venerdì 26 luglio 2019

02-14-MI02 – Louise MICHEL

LOUISE MICHEL
La rivoluzione fatta donna


Louise Michel nel 1880

"La lotta è la condizione di ogni progresso. Io non amo la lotta per la lotta, la voglio solo perché da essa scaturisce la fratellanza di tutti gli esseri".
Louise Michel

Clemence-Louise Michel, detta Louise Michel, è stata una rivoluzionaria, una scrittrice, un'insegnante, una poetessa, una giornalista una femminista, un'anarchica francese e una delle più importanti figure della Comune di Parigi alla quale aderì e partecipò attivamente. È stata considerata l’eroina del movimento socialista e libertario di fine '800. Alta, longilinea, dal temperamento ardente, dedicò tutta la vita alla lotta contro le oligarchie e il potere imperiale francese subendone per questo persecuzioni, esilio e prigionia. Chiamata anche la “Vierge Rouge (vergine rossa)” per il suo rifiuto, quasi ideologico, del matrimonio, la francese Louise Michel venne da tutti rispettata, ammirata ma anche temuta. È stata la prima persona a sventolare una bandiera nera, diventata simbolo del movimento libertario. Subì il carcere, la deportazione, offese e accuse di ogni tipo, ma godette anche della stima, dell’affetto e dell’amore di milioni di persone in tutto il mondo.
Femminista ante litteram, rivolse grande attenzione ed energia ad esaminare la condizione civile e sociale nella quale si trovavano le donne del suo tempo che, con alcuni fortunati opuscoli, non si stancò mai d’invitare a lottare per la loro emancipazione. Fedele a quella che lei sentì essere la sua “missione”, teorizzò anche una visione etica e rivoluzionaria dell’arte, che concepì sempre al servizio della “causa del popolo”. A questo proposito amava ricordare a sé stesa e agli altri: “l’artista e lo scrittore hanno una missione sociale da compiere e l’opera deve essere un’azione, il romanzo deve essere scritto in un linguaggio semplice e accessibile al popolo”.
Su di lei fiorirono canzoni, leggende e storie popolari. Dissero, ad esempio, che durante i suoi 75 anni di vita avesse amato un solo uomo molto più giovane di lei senza, per altro, essere da questi corrisposta. Quale sia stata la verità, Louise scelse, in ogni caso, di non sposarsi e di non avere figli per non togliere alla causa rivoluzionaria una sola energia e un solo momento della sua vita. Nutriva un’indifferenza totale per la sua persona, per i vestiti e l’acconciatura, tanto da essere accusata ingiustamente di lesbismo dalla stampa francese.


Giovinezza

Louise Michel nel 1839
Louise è nata il 29 maggio 1830 in un castello di Vroncourt-la-Côte[1]. Sua madre Marianne era una serva al servizio dei Demahis, una nobile famiglia aperta agli ideali repubblicani. Se alcuni dei suoi biografi hanno sostenuto che il padre di Louise Michel sarebbe Charles-Etienne Demahis, sembra più probabile che sia Laurent, il figlio di quest'ultimo, il padre di Louise Michel.
Dei suoi anni d'infanzia, conosciamo solo la storia che Louise è stata abbastanza brava a scrivere nelle sue Memorie pubblicate nel 1885.
Carlotta, la moglie di Etienne di idee abbastanza aperte, accettò che Marianne e Louise restassero al castello, amando quest'ultima come una figlia. Crebbe quindi nella famiglia di quelli che lei chiamava i suoi nonni, dove sembra essere stata felice, mostrandosi fin da giovane altruista per sua natura con le persone che la circondavano.
Il padre e Carlotta le consentirono una libertà fisica assoluta, per cui ricevette un’educazione liberale, e non sessista, secondo le idee illuministe di Jean-Jacques Rousseau e di Voltaire, un’educazione che pochi bambini delle sue condizioni potevano sperare.
Etienne Demahis era attento ai suoi giochi e le trasmise l'amore per la lettura. Le spiegò i primi libri, le raccontò le scene della rivoluzione; Louise ricorda: "mi spiegava i diversi libri che leggevamo insieme, mi trasmise l'odio verso l'Impero e la monarchia, la compassione per gli umili e i deboli, l'amore per gli animali, la sete di sapere ".
Dal lato materno era circondata dall'affetto di molte donne: Marianne, la madre, una donna semplice e bella che adorerà tutta la vita, la nonna materna e la zia Vittoria, il cui misticismo la influenzerà profondamente. “Ascoltavo sia la mia zia cattolica, che i miei nonni, che erano seguaci di Voltaire. Confusa da strani sogni, ero come l'ago di una bussola che, sconvolto da una tempesta, cerca il nord. Il mio nord era la rivoluzione”.
La sua infanzia fu ricca di stimoli: suonava il piano, dipingeva, amava la natura, gli animali e, in particolare, i gatti. A sei anni lesse le pagine delle "Parole di un Credente" di Lamennais e "le bagnò di lacrime" (come racconta lo scrittore Fernand Claude Planche). "A partire da quel giorno, io appartenni alla folla, e dovevo salire di tappa in tappa, attraverso tutte le trasformazioni del pensiero, da Lamennais stesso fino all'anarchia".
Louise, conscia dall’aver ricevuto un’educazione atipica, diversa da quella che avevano ricevuto le bambine alla sua età, più tardi dirà: "Le fanciulle allevate nella scempiaggine sono disarmate".
Cominciò presto a scrivere poesie, e continuò a scriverle per tutta la vita, senza pretese letterarie ma per dare una voce nobile al suo amore per la natura, prima, e al suo impegno politico poi. Già all'età di 12-13 anni ebbe due pretendenti ma li respinse.
Marianne Michel la medre di Louise
Per 15 anni visse un periodo felice, fino a quando scoprì di essere figlia illegittima.
Nelle sue Memorie Louise si ritrae scioccata dall'ingiustizia, un'ingiustizia che presto ha fatto le spese dopo i successivi decessi di Charles Etienne Demahis nel 1844, Laurent Demahis nel 1847 e Charlotte Demahis nel 1850. Quando Etienne Demahis morì, per Louise fu un duro colpo, anche se ebbe in donazione 40.000 franchi, che distribuì tra i poveri, con scandalo dei benpensanti; 5 anni dopo morì anche la moglie del padre e da quel giorno cambiò la sua vita: la moglie di Laurent Demahis ha venduto il vecchio castello, Louise e Marianne Michel furono cacciate dai figli legittimi di Etienne, e Louise dovette portare il cognome della madre.
Queste esperienze acuirono la sua sensibilità circa la condizione femminile e segnarono le sue scelte di donna. Forse fu tale coscienza che sottrasse Louise al ruolo tradizionale attribuito alle donne. Lei scelse di non sposarsi e di non avere figli. Disse in seguito: " Io ho giurato di non sposarmi mai; la vita maritale mi fa orrore. […] Non ho voluto essere razione di carne per l'uomo né dare schiavi ai Cesari". Ad un pretendente disse che se volesse sposarla dovrebbe uccidere l'imperatore: "rischiate la vostra vita, perché io rischio la mia libertà".
Allora alle donne francesi era interdetta l’università ma permessa la professione di insegnante negli istituti statali, Louise Michel non fu donna da perdersi facilmente d'animo. Il suo amore per la letteratura la portò a studiare, nella scuola di Chaumont[2], anche le materie frequentate solo da maschi (matematica, scienze naturali e fisica), per conseguire il massimo titolo di studio concesso allora a una donna; il 1º settembre 1851 si diplomò maestra e conseguì l'abilitazione all'insegnamento il 25 marzo 1852, che le avrebbe consentito di poter esercitare la professione di istitutrice.
Ma per insegnare nelle scuole pubbliche occorreva prestare giuramento all'Impero (Impero che lei disprezzava profondamente) e questo Louise non poteva accettarlo. Si rifiutò di prestare giuramento rinunciando alla carriera, e allora, nel settembre del 1852 a 22 anni, aprì una scuola libera ad Audeloncourt[3], il piccolo paese materno, ispirata ai principi della pedagogia libertaria, dove insegnerà per un anno.
Come insegnante, Louise Michel, tuttavia, sperava di vivere anche con la sua penna e firmò le sue prime poesie ne L’Écho de Haute Marne, firmando con il nome di Louise Demahis o Louis Michel. Le sue prime pubblicazioni furono quelle di una fervente Louise Michel.
Intendendo professare a modo suo, la giovane insegnante, che sosteneva di essere repubblicana, fu convocata nel 1853 dal rettore Fayet che le chiese di incontrarla per farle la predica ma che, infondo, simpatizzava con la giovane donna.
Dopo un primo breve soggiorno a Parigi, Louise Michel si recò in Haute-Marne[4] per aprire successivamente delle scuole a Clefmont[5] alla fine del 1854 e a Millières[6] nel 1855, dove insegnò anche lì, per un anno. Coerente con i suoi convincimenti, Louise adottò subito il metodo d’insegnamento cosiddetto “sperimentale” e introdusse per la prima volta, suscitando qualche scandalo tra i “benpensanti” del tempo, l’istituzione delle classi miste, poi legalmente adottate in tutte le scuole francesi.
Ha goduto ancora una volta il sostegno del rettore che ha scritto al prefetto il 9 novembre 1854: "La signora Michel ha più fantasia che giudizio, ma è una persona onesta e non credo ci siano motivi per opporsi alla riapertura della sua scuola che lei ha abbandonato da tempo per farle fare la supplente in un collegio a Parigi".
Di fronte alla povertà della regione, Louise Michel non ha esitato a scrivere al Prefetto dell’Haute-Marne (tra il 1853 e il 1855) al fine di "creare un ufficio di beneficenza, creare progetti, laboratori pubblici, per la carenza di pane (Louise Michel: Memorie)".
Il suo rifiuto del Regime, così presto manifestato, e i suoi articoli pubblicati nei giornali di Chaumont[2], nei quali scriveva di storia antica alludendo alla Francia contemporanea, paragonando Napoleone III a Domiziano, l’imperatore romano che si proclamò dominus et deus (signore e dio), pur cercando di sfuggire alla censura napoleonica, non rimanessero ignorati dalle autorità, che presero diversi provvedimenti disciplinari nei suoi confronti: “Regnava Domiziano, aveva scacciato i filosofi e i saggi capitolini da Roma, aumentato il soldo ai pretoriani, reintrodotto i giochi sul Campidoglio e la gente onorava il clemente imperatore nella speranza che arrivasse qualcuno a pugnalarlo”.
In quell’occasione il prefetto disse: "Se non fosse così giovane potrebbe essere spedita a la Cajenne" e lei rispose che avrebbe aperto una scuola laggiù risparmiando il costo del viaggio.
Per evitare, tuttavia, provvedimenti disciplinari, che avrebbero comportato la chiusura della scuola e molto probabilmente precluso anche per sempre la strada dell’insegnamento, fu costretta, dopo qualche tempo, a interrompere quell'esperienza: Louise ritenne che era tempo di sottrarsi alla vita di provincia e nel 1856 lasciò l'Alta Marna e si trasferì a Parigi, dove sperava di combattere finalmente l'Impero.


1870 - Da sinistra a sinistra  Marie Ferré, la sorella
di Théophile Ferré, Louise Michel e Paule Mink
Parigi

Nella capitale Louise Michel continuò ad insegnare, cercando di riproporre le sue convinzioni e i suoi metodi pedagogici.
Su raccomandazione del rettore Fayet, si stabilì presso un istituto nel 10° arrondissement, in rue du Château-d'Eau, diretto da una certa madame Voillier, che diventò per lei una seconda madre piena di attenzioni e tenerezza; sorvegliava che Louise si nutrisse, che curasse il suo aspetto fisico poiché, assorbita com'era solo da attività intellettuali, era aliena da ogni civetteria. La madre le inviava regolarmente qualche risparmio. Una debolezza di Louise fu l'acquisto di libri. La signora Vollier doveva pagare con i soldi riservati alla pigione una cambiale che Louise fece per acquistare libri. Infatti, ogni sudato e magro risparmio di Louise, frutto di quella precaria attività, venne da lei impiegato nell’acquisto di libri e messo a disposizione dei suoi allievi più bisognosi. Gran parte dei suoi studi di quel tempo fu rivolta ai fanciulli, specie a quelli affetti da disturbi psichici, troppo spesso allora abbandonati o rinchiusi, nella più generale indifferenza, in tristi e diseducative istituzioni. A loro volle dedicare molti lavori letterari, il più fortunato dei quali risultò essere il saggio “Bagliori nel buio: non più idioti, non più folli”.
Si iscrisse anche ai corsi di istruzione popolare in rue Hautefeuille, dove gli oratori e gli ascoltatori erano convinti repubblicani. Studenti, autodidatti, uomini e donne si incontravano e per tutti, "una rabbia di conoscenza ci ha uniti (Louise Michel: Memorie)".
A Parigi fu immediatamente attratta dal vivace clima culturale che si poteva respirare in ogni angolo della città e dai fermenti rivoluzionari sostenuti dai blanquisti[7], dagli anarchici e dagli animatori della Prima Internazionale. Quell’ambiente particolarmente stimolante dal punto di vista culturale finì ben presto per coinvolgerla completamente. Non vi fu, infatti, manifestazione culturale o iniziativa sociale che la vedesse assente o che la lasciasse indifferente.
Il cerchio delle sue frequentazioni si andò così pian piano definendo. Si legò d'amicizia con le femministe Maria Deraismes[8], Andrè Leo e con George Sand[9], della cui figlia fu istitutrice.
Su richiesta di uno dei professori di rue Hautefeuille, non tardò a dare lezioni aggiuntive alla "scuola popolare" in rue Thevenat, dove diede delle lezioni di letteratura e di geografia. Nella stessa scuola si riuniva il gruppo " Droit des femmes (Diritti delle donne)", frequentato da femministe tra cui le su citate; il gruppo attaccava i valori patriarcali e rivendicava la stessa educazione per uomini e donne e lo stesso salario.
Davanti alle molte ingiustizie fatte alle donne, Louise Michel divenne naturalmente una femminista. Nel 1861, replicò in nome di "donne di lettere" e "basso blu"[10] ad un giornalista che aveva preso in giro donne scrittrici in nome di "uomini di lettere" (da un manoscritto datato 18 dicembre 1861 Musée de l’Histoire vivante). Nel 1861, pubblicò a spese dell'autore un opuscolo, Lueurs dans l’ombre, plus d’idiots, plus de fous, un saggio di pedagogia e terapia, e scrisse nello stesso periodo il Livre d’Hermann con stupefacenti nozioni di modernità, dal momento che anticipava il principio della psicoterapia.
Ha anche partecipato ad incontri di pubblica opposizione ed è diventata amica di Eugène Varlin e di molti giovani blanquisti[7] tra cui Raoul Rigault, Émile Eudes e Théophile Ferré. Femminista, repubblicana e speranzosa nella rivoluzione, ha perso la fede a poco a poco, anche se è rimasta molto attaccata a una mistica cristiana: compassione e giustizia per tutti, tale era il suo credo.
Nel 1865, la madre la raggiunse a Parigi. Aveva venduto un pezzo di terra che aveva ereditato dai Demahis, ottenendo una somma di denaro che permise a Louise di aprire una propria scuola a Montmartre, al numero 24 di rue Houdon, e poi un’altra in rue Oudot, nel 1868, dove in entrambe, come insegnante, ha dato ai suoi studenti un'istruzione che può essere descritta come libertaria. Nella sua classe, un vivaio di studenti godevano di un'insolita libertà.
Presentò progetti avanzati per l'epoca, come la creazione di scuole professionali e orfanotrofi gestiti da laici. Insegnava con passione in una Parigi affamata, creando una mensa per i suoi allievi. Le sue scuole erano frequentate da 200 studenti, con dieci insegnanti e del personale per altri lavori. I suoi studenti la chiamavano la «piccola mamma Louise». Gestiva inoltre un corso serale di alfabetizzazione gratuito per gli adulti.
Collaborò con giornali di opposizione e svolse una discreta attività letteraria scrivendo poesie con lo pseudonimo di «Enjolras», il nome del personaggio, repubblicano e nobile d'animo, de I miserabili di Victor Hugo. Allo scrittore, con il quale Louise si tenne in corrispondenza fin dal 1850 e che conobbe personalmente nel 1851 in un suo viaggio a Parigi, ne invierà alcune.
Nel corso della sua vita sarà impegnata politicamente fino alla sua morte ed entrò in contatto con diversi gruppi che si battevano per i diritti delle donne, tra cui la Lega delle donne, un gruppo che rivendicava la stessa educazione per uomini e donne e lo stesso salario. S'iscrisse nel 1862 alla Union des poètes, ma soprattutto cominciò a frequentare gli ambienti rivoluzionari, dove incontrò Jules Vallès, Eugène Varlin, Raoul Rigault e Émile Eudes, e soprattutto Théophile Ferré, molto più giovane di lei, di cui pare fosse segretamente innamorata, e lo stimò per il suo coraggio e la sua passione per la rivoluzione. Collaborò anche con giornali di opposizione, come Le Cri du Peuple.
Nel 1869, il nome di Louise Michel fu menzionato nel quotidiano La Marseillaise del 21 dicembre 1869 come segretaria della "Société démocratique de moralisation" (Società democratica di miglioramento morale), un'associazione di assistenza il cui scopo dichiarato era volto a evitare che le donne più povere fossero costrette a mantenersi con la prostituzione e che offriva lavoro alle operaie a casa o fuori; secondo un rapporto della polizia del 1878, è possibile che sia entrata nell'Internazionale.
Fu tesoriera di un Comitato di soccorso ai profughi russi, il cui presidente era Victor Hugo.
«[…] alla casa di lei era un continuo pellegrinaggio di sollecitatori, che si qualificavano profughi russi, per quanto essi non avessero oltrepassato i boulevards di Montmartre, e le buvettes del quartiere Latino. E nessuno tornava indietro, per quanto poco russo egli fosse, con le mani vuote. Victor Hugo, che grandemente amava e stimava la Michel, credette opportuno esortarla a qualche cautela nella erogazione dei soccorsi, onde i veri proscritti russi non ne fossero defraudati da codesti russi... d'occasione. Louise, dopo avere ascoltato con deferenza l'autore dei Miserabili, gli chiese con quel suo fervore traboccante di ingenua pietà: “Posso io domandare alla miseria che invoca aiuto, la carta di nazionalità?”
Il poeta sorrise, e la sua fronte radiosa si chinò perplessa. Da quel giorno però non si parlò più di controllare la nazionalità degli indigenti, anche a costo che qualche mariuolo sfruttasse il fondo raccolto per la Russia fuggiasca e martire» (Amilcare Cipriani).
Un rapporto di polizia del 1878 afferma che lei aderì all’Internazionale. A quell’epoca e fino al suo esilio Louise fu una blanquista[7], movimento repubblicano socialista fondato da Auguste Blanqui.
Sostenne il giornale "Libero pensiero", discusse sulla religione e la rivoluzione ventura: "Quando verrà l'ora e gli uomini esiteranno, allora saranno le donne che marceranno in prima fila e io ci sarò".
Il 12 gennaio 1870 partecipò al raduno per il funerale di Victor Noir, il giovane giornalista assassinato dal principe Pierre Bonaparte, raduno in cui parteciparono da 100.000 a 200.000 parigini, e che si stava trasformando in insurrezione. L’evento acuì in Louise l'odio verso la monarchia e da allora portò abiti maschili, una cappa, un cappello e con «un pugnale nascosto sotto i suoi vestiti» per difendersi e, sulla tomba di Noir, Louise giurò di portare il lutto per tutta la vita.
Louise Michel  con la divisa della Guardia 1871
A livello internazionale, la crisi franco-prussiana per la successione al trono spagnolo portò la Francia a dichiarare guerra alla Prussia il 19 luglio. Nell'agosto del 1870, a guerra in corso, Louise manifestò contro l'arresto dei blanquisti[7] Émile Eudes e Gabriel Marie.
Quando l'Impero napoleonico stava crollando sotto i colpi della potenza prussiana, Louise entrò in contatto con le femministe André Leo e Maria Deraismes[8]. Con Andrè Leo fondò la Société de revendication des drois de la femme.
Dopo molte battute d'arresto, Napoleone III firmò la sua resa il 2 settembre. I repubblicani, che si erano rapidamente radunati all'Hôtel de Ville, il 4 settembre dichiararono la Repubblica.
Immediatamente, il governo repubblicano moderato della difesa nazionale sembrò pronto a firmare un trattato di pace mentre l'opposizione blanquista[7] e socialista gridavano al tradimento; subito, a Parigi come a Lione o Marsiglia, furono istituiti comitati e dichiararono il paese in pericolo.
Il 19 settembre 1870, Parigi fu assediata dalle truppe prussiane ed era in procinto di vivere un rigido inverno, si rifiutò di abdicare al nemico e si organizzò. André Leo e Louise andarono insieme a migliaia di manifestanti al municipio e reclamarono armi per andare a liberare Strasburgo[11] dai prussiani. Louise intanto si esercitava al tiro a segno al luna park. Il Comitato centrale dei venti arrondissement evocò l'idea di una Comune in grado di salvare la Repubblica.
Le donne parigine si organizzarono costituendo comitati e Louise Michel fu una delle più attive organizzatrici; per il fatto di essersi sempre dedicata agli altri e grazie anche alla sua scuola, diventò molto popolare nel suo quartiere. Ha partecipato a molte riunioni, tra cui il club della Patrie en danger.
Nel novembre 1870, fu eletta presidente del Comitato repubblicano di vigilanza della Guardia Nazionale, un organo politico spontaneo, dei cittadini del diciottesimo arrondissement, che si trovava nella zona collinare di Montmartre, in cui non vi èra nessuna distinzione di genere sessuale, e dove vi conobbe Théophile Ferré: “Il Comitato di vigilanza di Montmartre non lasciava nessuno senza tetto, nessuno senza pane; la sera dividevamo un'aringa in quattro o cinque, ma quando si trattava di bisognosi non si risparmiavano né mezzi pubblici, né la possibilità di operare requisizioni rivoluzionarie. Il 18° arrondissement era il terrore dei trafficanti e degli accaparratori. Tutti appartenevano alla rivoluzione ... non si chiedeva di che sesso fosse uno quando si trattava di compiere il proprio dovere“.
Il 1° dicembre, per la prima fu volta tenuta sotto sorveglianza per due giorni per la sua partecipazione ad una manifestazione femminista.
Nella Parigi affamata, creò una mensa per gli studenti. Cercò l'aiuto di Clemenceau, giovane sindaco di Montmartre; tra di loro si svilupperà una forte amicizia, nonostante le differenze politiche. I due furono testimoni di eventi straordinari: le donne, i bambini, le guardie federate attorniavano i soldati che fraternizzavano con la folla gioiosa e pacifica. Durante il periodo dell'assedio di Parigi, Louise Michel fu molto attiva: gestiva ancora la sua scuola e aprì un laboratorio di cucito curandone la contabilità; incontrò una seconda volta Victor Hugo tornato dall'esilio e non mancò di chiedergli anche dei soldi per i bisognosi.
Il 22 gennaio 1871 molti patrioti e guardie nazionali rivoluzionarie protestarono contro l'incuria del governo, nella speranza di proclamare la Comune; Il governo di Thiers vide nella nascente Comune un pericoloso esempio di governo proletario e una minaccia per l’ordine e ne decise la repressione. Vi furono scontri abbastanza duri e Louise, a quarant’anni e vestita da Guardia Nazionale, per la prima volta prese il fucile e non lo lasciò più fino alla caduta delle ultime barricate nel maggio 1871. Quel giorno, partecipò ad una battaglia in strada, a Clignancourt e nella piazza dell'Hôtel de Ville, dove sparerà per la prima volta nella sua vita un colpo di fucile. Dirà: "La prima volta che si difende la propria causa con le armi, si vive la lotta così intensamente che si diventa come un proiettile".
28 gennaio, una prima capitolazione fu firmata a Versailles dai belligeranti. Thiers, capo dell’esecutivo, emise l’ordinanza che fece traboccare il vaso: volle requisire i cannoni della Guardia Nazionale.
Dopo le elezioni dell'8 febbraio, consacrando la vittoria dei monarchici all'Assemblea costituente, Adolphe Thiers è stato nominato capo del potere esecutivo ed ha ratificato i preliminari di pace il 1° marzo. Se alcuni deputati repubblicani si erano dimessi dall'incarico, parte della popolazione parigina si dichiarò pronta a resistere e il 15 marzo venne eletto un Comitato centrale composto da trentotto membri.


