicazioni anarchiche di tendenza
individualista. Fu arrestato il 29 maggio 1887 per ribellione con un agente,
armi proibite, grida sediziose: "Lunga vita al Comune, viva
l'Anarchia!". Arrestato all'ingresso del cimitero di Père-Lachaise,
durante una manifestazione. Il 18 giugno è stato condannato a una multa di 16
franchi. Frequentò quindi le principali figure anarchiche francesi, in
particolare Emile Pouget e Louise Michel, e intervenne per animare il congresso
anarchico internazionale di Parigi in Settembre 1889. Tennevin prese parte
attiva, insieme a Louise Michel e Pierre Martin, alle manifestazioni
organizzate a Vienne (Isère) in occasione del 1° maggio 1890, durante le quali
gli operai chiesero l'espropriazione dei capi. In quell’occasione Tennevin fu
arrestato. I giorni precedenti, Tennevin e Louise Michel avevano tenuto
riunioni a Saint-Étienne, Firminy e Saint-Chamond, sul tema dello sciopero
generale, i relatori intendevano rendere il 1° maggio un giorno di azione
rivoluzionaria, in contrapposizione al legalismo pacifista dei guesdisti.
Nel dipartimento della Loira
della regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
Nel dipartimento della Marna nella regione Grande Est.
Nel dipartimento della Loira della regione
dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
Charlotte Vauvelle
è Nata intorno al 1872 a Parigi; ha vissuto
insieme a Louise Michel dal 1895 al 1905. Tutta la famiglia era legata a Louise
Michel che aveva condiviso alloggi con loro a Londra tra il 1891 e il 1895.
Charlotte Vauvelle visse dal 1895 al 1905 con Louise Michel; ha partecipato ai
suoi giri per conferenze in Francia e all'estero. Fu per Louise una compagna
infinitamente devota, l'organizzatrice del bilancio economico e la
"custode" delle sue relazioni. Di Louise
Michel è stata anche l'esecutrice
testamentaria.
Errico Malatesta (S.Maria Capua Vetere, Caserta, 14
dicembre 1853 - Roma, 22 luglio 1932) è stato il teorico e il rivoluzionario
anarchico italiano più importante della storia dell'anarchismo. Insieme a Pierre-Joseph
Proudhon, Michail
Bakunin, Benjamin Tucker e Petr Kropotkin[20] è in assoluto uno degli
anarchici che hanno più di tutti diffuso nel mondo gli ideali dell'anarchia.
Sébastien Faure (Saint-Étienne, 6 gennaio 1858 - Royan
14 luglio 1942) è stato un pedagogista, un propagandista e un militante
anarchico francese. È stato uno dei principali sostenitori, insieme al russo
Voline (Vsévolod Mijáilovich Eichenbaum), della forma organizzativa anarchica
conosciuta come anarchismo di sintesi o sintetismo, rifacendosi alla teoria
dell'anarchismo senza aggettivi.
Emma Goldman (Kovno, 29 giugno 1869 - Toronto, 14
maggio 1940), è stata un'attivista femminista e anarchica di cultura
ebreo-lituana e di nazionalità russa.
Émile Pouget (Salles-de-Source, Aveyron, Francia, 12
ottobre 1860 - Lozère, Francia, 21 luglio 1931), è stato uno dei militanti
anarchici più rappresentativi del movimento operaio francese. Insieme a Fernand
Pelloutier, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX,
fu uno dei militanti anarchici che maggiormente influenzò lo sviluppo delle
tematiche sindacaliste rivoluzionarie.
Lazare Bernard detto Bernard Lazare (Nîmes, 14 giugno
1865 – Parigi, 1° settembre 1903) è stato un critico letterario, giornalista
politico, anarchico e strenuo difensore di Dreyfus[53] e degli ebrei
perseguitati.