La Comune

Ma il governo di Thiers intendeva recuperare le armi lasciate alla Guardia Nazionale. Così, il 18 marzo, inviò l'esercito per recuperare i cannoni posizionati sulla collina di Montmartre.
I parigini avevano pagato loro stessi quei cannoni, e si rifiutarono di consegnarli. Iniziò l'insurrezione. Quel giorno, il 18 marzo, Louise Michel si trovava nella Butte[12], quando i militari di Versaiilles tentarono di portar via i cannoni. Fu tra quelli che diedero l’allarme e partecipò attivamente nel convincere i militari a fraternizzare col popolo. Parigi insorse tutta, compatta. I rivoluzionari occuparono Les Tuileries e La Conciergerie; la Guardia Nazionale prese l'Hôtel de Ville. Il governo fuggì a Versailles È nata la Comune di Parigi. La sera del 18 marzo, i generali (che avevano partecipato alla repressione dei giorni del 1848 ancora nella memoria) che avevano guidato l'operazione furono fucilati.
L’insurrezione venne portata avanti da un fronte ampio e variegato: sotto il grido di “Vive la Commune!” convivevano giacobini[13], blanquisti[7], democratici, e soprattutto proudhoniani[14] (anarchici minoritari nell’Internazionale ma fortemente maggioritari nella Comune rispetto ai marxisti), che aspiravano la graduale liberazione degli individui dalla proprietà privata e dall’istituzione statale e la collaborazione con le altre città insorte da confederare a Parigi.
La Comune di Parigi fu ufficialmente proclamata il 28 marzo.
Jules Vallès, direttore de “Le Cri du Peuple” scrisse: «Quel sole chiaro, tiepido che indora le bocche dei cannoni, il profumo dei fiori, lo sventolio delle bandiere, il mormorio della rivoluzione che procede […] Qualunque cosa possa capitare, se dovremo nuovamente essere sconfitti e morire domani, la nostra generazione è consolata! Siamo ripagati di vent’anni di angosce».
Nell'Hôtel de Ville, che era nelle mani della Guardia Nazionale, si riunì il consiglio della Comune per decidere se continuare l'offensiva su Versailles per portare il colpo finale e sovvertire il governo di Adolphe Thiers che in quel momento poteva contare su poche truppe. Louise Michel, che faceva parte dell’ala rivoluzionaria più radicale, pensava che bisognava perseguire l’offensiva su Versailles, ma la decisione, che fu presa non andò in quella direzione. E fu allora che il destino di Louise Michel cambiò; lei stessa, da sola e volontariamente, si recò a Versailles per tentare di capire come fare per uccidere Thiers.Ed io che pur sono accusata di bontà senza limiti, io avrei senza rimorso schiantata la vita di quel nano (Thiers) che doveva poi fare tante vittime: laghi di sangue non sarebbero colati, mucchi di morti non avrebbero ingombrato Parigi, alti come montagne, e mutata la città in un macello. Prevedendo quanto avrebbe fatto questo borghese dal cuore di tigre, io pensavo che uccidendo Thiers all'Assemblea, il terrore sarebbe stato tale da arrestare di colpo la reazione. Quante volte, nei giorni della disfatta, mi sono rimproverata di aver chiesto su ciò consiglio: le nostre due vite avrebbero evitato la carneficina di Parigi (Louise Michel, La Comune)”.
Durante i 72 giorni della Comune, Louise, alternativamente ambulanziera o combattente, si diede tanto da fare. Fu su tutti i fronti prodigandosi generosamente. Instancabile propagandista, conferenziera ed abile oratrice, diffuse lo spirito della Comune animando il Club de la Révolution nella chiesa di Saint-Bernard de la Chapelle, di cui presiedette spesso le riunioni. Collaborò ai giornali che sostenevano la rivoluzione, come «Le Cri du peuple» e «La Marseillaise», non trascurò le sue scuole e fu sempre interessata ai problemi dell'educazione: legata agli organi della Comune relativi all'istruzione. Louise propose un nuovo metodo di educazione, vivace e popolare, fondata sull’idea di "formare il più possibile basi elementari con il minor numero possibile di parole". In quei giorni firmò una petizione per l'istituzione di scuole professionali per le ragazze, per gli creare orfanotrofi al posto delle secolari istituzioni religiose.
Il 1° aprile il governo di Versailles dichiarò guerra alla Comune di Parigi e Louise partecipò alla resistenza armata. In quell'occasione indossò la divisa della Guardia Nazionale e fece parte del 61° battaglione. L'esercito era composto da 35000 uomini, 3000 cavalli e 5000 gendarmi.
Dal 3 aprile fino alla Settimana sanguinante, Louise Michel si diede da fare col suo fucile; lei disse di aver abbandonato la lotta solo due volte e "per un breve periodo". Nei mesi di aprile e maggio, quando le truppe governative attaccarono Parigi, combatté in prima fila a Clamart, ad Issy-les-Moulineaux, dove fu ferita, a Neuilly e, infine, a maggio si trovò sulle barricate di Clignancourt, dove sparò i suoi ultimi colpi di arma da fuoco.
Nel mese di maggio, i versagliesi di Thiers ebbero il sopravvento e cominciarono i massacri.
Nell'ultima veglia di libertà, cioè nella notte in cui i Comunardi organizzarono un'estrema difesa del cimitero di Montmartre, era andata tra le tombe con la scusa di verificare che non ci fossero brecce indifese; e seguendo i viali profondi, aveva ritrovato la sepoltura di un'amica, una donna "di gran cuore", come lei istitutrice dei poveri a Montmartre, ed era rimasta ferma tra i colpi di mortaio a godersi "la quiete della morte". Georges Clemenceau, che aveva concepito un singolare sentimento di stima per la passionaria, ammirò la calma di Louise in battaglia e non capì mai come non la avessero uccisa cento volte sotto i suoi occhi.
Non erano mai riusciti a prenderla sempre fuggita miracolosamente alla morte, mentre da 15.000 a 30.000 uomini, donne e talvolta bambini sono stati giustiziati senza ulteriori processi. La lotta si concluse, per lei, a Clignancourt. Aveva tenuto, sola con due uomini, una barricata. A destra aveva un capitano dei Federati, impassibile, profilo da medaglia romana; tirava senza mai fermarsi; quando il fucile era infuocato, passava alla pistola. Era stupido, era venuto ad aiutarla a far riparare un ferito da una pioggia di proiettili, ma era stato necessario chiederglielo dieci volte. Ad un certo punto erano venuti verso la barricata dei Comunardi e loro li avevano accolti; per scoprire troppo tardi che erano nemici travestiti. Ma era difficile agguantare Louise, lei riuscì a sfuggire alle loro ricerche. I versagliesi andarono a casa a cercarla e presero sua madre per fucilarla.
Louise Michel si arrese il 24 maggio 1871 a Versailles in cambio di sua madre arrestata al suo posto. Informata dell’arresto di Marianne, si procurò un cappellino e una gonna, la sua era crivellata di pallottole; e nella Parigi riconquistata dalle truppe governative corse a cercare la madre. La porta dell'appartamento era aperta, il cortile della scuola deserto. Si precipitò al primo posto di guardia dell'esercito vittorioso e si consegnò al nemico per fare liberare la madre: "Dov'è mia madre? Sono Louise Michel", si era consegnata. "Portatela al bastione 37, senza perderla di vista", avevano ordinato, ma lei era partita come il vento, seguita a fatica dai soldati, ed effettuò lo scambio.
Fu portata immediatamente al campo di Satory; aveva quarantun anni.


Arrestata e processata

Jules Girardet - L'arresto di Louise Michel
Jules Girardet - Louise Michel al Camp de Satory


Ritratto di Louise Michel annotato dai Versagliesi durante il suo processo:
"Capo dell'insurrezione, voleva uccidere M. Thiers"
In un primo momento, rischiò più volte di essere fucilata; non fu una prigioniera disciplinata. Ad una guardia aveva tirato in testa una bottiglia di caffè che tentarono di toglierle davanti alla visitatrice che gliel’aveva portata, senza aspettare almeno che si allontanasse; poi si scusò di aver colpito un pover'uomo, "ma non c'erano ufficiali a tiro", disse.
Rimase con i condannati alla fucilazione attendendo il suo turno. Il pittore Jules Girardet rappresentò la rivoluzionaria in due tavole. La prima rappresenta il suo arresto, il 24 maggio 1871. La secondo è intitolata Louise Michel a Satory, e la mostra nell’atto di arringare i Comunardi.
Da Satory fu trasferita a Versailles nella prigione dei Chantiers (dei cantieri), dove in una sola notte impazzirono sette donne.
Il 28 giugno iniziò il processo a suo carico. L'accusa la dipinse come «ambiziosa di elevarsi al livello dell'uomo, superandolo nei vizi» e responsabile di tentato colpo di Stato, istigazione alla guerra civile, complicità nell'esecuzione di ostaggi, uso di armi militari e falsificazione di documenti. Louise sembrò minimizzare la sua azione, rifiutò di difendersi dichiarandosi «sostenitrice assoluta della rivoluzione sociale», assumendosi la responsabilità di tutte le sue azioni e chiedendo per sé la condanna a morte: “Se mi lascerete vivere, esorterò incessantemente alla vendetta”.
Ammise di essere stata infermiera nel reparto ambulanze, confermò di credere nel progetto dei Comunardi e nel volere l'abolizione dell’istituzione clericale.
Loise Michel al suo processo
Al secondo interrogatorio, il 19 settembre, scoprì che Théophile Ferré, che lei aveva segretamente amato, imprigionato anch'egli, venne condannato a morte e che doveva essere fucilato; per questo apparrà ancor più risoluta nelle sue dichiarazioni, si prese di coraggio di fronte ai militari e dichiarò, con orgoglio, la sua partecipazione agli eventi: “Sono accusata di essere complice della Comune! Certo che lo sono perché la Comune voleva prima di tutto la rivoluzione sociale che è ciò che desidero ansiosamente; è un onore per me essere una delle autrici della Comune, che peraltro non ha niente a che fare con omicidi e incendi dolosi. Volete sapere chi sono i veri colpevoli? La polizia”.
L'11 novembre, venne trasferita alla prigione di Arras[15], nel dipartimento del Passo di Calais.
Il 28 novembre Ferré venne fucilato, Louise gli fece giungere una poesia d'addio, Les Œillets rouges (I garofani rossi). Quel giorno, anche un altro suo conoscente, Louis Rossel, fu fucilato.
Inizialmente sembrò che anche lei fosse destinata alla fucilazione immediata, invece subì un nuovo interrogatorio. Le accuse che le autorità le rivolsero furono:
·         attentato con intenzione di rovesciare il governo;
·         istigazione alla guerra civile;
·         detenzione di armi e uniformi al momento della rivolta nonché uso delle armi;
·         false dichiarazioni in scritti privati al fine di occultare la propria identità;
·         uso di documenti falsi;
·         concorso nell'uccisione di ostaggi;
·         concorso in arresti illegali.
L’atto d’accusa specificava che durante la sua attività aveva incessantemente continuato ad «[…] aizzare la plebaglia, applaudire gli omicidi, rovinare i bambini, predicare la guerra civile, in una parola, incitare a tutti i crimini possibili. Ella andò ancora oltre, dando personalmente l’esempio e mettendo in gioco la propria persona […]».
Quando il suo processo ebbe inizio il 16 dicembre 1871, non esitò più a sfidare il 6° Consiglio di guerra con determinazione e coraggio che le valsero l'ammirazione dei suoi parenti e detrattori.
Apparve sul palco di fronte al pubblico e al Consiglio Di Guerra a cui tenne testa.
Louise Michel reclamò la morte al tribunale, in quell’occasione apparve davanti ai suoi giudici vestita di nero e disse: "Non voglio difendermi e non voglio essere difesa, appartengo completamente alla rivoluzione sociale e mi dichiaro responsabile delle mie azioni", alla fine del processo aggiunse: "Bisogna escludermi dalla società, siete stati incaricati di farlo, bene! L'accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore che batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo la mia parte!".
In seguito a quest'evento, Victor Hugo le dedicò la poesia Viro Major ("Viro major" letteralmente "più grande di un uomo").

« […]
E coloro che come me, ti sanno incapace
di qualunque cosa non sia eroismo e virtù,
che sanno che, se Dio ti dicesse – Da dove vieni?-,
risponderesti – Vengo dalla notte in cui si soffre;
Dio, esco dal dovere di cui voi fate abisso!-
Che conoscono i tuoi versi misteriosi e dolci,
i tuoi giorni, le tue notti, i tuoi affanni, le tue lacrime donate a tutti,
l’oblio di te stessa nel soccorrere gli altri,
le tue parole simili alle fiamme degli apostoli;
che conoscono il tetto senza fuoco, senz’aria, senza pane,
la branda col tavolo di abete,
la tua bontà, la tua fierezza di donna del popolo,
l’agra tenerezza che dorme sotto la tua collera,
il tuo profondo sguardo d’odio per tutti gli inumani,
e i piedi dei bimbi riscaldati tra le tue mani;
costoro, donna, davanti alla tua indomita maestosità,
meditavano e, malgrado la piega amara della tua bocca,
malgrado l’esecratore che, accanendosi su di te,
ti scagliava contro le urla indignate della legge,
malgrado la tua voce fatale e alta che t’accusa,
vedevano splendere l’angelo attraverso la medusa
[…] »
Victor Hugo


Dal processo di Louise Michel

Resoconto della Gazzetta dei Tribunali
Presidente Signor DELAPORTE, colonnello del 12° cacciatori a cavallo.
Udienza del 16 Dicembre 1871.


" […] Di conseguenza, la nostra opinione è mettere Louise Michel sotto processo per:
1.      Attentato finalizzato a rovesciare il governo;
2.      Attentato avente come obiettivo di incitare alla guerra civile, portando i cittadini ad armarsi l’uno contro l'altro;
3.      Per aver portato, al momento della rivolta, armi e uniforme militare, e fatto uso di tali armi;
4.      False dichiarazioni in scritti privati al fine di occultare la propria identità;
5.      Uso di documenti falsi;
6.      Complicità alla provocazione e cospirazione dell’assassinio di gente tenuta presumibilmente come ostaggio da parte della Comune;
7.      Complicità ad arresti illegali, seguiti da torture fisiche e la morte, con assistenza e conoscenza degli autori dell'azione e dei fatti accaduti;
Crimini previsti dagli articoli 87, 91, 150, 151, 159, 59, 60, 302, 341, 344 del codice penale e dell’articolo 5 della legge del 24 maggio, 1834.

Presidente: - Avete sentito i fatti prima di essere accusata. Che cosa avete da dire in vostra difesa?
Louise Michel: - Io non voglio difendermi, io non voglio essere difesa. Io appartengo interamente alla rivoluzione sociale, e dichiaro di accettare la responsabilità per le mie azioni. Accetto tutto e senza restrizioni. Voi mi accusate di aver partecipato all'uccisione dei generali? Per questo mi sento di rispondere affermativamente se essermi trovata a Montmartre quando volevano sparare sulla gente. Non esiterei a sparare su coloro che hanno dato ordini simili. Ma quando sono stati fatti prigionieri, io non capì che sono stati fucilati, e guardo questo atto come un’emerita viltà!
Per quanto riguarda l’incendio di Parigi, a cui ho partecipato. Ho voluto opporre una barriera di fiamme agli invasori di Versailles. Non sono stata complice di questo. Ho agito secondo il mio proprio istinto.
Dicono anche che sono complice della Comune! Assolutamente sì, dal momento che la Comune ha voluto prima di tutto la rivoluzione sociale, e la rivoluzione sociale è il più caro dei miei desideri. Inoltre, sono onorata di essere una dei promotori della Comune che non è d’altronde per niente, che si sappia bene per niente, responsabile di omicidi e di incendi. Io, che ho partecipato a tutte le sedute tenutesi all'Hôtel de Ville, dichiaro che non c'è mai stata una decisione di omicidio o di incendio. Volete sapere chi sono i veri colpevoli? È la polizia, e poi, forse, si farà luce su tutti questi eventi di cui oggi si tende naturalmente a ritenere responsabili tutti i sostenitori della rivoluzione sociale.
Un giorno, proposi di Ferré di invadere l'Assemblea municipale. Io volevo due vittime, signor Thiers e me, perché io volevo sacrificare la mia vita ed ero determinata ad ucciderlo.
Presidente: - In un proclama, voi avete detto che dovevate, ogni 24 ore, fucilare un ostaggio?
Louise Michel: - No, io volevo solamente minacciare. Ma perché mi difendo? Ho già detto, mi rifiuto di farlo. Voi siete uomini, voi giudicatemi. Voi siete davanti a me a viso scoperto. Voi siete uomini e io sono solo una donna, eppure io vi guardo in faccia. Io so bene che tutto quello che dirò a voi non cambierà la vostra sentenza. Dunque una sola e ultima parola prima di sedermi. Non abbiamo mai voluto il trionfo della Rivoluzione. Giuro sui nostri martiri che sono caduti sul campo di Satory, sui nostri martiri che io altamente acclamo ancora qui, e che un giorno troveranno bene un vendicatore.
Ancora una parola, io sono vostra. Fate di me ciò che volete. Prendete la mia vita, se lo volete; Io non sono che una donna a voi la decisione in un istante.
Presidente: - Lei afferma di non aver approvato l'assassinio dei generali e tuttavia si dice che, da quando abbiamo appreso, voi avete esclamato: "Li fuciliamo, è fatta!"
Louise Michel: - Sì, l’ho detto, lo ammetto. Mi ricordo anche che era in presenza dei cittadini Moussu e Ferré.
Presidente: - Voi dunque approvaste l’assassinio?
Louise Michel: - Permettetemi! Questa non è una prova. Le parole che ho pronunciato erano destinate a non fermare l'impulso rivoluzionario.
Presidente: - Avete scritto anche sui giornali, nel "Le Cri du Peuple", per esempio?
Louise Michel: - Sì, non lo nego.
Presidente: - Questi giornali chiedevano ogni giorno la confisca dei beni della Chiesa e altre misure rivoluzionarie simili. Questi sono state dunque le vostre opinioni?
Louise Michel: - In effetti! Ma faccio di notare che non abbiamo mai voluto prendere la proprietà per noi. Noi pensavamo di donarla al popolo per il loro benessere.
Presidente: - Avete chiesto l’abolizione della magistratura?
Louise Michel: - Perché ho visto con i miei occhi gli esempi dei suoi errori. Mi sono ricordata del caso Lesurques[16] e molti altri.
Presidente: - Riconosce di aver tentato di assassinare Thiers?
Louise Michel: - Perfettamente ... L'ho detto e lo ripeto.
Presidente: - Sembra che voi indossavate vari vestiti durante la Comune?
Louise Michel: - Io ero vestita come al solito. Aggiungo una cintura rossa sui miei vestiti.
Presidente: - Non avete indossato molte volte un vestito da uomo?
Louise Michel: - Solo una volta era 18 marzo: Mi vestii da Guardia Nazionale, per non attirare l'attenzione.
Presidente (Rivolto alla testimone donna Poulain Marchande): - Voi conoscete l'imputata? Sapete quali erano le sue idee politiche?
Poulain Marchande: - Sì, signor Presidente.
Louise Michel: - Ma io ho confessato il fatto! Non è necessario che i testimoni vengono ascoltati.
Presidente (Rivolto alla testimone donna Botin, pittrice): - Louise Michel non ha denunciato uno dei tuoi fratelli per costringerlo a servire nella Guardia Nazionale?
donna Botin: - Sì, signor Presidente.
Louise Michel: - La testimone aveva un fratello, l’ho creduto coraggioso e ho voluto che servisse la Comune.
Louise Michel davanti al consiglio di guerra neò 1871
Presidente (Rivolto alla testimone donna Botin): - Ha visto l'imputata, un giorno su una carrozza, passeggiando in mezzo alle guardie e fare loro saluti da regina, secondo la vostra impressione?
donna Botin: - Sì, signor Presidente.
Louise Michel: - Ma questo non può essere vero, perché ho voluto imitare queste regine che non parlano e che mi piacerebbe vedere tutte decapitate come Maria Antoinetta. La verità è che sono semplicemente salita sulla carrozza perché soffrivo per una distorsione che è stata il risultato di una caduta fatta ad Issy.”
Un’altra testimone, donna Pompon, portinaia, ripete tutto quello che ha detto sul conto degli accusati. La conoscevamo come altamente esaltata.
Presidente (Rivolto alla testimone Cecile Denéziat, disoccupata, conoscente dell'accusata): - L’avete vista vestita da Guardia Nazionale?
Cecile Denéziat: - Sì, una volta, il 18 marzo.
Presidente: - Portava una carabina?
Cecile Denéziat: - L’ho detto, ma non mi ricordo bene il fatto.
Presidente (Rivolto alla testimone Cecile Denéziat): - L’ha vista passeggiare su una carrozza in mezzo alla Guardia Nazionale?
Cecile Denéziat: - Sì, signor Presidente, ma non ricordo i dettagli del fatto.
Presidente (Rivolto alla testimone Cecile Denéziat): - Lei ha anche detto pensavate si trovasse in prima linea quando furono assassinati i generali Clement Thomas e Lecomte?
Cecile Denéziat: - Io stavo solo ripetendo quello che sentivo dire intorno a me.
Prende la parola il capitano Dailly. Egli ha chiesto al Consiglio di rimuovere l’accusata dalla società che per lui è un pericolo costante. Abbandonò le accuse su tutti i fronti, ad eccezione della detenzione di armi apparenti o nascoste durante il movimento insurrezionale.
La signora Haussman, a cui la parola è quindi data, dichiara che davanti alla volontà formale dell’accusata di non essere difesa, si appella semplicemente alla saggezza del Consiglio di guerra.
Presidente: - Accusata, avete qualcosa da dire in vostra difesa?
Louise Michel: - Quello che io reclamo da voi, voi che formate il Consiglio di guerra, voi che vi dichiarate i miei giudici, che non vi nascondete più come commissione di grazia, di voi che siete dei militari e che giudicate di fronte a tutti, è il campo di Satory dove sono già caduti i nostri fratelli! Bisogna escludermi dalla società, siete stati incaricati di farlo, bene! L'accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore che batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo la mia parte! Se mi lasciate vivere, non potrò mai smettere di gridare vendetta, e mi appellerò alla vendetta dei miei fratelli assassinati dalla commissione di grazia ...
Presidente: - Non posso lasciarla parlare, se continuate con quel tono!
Louise Michel: - Ho finito! Se non siete vigliacchi, uccidetemi!

Dopo queste parole che hanno causato profonda emozione tra il pubblico, il Consiglio si ritira per deliberare. Dopo pochi istanti, è tornato per la sentenza e, al termine del verdetto, Louise Michel è stata condannata all'unanimità alla deportazione in una prigione fortificata.
Ricondotta in aula, l’accusata è stata portata a conoscenza del giudizio. Quando il cancelliere le ha detto che ha 24 ore per chiedere una revisione della sentenza: "No! gridò lei, non mi appello, preferisco la morte!"

da «La Gazzetta dei Tribunali», dicembre 1871.


Il suo intervento, che oscillava tra preghiera e provocazione, valse per lei l’essere condannata alla deportazione perpetua in Nuova Caledonia come altri 4500 Comunardi.
Dal carcere, Louise scrisse ad Hugo, Clemenceau, Sarah Bernhardt[17], Jules Guesde, letterati della cerchia di Dumas[18] e Verlaine[19], grandi anarchici come Kropotkin[20]. Allo stesso modo si rivolse ai diseredati, ad illetterati, a certi che "non hanno disimparato il mestiere di servire". Ed erano sempre lettere di una qualità letteraria incredibile, una sfida continua alle condizioni in cui furono scritte. Alcune si indovinano scarabocchiate sulle ginocchia, a terra, nel "nido di gazze" delle compagne di pena che non si zittiscono un momento: "sono donne piene di coraggio, ma noiose", si lamentava Louise; nella lotta evitava di stare con le donne, confessa la presidentessa di tanti comitati femminili. Si occupava certo della corrispondenza delle illetterate, ma si rimproverava di non avere la pazienza di stare a sentire le compagne di pena.
La prigione è facile, come sempre per tutte le istitutrici”, scrisse Louise Michel nelle sue Mémorie. “Finalmente si è liberi del proprio tempo e dei propri pensieri. La solitudine fa riposare. All'ultima lezione, ci si sente bestie sovraccaricate; con un colpo di reni di fierezza si arriva alla fine senza cedere. Ma un'ora di silenzio la si ottiene solo la notte. In carcere, si è liberi. La notte, poi, ci si sente vivere, si può scrivere. Le poche ore di riposo le ho trovate in prigione, ecco tutto". In prigione chiedeva libri, Tucidide, i Commentari di Cesare, le memorie della bellicosa madame Roland e le Massime di La Rochefoucauld. Ma lei accumulava febbrilmente missive per salvare l'amore, chiuso e inconfessato, della sua vita, l'impassibile comunardo Ferré che andrà alla fucilazione con pince-nez[21] e sigaro.
Tra il 1871 e il 1873, trascorse venti mesi in detenzione presso l’Abbazia Auberive (trasformata in prigione), nel dipartimento della Marna. In quel periodo, la stampa la chiamava «La lupa rossa assetata di sangue» oppure, al contrario, «La buona Louise».


La deportazione
Carta di permesso in Nuova Caledonia
Documento per la deportazione sulla Nuova Caledonia