Pietro Gori (Messina, 14 agosto 1865
- Portoferraio, 8 gennaio 1911) fu avvocato, intellettuale e poeta anarchico. Oltre che
per l'attività politica è ricordato come autore di alcune tra le più famose
canzoni anarchiche della fine del XIX secolo tra cui: Addio a Lugano, Stornelli d'esilio, Ballata per Sante
Caserio[52]. «...Pietro Gori era un poeta, aveva un bel viso, un corpo snello
ed elegante. Si accarezzava il baffo appuntito e sapeva ascoltare i coloni
ravennati che raccontavano la loro storia. Provava un profondo rispetto per il
coraggio che avevano speso in quella impresa, e glielo diceva con calore. Gli
ricordavano gli uomini della Pampa, ripeté. Avevano anche cantato insieme, fino
a sgolarsi, quella notte. Avevano cantato le sue canzoni, gli Stornelli
d'esilio, Ballata per Sante Caserio[52], Amore ribelle... Di Addio Lugano Bella
Gori aveva raccontato com'era nata. Dopo che Sante Caserio[52] aveva pugnalato
a morte Carnot, lui era dovuto riparare in Svizzera. Qui l'avevano arrestato,
insieme con altri 150 fuorusciti italiani, anarchici e socialisti. Tutti poi
erano stati espulsi. Quando li conducevano alla frontiera, avevano le manette
ai polsi e i loro passi affondavano nella neve... Con le lacrime agli occhi, si
era girato indietro a guardare Lugano e pensava agli anarchici scacciati senza
colpa che partono cantando con la speranza in cuor...».
Ravachol, pseudonimo di François
Koenigstein (Saint-Chamond Loire 14 ottobre 1859 - Montbrison, 11 luglio 1892)
è stato un anarchico illegalista francese. Il 1° maggio del 1891 il governo
francese fece reprimere una manifestazione a Fourmies con l'uso delle armi, 14
persone furono uccise e 40 ferite. Nello stesso giorno a Clichy la polizia
arrestò alcuni anarchici che avevano usato delle armi, furono condannati a
lunghe detenzioni e ai lavori forzati. Per vendetta, l'11 marzo del 1892
Ravachol mise una bomba nella casa del giudice di Clichy e il 27 marzo in casa
del procuratore. Nello stesso mese organizzò un attentato presso una caserma di
Parigi. Gli attentati provocarono grossi danni ma non fecero vittime. Ravachol
fu riconosciuto dal proprietario di un ristorante nel quale si trovava e
arrestato. Fu condannato ai lavori
forzati a vita ma due mesi più tardi il processo passò al tribunale di
Montbrison dove era stato accusato di omicidio e la condanna fu trasformata in
condanna a morte per ghigliottinamento. Dopo il suo arresto, e durante il
processo, l'anarco-individualista Zo d'Axa, attarverso le pagine del suo
«L'Endehors», lanciò una sottoscrizione per i famigliari di Ravachol e dei suoi
complici. Distribuì denaro alle famiglie dei detenuti, il che portò al suo
arresto per «partecipazione ad associazione a delinquere». Nonostante la
solidarietà mostrata da diversi esponenti dell'anarchismo, l'esecuzione non fu
impedita ed ebbe luogo a Montbrison l'11 luglio 1892 per mano del boia Louis
Antoine Stanislas Deibler, lo stesso che ghigliottinerà Vaillant[50], Henry[51]
e Caserio[52]. Ravachol fu sepolto in seguito
nello stesso luogo in cui avvenne l'esecuzione.
Auguste Vaillant (Mézières,
Ardenne, 27 dicembre 1861 - Parigi, 5 febbraio 1894) è stato un anarchico
individualista e "illegalista", condannato a morte per aver lanciato
una bomba alla Camera dei Deputati francese. Il 9 dicembre 1893, in Francia, Auguste
Vaillant lancia un piccolo ordigno esplosivo (riempito di chiodi) nella Camera
dei Deputati, al grido di: «Morte alla borghesia! Lunga vita all'anarchia!». Si
tratta di un gesto simbolico, fatto per protestare contro la repressione degli
anarchici, ordita dal capo del governo Jean Casimir-Perier, piuttosto che per
uccidere (non ci fu alcuna vittima). Durante il processo, difeso da Fernand
Labori, sostiene che l'obiettivo dell'attacco era il parlamento e non le
persone. «Ho preferito ferire un gran numero di deputati piuttosto che uccidere
qualcuno. Se avessi voluto uccidere avrei caricato (la bomba) con dei
pallettoni. Ho messo dei chiodi; ho voluto quindi solo ferire. Non posso certo
mentire per darvi il piacere di tagliarmi il collo!». Nonostante la petizione
promossa in suo favore dal sacerdote Lemire, che era stato ferito
nel'attentato, e la richiesta di perdono della figlia Sidonie direttamente al
Presidente Carnot Vaillant viene condannato ugualmente a morte e ghigliottinato
il 5 febbraio 1894. Poco prima della morte gridò: «Lunga vita all'anarchia! La
mia morte sarà vendicata!» Il suo boia si chiama Louis Antoine Stanislas
Deibler, lo stesso che aveva ghigliottinato Ravachol[49] e qualche mese più
avanti userà lo stesso strumento per assassinare Henry[51] e Caserio[52].