Il 28 agosto 1873 venne imbarcata sulla Virginia, una vecchia fregata a due vele trasformata in una "gabbia galleggiante" per il trasporto dei detenuti, per essere deportata nella colonia francese situata nell'Oceano Pacifico sudoccidentale, la destinazione era Noumea dove arrivò dopo quattro mesi di traversata, l'8 dicembre 1873. Questo fatto avvenne a soli venti anni da quando la Nuova Caledonia, soprannominata "roccia", è stata ufficialmente incorporata nell’Impero francese e servire da prigione a cielo aperto per gli insorti provenienti da tutto il mondo. Oltre i ribelli di Parigi, c’erano anche una manciata di ribelli Kabyle sopravvissuti della feroce repressione del 1872[22].
Mentre la nave si allontanava dalle coste francesi Louise cantava con gli altri una delle canzoni simbolo della Comune, Le temps des cerises di Jean-Baptiste Clément.
A bordo, tra i tanti, fece la conoscenza di Henri Rochefort, il celebre polemista, e di Nathalie Le Mel anche lei grande animatrice della Comune. Fu probabilmente grazie ai contatti con quest'ultima che Louise divenne anarchica; in quel viaggio ebbe modo di ripensare a distanza tutti gli avvenimenti e si rese conto che il potere corrompe anche gli animi più nobili. Dichiarerà più tardi: “Sono diventata anarchica quando sono stata deportata”.
Louise Michel aveva sognato, aveva visto il sogno prendere vita, aveva visto il sogno morire assassinato. Quando arrivò in Nuova Caledonia, il 10 dicembre 1873, pianse, per 5 minuti, ancora in ricordo di tutti i suoi compagni uccisi, poi si voltò attorno, anche lì c’era molto fare.
Sbarcata a Nouméa, dopo essere stata ospite delle galere dell’Isola dei Pini, alloggiò in una delle povere capanne della colonia e là incontrò e strinse amicizia con il vecchio rivoluzionario italiano Amilcare Cipriani che, nelle sue memorie, la ricordò sempre buona e affettuosa con tutti. Amilcare le insegnò i segreti per sopravvivere anche in condizioni estreme come quelle che entrambi stavano subendo, la sostenne nei suoi progetti didattici presso la popolazione locale e gli altri deportati, la protesse dalle angherie dei guardiani. Le loro vite, da quel momento, ebbero uno sviluppo parallelo.
"Mi chiedete come sto: perfettamente", dichiarò dalla Nuova Caledonia, dove gli insetti proliferavano a quaranta gradi o dove il terreno diventava, sotto la pioggia incessante, un nauseabondo acquitrino di sabbie mobili; e pioveva anche all'interno delle baracche assemblate con materiali di recupero dai deportati.
Louise Michel a Nouméa
Il 20 maggio 1875, cinque donne, le più pericolose, vennero trasferite dalla penisola di Ducos nella Baia dell'Est; Louise Michel protestò vigorosamente insieme all'amica Nathalie Le Mel, un'altra "pétroleuse" che aveva edificato due pollai. Le nuove capanne si trovavano vicino alla foresta e per andare alla posta si doveva affrontare una corroborante passeggiata in riva all'Oceano; Louise protestava quando le scrivevano parole gentili, era così abituata ad essere insultata che le cortesie la ferivano come se offrissero dolciumi a una belva.
Le lettere impiegavano, andata e ritorno, sei, otto mesi; e un deportato, l'istitutore Verdure, era morto di crepacuore per un pacchetto di corrispondenza arrivato troppo tardi.
Demoralizzati, abbandonati a se stessi e ruminando il loro fallimento, i Comunardi vivevano in isolamento. Furono pochi quelli che si interessarono alla sorte e alla cultura dei nativi, quei Kanak che rifiutarono tuttavia, armi in pugno, di sottomettersi all'ordine coloniale, e che vivevano in miseria, devastati dai parassiti, dalle autorità coloniali, dalla dissenteria, dall’ignoranza; Louise Michel fu tra quei rari deportati, con Charles Malato (figlio del deportato Antoine Malato), a denunciare e ribellarsi al destino di Kanaks, e ci ha consegnato tutto ne "Légendes et chansons de gestes canaques". Gli altri, purtroppo, consideravano la popolazione indigena come inferiore, dei selvaggi con i quali non si potevano creare legami.
L'ex insegnante, riprese il suo lavoro di istruttrice nella comunità dei deportati. Quella era la sua vocazione. Resterà per sette anni in Nuova Caledonia, rifiutando di ottenere un trattamento diverso dagli altri detenuti di sesso maschile. Negli anni passati nell'isola creò il settimanale Les Petites Affiches de la Nouvelle-Calédonie.
Nel frattempo aumentava l'interesse verso il popolo Kanak, Louise decise di andare a trovarli da sola, per presentarsi. Questi ultimi che, normalmente, preferivano evitare i bianchi, l’accettano velocemente e le diedero presto il nome di “chènère” che significa sorella; entrò in rapporto solidale e fece amicizia con gli autoctoni, che vivevano in forma comunitaria, dediti all’agricoltura e alla pesca e in una semplicità di condizioni ormai sconosciuta in Europa; fece lo sforzo di imparare la loro lingua (cosa che era assolutamente vietata) e si aprì alla loro cultura e alle loro tradizioni (che pubblicherà in una raccolta di racconti e leggende Kanak dopo la suo permanenza). Fedele al suo motto "apprendere sempre e condividere questo sapere", condividendo la loro rivolta con lo stesso spirito di resistenza e di speranza, diventò allo stesso tempo loro studente e loro insegnante. Inventò una scuola di alfabetizzazione per i Kanak, partendo dai rudimenti della lingua attraverso lo sviluppo di nuovi metodi di lettura e scrittura con le lettere mobili; improvvisò per loro dei corsi, in particolare di storia e di politica sociale, in piena foresta, all’interno di grotte o capanne abbandonate, e lì continuò con successo per tutta la sua permanenza.
Nuova Caledonia: Louise Michel e i suoi allievi
Da Parigi, gli amici Comunardi pensarono di inviarle toniche letture femministe; lei chiedeva piuttosto libri di Chimica agricola con cui intendeva indottrinare i Kanak.
Alcune notti scappava dalla sua dimora per raggiungere i suoi nuovi amici e al chiarore dei fuochi, ascoltava appassionatamente le leggende dei loro narratori, o discuteva all’infinito con i loro guaritori, i “Takata”, che la iniziarono all’infusione dei fiori di Niaouli, l’albero sacro. Louise si mostrò sempre dolce e calma con i Kanak, notevolmente aperta e attenta, completamente (o quasi) denudata dai pregiudizi razziali del suo tempo, manifestò al contrario la speranza sincera di scoprire una cultura altra, cercando di apprendere da loro tanto quanto insegnava.
Intraprese un rudimentale ma pionieristico lavoro di etnografia, compilando un dizionario elementare dei dialetti canachi e trascrivendo le leggende, i canti di guerra, i poemi dei “bardi neri dell’età della pietra”. Una prima, parziale, pubblicazione venne fatta, a puntate, nel 1875 sul settimanale di Noumea Les Petites Affiches; poi la raccolta completa appare nel volume Légendes et chansons de gestes canaques (Leggende e canzoni delle gesta dei Kanak) del 1885.
Nelle sue Memorie Louise, scrisse che valse la pena essere stata internata nel distretto degli incorreggibili[23]il che gli permise di insegnare ai Kanak. Conobbe Daoumi, il capo dei nativi, il quale voleva "apprendere quello che sanno i bianchi" e lei rispose che voleva apprendere quello che sanno i Canachi. Qualche anno dopo mentre uno dei suoi ragazzi, un tempo analfabeti, scriveva la parola «Libertè» le parve che in qualche modo la Comune avesse vinto.
Chiaramente questo suo rapporto con i nativi rimase incompreso dai rivoluzionari deportati e in più attirò le furie del governatore francese Olry, personaggio onnipotente dell’isola che poteva decidere quasi su tutto senza doverne rendere conto a nessuno. Il governatore giudicò con decisione questa donna pericolosa per le sue ridicole idee di emancipazione degli indigeni: “Dove andremo a finire, santo cielo, se i Canachi adesso si mettono a parlare di oppressione”. Questi richiami non spaventarono Louise Michel che continuò ad avere rapporti con i nativi, e provò a far capire loro cosa aveva significato la Comune e la ragione per la quale lei si ritrovava al bagno penale, cosa che scatenerà le loro personali confidenze: “Quando i bianchi sono arrivati, all’inizio hanno mangiato il piatto di igname che offrivamo loro. Poi hanno tagliato i nostri alberi, portato via le nostre donne, devastato le nostre colture, ucciso i nostri animali, preso i posti che occupavano i nostri villaggi vicino ai corsi d’acqua, cacciandoci nella foresta. Non ci hanno dato niente, nient’altro che tristezza, promettendoci la terra e il cielo”. Le raccontarono la storia del progresso, la storia dell’invasione e la distruzione di tutte le culture diverse dalla nostra che nei secoli abbiamo, come occidentali, distrutto in tutto il pianeta.
Guerrieri Kanak
vecchia cartolina del 1880
Quando i Kanak nel 1878 si ribellarono ai colonialisti francesi, ricevettero il suo sostegno, contrariamente a certi Comunardi che, non esitando a schierarsi con i loro ex carnefici, collaborarono a soffocare la rivolta. Louise scrisse: “Loro si battono e sono pronti a morire contro la tirannia. Voi stessi qui, deportati, banditi, esattamente per la stessa ragione…e la maggior parte di voi osa negare i loro diritti!” Lei prese le loro difese[24], e fece anche pervenire al capo della rivolta Ataï, tramite due Kanak, vestiti completamente a modo loro -cioè senza nulla- che partendo per l'insurrezione vennero a prendere da lei il coraggio, la sua sciarpa rossa che portava sulle barricate: “La divisi laggiù in due parti, in una notte in cui due canachi vennero a dirmi addio, prima di andarsene a raggiungere i loro per battere i cattivi bianchi”.
L’insurrezione delle zagaglie[25] e delle fionde contro i fucili europei volse, ovviamente al disastro: per fermare la rivolta, le forze coloniali diedero fuoco alla foresta causando la morte di molti Kanak, diverse tribù vennero interamente decimate e duemila uomini, all’incirca, morirono. Una volta che l'ordine fu restaurato, il governatore inviò le teste mozzate dei capi dei ribelli a Parigi per l'Esposizione Universale. I vinti furono venduti come schiavi a dei negrieri. Mezzo migliaio di Kanak furono quindi trasportati sulle coste del Chiapas (Messico) per conoscere la servitù dei lavoratori tzotzil[26] e tzeltal[27], e dove saranno decimati da un'epidemia di vaiolo.
Questo è quanto scrisse su Ataï nelle sue Memorie:
Guerrieri Kanak
“Ci vollero un traditore e una spedizione militare di bianchi per uccidere Ataï e Andia. Che tutti i traditori siano maledetti! Secondo la legge canaca, un capo può essere ucciso da un altro capo o per delega fatta sempre da un capo. Noudo, capo venduto ai bianchi, diede la sua delega a Segou, per uccidere Ataï, dandogli anche l'arma con la quale doveva ucciderlo.
Segou uscì con la colonna della milizia dei bianchi e attese Ataï tra le capanne e Amboa; Ataï 'stava tornando proprio al suo accampamento con alcuni della sua gente, quando Segou uscì fuori colonna dei soldati bianchi e indicò il grande capo, riconoscibile per i suoi capelli bianchi come la neve.
Ataï aveva avvolto la sua fionda intorno alla sua fronte e teneva una sciabola della gendarmeria nella mano destra, e una piccola ascia nella sua sinistra. Intorno a lui c'erano i suoi tre figli e il bardo Andja, che era armato di una lancia corta.
Ataï 'si voltò verso la colonna di bianchi e notò Segou.
"Eccoti," gridò.
Il traditore Segou esitò per un momento sotto lo sguardo del vecchio capo, ma poi, volendo che tutto finisse, lanciò la lancia corta su Ataï che venne trafitto al braccio destro. Tentò di contrattaccare con l’ascia che teneva con la sinistra, mentre i suoi figli, che etano attorno a lui, venivano colpiti: , uno ucciso e gli altri feriti. Andja saltò in avanti gridando «Accidenti! Accidenti!» E cade ferito a morte all'istante.
Insurrezione kanaka 1878
Poi Segou si diresse verso Ataï ferito, e con la sua ascia lo colpì colpo dopo colpo, allo stesso modo in cui avrebbe tagliato un albero. Ataï cadde e Segou afferrandogli la testa parzialmente tagliata continuò ad infliggergli parecchi colpi, fin quando il grande capo canaco morì.
La testa di Ataï fu inviato a Parigi, ma non so cosa è successo al bardo Andja”.
Nel 1879, mentre in Francia molti parlamentari stavano lavorando per l'amnistia dei Comunardi, la pena per «deportazione in un carcere fortificato» di Louise Michel è stata commutata in deportazione singola e così venne trasferita a Nouméa (l’attuale capitale). 1879 si installò presso una tribù; il suo trasloco fu pittoresco: un forzato l’accompagnò fino alla barca dondolando in testa l'immensa scatola dei gatti di Louise, un altro si incaricò dei suoi cani.
Riprese così il suo mestiere di insegnante, dapprima per i figli maschi dei deportati, poi nelle scuole delle bambine. Chiese di aprire una scuola in una tribù Kanak; intendeva risiedere tra quei feroci antropofagi per almeno un anno, per studiarne la lingua e le cerimonie. "Non si fanno seimila leghe per non vedere niente, e senza rendersi utili". Iniziò ad istruire anche i Kanak, fu insegnante per i bianchi e per i neri per la prima volta uniti nella stessa classe. Il sindaco, Simone, che l’apprezzava, le affidò il corso di disegno e di musica alla scuola normale femminile.
Durante questo soggiorno, costruì anche dei rapporti con i ribelli algerini, anche loro deportati.
Nel 1880 ottenne finalmente tornare a casa, grazie all’amnistia generale concessa a tutti i Comunardi l'11 luglio 1880. All'imbarco per la Francia, fu commoventemente salutata da una folla di nativi accorsi in lacrime per darle l’addio, i quali le strapparono la promessa che prima o poi sarebbe tornata a trovarli.


Il ritorno in Francia

Copertina del Le Journal illustré
dedicato all'arrivo di Louise Michel alla
stazione di Saint-Lazare
Louise Michel s’imbarcò per Parigi, via Melbourne e Londra. Giunse a Parigi il 9 novembre 1880 sbarcando nel porto di Dieppe e poi a Parigi. Il suo arrivo alla stazione Saint-Lazare, il 9 novembre 1880, fu trionfale. Sulla piattaforma l’attesero Clemenceau, Louis Blanc, Henri Rochefort e una festante folla di oltre diecimila persone con grida di "Viva Louise Michel, Vive la Comune, Abbasso gli assassini!". I francesi e, in particolare, i parigini non avevano, evidentemente, dimenticato i suoi sacrifici e la speranza che aveva saputo suscitare in loro durante i giorni della Comune.
Louise Michel accolta al suo arrivo col treno 1880
Forte della solidarietà dimostrata dai compagni e sempre più presa dalla sua missione, dopo essersi riunita con sua madre e gli amici e affiancata in modo permanente da diversi poliziotti incaricati della sua sorveglianza, riprese la sua infaticabile attività di militante politica: diventò un'instancabile propagatrice del pensiero anarchico, tenne riunioni e conferenze, partecipò a convegni e a manifestazioni; parliamo di centinaia, di migliaia di incontri, in cui partecipò in Francia, ma anche in Europa (Belgio, Paesi Bassi, Inghilterra). Il primo ebbe luogo il 21 novembre 1880 a Parigi. Il 4 gennaio 1881 pronunciò l'elogio di Blanqui.
Iniziò a collaborare assiduamente al giornale La Révolution Sociale, allora molto diffuso e apprezzato negli ambienti rivoluzionari e ad esprimere apertamente il suo pensiero.
Due mesi dopo il suo ritorno, cominciò a pubblicare a puntate il romanzo La Misère.
Fondò la "Lega delle donne" e disse: "vogliamo che le donne imparino quali siano i loro diritti e quali i loro compiti, vogliamo che l'uomo non consideri la sua compagna come schiava ma come uguale a lui".
Si dedicò al movimento anarchico e partecipò come delegata, nel luglio 1881, all’importante e storico Congresso londinese dell'Internazionale anarchica[28], presieduto da Pëtr Alekseevič Kropotkin[20] e da Edwin Dun, nel quale fu stabilita la parola d'ordine della «propaganda attraverso l'azione»; Louise Michel preferiva in realtà che fosse l'azione sindacale a costituire un mezzo di penetrazione dell'ideologia anarchica. Louise fu monitorata costantemente, fino ai suoi ultimi giorni e regolarmente fu vittima di diverse condanne. Il 18 gennaio 1882 fece un “soggiorno” di 15 giorni in carcere per oltraggio agli agenti di polizia durante una manifestazione per l'anniversario della morte di Blanqui.
Il 18 marzo 1882, durante una riunione nella Salle Favié di Parigi, propose che gli anarchici adottassero a proprio emblema la bandiera nera, per dissociarsi senza ambiguità dai socialisti 'autoritari' e parlamentaristi:
Basta con la bandiera rossa bagnata del sangue dei nostri soldati. Io inalbererò la bandiera nera, che porta il lutto dei nostri morti e delle nostre illusioni”.
Con l’anarchico Émile Pouget[29] organizzò, il 9 marzo 1883, una manifestazione di disoccupati, dove predissero l‘immediata espropriazione dei capitalisti, e in cui riuscirono a far partecipare circa 15.000 persone negli Invalides. L’imponente manifestazione all’aperto venne interrotta dalla polizia e circa 500 manifestanti, con Michel in testa che sventolava la sua bandiera nera (si trattava in realtà di una vecchia sottana nera attaccata a un manico di scopa), urlavano: “Pane, lavoro o piombo!”, marciando lungo boulevard Saint Germain. La folla saccheggiò tre panetterie prima di venire attaccata dalla polizia.
Boulevard Saint Germain: in questo viale, il 9 marzo 1883, sventolò la prima bandiera nera anarchica
Alcune decine di manifestanti furono arrestati: Louise si sottrasse all'arresto ma, fu ricercata perché identificata dalle forze dell'ordine e accusata di avere istigato i disordini. Alla fine di un rocambolesco tentativo di caccia per quasi tre settimane, Louise Michel ha ridicolizzato il capo della polizia di Parigi costituendosi. Venne incarcerata il 1 aprile 1883 nel carcere di Saint-Lazare.
Louise Michel nel periodo delle sue conferenze
Il suo processo, così come quello di Émile Pouget[29] e di Eugene Mareuil[30], iniziò il 20 giugno. Accusati di essere i mandanti dei saccheggi delle panetterie, sono apparsi sotto l'accusa di "cospirazione contro la sicurezza dello Stato" considerando che la dimostrazione avrebbe potuto portare a un'insurrezione ...
Durante il processo, Louise Michel ha accusato più di quanto si difendesse. Ha denunciato l'accusa di aver saccheggiato le panetterie e le ha assicurato: "È un vero processo politico che ci viene fatto; non siamo noi che siamo perseguiti, è il partito anarchico che è perseguito tramite noi ... ". Fu pesantemente punita, venne condannata a sei anni di detenzione e dieci anni di alta sorveglianza della polizia. (Sui fatti avvenuti il 9 marzo 1883, vedasi il capitolo «9 marzo 1883 Esplanade des Invalides» più avanti).
Una volta pronunciato il verdetto, Louise ritornò nella sua cella nella prigione di Saint-Lazare prima di essere trasferita a Clermont de l'Oise[31] il 15 luglio 1883. Coerente con sé stessa, durante la detenzione rifiutò ogni trattamento di favore, volendo condividere la stessa sorte penosa degli altri compagni incarcerati. Rimase così in isolamento, rinchiusa in un'angusta e malsana cella per diversi mesi.
In carcere, la sua unica preoccupazione era Marianne, sua madre. Da lontano cercò di risolvere i problemi di Marianne e solo il 12 dicembre le fu concesso di vedere per l’ultima volta la vecchia madre paralitica, che per tutta la vita aveva seguito con apprensione e orgoglio le imprese della figlia. A causa dell'isolamento in carcere, alla sua vista, ebbe delle allucinazioni e pensò che volessero seppellire la madre viva. Le somministrarono un calmante e pian piano ritornò in sé. Fu in seguito a questo episodio che cercarono di farla passare per pazza.
Poté rimanere al suo capezzale con Clemenceau, accompagnata da agenti di polizia fino al 3 gennaio 1885, data della morte di Marianne Michel. Non ebbe l’autorizzazione a partecipare ai funerali, e fu rimandata in prigione.
Il 14 gennaio 1886, grazie agli interventi di Clemenceau, Rochefort e dietro pressione dell’opinione pubblica, il presidente della Repubblica Jules Grévy concesse la grazia a lei e altri anarchici condannati, come Kropotkin[20], allora imprigionato a Clairvaux. Louise non aveva richiesto la grazia ed anzi, quando gliel’annunciarono, rifiutò di lasciare la galera, mettendo di nuovo in imbarazzo l'amministrazione della prigione!
Riprese come nulla fosse la sua attività frenetica e già il 14 agosto 1886 tornò in prigione, fu nuovamente condannata a quattro mesi di prigione per il suo intervento in una manifestazione a sostegno dei minatori di Decazeville[32], insieme a Jules Guesde, Paul Lafargue e al socialista Paul de Susini[33].
Annoncio di una conferenza tenuta da Louise Michel a Parigi nel maggio 1902
Durante la manifestazione lei pronunciò un discorso in favore di quelli che dovevano essere processati per l'omicidio dell’ingegnere Watrin. Per questo, come scritto prima, venne condannata a quattro mesi di reclusione, con i suoi compagni per istigazione a delinquere. Ricorsero in appello e furono rilasciato nel mese di settembre, ma non Louise, che non fece nessun ricorso. Uscì finalmente in novembre dopo aver scontato la pena.
Nello stesso anno Paul Verlaine le dedicò una ballade:
«Lei ama il Povero aspro e franco o il timido;
lei è la falce nel grano maturo per il pane bianco del Povero,
e la santa Cecilia,
la Musa rauca e gracile
del Povero e l'angelo custode
a questo semplice, a quest'indocile.
Louise Michel è molto buona».
A novembre, beneficiò di una clemenza.
Riprese come nulla fosse la sua attività. Nel gennaio 1887 si schierò contro la pena di morte, in reazione alla pena cui fu condannato il suo amico Clement Duval[34] (per incendio doloso, furto qualificato, percosse e ferite in danno di un agente della polizia) uno dei primi anarchici espropriatori che davanti al tribunale rivendicò l’esproprio come atto di attacco allo Stato.
L'attività frenetica di Louise Michel spaventava e infastidiva molte persone: vennero imbastite contro di lei accuse false nella speranza di rigettarla in qualche galera di Stato,
Sempre in riunioni e in incontri, sfuggì miracolosamente ad un attentato, il 22 gennaio 1888, al teatro Gaîté di Le Havre[35], e dove aveva pronunciato un discorso. L'estremista Pierre Lucas (si dice pagato da un prete) attentò alla sua vita, senza riuscirci (le sparò due colpi di pistola che la ferirono leggermente ad un orecchio); pare che in quella circostanza sia stata lei stessa a intervenire con un gesto d’estrema generosità per far liberare il suo aggressore e sottrarlo al linciaggio della folla. Non si costituì nemmeno parte civile e al processo, intervenendo a favore del suo aggressore, volle attenuare le responsabilità dell'imputato testimoniando a suo favore facendo in modo che quest'ultimo non fosse condannato ma riconosciuto come penalmente irresponsabile al momento dei fatti. Louise era fatta così: decisa e tollerante, intransigente e generosa, libera e disposta ad ogni sacrificio pur d’affermare i suoi diritti di donna e di rivoluzionaria.
Louise Michel nel periodo delle sue conferenze
Era presente al fianco di Charles Malato, il 9 agosto 1888, durante una manifestazione in pieno sciopero di operai in cui, Joseph Tortelier[36] di fronte a 400 persone disse: "È solo con sciopero universale che il lavoratore creerà una nuova società nella quale non ci saranno più di tiranni”.
All'avvicinarsi del 1° maggio 1890, gli anarchici di Vienne[37] condussero un'intensa propaganda per dare a questo giorno un carattere rivoluzionario. La loro campagna è culminata con l'arrivo degli attivisti parigini Alexandre Tennevin[38] e Louise Michel, che, dopo aver tenuto riunioni a Saint-Etienne, Firminy[39], Reims[40], Lyon e Saint-Chamond[41], sul tema dello sciopero generale, con oratori che proponevano di trasformare il Primo Maggio in una giornata di azione rivoluzionaria, il 29 aprile hanno parlato a Vienne davanti a 3.000 persone nel cortile del teatro (Louise nell’occasione ha pronunciato un discorso per la rivolta che ha spaventato le autorità).
Il 30 aprile i due parigini hanno lasciato Vienne, e il 1° maggio nuovi incontri hanno avuto luogo. Il sindaco che ha cercato di intervenire in uno di questi, è stato espulso dalla stanza e il commissario di polizia è rimasto ferito. Si formò una processione preceduta dalle bandiere rosse e nere. I manifestanti hanno proposto di far uscire da tre fabbriche i lavoratori che non avevano seguito lo sciopero. La polizia e la gendarmeria intervennero. I dimostranti ptornarono indietro e saccheggiarono i negozi di Brocard, il padrone di una filanda. Quindi la manifestazione si disperse. Nel pomeriggio, la città fu messa sotto assedio e furono fatti circa sessanta arresti. Gli scioperi durarono alcuni giorni e poi, il 6 maggio, i lavori ripresero ovunque.
Un mandato fu emesso contro Louise e contro il tipografo, giornalista e militante anarchico francese Alexandre Tennevin[38]. Accusati di "provocazione diretta da discorsi fatti in riunioni pubbliche per azioni di crimini e offese", Louise Michel e il suo compagno furono chiamati ad apparire alla Corte d'assise. Tuttavia, venne disposta la libertà provvisoria  esclusiva per Louise Michel. Il 31 maggio Louise è stata ufficialmente informata della sua liberazione in una causa, mentre altri imputati sono rimasti in carcere. Rifiutò la libertà, fintanto che i suoi compagni rimanevano in prigione e, presa da uno scatto di nervi, nella sua cella ha iniziato a rompere tutto tanto che il medico della prigione propose il suo internamento in un ospedale psichiatrico dichiarando che Louise Michel “sta soffrendo di delirio di persecuzione”. Nonostante i certificati medici, che l'avrebbero fatta cadere sotto il regime di ricovero d’ufficio, alla fine non fu internata. Il ministro degli interni ha ordinato il suo rilascio. Lasciò l'ospedale il 4 giugno e si recò a Parigi, dove, da una settimana, tutti i giornali erano appassionati ogni giorno per la sua disavventura.
Con Louise Michel a sinistra il Dottor Berthollet e a destra Charlotte Vauvelle
Dopo molteplici dichiarazioni, ha iniziato un nuovo tour di conferenze intitolato «Appunti di una irresponsabile».
Per un “cambiamento d'aria”, accettò l’invito di Kropotkin[20] e nel mese di luglio si trasferì a Londra, tra gli europei proscritti, con la sua amica Charlotte Vauvelle[42], che l’accompagnò durante i suoi ultimi anni.
Rimase lì 5 anni, sempre sotto l'occhio costante della polizia, facendo dei brevi ritorni in Francia. Nel 1892, gestì una scuola fondata dal Gruppo libertario di lingua francese, in cui, volle sviluppare un’educazione non autoritaria (libertà di parola, autorità condivisa, autodisciplina).
Nella capitale inglese frequentò e strinse amicizia con molti maestri del libero pensiero tra i quali Errico Malatesta[43] (con il quale fece conferenze, insieme con Kropotkin[20] nel 1895), Sébastien Faure[44] (con il quale fece dei viaggi di ritorno per dare lezioni conferenze e incontri in Francia nel 1895 e il 1896), Emma Goldman[45] (con la quale approfondì il dibattito sulla questione femminista ponendosi contro la rivendicazione di uguaglianza dei sessi che cominciava a prendere piede all’epoca), Bakunin, Élisée Reclus, Charles Malato, Emile Ponget[46], Bernard Lazare[47] e Pietro Gori[48]. Quando quest’ultimo si ammalò e fu ricoverato in clinica perché affetto da una grave forma di esaurimento nervoso lei accorse ad assisterlo, rimanendo accanto a lui per giorni e notti con infinito affetto.
Il «cavaliere errante» dell’anarchismo italiano. Pietro Gori[48] che, in occasione del grande comizio del 1° maggio 1895 tenutosi a Londra, aveva scritto per lei la poesia Tempesta di maggio, in altre pagine della sua opera Pagine di vagabondaggio così volle ricordarla: “Quella vecchia, pur tanto nella sua bruttezza bella di gioventù ideale, coi capelli grigi svolazzanti, su cui era passato il soffio tragico della rivoluzione parigina di marzo, si ergeva - come la nemesi della storia in faccia agli uragani - contro le raffiche che le flagellavano con le grosse gocce di pioggia le guance emaciate: mentre gli occhi, due occhi grigi pieni d’infinita dolcezza anche tra i lampi di sdegno umano, stavano fissi, mentr’ella parlava, e come irradiati dalla luce trionfale d’un meriggio lontano. Le sue parole suonavano squillanti e sicure, come un vaticinio: ed ognuno degli ascoltanti vedeva ascendere la realtà viva di quei sogni, in un domani immancabile. Rivedo le migliaia di facce, intente e commosse, nella visione dolce, e ascolto la parola che corre di bocca in bocca, in tutte le lingue, per la folla sterminata: è Luisa…. Così la chiamava semplicemente il popolo d’ogni paese, che la sentiva sorella”.
Per delle conferenze si è recata anche nei Paesi Bassi, in Belgio, dove è stata espulsa.
Tornò definitivamente in Francia il 13 novembre 1895, per seguire Sébastien Faure[44] nell’avventura del giornale Le Libertaire. Ancora una volta il suo ritorno a Parigi, fu accolto dai suoi compagni con una grande manifestazione alla stazione di Saint-Lazare.
Dopo aver esitato, sostenne la causa degli attentati individualistici in Francia (Clement Duval[34], François Koenigstein, meglio noto con lo pseudonimo di Ravachol[49], Auguste Vaillant[50], Émile Henry[51], Sante Caserio[52]). Quando scoppiò il caso Dreyfus[53], Louise si fece promotrice di una campagna in favore di quest’ultimo fondata sui principi antimilitaristi propri dell’anarchismo.
Durante gli ultimi dieci anni della sua vita, Louise Michel, divenne una grande figura rivoluzionaria e anarchica, moltiplicò le sue conferenze a Parigi e nelle province, fu molto attiva nonostante la sua salute.
Ha progettato per andare negli Stati Uniti, il 27 luglio 1896 tornò a Londra, dove ha partecipato al Congresso Internazionale Socialista dei lavoratori e delle camere sindacali dei lavoratori, (tenutasi nella Saint Martin's Hall, che riunì rappresentanti europei dell'anarchismo e del socialismo antiparlamentare). In quel congresso si consumò la rottura tra gli anarchici e socialisti. Per Louise, il marxismo era come una religione di stato.
Nel 1898 pubblicò forse la sua opera più importante, almeno dal punto di vista storico-politico, La Comune, l’unica sua opera di cui conosciamo la traduzione in italiano.
Nel gennaio 1902, si ammalò gravemente e una prima polmonite fu quasi fatale. Ha trovato, tuttavia, la forza di continuare il suo giro di conferenze in Francia.
A Londra tornò più volte, trattenendosi per lunghi periodi: ritornò definitivamente in Francia nel febbraio 1904 per fare delle conferenze, alcune fermate da una nuova polmonite. Negli ultimi anni della sua vita si impegnò per raccogliere fondi per i moti rivoluzionari in Italia, in Spagna, per l'indipendenza cubana e lavorando anche l'internazionale antimilitarista. Percorse la Francia per tenervi lunghi giri di conferenze dal titolo: "Ciò che vogliono gli anarchici" e "Che cos'è l'anarchia", e nell'ottobre del 1904, a 74 anni, si fermò per tre mesi in Algeria, con l’anarchico Ernest Girault[54], per un giro di conferenze.
9 gennaio1905 - Louise Michel morta a Marsiglia
9 gennaio 1905, muore la compagna Louise Michel
Ancora una volta malata, arrivò il 5 gennaio 1905 a Marsiglia dove il 9 gennaio morì per una congestione polmonare. Dopo una serie di conferenze nelle Alpi, prese freddo, e si acutizzò la bronchite cronica, di cui soffriva da anni. Il Dr. Berthelot di Toulon considerò la sua condizioni allarmanti e il Dr. Dufour di Marsiglia le diagnosticò la polmonite. Dalle copie del Petit Marseillais si apprende che lei fu sotto l'occhio della polizia, fino alla fine. Gli agenti di polizia sorvegliavano l’hotel dove alloggiava, stando di guardia sulle scale e alla porta d'ingresso della sua stanza!
Il suo funerale, senza cerimonie religiose svoltosi a Parigi il 25 gennaio, venne accompagnato da un immenso corteo, e fu una grande manifestazione, con le bandiere rosse e le bandiere nere e duemila persone in lutto. Si dice che la sua bara, che attraversava Parigi dalla Gare de Lyon al cimitero di Levallois[55], fu seguito da un'enorme folla stimata in 120.000 persone.
Ci furono cerimonie commemorative per lei in tutta la Francia e a Londra. Secondo le sue volontà, fu sepolta accanto alla madre nel cimitero di Levallois-Perret[55].
Durante la Comune, la stampa borghese l’aveva soprannominata il lupo rosso. Louise fu davvero un lupo, libero e indipendente, nero come il colore dell'anarchia, rosso come quello della rivoluzione sociale. La sua integrità, il suo coraggio, il suo altruismo, la sua lungimiranza e generosità, ci offrono una bella lezione di umanità. Dopo il suo ritorno dalla Nuova Caledonia Louise continuò ad arricchire la sua mente e si orientò gradualmente verso l'anarchia. Ma in realtà lei visse sempre come tale, senza dio né padroni, obbedendo solo alla propria coscienza e al suo cuore. Trascorse la sua vita a combattere contro le ingiustizie della società. Si sacrificò e si diede appassionatamente alla rivoluzione. ... "Noi rivoluzionari non siamo solo a caccia di una bandiera scarlatta. Quello che perseguiamo è un risveglio della libertà, vecchia o nuova. Lei è nelle antiche Comuni di Francia, è nel 1703, è nel giugno 1848, è nel 1871. Soprattutto è nella prossima rivoluzione che avanza in quest'alba". La bambina che stava seduta accanto al fuoco ad ascoltare storie del nonno degli eroi di un tempo, era ormai diventata una leggenda stessa.
Immagini del funerale di Louise Michel

Tomba di Louise Michel nel Cimitero di Levallois nel 1905 (scultura di Émile Derré)
Commemorazione al cimetero di Levallois-Perret, 1921
Cimitero di Levallois  Manifestation commémorative sur la tombe de Louise Michel 1921
Tomba di Louise Michel al Cimitero di Levallois
Tomba di Louise Michel al Cimitero di Levallois

Louise Michel e il femminismo

Pioniera del femminismo, scrisse nelle sue «Memorie»: "La questione delle donne è, soprattutto in questo momento, inseparabile dalla questione di umanità […] Le donne, in particolare, sono bestiame umano che è sottomesso e venduto […] Il nostro posto nell'umanità non dovrebbe essere implorato, ma preso".
La sua vicinanza a Victor Hugo, il suo amore (platonico?) con Théophile Ferré, le sue compagnie femminili con Paule Mink e Nathalie Le Mel, il suo lungo rapporto con Charlotte Vauzelle[42], che lei chiamò la sua "compagna per 15 anni" alla fine della sua vita, hanno dato alla borghesia una falsa immagine: al suo funerale, fu Séverine[56] che pronunciò il suo elogio funebre: "Nel nostro linguaggio di oggi, è facile immaginiamo facilmente una relazione lesbica ma Louise Michel è stata spesso criticata per il suo comportamento, piuttosto chiamato puritano".
Louise, a contatto con uomini progressisti, ebbe modo di rilevare quanti pregiudizi avevano nei confronti della donna. Le sue posizioni sulla relazione uomo/donna sono note: “Ovunque l'uomo soffre nella società maledetta, ma nessun dolore è paragonabile a quello della donna […] È necessario che una donna abbia mille volte più calma degli uomini, davanti ai più orribili avvenimenti. Non può lasciarsi scappare nel dolore un moto oltre l'ordinario. Gli amici, ai quali suscita pietà, i nemici, animati dall'odio, sono ben felici di mandarla in qualche casa di cura. Io ho verificato sempre con pena che noi siamo una casta a parte, resa tale attraverso i secoli. Quando noi abbiamo del coraggio diventa un caso patologico. […] Gli uomini più progressisti applaudono all'idea di uguaglianza dei sessi. Ho potuto costatare che come prima e come sempre ancora gli uomini, senza volerlo, vuoi per abitudini o vecchi pregiudizi, vogliono sì aiutarci, però si accontentano solo di sembrarlo. Prendiamoci allora il nostro posto e non aspettiamo d'averlo [...] Se l'uguaglianza tra i sessi è stata riconosciuta, ci sarebbe una lacuna famosa nella stupidità umana. Nel frattempo, la donna è sempre, per citare il vecchio Molière, la zuppa dell’uomo. Il sesso forte si abbassa per adulare l'altro chiamandolo gentil sesso. È da tanto tempo che abbiamo fatto giustizia a quella forza lì, e noi siamo abbastanza forti e ribelli. [...] Non capiamo se si ottengono più vantaggi dal sesso o dal colore della pelle. [...] Non ho mai capito perché ci sia un sesso di cui si cerca di atrofizzare l'intelligenza come se ce ne fosse troppa nella razza. Le ragazze, cresciute nella sciocchezza, sono disarmate appositamente per essere meglio dominate: è questo che si constata. È la stessa cosa come se vi si gettasse nell’acqua dopo avervi impedito di imparare a nuotare, o avervi legato mani e piedi. Con il pretesto di conservare l’innocenza di una giovane ragazza, la si lascia sognare, in un’ignoranza profonda, in delle cose che non le farebbero nessuna impressione se le fossero conosciute come delle semplici questioni di botanica o di storia naturale. Mille volte più innocente sarà allora, perché passerà calma attraverso mille cose che la turbano: tutto ciò che è una questione di scienza o di natura non turba i sensi (Louise Michel, Memorie)".
Louise rilevò come l'oppressione e la considerazione di donna-oggetto attraversino le donne di tutte le classi sociali, e a proposito della prostituzione, le sue parole sono inequivocabili: "Tra i proprietari di bordelli c’è lo scambio delle donne, come c’è scambio di cavalli o di buoi tra gli agricoltori; sono bestiame, e il bestiame umano è quello che paga di più. [...] Se i grandi commercianti del mercato di donne che viaggiano in Europa per la loro negoziazione, fossero ciascuno all’estremità di una corda, non sono io che ne avrebbe dato il taglio. [...] Le strade e i marciapiedi sono i mercati dove si vendono le belle figlie del popolo, mentre quelle dei ricchi sono vendute per la loro dote. ... L'una la prende chi vuole. L'altra la si dà a chi vuole. La prostituzione è la stessa [...] schiavo è il proletario, schiavo fra tutti è la donna del proletariato".
Louise rilevò anche il coraggio delle donne: "Le donne, quando vale la pena di combattere, non si tirano indietro. Il vecchio lievito della rivolta che è in fondo al cuore di tutte fermenta rapidamente"; è rilevante anche il fatto che lei stessa portò il suo impegno ed entusiasmo dietro una barricata costituita solo da donne.
In Nuova Caledonia osservò le dure condizioni della donna anche in questa isola e dirà: "Ho visto laggiù in Caledonia gli uomini che caricavano le loro donne come si carica un mulo".
Li ebbe modo di riflettere e di confutare varie argomentazioni circa l'inferiorità della donna, espresse anche da gente come Proudhon, per il quale "esse possono essere solo massaie o cortigiane". "Non è vero forse che la vanità stupida mette tra gli argomenti circa l'inferiorità delle donne, la maternità o altre circostanze che impaccerebbero nel combattimento?".
Vediamo quindi come Louise anticipò tante riflessioni del recente movimento femminista.
Louise attribuì la responsabilità del perdurare di tali condizioni anche alla donna "costretta a ricorrere all'astuzia, alla dominazione occulta, che sono le armi degli schiavi".
Conobbe Emma Goldman[45] e con lei concluse che "La richiesta di uguaglianza è una stupidaggine se porta le donne a governare". Quindi per questo non la vediamo più partecipare alle lotte delle donne che in quel periodo erano impegnate ad ottenere gli stessi diritti degli uomini. "State tranquilli noi non siamo tanto stupidi perché questo significherebbe perpetuare l'autorità... I vostri titoli, bah, non ci piacciono gli stracci, fatene quel che volete, sono troppo rappezzati, troppo striminziti .... quel che vogliamo è la scienza e la libertà ..... tenete questi abiti smessi, noi non ne vogliamo".