Émile Henry (Barcellona, 26
Settembre 1872 – Parigi, 21 Maggio 1894), è stato un anarchico illegalista e
insurrezionalista francese. Fautore dell'azione diretta e della propaganda col
fatto, come Auguste Vaillant[50] prima e Sante Caserio[52] poi fu condannato a
morte tramite ghigliottina. Nato a Barcellona il 26 settembre 1872, Émile Henry
cresce in un ambiente aristocratico progressista grazie a suo
padre, comunardo ed uno dei primi comunisti francesi che evitò la violenta repressione
della Comune scappando in Spagna. Emile nasce per questo in terra iberica,
così come il fratello Fortuné (anche lui diverrà anarchico). Ben presto
constata con i propri occhi le profonde ingiustizie del mondo, per questo
aderisce al movimento anarchico nel 1891. Influenzato probabilmente dal
fratello maggiore, abbraccia l'ala più intransigente dell'anarchismo:
l'anarchismo insurrezionalista. Subito messo sotto sorveglianza dalla polizia,
il 30 maggio 1892 viene fermato dopo una riunione pro-Ravachol[49] e rilasciato
dopo la perquisizione del suo domicilio. Fautore della propaganda col fatto,
l'8 novembre 1892, Emile colloca una bomba davanti alla sede della società miniere di Carmaux, come gesto di
solidarietà in favore dei minatori. La
bomba viene però trovata prima che esploda da un poliziotto, il quale
imprudentemente decide di portarla in commissariato, dove la bomba esplode
provocando una strage: 6 morti. Il 12 febbraio 1894, Henry scaglia una bomba
anche contro il Cafè Terminus della stazione Saint-Lazare con l'intenzione di
vendicare l'esecuzione di Auguste Vaillant[50], anarchico giustiziato dopo un
simbolico attentato contro la Camera dei Deputati. L'attacco alla stazione di
Saint-Lazare provoca il ferimento di una ventina di persone (una di queste
morirà in seguito). Emile Henry tenta la fuga, ma dopo un breve inseguimento
viene fermato e processato a partire dal 27 aprile. Condannato alla
ghigliottina, la sentenza viene eseguita il 21 maggio del 1894. Il suo boia si
chiamava Louis Antoine Stanislas Deibler, lo stesso che aveva ghigliottinato
Ravachol[49] e Auguste Vaillant[50] e che in seguito ghigliottinerà Sante
Caserio[52].
Sante Geronimo Caserio (Motta
Visconti, 8 settembre 1873 - Lione, 16 agosto 1894) è stato un anarchico
italiano che nel 1894 pugnalò a morte il presidente della repubblica francese
Marie-François Sadi Carnot. Mai pentito del gesto, fu condannato a morte per
ghigliottinamento. Nella seconda metà del 1893 Caserio si trovava in Francia,
lavorando come fornaio a Cette fino al 23 giugno 1894, quando si dimette dopo
un alterco col titolare. Con i soldi della liquidazione si reca all'armeria di
William Vaux, in via La Caserne, acquista un coltello con una lama di 16 cm recante la scritta
«Souvenir di Toledo» e si dirige verso la stazione di Montbazin. Alle 15:00
prende il treno per Vienne, ma l'obiettivo è quello di arrivare a Lione,
raggiunta effettivamente domenica pomeriggio (24 giugno) dopo aver percorso a
piedi i 27 km
che la separano da Vienne. Caserio sapeva che quel giorno il presidente della
Francia, Marie François Sadi Carnot, era in visita alla città e che alle 21:15
aveva appuntamento al teatro dell'opera. Egli ha probabilmente tutta
l'intenzione di uccidere il presidente e per questo si dirige verso il corteo
presidenziale. Sante Caserio è immediatamente tratto in arresto e portato alla
stazione di polizia in rue Molière. Il processo si svolge in due soli giorni,
il 2 e 3 agosto. Alla fine del secondo giorno viene letta la sentenza, che è
quella ampiamente prevista: condanna a morte tramite ghigliottina.
Alfred Dreyfus (Mulhouse, 9 ottobre
1859 – Parigi, 12 luglio 1935) è stato un militare francese. Nel 1871 la
Francia era reduce dalla sconfitta
subita nella guerra
Franco-Prussiana, ed i rapporti interni erano ancora tesi. Nonostante il
processo si basasse su documenti palesemente falsi, Dreyfus fu condannato quale
estensore di una lettera indirizzata ad un ufficiale tedesco in cui venivano
rivelate importanti informazioni militari francesi. Nonostante l'esplodere del
caso, Dreyfus non fu interamente riabilitato prima del luglio 1906, grazie a un
verdetto della Corte di Cassazione.
Émile Ernest Girault è nato il 15
giugno 1871 a
Parigi (10° arrpondissement) e morto il 12 dicembre 1933 all'ospedale Tenon
(Parigi 20° arrondissement) fu successivamente tipografo, chimico e poi
ingegnere agronomo; grande oratore, Anarchico individualista, si unì ai
comunisti dopo il 1917. Dal 1904, "antimilitarista rivoluzionario",
fu attivo nell'Associazione internazionale antimilitarista . Dal 1906 al 1908,
fu con André Lorulot, uno dei leader della comunità libertaria di
Saint-Germain-en-Laye. Il suo ingresso nell'attivismo risale all'affare Dreyfus[53]
dove ha collaborato a vari giornali, in particolare L'Aurore di Clemenceau
e Le Libertaire di Sébastien Faure[44]. Oratore di talento e molto
importante, ha accompagnato Louise Michel e André Lorulot in giro per la
Francia e anche in Algeria (ottobre-dicembre 1904).
Nel
dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France si trova a
nord-ovest di Parigi e confina con il XVII arrondissement della
capitale francese.
Séverine, nata Caroline Rémy, fu una scrittrice e giornalista libertaria e femminista francese.
Fernand Claude Planche (Saint-Rémy-sur-Durolle,
Francia, 12 febbraio 1900 - Nouméa, Nuova Caledonia, 20 aprile 1974) è stato un
operaio, uno scrittore e un anarchico francese.
William Godwin (Wisbech, Gran Bretagna, 3 marzo 1756 -
Londra, 7 aprile 1836) è stato un pensatore e teorico inglese, considerato da
alcuni "solo" un precursore dell'anarchismo e da molti altri il primo
vero anarchico della storia, le cui idee influenzarono il movimento anarchico
inglese e mondiale.
Francesc Ferrer i
Guàrdia (Allela, 10 gennaio 1859 - Barcellona, 13 ottobre 1909), conosciuto
anche come Francisco Ferrer y Guardia (in spagnolo) o più semplicemente come
Francisco Ferrer, fu un libero pensatore pacifista e anticlericale, pedagogista
libertario fondatore della Escuela Moderna e anarchico catalano. Accusato
ingiustamente di essere a capo dell'ondata di violenza politica che aveva
investito la Spagna durante la cosiddetta Settimana Tragica (1909), fu
processato e condannato a morte il 13 ottobre 1909.
Lev Nikolàevič
Tolstòj (Jasnaja Poljana, Russia, 9 settembre 1828 - Astapovo, Russia, 20
novembre 1910), è stato uno scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista
libertario, anarchico cristiano e pacifista russo. Viene considerato il più
grande apostolo del pacifismo-anarchico in campo letterario, in cui è riuscito
ad esaltatare, attraverso le sue opere gli aspetti più propriamente morali. È
stato il capostipite della corrente anarchica denominata anarchismo cristiano,
pur non essendosi mai professato tale.