Louise Michel e la prostituzione

Proponiamo alcune citazioni, sulla prostituzione, tratte dalle sue Memorie, così come l’iniziativa della Comune di Parigi per frenare “lo sfruttamento commerciale degli esseri umani da parte di altri esseri umani …”.
L'emancipazione delle donne è nel numero delle sue lotte: Se l'uguaglianza tra i sessi fosse riconosciuta, sarebbe una famosa lacuna nella stupidità umana, fece notare. Imprigionata più volte, ha incontrato in queste occasioni le sventurate abbeverate di vergogna perché hanno fatto le prostitute, come se la vergogna è per le vittime e non per assassini.
Il commercio dei protettori e dei clienti: Se i grandi commercianti del mercato delle donne che percorrono l’Europa per la loro negoziazione, fossero ciascuno all’estremità di una corda, non sarei io che andrebbe a tagliarla. C'è tra i proprietari delle case di tolleranza scambio di donne, come c’è scambio di cavalli o di buoi tra gli agricoltori; sono bestiame, il bestiame umano è quello che paga di più. Quando i clienti trovano una femmina troppo affaticata o stanca, il proprietario si organizza affinché la donna porti a casa una somma che non potrà mai soddisfare; la fa schiava, poi cerva di fare uno scambio con tutti i possibili mercanti. Fanno in modo che la bestia vada nella stalla dove sarà più redditizia per i trafficanti.
Le prigioni, un luogo di reclutamento per i magnaccia: Dei vecchi miserabili trovano il modo di farsi imprigionare per qualche mese, e reclutano, adescano tutte le belle ragazze che trovano fallite.
La donna stessa deve essere l'autrice della sua liberazione: E così, quando una povera ragazza (...) si rende conto di dove si trova, ed è in grado di sfuggire, strangola con le sue mani vendicatrici uno dei miserabili che la detiene; da fuoco a quel posto maledetto, sarebbe meglio attendere l'esito dell’arringa su questo ...
La prostituzione, un aspetto dell’appropriazione del corpo delle donne da parte degli uomini: È che non esiste un mercato dove si vendono, per la strada, nelle bancarelle sui marciapiedi, le belle figlie del popolo, mentre le figlie dei ricchi sono vendute per loro dote? L’una, la prende chi vuole; l'altra, si è data a chi si desidera. La prostituzione è la stessa.


Monumento a Louise Michel
Louise Michel e la pedagogia libertaria

Ciò che è rilevante per quell'epoca (e lo è ancora adesso) è la metodologia utilizzata da Louise Michel; riportiamo qui alcuni passi tratti dal libro di Planche[57] La vie ardente et intrépide de Louise Michel: "Ella rifugge dall'aridità di un insegnamento prettamente libresco, adotta il metodo sperimentale, al quale rimane attaccata per i felici risultati avuti, specie presso i Canachi di Caledonia".
Louise condusse i suoi allievi a contatto diretto con la realtà perché potessero verificare di persona ciò che si afferma in teoria.
Sempre nel corso della sua carriera di insegnante Louise Michel si occupò dei disturbi psichici, "...non tentò soltanto di applicare metodi pedagogici diversi con bambini normali, ma volle aiutare anche quelli malati, fu molto avanti rispetto al suo tempo, pubblicando nel 1861 un opuscolo intitolato « Lueur dans l'ombre: plus d'idiots, plus de fous (Bagliori nel buio: non più idioti, non più folli). Riuscì a convincere alcune colleghe delle sue idee e fondarono un'associazione, dedicando parte del loro tempo libero ai malati di mente".
Così si espresse Clemenceau, giornalista dell'epoca: "Non posso dire che la scuola fosse del tutto corretta, nel senso di come la si intende alla Sorbonne. Insegnavano in modo confuso e secondo metodi sconosciuti, però insegnavano".
Dopo questo breve excursus riguardante la prassi di Louise Michel come insegnante vorremmo passare ad una osservazione più generale della pedagogia libertaria dove ritroveremo, naturalmente, Louise insieme ad altri pensatori anarchici suoi contemporanei.
A coloro che si avvicinano all'area libertaria per curiosare, per osservare, per capire cosa vogliono gli anarchici, capiterà sicuramente di notare che una delle tematiche spesso affrontate è la pedagogia. Questa brutta parola, che riduce i bambini a degli appartenenti ad una categoria di minorati psichici e fisici, nel panorama libertario assume (fortunatamente, diciamo noi) una valenza alquanto diversa, se non altro per la capacità di mettersi e mettere tutto continuamente in discussione e almeno questo lo dobbiamo ai bambini.
Essenzialmente si parte da una critica alla scuola come istituzione tesa a creare «cittadini modello», ovvero dei robot funzionali in tutto e per tutto alla struttura piramidale della società.
Questa critica si può dire che parta con William Godwin[58]; egli visse in un'epoca in cui l'istruzione pubblica era uno degli obiettivi sociali più avanzati, ciò nondimeno seppe evidenziare che i principali strumenti/obiettivi del potere sono il governo e l'educazione. Il più efficace strumento è l'educazione poiché, egli dice: "il governo dipende sempre dall'opinione dei governati". Secondo Godwin l'educazione statale sarà sfruttata per sostenere il patriottismo sciovinistico ed il potere politico ed economico dello Stato.
E sull'onda di questa analisi, Francisco Ferrer Guardia[59], alla fine del XIX sec., dirà che la scuola comincia a funzionare come appendice della nuova economia industriale; Ferrer nel 1901 aveva fondato a Barcellona la sua prima «Scuola Moderna» proprio al fine di sottrarre i fanciulli al meccanismo perverso dell'istruzione pubblica. Insieme ad altri (Lev Tolstoj[60], Pëtr Kropotkin[20], Louise Michel, Élisée Reclus, ecc...) aveva fondato nel 1887, la «Lega per l'educazione libertaria», con la quale intendeva sostenere i principi dell'educazione integrale.
Per educazione integrale si intende che ad ogni individuo si deve dare la possibilità di sviluppare le sue capacità fisiche ed intellettive.
Perché ciò possa avvenire, il fanciullo deve poter operare liberamente le sue scelte.
Questo teorizzava anche Max Stirner[61] (1806 - 1856), concordando con Rousseau[62]. Secondo Stirner[61] l'individuo deve far dipendere la conoscenza e le credenze dai suoi bisogni e desideri; ciò farà la differenza tra «uomini liberi» ed «uomini educati»; allo stesso modo L. Tolstoj[60] aveva evidenziato la differenza che c'è tra «educazione» e «cultura». Un'attenta analisi di come avviene questa divisione è proposta da Ivan Illich[63], il quale dice: "La scuola ha alienato l'uomo da ciò che apprende" ed ancora dice: "Ad ogni latitudine, sotto ogni regime e comunque venga propinata, l'istruzione inculca nell'allievo l'idea che l'istruzione stessa non ha valore se non si acquista a scuola e che ciò che conta è avere «titoli» per riuscire nella vita e che è più importante apprendere cose «sul» mondo che non trarre il proprio sapere «dal» mondo. Ciò trasforma l'apprendimento e da un'attività ne fa un prodotto di un'istituzione sempre più burocratizzata che invece di rispondere ad una domanda genera maggiore dipendenza da essa”.
Tentativi concreti di praticare queste teorie sono stati operati anche negli ultimi cinquanta/settant'anni; ricordiamo, ad esempio, negli anni '40, il «free playground (campo-giochi libero)», caratterizzato dalla presenza di materiale poco strutturato che i bambini potevano utilizzare per costruire e successivamente distruggere, per riutilizzare poi nuovamente e diversamente; citiamo ancora, negli anni '50 e '60 le «free schools» ed in particolare l'esperienza di Summerhill[64], dove si è cercato di costruire un ambiente adatto all'autosviluppo dell'individuo.
Esponente delle «free schools» è Paul Goodman[65], che porta avanti anche un discorso di decentralizzazione, a tutti i livelli, delle strutture urbane e tecnologiche, in netto contrasto con quella che lui chiama «compulsory Miseducation (La diseducazione obbligatoria)» operata nella scuola tradizionale, dove l'individuo viene vistato, classificato, abilitato e poi restituito alla società.
Goodman suggerisce che in alcuni casi si faccia a meno anche delle aule e si preferiscano i luoghi autentici della vita quotidiana - strade, negozi, musei, fabbriche ecc. - e che si faccia anche a meno degli insegnanti poiché una persona che svolge un determinato lavoro è sicuramente più in grado di spiegare le cose di quanto possa fare il «tuttologo» in classe.
Il rischio delle sperimentazioni pedagogiche libertarie è che esse (le loro forme, non il contenuto) tendono ad essere continuamente recuperate, banalizzate: di esse vengono utilizzate le tecniche nuove, migliori, che rendono la scuola più piacevole, ma non per questo meno autoritaria perché l'obiettivo (il cittadino modello) rimane sempre lo stesso.
Ipotesi: senza pensare di fare un ghetto per bambini libertari «assai», possiamo provare a fare i nostri lavori e coltivare i nostri hobby insieme alle persone piccole?


Ai miei fratelli

Louise Michel a casa sua
8 settembre 1871: dopo la Comune, Louise Michel è rinchiusa nella prigione di Versailles, in attesa di essere condotta davanti a una corte già affogata nel sangue fino alla pancia. Tutti i suoi amici sono morti assassinati da giudici, soldati e gendarmi. Fu allora che scrisse questa poesia, per classificarsi tra le più belle della lingua francese.

AI MIEI FRATELLI
Carcere di Versailles, 8 settembre 1871

Passate, passate, ore, giorni!
Come l'erba cresce sui morti!
Cadono, cose appena nate;
Navi, allontanarsi dai porti;

Louise Michel a casa sua
Passate, passate, o notti profonde.
Piangete, vecchie montagne;
Dalle celle, dalle tombe, dalle onde.
Proscritti o montagne torneremo.

Torneremo, folla senza numero;
Noi verremo da tutti i sentieri,
Spettri vendicativi che emergono dall'ombra,
Verremo, stringendo le mani,
Alcuni nei pallidi veli,
Gli altri ancora sanguinanti
Pallidi, sotto le bandiere rosse,
I fori dei proiettili nei loro fianchi.

Tutto è finito! Il forte, il coraggioso
Sono caduti tutti, amici miei,
E già strisciano gli schiavi,
I traditori e i cattivi.
Ieri, vi ho visto, fratelli miei,
Figli del popolo vittorioso,
Orgoglioso e valoroso come i nostri padri,
Vai, la Marsigliese agli occhi.
Louise Michel a casa sua

Fratelli, nella gigantesca lotta,
Ho amato il vostro ardente coraggio,
La mitraglia rossa e fragorosa
Le bandiere che fluttuano nel vento.
Sulle onde, dal grande moto ondoso,
È bello tentare la sorte;
L'obiettivo è salvare il popolo,
La ricompensa è la morte.

Vegliardi sinistri e deficienti,
Dal momento che avete bisogno di tutto il nostro sangue,
Versate le onde fertili,
Bevete tutto l'oceano rosso;
E noi, nelle nostre bandiere rosse,
Lasciamoci avvolgere per morire;
Insieme, in questi meravigliosi veli
Saremmo qui per dormire.


Louise Michel raccontata da Pietro Gori[47]