Max Stirner è lo
pseudonimo di Johann Kaspar Schmidt (Bayreuth, Germania, 25 ottobre 1806 -
Berlino, Germania, 26 giugno 1856), filosofo tedesco sostenitore radicale di
posizioni antistataliste che risaltano l'ateismo e l'egoismo. Il suo nom de
plume prende spunto da un soprannome che gli era stato dato dai compagni di
scuola a motivo della sua alta fronte (Stirn). Viene considerato come uno degli
antesignani di movimenti quali nichilismo, esistenzialismo, anarchismo e
soprattutto anarchismo individualista. Egli nega esplicitamente di sostenere
una posizione filosofica assoluta, aggiungendo che dovendosi assegnare a un
qualche -ismo sceglie che sia l'egoismo. Stirner chiaramente aderisce sia
all'egoismo psicologico sia all'egoismo etico, le antitesi di tutte le
ideologie più tradizionali e di tutti gli atteggiamenti sociali come lui li
concepiva. Stirner proclama che le religioni e le ideologie si fondano
primariamente sopra delle superstizioni e di conseguenza denuncia come
superstizioni il nazionalismo, lo statalismo, il liberalismo, il socialismo, il
comunismo e l'umanesimo. Stirner pone l'individuo al centro del mondo in quanto
è già dotato di per sé di una sua assolutezza: anche la libertà deve essere
assoluta in sé e per sé, se non lo fosse non sarebbe più libertà, non dobbiamo
cercare di limitarla. Va da sé, però, che un siffatto modello di libertà non è
praticabile, perché la libertà di un individuo non può coincidere con quella di
un altro individuo. Sta, comunque, di fatto che la libertà può essere
esclusivamente assoluta.
Jean-Jacques
Rousseau (Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778) è stato un
filosofo svizzero di lingua francese. Illuminista nella critica ai valori
culturali e all'organizzazione sociale del suo tempo in nome della fondamentale
eguaglianza di tutti gli uomini, precorse il romanticismo nella rivendicazione
della spontaneità del sentimento contro la ragione e, partendo dai principi
giusnaturalistici, pose le basi della moderna democrazia. È considerato uno deo
recursori dell’anarchismo. Nel suo scritto Contratto sociale,
Jean-Jacques Rousseau parte dal principio che l'essere umano è nato libero (il
"buon selvaggio") ed è diventato schiavo a causa della convivenza
sociale. La società per Rousseau è una necessità venutasi a creare quando
l'essere umano ha compreso di non poter più vivere isolato dagli altri. Il Patto,
il Contratto sociale, ha lo scopo di unire e difendere ogni individuo,
senza che questo debba perdere la propria libertà sottomettendosi ad una
qualche autorità. Nel Discorso sull'origine dell'ineguaglianza fra gli
uomini, Rousseau distingue due forme di ineguaglianza, una naturale e l'altra
sociale e politica. La prima non è eliminabile e comunque non è responsabile di
alcun male che normalmente le viene attribuita. È nella società e nello Stato
che Rousseau individua l'origine della disuguaglianza tra dominatori e
dominati, che è il fondamento di tutte le altre forme di ineguaglianza: la
proprietà privata, che sancisce la differenza tra ricchi e poveri;
l'istituzione della magistratura, che sancisce la disuguaglianza tra potenti e
deboli; infine la trasformazione del potere da “legittimo” in arbitrario, che
sancisce la disuguaglianza tra padroni e schiavi.
Ivan Illich (Vienna, 4 settembre
1926 - Brema, Germania, 2 dicembre 2002), austriaco di nascita e messicano
d'adozione, è stato non solo un anarchico, ma anche un sociologo, filosofo,
linguista (conosceva una decina di lingue), teologo e storico delle
istituzioni.