Pietro Gori
«La prima volta che la incontrai fu durante una riunione internazionale dei proscritti politici, cui l'inverno del '94-95 - furioso di reazione e di freddo - avea divelti da ogni patria, mulinati a traverso l'Europa fattasi, per viltà, aguzzina, ed ammucchiati nella caligine di Londra.
Si trattava appunto di soccorrere quelli, tra i profughi, maggiormente privi di mezzi e di lavoro.
Quando entrai, in compagnia di Pietro Kropotkin[20] e di altri amici inglesi – Luisa Michel parlava.
Attorno al suo viso scarno, dalle linee d'una singolare durezza, alcune ciocche di capelli bianchi aveano bruschi dondolii, come seguissero il ritmo delle ardenti parole.
La voce aveva inflessioni che, a primo udito, pareano disarmoniche: un fiotto di amarezza ma senza rancore, di fierezza veemente ma senza acrimonia, di energia indomabile ma senza invettive – e la sua fronte, segnata da solchi di dolore e da devastazioni di tempesta, si ergeva anco una volta contro il nemico oscuro, pluriforme, che i suoi occhi, grigi e tersi come lame, assalivano chi sa in quali ombre misteriose della sala, e fugavano, al galoppo del suo gran sogno di ribellione, più là, oltre le pareti, più là, oltre le brumose riviere del Tamigi e della Manica, fino alla sua nobile terra di Francia, ove sua madre dormiva presso i massacrati fratelli d'arme; e più là ancora, oltre le frontiere delle patrie tuttora inimiche, e via più lunge degli oceani lontani, e più là delle patrie lontanissime, sempre e dovunque pugni o talloni di uomini premessero petti umani, sempre e dovunque violenza di leggi o di individui spremessero sudore, pianto o sangue da creature viventi; allora come sempre quei suoi occhi e quelle sue parole incalzavano il nemico, con lampo e crepitio di barricata.
Ma poi le irrequiete pupille e le irrequiete parole si posavano, come in una luce interiore di visione, in una carezza diffusa di sguardi e di accenti: ed allora erano le fronti stillanti di fatica, gli esili corpi tremanti di freddo e di fame, le pallide gote bagnate di lacrime – era tutto lo schiacciante peso del lavoro aggiogato al capitale, che parea ella volesse, con la tremula e curva personcina, sollevare; era tutta la vastità di carne umana mal coperta, che ella si accingeva a difendere dall'empio inverno, e tutta la piagatura delle spalle lacerate dal pondo della croce infame, che essa pretendeva lenire coi balsami della sua bontà.
Più tardi, anche quando ebbi stretto con lei quell'amicizia profonda, nella quale essa ponea per i giovani come un senso di maternità, non ho più dimenticato il suo atteggiamento di quella sera, né quella apparente contraddizione tra la sua fierezza di ribelle e la sua pietà di suora.
Contraddizione apparente, dicevo, giacché ogni scatto di rivolta in lei non era che una esacerbazione del suo spirito di carità universale, offeso da un'ingiustizia vista patire. Le calunnie, le sofferenze, le persecuzioni di cui la resero vittima i potenti, erano scivolate sul suo cuore leonino, come sopra una corazza di diaspro – ma quel suo stesso gran cuore avea sanguinato d'ogni più piccola ferita inferta su corpo altrui. Essa non odiava che per troppo amore. Il suo ardore rivoluzionario, per uno psicologo sperimentale, non poteva essere che il resultato d'una iperestesia del sentimento.
E qual delicatezza di sfumature nella sua affettività, sempre in armi ed in opera!...
Dalla tenerezza per sua madre, che era tutta una religione, alle premure ardenti e febbrili per qualunque infelice a lei si rivolgesse – sino alla benevolenza soccorritrice verso le bestie randagie, da lei reputate più delle altre in angustie per il pane – nessuna soluzione di continuità nei suoi atti.
Giustamente un giorno Pietro Kropotkin[20], parlando di lei, diceva: “Lo zelo di Luisa nel soccorrere le sofferenze altrui non si ferma all'umanità, ma tenta di abbracciare perfino l'animalità”.
E mi raccontava certe sue ingenuità commoventi verso bestiole malate o fameliche, per le quali la casa ospitale della comunarda diventava prima un rifugio, e poi un condominio con tutti gli altri esseri colà sospinti dalla risacca sociale.
Una volta – era stata gravemente malata di bronchite quell'inverno – tornò a casa, dopo una conferenza; si sentiva affaticata, sfinita. La buona Carlotta, la fida compagna di lei, aveva preparato del latte caldo. Esso fumava lì presso, sulla tavola. Ma intanto che Luisa parlava con alcuni amici, che l'avevano accompagnata, una gatta malaticcia, salita sulla tavola, aveva tranquillamente vuotato la tazza.
Quando Carlotta se ne accorse, non fu a tempo che a regalare un solenne scapaccione alla bestiola, la quale chissà per quali complicazioni tra la bevuta furtiva e lo scappellotto giustiziero nella notte morì.
Fu tutto un piccolo dramma domestico di rimpianti per il quadrupede defunto in seguito a quell'atto di tirannide padronale, ed anche una sequela di rimbrotti verso Carlotta, che se ne era resa colpevole. Si dovettero immischiare nella faccenda parecchi amici; e la pacificazione degli animi non riuscì completa, se non dopo che fu convenuto che là in quella casa, nessun atto di violenza sarebbe stato più commesso da inquilini o da ospiti verso gli animali inferiori.
Da quel giorno anch'io, a cui molto Luisa perdonava per la mia giovanile impetuosità, dovetti tenere a me le mani ed i piedi – giacché una sera che un cane, insopportabile per petulanza, eppur cittadino libero sotto quel tetto ideale, provocò il mio piede ad assestargli un rapido correttivo, dovetti ascoltare dalla cara vecchia tutta una calda allocuzione in difesa degli esseri inferiori.
“ – Ah, gli esseri inferiori, ecco il pretesto d'ogni dominazione!... Inferiori perché? Perché altri più violenti, o più astuti, riuscirono ad assoggettarli o ad ucciderli?...O non sono invece inferiori di senso morale quelli che formano la felicità propria sulla infelicità altrui divorando, sfruttando, asservendo?... Voi mi risponderete con la dura legge di selezione, col trionfo del più adatto, con l'impero del più forte. Ma io conosco un'altra legge, che non è di oppressione né di morte – ma di libertà e di vita: quella della solidarietà... Voi vi deliziate degli uccellini allo spiedo, ed io preferisco il trillo del cardellino, che canta là, su quell'albero, a tutte le orazioni di voi avvocati... Diversi sì, inferiori no...
“  – Ma tra l'umanità, e le altre specie zoologiche...” azzardai io.
“ – Ebbene – incalzò l'ardente vegliarda – è appunto perché l'umanità volle calpestare gli altri esseri, che voi chiamate inferiori, che essa si trovò esercitata ad inferocire e a dilaniar sé stessa. Le razze inferiori, le classi inferiori, il sesso inferiore, che per dileggio chiamate gentile – ecco la stessa classificazione trasportata dal campo animale a quello umano... Ma la lotta, direte, fu la condizione d'ogni progresso... Sì, ma io non amo la lotta per la lotta; la voglio solo perché da essa scaturisca invece dell'antagonismo la fratellanza di tutti gli esseri...
E le labbra della vergine dolorosa tremolavano ancora, nell'improvviso silenzio – come se avessero proseguito il filo mentale di quella sua corruscante visione di ardimenti e di tenerezze...
Guardando la sua fronte vasta ed eretta di donna, su cui balenavano le più virili energie, il mio pensiero ricostruiva i profili, dalla leggenda ammorbiditi, di quei singolari panteisti del cristianesimo, che da Francesco d'Assisi agli uomini semplicisti della epopea messianica, imbrandivan la croce – tra l'infuriar del fanatismo chiesastico, che stava facendosi dominazione cruenta sui corpi, e cilizio truce sulle anime – e la agitavano con furente amore, nella ingenua illusione di far cadere gli artigli alle tigri, per la tranquillità degli agnelli.
Solo che in cotesta vestale del dolore e della speranza, la magnanima chimera era fede operosa, e ribellione indomabile.
Essa non agitava né croce, né fiaccola. Tutto il suo combattimento era stata una croce – tutta la sua persona, tutta la sua parola, l'opera sua tutta erano una face ardente, sempre in cammino.
Nel processo di beatificazione di San Martino uno dei titoli, che più gli valse la laurea di beatissimo, fu l'aver donato, una volta in sua vita, metà del proprio mantello ad un mendico.
Luisa, centinaia e centinaia di volte (Carlotta ormai aveva perduto ogni lena a riprenderla) aveva dato via l'ultima camicia al primo indigente che bussava alla porta. E tutta la pena degli amici era sempre di trovare una maniera delicata, onde sostituire, almeno l'indispensabile, al gettito, ch'ella faceva di ogni suo avere.
Un inverno, ch'essa aveva molto sofferto di petto, i suoi antichi compagni di deportazione alla Nuova Caledonia, allora residenti in Londra, pensarono di donarle un pesante e ricco mantello, per l'anniversario della Comune parigina, tanto più, ch'ella doveva recarsi appunto la sera del 18 marzo, al Mass-Meeting commemorativo, che si teneva nel centro della metropoli, a sì grande distanza dal sobborgo, ove essa e Carlotta abitavano.
Quando Luisa entrò nella sala gremita, i compagni, che avevano fatto il dono, stupirono nel vederla ravvolta in un meschino scialletto, e Charles Malato ebbe l'incarico di fare le dovute rimostranze.
“ – Voi venite a sgridarmi, Carlo – si affrettò a dir Luisa al veniente – però avete torto. Il pensiero fu gentile, ma quel ricco mantello sarebbe stato un rimorso per me...”.
E Carlotta spiegò, come non le fosse stato possibile impedire che Luisa regalasse il mantello (non la metà come S. Martino, ma tutto intero) ad una povera vedova del vicinato, sovraccarica di cinque piccini, la quale tremando era venuta a chieder la carità, in memoria dei poveri  assassinati della Comune di Parigi.
La mendicità, e talvolta le escroquerie, delle grandi metropoli ha di queste meditate astuzie, delle quali più volte Luisa era rimasta vittima, come una di quelle pellegrine sull'erta di un santuario, alla cui fede lo storpio estorce fin gli ultimi piccioli, per amore della madonna o del santo.
Naturalmente ben altri erano i santi e le madonne della comunarda. Parecchi anni or sono, a Parigi si costituì un Comitato di soccorso in pro' dei profughi russi – in seguito ad uno dei periodici deliri acuti della reazione autocratica – e del comitato facevano parte le personalità culminanti della scienza, dell'arte, della politica. Ne erano presidente Victor Hugo e cassiera Luisa Michel.
Ebbene: alla casa di lei era un continuo pellegrinaggio di sollecitatori, che si qualificavano profughi russi, per quanto essi non avessero oltrepassato i boulevards di Montmartre, e le buvettes del quartiere Latino.
E nessuno tornava indietro, per quanto poco russo egli fosse, con le mani vuote.
Victor Hugo, che grandemente amava e stimava la Michel, credé opportuno esortarla a qualche cautela nella erogazione dei soccorsi, onde i veri proscritti russi non ne fossero defraudati da codesti russi... d'occasione.
Luisa, dopo avere ascoltato con deferenza l'autore dei Miserabili, gli chiese con quel suo fervore traboccante di ingenua pietà:
“ – Posso io domandare alla miseria che invoca aiuto, la carta di nazionalità?
Il poeta sorrise, e la sua fronte radiosa si chinò perplessa. Da quel giorno però non si parlò più di controllare la nazionalità degli indigenti – anche a costo che qualche mariuolo sfruttasse il fondo raccolto per la Russia fuggiasca e martire. [N.d.R. - questo fatto, già citato in precedente capitolo, ci è sembrato opportuno non eliminarlo per riportare completamente quanto scritto da Pietro Gori]
Quando Sarah Bernhardt[17] si recò sullo scorcio del '96 in Inghilterra – e fu allora che avvenne il mirabile duello d'arte, senza sfida ingaggiato tra Eleonora Duse[66] e la grande attrice francese – Luisa Michel che era stata presentata da Ottavio Mirbeau[67] a Sarah[17], si affrettò a sollecitare da lei una rappresentazione a profitto dei rifugiati politici d'Europa in Londra, per i quali ella sognava di fondare un asilo fraterno sulle sponde del Tamigi.
La celebre attrice, che è profondamente buona, ricevette con grande cordialità la comunarda, ma dovette significarle, che le condizioni di scrittura e la rigidità dell'impresario le impedivano di organizzare serate di beneficenza, non previste già dal contratto.
Ma Luisa non si diè per vinta; e descrisse con sì strazianti particolari le condizioni dei rifugiati politici in Londra – che i begli occhi di Sarah versarono lacrime copiose – e le due donne, pur sì contrastanti d'aspetto e di costumi, furono per un momento sorelle in un amplesso bizzarro di magrezza e d'intenerimento.
Il colloquio ebbe termine con una cospicua offerta che Sarah consegnò alla Michel, come contributo personale all'istituendo asilo. La somma doveva essere poi aggiunta al fondo ricavato da una grande tournée di propaganda, che gli amici residenti negli Stati Uniti durante il mio precedente pellegrinaggio laggiù, mi avevano proposto di fare lungo il territorio dell'Unione, in compagnia di Luisa Michel, Charles Mowbray[68], Emma Goldman[45] e Sébastien Faure[44]; quattro idiomi: l'indispensabile per farsi capire dalle folle cosmopolite della repubblica stellata; cinque persone, tali e quali in Italia avrebbero, in quell'anno di grazia e di reazione, potuto agevolmente rispondere agli estremi dell'articolo 248 del suo codice penale.
Ah, cotesto meeting tour andato in fumo in seguito a quella plumbea nevrastenia, che m'incatenò in Londra al punto di partire, e che scombussolò anche il piano degli altri, che non partirono più, malgrado il meeting of far well; ah, quella progettata corsa di avventura e di battaglia, sfumata come tanti sogni lieti nella caligine dell'esaurimento nervoso e dell'autunno londinese, quante volte tornò nei nostri discorsi – mentre Luisa, maternamente soave, vegliava presso il mio letto!...
Fu allora, nello spasimo inafferrabile della malattia tutta dolore, ch'io la conobbi interamente nella sua duplice personalità eccelsa di combattente e di consolatrice.
Difficilmente avevo udito dalla sua bocca qualche narrazione delle avventure terribili e gloriose, che l'avevan travolta dalle barricate di maggio alla deportazione – a traverso i suoi eroismi di carità tra i feriti della Settimana sanguinante e le sue fierezze di ribelle innanzi ai briganti decorati della Corte Marziale, intenti a colmar della macellata Parigi plebea la fossa infame di Satory.
L'eroina che aveva ruggito in faccia ai carnefici l'ormai storico: «Si vous n'êtes pas des laches tuez moi! (Se non siete codardi uccidetemi! [n.d.r.])» non amava affatto parlare delle gesta di cui era stata parte viva. Preferiva narrare quelle storie di rivolta e di sacrificio, come cose udite, passando, da viandanti sconosciuti.
Tutto quel soffio di bufera, che fu la Comune del '71, fremeva nella sua voce, talora stridente come il crepitio lontano di vecchie foreste in fiamme, tal'altra tremula come per lunghi singulti repressi nel forte cuore solitario, tal'altra ancora dolcissima, quasi riflesso di aurore miti intraviste, presentite dopo il temporale notturno: ed io guardavo, dal fondo dell'animo conturbato dalla malattia e dalle suscitate visioni, quella donna e quel vasto cielo di incendio e d'ideale, su cui ella pareva giganteggiare, nella sua umiltà infantile, come una sacerdotessa inesorabile e pia della morte e della vita: e vedevo tutto, anche nei dettagli, il grande quadro della tragedia proletaria; ne comprendevo (come sotto la luce di lampi solcanti la tenebra) la essenza profonda e la soluzione fatale; sentivo, anche più che nei canori versi degli Chatiments e dell'Année terrible, le voci solenni della storia e dell'irrevocabile, le grida argentine degli eroici bimbi, col petto aperto contro i cannoni tuttora fangosi di Sédan, comandare essi stessi il fuoco, nel delirio sublime, e con l'occhio smarrito, associavo i profili enormi di quegli uomini e di quegli avvenimenti, convergenti alle finalità supreme che in essi vagirono.
E in quella figura adusta di vergine che ignorò, e volle ignorare, le gioie dell'amplesso sessuale, e che pur si fece la sposa casta di tutti i forti, che scotessero catene, e si avviticchiò al corpo e si fuse nell'anima del popolo sudante al lavoro, come una innamorata dalla passione inestinguibile – in quella evanescenza di donna quasi incorporea, che non seppe le dolcezze ed i pianti soavi della maternità, ma lacrimò ansiosa ad ogni vagito di infante, ad ogni grido d'aìta di adolescente, e reclinò piamente la testa, già fiera nei tumulti, su tutte le cune e su tutte le bare, in cui si avvicendarono i figli dell'uomo – in quella superstite mai vinta, pur nella sconfitta e nella captività, io riconobbi – allora – l'incarnamento vivo della rivoluzione, il simbolo della misteriosa forza, che travolge i mondi e le società, la forza inesorabile e benefica che fin dalla morte e dallo sfacelo fa germogliare la vita.
Ed ora che nel turbinio della materia e della forza infinite quella tua forma vitale d'eroismo e di gentilezza ritorna, o Luisa – sulla mia fronte, che oggi arde di febbre, sento ancora passare la carezza asciugante il sudor gelido di quelle veglie, la carezza che, mia madre lontana allora, invidiò alla tua mano, sottile e pronta al bene, come la sua... Ahi più lontane, ora tutte due – se ben fisse nell'anima – tutte due immote nel gran sogno di pace, dopo tanto aspra giornata, o Luisa, nostra buona sorella maggiore!...»
Pietro Gori


Una visita a Louise Michel carcerata

Paul Lafargue; 26 settembre 1885

- Ma che cosa avete? Sembrate abbastanza sconvolto, come se la vista di una prigione vi disturbasse, mi disse, sorridendo Louise Michel, vedendomi entrare.
- Ah! cittadina, è doloroso per noi sapere che state imprigionata; ma non mi aspettavo di vederti dietro una griglia; Speravo di parlare con te in una stanza, stringendovi la mano.
- Mio caro Lafargue, lei mi ha risposto, non c'è nessun altro salone in questo hotel dove il borghese mi ospita gratis. Non mi lamento; ne ho sopportato più dure a dire la verità; ho trovato in prigione una felicità che non ho mai conosciuto nella libertà, ho il tempo libero per studiare e ne approfitto. Quando ero libera ho avuto la mia classe, centocinquanta studenti al massimo; il che non era sufficiente a farmi vivere, almeno i due terzi non mi hanno mai pagato; la sera fino alle dieci o undici, ho dovuto dare lezioni di musica, di grammatica, di storia, di tutto insomma; e quando tornavo a casa, ho mi coricavo stanca, incapace di fare qualsiasi cosa; Vorrei allora dare anni di vita, al fine di avere ore per studiare. Qui a St. Lazare, ho tempo per me, un sacco di tempo; e sono felice: ho leggo, io studio; ho imparato diverse lingue. Un amico, G ... mi ha dato lezioni di russo, posso già leggere e anche scrivere un po'. Tu lo sai, ho una memoria eccellente, la cosa principale per lo studio delle lingue. Ho imparato l'inglese da sola ... devo sapere più lingue per quello che voglio intraprendere alla mia uscita di prigione ... Nell’attesa di riconquistare la mia libertà d'azione, la mia libertà di propaganda, scrivo. Ho scritto libri per i bambini; Insegno loro a pensare come cittadini, come rivoluzionari, tutto in modo divertente; ho fatto, nei romanzi, pitture realistiche delle miserie della vita, cerco di soffiare nei cuori degli uomini l'amore della rivoluzione.
Per un'ora e mezza, chiacchierando abbiamo perso la memoria del luogo dove eravamo, parlando di tutto, affrontando tutte le questioni politiche di attualità, elezioni, letteratura realista, nuovi romanzi, viaggi.
- Non mi compatite, io sono più libera di molti di coloro che passeggiano a cielo aperto; quelli sono prigionieri col pensiero; essi sono incatenati per le loro proprietà, i loro interessi del denaro, le loro tristi necessità della vita; essi sono assorbiti al punto di non essere in grado di vivere il loro essere umani, esseri pensanti. Io vivo la vita del mondo. Io sono con entusiasmo nei movimenti rivoluzionari della Russia, della Germania, della Francia, ovunque. Sì, io sono una fanatica e, così come i martiri, il mio corpo non sente il dolore quando la mia mente mi porta nel mondo della rivoluzione. Intrappolata tra queste mura spesse, ho visto il mio bellissimo viaggio in Nuova Caledonia. Mai il mio essere era così potentemente emozionato per lo spettacolo della natura, quando ho navigato sulla oscura immensità dell'oceano, quando, al Polo Sud, ho assistito ad una tempesta di neve e ho visto l’aria bianca di neve e il mare nero divorare i fiocchi che cadevano sulla sua superficie, mentre nel mio cuore vivevano i sanguinosi giorni della sconfitta e la sublime esplosione del 18 marzo. Io riempio la mia solitudine di migliaia di ricordi. E i miei cari Kanaki! Quei barbari che li civilizzano! Ho imparato la loro lingua, la loro musica, le loro canzoni; ho vissuto in mezzo a loro; mi amavano come se appartenessi alla loro tribù. Ho fondato una scuola; in poco tempo, ho insegnato a quei piccoli Selvaggi a leggere e a contare; ma devo dire che mi ero inventato un metodo speciale per il loro uso ...
Louise Michel discuteva lungamente sul tema educativo che lo interessa così vivamente.
- Ho ricevuto una lettera del sindaco di Nouméa; mi chiede di andare laggiù per fondare delle scuole. Andrò.
È stato commovente sentire parlare questa donna eroica.
- Ah! Una cittadina, come voi quanto ci manca!
- Non mi parlare di grazia; Non voglio la grazia, giammai, a nessun prezzo.
- Non sarebbe una grazia che vi farebbe il governo rendendovi la libertà che vi ha privato con la forza. Un rivoluzionario, ed è la mia opinione riflettuta a lungo, non dovrebbe riconoscere alla borghesia il diritto di condannarlo; cede all'enorme forza che lo schiaccia, ma non abbandona nessuno dei suoi diritti e se, dopo averlo rinchiuso, il governo borghese ha aperto le porte della sua prigione, non gli ha fatto una grazia, gli restituisce la libertà che gli aveva rubato; gli deve anche il risarcimento dei mesi di reclusione che gli ha fatto fare. Ho appena terminato otto mesi di carcere ed ho intenzione di richiamare i danni il giorno della rivoluzione. Penso quindi, cittadina, ai servizi che renderete alla causa rivoluzionaria se voi foste libera.
- No, non voglio la grazia; uscirò di prigione solo se danno l'amnistia. Chi mi ama non parla mai con me di grazia, che sarebbe per me un disonore.
- Mai alcuna grazia né disonore Louise Michel ci sarà il giorno dopo la sua uscita campagna di lotta rivoluzionaria.
- Andiamo, smettere, non voglio sentir parlare di grazia. Non dimenticare di portarmi i tuoi libri di antropologia e le origine dell'uomo di Darwin, la sua lettura rafforzerà il mio inglese.
Ditelo agli amici che sto bene. Addio e arrivederci.