La Summerhill
School è una scuola fondata da Alexander Sutherland Neill nel 1921, vicino a
Dresda (in Germania) come scuola internazionale, nonché uno dei più
significativi esperimenti di pedagogia libertaria. È un collegio indipendente
britannico organizzato come una comunità democratica; è frequentato da ragazzi
dai quattro ai sedici anni che generalmente provengono da Paesi stranieri. È
una scuola non repressiva priva di qualunque tipo di autorità o di gerarchia;
le abitazioni degli allievi sono suddivise in base all'età e per ogni gruppo è
previsto un assistente. Le lezioni sono facoltative; esiste un orario, ma vale
solo per gli insegnanti. I ragazzi sono liberi di fare quello che vogliono, a
patto che le loro azioni non provochino alcun danno agli altri, secondo il
principio di Neill «Libertà, non Licenza». Neill è autore del libro “I
ragazzi felici di Summerhill”. I primi quaranta anni di questa
rivoluzionaria esperienza educativa sono descritti nel libro “Liberi bambini
a Summerhill”.
Paul Goodman (New
York City, 9 settembre 1911 – North Stratford, 2 agosto 1972), è stato
anarchico, pacifista, sociologo, poeta, scrittore, critico cinematografico,
fondatore di «LIBERATION» ed intellettuale statunitense dagli interessi
molteplici.
Eleonora Giulia Amalia Duse (Vigevano, 3 ottobre 1858
– Pittsburgh, 21 aprile 1924) è stata un'attrice teatrale italiana. Fu una tra
le più importanti attrici teatrali italiane della fine dell'Ottocento e degli
inizi del Novecento, simbolo indiscusso del teatro moderno, anche nei suoi
aspetti più enfatici.
Octave Mirbeau (Trévières, 16 febbraio 1848 – Parigi,
16 febbraio 1917) è stato un giornalista, scrittore, pittore, critico d'arte,
saggista, drammaturgo, anarchico e reporter di viaggio francese. Esponente
dell'Impressionismo e dell'Espressionismo letterari, le sue opere sono state
tradotte in trenta lingue.
Charles Mowbray, fu forse il primo
anarco-comunista in Gran Bretagna.Fu attivo a Londra, Norwich e negli Stati
Uniti. Nacque a Bishop Auckland, nella
contea di Durham nel 1857. Ha lavorato gran parte della sua
vita come sarto. Non ha lasciato molte tracce del suo primo contatto con idee
rivoluzionarie, ma sappiamo che si è trasferito a Londra e ha sposato Mary, figlia di un
esiliato comunardo parigino, con il quale ha avuto diversi figli. Ha preso
parte alle commemorazioni annuali della Comune di Parigi
e dei Martiri di Chicago tenendo comizi con i famosi anarchici Peter
Kropotkin[20], Errico Malatesta[43] e Louise Michel. [N.d.R. Il 4 maggio
1886, ad Haymarket Square, a Chicago, durante un raduno di
lavoratori\lavoratrici ed anarchici in solidarietà con i lavoratori\lavoratrici
in sciopero, una bomba fu lanciata da un ignoto su un gruppo di poliziotti, di
cui uno morì all'istante. Questo fatto fu usato dalle istituzioni come scusa
per reprimere il movimento anarchico. Il processo che ne seguì portò alla
condanna a morte per impiccagione di sette anarchici (due di loro furono in
seguito graziati), poi riconosciuti innocenti, e ad una condanna a 15 anni. I
condannati, passati alla storia come "Martiri di Chicago", sono
ancora oggi ricordati come vittime della repressione contro anarchici e
sindacalisti].
Antoine
"Tony" Révillon, nato il 30 dicembre 1832 a
Saint-Laurent-lès-Mâcon (Ain) e morto a Parigi l'11 febbraio 1898, è stato un
giornalista, scrittore e politico francese.
Charonne è l'80º quartiere amministrativo di Parigi, situato
nel XX
arrondissement.
Capoluogo
del dipartimento dell'Aveyron nella regione dell'Occitania.
Nel dipartimento della Marna
nella regione Grande Est.
Nel
dipartimento della Somme nella regione dell'Alta Francia.
Situata
sulle rive del fiume Garonne, nel sud-ovest della Francia, capoluogo del
dipartimento della Gironda e della regione della Nuova Aquitania.
Nel
dipartimento della Loira e nella regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
Capoluogo
del dipartimento dell'Aube nella regione Grand Est.
Gaston
de Galliffet (1830 –1909) è stato un militare francese. Nel 1870, era generale
di brigata; con tale grado partecipò alla guerra franco-prussiana e fu fatto
prigioniero nella disfatta di Sedan. Liberato dai prussiani, comandò una
brigata di cavalleria dell'esercito di Versailles impegnato nella guerra contro
la Comune di Parigi, rendendosi responsabile di massacri indiscriminati di
migliaia di prigionieri.
Le Erinni sono,
nella mitologia greca, le personificazioni femminili della vendetta (Furie nella
mitologia romana) soprattutto nei confronti di chi colpisce la propria famiglia
e i parenti.
Georges
Garraudn nato à Perpignan il 30 juin 1846, membro della Fédération
révolutionnaire lyonnaise.
Luigi Filippo di Borbone-Orléans, già duca d'Orléans, conosciuto
durante la Rivoluzione come il cittadino Chartres oppure Égalité fils, fu re
dei Francesi dal 1830 al 1848 con il nome di Luigi Filippo I.
Émile Jean-Marie
Gautier (19 gennaio 1853 a
Rennes1 - 20 gennaio 1937) è stato una giornalista francese. Dottore in legge e
discepolo di Jules Vallès2. Usò vari pseudonimi come Hombre, Polycarpe, A.
Kergus, Raoul Lucet. Fu un attivista e un teorico anarchico coinvolto nel
processo, noto come "Processo dei 66" nel 1883 a Lione (Il cosiddetto
"processo dei 66" si riferisce al processo che vide imputati un
gruppo di anarchici (tra cui Kropotkin[20], Emile Gautier, Felix Tressaud e
altri), accusati di un attentato contro il Teatro Bellecour di Lione
nell’ottobre 1882).
Louis Bernard Bonjean (1804 –1871) è stato un giurista
e politico francese. Nell'aprile del 1871, con la Comune di Parigi, fu
arrestato e detenuto come ostaggio, fino a essere fucilato il 24 maggio insieme
con l'arcivescovo di Parigi Georges Darboy e altri quattro ostaggi.
François Paul Jules Grévy (Mont-sous-Vaudrey, 15 agosto 1807 –
Mont-sous-Vaudrey, 9 settembre 1891) è stato un politico francese. È stato Presidente
della Repubblica di Francia dal 20 gennaio 1879 al 2 dicembre 1887.
Nel dipartimento della Senna Marittima nella regione
della Normandia.
Édith Thomas (23
gennaio 1909, Montrouge - 7 dicembre 1970, Parigi) era una romanziera,
archivista, storica e giornalista francese. Pioniera bisessuale della storia
delle donne, si dice abbia ispirato un personaggio del romanzo erotico Story of
O.
Nel dipartimento del Finistère nella regione della
Bretagna.
Teresa Mañé Miravet (29 novembre 1865 a Cubelles, Catalogna,
Spagna - 5 febbraio 1939 a
Perpignano) era un'insegnante, editrice e scrittrice sotto lo pseudonimo di
Soledad Gustavo.
Ernest Vaughan era l'amministratore
del giornale l'Intransigeant
Nella Francia
sud-orientale, capoluogo del dipartimento dell'Isère nella regione
Alvernia-Rodano-Alpi,
Capoluogo del dipartimento dello Cher, nella regione
del Centro-Valle della Loira.
Città della Provenza, nel sud-est della Francia.
Capoluogo del dipartimento del Doubs e capoluogo della
nuova regione Borgogna-Franca Contea.
Nel dipartimento della Senna-Saint-Denis nella regione
dell'Île-de-France.
Nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione
dell'Île-de-France.
Capoluogo del dipartimento dell'Ain della regione
Alvernia-Rodano-Alpi.
Nel dipartimento delle Bocche del Rodano della regione
della Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
Nel dipartimento dell'Essonne nella regione
dell'Île-de-France.
Nel dipartimento dell'Essonne nella regione
dell'Île-de-France.
Nel dipartimento della Val-d'Oise nella regione
dell'Île-de-France.