Da “Il socialista”, 26 Settembre 1885


Louise Michel: Perché sono diventata anarchica

"Anarchica, sono diventata quando siamo stati deportati in Caledonia e dovevamo sopportare i tormenti fisici. Questo non ci impressionava, però. Nella nostra coscienza saremmo stati dei veri criminali se avessimo agito diversamente da come abbiamo fatto. Piuttosto avremmo dovuto rimproverarci di non esserci strappati il cuore dal petto, perché in certe circostanze l’autocommiserazione è tradimento. In ogni caso ci tenevano in gabbie come tigri e leoni, affinché noi ci pentissimo della nostra giusta lotta per la libertà. Volevano anche prendere ulteriori precauzioni contro "malfattori" come me. Nel corso di quattro mesi non vedemmo che cielo e acqua e solo di rado appariva all’orizzonte la vela bianca di una nave, come un uccello: queste immagini di estensioni immense mi toccavano profondamente. Avevamo molto tempo. Dondolati dal ritmo leggero delle onde che si alzavano a volte come se due braccia le avessero prese e poi riscaraventate nelle profondità del mare, come la pasta nella madia. E il vento, che suonava tra le vele, cadeva ad intervalli molto brevi in bassi immensi, per poi rilanciarsi con un fischiare stridente; la nave gemeva tra le onde. Eravamo esposti agli elementi e c’era tempo per pensare. Dato che paragonavo continuamente le cose, gli avvenimenti e le persone e poiché ho visto i nostri compagni della Comune all’opera, sono arrivata ben presto alla conclusione che addirittura gli onesti, una volta al potere, sono tanto incompetenti quanto i bricconi dannosi e vedevo l’impossibilità che la libertà si potesse associare con un potere qualsiasi. Il potere è maledetto: ecco perché sono anarchica. Sentivo che una rivoluzione che prendesse una forma governativa qualsiasi non potesse essere che un’apparenza ingannevole potendo segnare solo un passo, ma non in grado di aprirsi completamente al progresso. Sentivo che le istituzioni del passato, che sembravano già svanite, rimanevano, solo con un’altra etichetta e che tutto nel vecchio mondo giacesse incatenato e rappresentasse perciò un tutt’uno che dovesse crollare nel suo insieme per lasciare spazio ad un mondo nuovo, felice, libero sotto i cieli. Io sono quindi anarchica perché solo l’anarchia può rendere felici gli uomini e perché l’idea suprema che possa essere pensata dalla ragione umana è l’idea anarchica. Così come passano le epoche seguiranno progressi ancora sconosciuti. Non sanno poi tutti che ciò che può sembrare utopia ad una o due generazioni, potrebbe già verificarsi per la terza generazione? Solo l’anarchia può rendere l’uomo cosciente perché solo essa lo rende libero, essa sarà allora il passo compiuto da un branco di schiavi verso una società umana. Per ogni uomo, raggiunto il potere, lo stato non è che l’immagine speculare di se stesso, lo guarda come un cane guarda l’osso che sta masticando e solo per il suo vantaggio lo difenderà. Così come il potere rende duro, egoistico e crudele, allo stesso modo la schiavitù umilia. L’anarchia sarà quindi la fine della miseria spaventosa di cui da sempre soffre l’umanità. Essa sola non sarà una ripresa delle sofferenze; sempre di più attirerà i cuori colmi di giustizia ed autenticità per la lotta. L’umanità vuole vivere e si rivolge all’anarchia nella lotta disperata per evitare l’abisso: questa sarà una scalata dura. Qualunque altra idea però, assomiglia alle pietre che scivolano via e all’erba che si calpesta scalando la montagna. E non dovremmo combattere solo in modo coraggioso ma anche ragionevolmente. E’ arrivato il tempo che l’ideale, più grande e più bello di tutte le finzioni che lo hanno preceduto, si avveri in piena grandezza, affinché il popolo privato dei suoi diritti non abbeveri più col proprio sangue quella chimera ingannevole. Sì, per questo sono anarchica."


Dal «Manifesto dei proscritti di Londra»

“Noi siamo atei, perché l'uomo non sarà mai libero, finch'egli non avrà scacciato Dio dalla sua intelligenza e dalla sua ragione.
Prodotta dalla visione dell'ignoto, creata dall'ignoranza, aiutata dall'intrigo, e subita per imbecillità questa nozione mostruosa di un essere, di un principio all'infuori del mondo e dell'uomo, tesse la trama di tutte le miserie, nelle quali è caduta l'umanità, e forma l'ostacolo principale alla sua liberazione. Fin tanto che la visione mistica della divinità oscurerà il mondo, l'uomo non potrà né conoscerlo né possederlo; invece della scienza e della felicità, non ci troverà che la schiavitù della miseria e dell'ignoranza.
Ed è in grazia di questa idea d'un essere che è superiore al mondo e che lo regge, che si sono prodotte tutte le forme di schiavitù morale e sociale: religioni, dispotismo, proprietà, caste, sotto le quali geme e sanguina l'umanità.
Scacciare Dio dal dominio della conoscenza, espellerlo dalla società, è la legge necessaria per l'uomo, se vuole arrivare alla scienza, se vuole realizzare la vittoria della Rivoluzione.
Bisogna negare quest'errore, genesi di tutti gli altri, ché per esso da tanti secoli l'uomo è represso, incatenato, spogliato, martirizzato.
Che la Comune sbarazzi l'umanità di questo spettro delle miserie passate, di questa causa delle miserie presenti. Nella Comune non c'è posto per il prete: ogni manifestazione, ogni organizzazione religiosa deve essere proscritta.....:governi, religioni, famiglia, leggi, istituzioni del passato e del presente, si sono finalmente mostrati, in questa società, ridotta ai semplici termini di capitalisti e salariati, come istrumenti di oppressione; per mezzo della quale la borghesia mantiene la sua dominazione, la sua oppressione sul Proletariato.
Noi siamo rivoluzionari, perché per realizzare la rivoluzione noi vogliamo abbattere con la forza una società che si mantiene con la forza; perché sappiamo che la debolezza, come la legalità, uccide le rivoluzioni, e che l'energia le salva… La Comune è la forma militante della Rivoluzione: è la Rivoluzione vincitrice, padrona dei suoi nemici; la Comune è il periodo rivoluzionario da cui uscirà la nuova società.
La Comune, non dimentichiamolo più noi che abbiamo avuto l'eredità della sua memoria e della vendetta degli assassinati, è anche la RIVINCITA...”
Louise Michel


Louise Michel e la bandiera nera

L’apparire della bandiera nera dei ribelli canuts fu "notata" a Parigi, il 9 marzo del 1883, nella manifestazione dei disoccupati agli Invalides, in un incontro organizzato dai sindacali dei carpentieri. Louise Michel sventolò, per la prima volta, una bandiera improvvisata, formata da una vecchia gonna nera attaccata ad un manico di scopa.
Qui di seguito riportiamo il motivo della scelta della bandiera nera in una dichiarazione fatta da Louise al suo processo il 22 giugno 1883; il testo della Difesa di Louise Michel, consegnato 22 giugno 1883, presso la Corte d’Assise, della Senna.

"[…] Perché abbiamo manifestato con la bandiera nera? Perché questa bandiera è la bandiera degli scioperi e che afferma che il lavoratore non ha il pane.
Se la nostra manifestazione non fosse stata pacifica, avremmo preso la bandiera rossa; ma lei adesso è inchiodata al Père-Lachaise, sopra la tomba dei nostri morti. Quando l’esporremo la difenderemo.[…]

È dalla fine del 1882 che gli anarchici si pronunciano di abbandonare la bandiera rossa a favore della nera, quella della rivolta.
Il 18 marzo del 1883, Louise Michel esclamò nella sala Favié a Parigi: "Basta con la bandiera rossa bagnata del sangue dei nostri soldati. Io innalzerò la bandiera nera, che porta il lutto dei nostri morti e delle nostre illusioni".
Louise Michel fece lo stesso discorso a Lione, davanti ad una folla che, durante la loro rivolta Canuts, vide, per la prima volta l'apparizione della bandiera nera. Quel ricordo stava ancora nella loro memoria.

Manifesto di un meeting pubblico di Louise

9 marzo 1883 Esplanade des Invalides

Il periodo del 1883-84 è segnato da una crisi economica di un’acutezza particolarmente formidabile.
A Parigi, il numero di disoccupati raggiunse circa 150.000 unità. A Lione, c’erano 10.000 tessitori e 5.000 tintori senza pane.
A St. Etienne, 10.000 operai delle industrie minerarie e metallurgiche di Besancon, diverse migliaia di lavoratori delle varie corporazioni erano senza lavoro.
Nelle officine, gli altiforni si spensero e le acciaierie si fermarono.
In tutti i centri industriali fu la stessa cosa. La causa della crisi stava, naturalmente, nella disorganizzazione, nell'incoerenza della produzione, che rendeva ogni paese, ogni singolo produttore, come se doveva rifornire l'intero mercato, anche quando il mercato era già saturo; la sovrapproduzione fu quindi inevitabile. Disoccupazione, miseria per i lavoratori, fu il risultato (assurdità del regime economico) dalla sovrabbondanza di prodotti: senza dubbio, l'intensità della crisi poteva essere mitigata in una certa misura riducendo la durata della giornata lavorativa che era poi dodici ore (che, implicitamente, aumentava il numero di lavoratori occupati). Ma il governo, con la sua polizia e il suo esercito, pensava che gli affamati potevano aspettare.
Nella Camera, alcuni membri stanno facendo delle interpellanze. Il radicale Tony Révillon[69], che rappresentava i quartieri operai di Charonne[70] e Père Lachaise, chiese al governo "di accelerare l'esecuzione di lavori che dipendono dallo Stato nel dipartimento della Senna e di offrire l'apertura di un credito di tre milioni per aiutare le vittime della crisi, metà delle quali saranno messe a disposizione delle commissioni di assistenza pubblica e di quartiere composte da rappresentanti dei sindacati”.
Ma Waldeck-Rousseau, ministro dell'Interno, oppose alla dottrina opportunista e governativa "Lo Stato non deve fare opera di beneficenza".
In una serie di articoli del Cri du Peuple e in una campagna di incontri, Jules Guesde si schierò, fedele al suo metodo di conquista dei poteri pubblici, verso l'intervento dello Stato. Nello stesso senso, il blanquista[7] Vaillant intervenne al consiglio comunale di Parigi.
Tuttavia, la crisi si prolungò, sempre più dolorosa e più angosciante.
Da quel momento in poi, quale poteva essere il ruolo degli anarchici? Ovviamente erano impotenti a fornire una cura per una crisi che aveva le sue origini e le sue cause dirette nel regime economico di quel momento. Tutto quello che poterono fare fu mettere in atto un'opera di propaganda e agitazione, chiamando gli affamati, i disoccupati, tutte le vittime, per riflettere sull’insicurezza del loro destino, per trasformarsi in ribelli. E i privilegiati della fortuna non dovrebbero essere turbati nella loro tranquillità ed egoismo dallo spettacolo di queste atroci miserie, ascoltando le grida di disperazione di questi oppressi?
Da qui l'idea espressa da un certo numero di anarchici di una manifestazione, sulla pubblica strada, dei disoccupati e che venne organizzata dalla Chambre syndicale des carpenters (il sindacato dei carpentieri).
Questi furono convocati venerdì 9 marzo 1883, alle due in punto, in un concentramento all'Esplanade des Invalides. Vi si recarono molte migliaia di persone tra operai e disoccupati.
L'Esplanade des Invalides ai giorni d’oggi
Spinti dalle forze di polizia del ministro Waldeck-Rousseau e del prefetto Camescasse, i manifestanti si divisero in due gruppi. Uno andò all'Eliseo, l'altro prese la strada per il boulevard Saint-Germain. Sulla strada, assalirono delle panetterie, quella di un certo Augereau, in rue du Four e di un certo Morisset, in boulevard Saint-Germain, rompendo alcune vetrine. In place Maubert, la polizia caricò violentemente gli anarchici che resistettero al meglio. Gli agenti si affrettarono ad arrestare Louise Michel che sventolava una bandiera nera, Émile Pouget[29] si oppose all'arresto bloccando i poliziotti, e così lui stesso venne arrestato.
Louise Michel riuscì a scappare alla polizia. Nel frattempo l'altra parte dei manifestanti, circa tre o quattromila persone, ha marciato verso l'Eliseo attraversando avenue d’Antin e rue Matignon. L’avenue Marigny era sbarrata dalle guardie repubblicane. Il prefetto Camescasse e il commissario Clément proteggevano i dintorni del palazzo presidenziale. Al faubourg Saint-Honoré, al numero 71, una squadra di guardiani della pace corse e respingere gli operai che reclamavano:.
- Lavoro o pane.
Quindi si riorganizzarono e ritornarono verso il palazzo. Una nuova carica di polizia li fermò e li disperse a poco a poco.
Louise Michel era nascosta in rue Censier, da Ernest Vaughan, mentre tutta la polizia pensava che stesse andando all'estero. Lo stato di salute di sua madre, che era gravemente malata e che sarebbe morta pochi mesi dopo, la preoccupava. Louise non era una donna per rimaneva nascosta a lungo e non ha intenzione di sfuggire alla giustizia. Il 29 marzo si recò alla Prefettura di Polizia, accompagnata da Vaughan, chiedendo di Camescasse. Il Prefetto rispose che non poteva vederla. Chiesero di Puybaraud, il suo coadiutore, ma questi era assente.
Su un bigliettino da visita di Vaughan, bigliettino che ne riportava l'indirizzo, Louise Michel scrisse queste poche righe:
"Louise Michel teneva di non essere arrestata né da sua madre né in un incontro pubblico. Finirà un po' di lavoro ed assicurerà il destino di sua madre. Verrà oggi a mettersi a disposizione del signor Camescasse”.
Il suo arresto ebbe luogo il giorno successivo.


Emile Pouget
Il processo del 22 giugno 1883

Questa storia ebbe il suo epilogo davanti alla Corte d’assise della Seine, il 22 gennaio 1883.
Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, questa non fu la prima volta che Louise Michel appare davanti alla giustizia del suo paese.
Emile Pouget[29], era un ragazzo di ventitré anni, originario delle vicinanze di Rodez[71], figlio di un notaio. Diventato orfano presto, venne a Parigi all'età di quindici anni ed iniziò a lavorare come impiegato in un negozio. Nel 1880 si unì con i primi anarchici e cercò di creare un Sindacato dei lavoratori dipendente.
Davanti la Giuria, Louise Michel ed Emile Pouget[29] furono accusati di aver saccheggiato delle panetterie.
Pouget[29] era, inoltre, perseguito. per un opuscolo destinato ai soldati che comprendeva i seguenti suggerimenti:
1. Alle prime notizie dell'insurrezione, ogni soldato rivoluzionario dovrà appiccare il fuoco alla caserma dove risiede, a tal fine che si digerirà nei punti in cui si accumuleranno il legname, le paglie e il foraggio dentro delle casse, spargerà il pagliericcio con la cura per dare più presa al fuoco.
2. Nel mezzo della confusione che si verificherà necessariamente non appena il fuoco si sarà diffuso, sarà necessario attivarsi per la rivolta e affondare gli ufficiali spietatamente fino a quando nessuno rimarrà in piedi.
3. I soldati dovranno lasciare la loro caserma e unirsi al popolo portando loro fucili e munizioni per aiutare gli operai ribelli a schiacciare le forze di polizia.
Questo opuscolo, ha detto l'accusa, sarebbe stato propagato a Marsiglia. Reims[72], Amiens[73], Bordeaux[74], Roanne[75], ecc.
Infine, un terzo compagno, Moreau (noto come Garraud), un tipografo del Petit Troyen, fu processato per aver distribuito l’opuscolo a Troyes[76].
Il presidente interroga Louise Michel
Presidente: Avete preso parte alla manifestazione dei disoccupati?
Louise Michel: Sono sempre con i disgraziati.
Presidente: Perché non siete rimasta a casa?
Louise Michel: Era stato annunciato che il governo avrebbe spazzato l'Esplanade des Invalides con i suoi cannoni. Volevo essere in pericolo.
Presidente: Voi avete dato il segnale per il saccheggio.
Louise Michel: Lo nego. Ma non discuto che ho avuto un'impressione dolorosa. La strada sembrava un alveare pieno di api e pensavo che quelli che fanno il miele non lo mangiano mai. Sono rimasto a manifestare a favore della fame.
Presidente: Vi ostinate a fingere che volevate solo una dimostrazione pacifica?
Louise Michel: Sì, pacifica.
Presidente: E il saccheggio delle panetterie?
Louise Michel: Non è niente. Voi avete fatto meglio di altri nel 1871, quando Galliffet[77] macellò per la strada il popolo affamato.
Il presidente procede quindi all'interrogatorio di Emile Pouget[29].
Presidente: Avete un lavoro, lavorate in una libreria. Cosa facevate a questa dimostrazione di lavoratori disoccupati?
Emile Pouget: Stavo protestando contro un governo che lascia i lavoratori senza pane.
Presidente: Quindi il governo è responsabile di tutto?
Emile Pouget: Perfettamente È lui che rappresenta e difende abusi e privilegi.
Presidente: Voi professate le dottrine più violente. In casa è stato trovato un manoscritto che inizia con la frase «Uccidere un deputato o un capo è meglio che fare cinquanta discorsi».
Emile Pouget: Questa è un'opinione. Mi fate un processo all’intenzione.
Presidente: No, ma come magistrato ho il diritto di stigmatizzare le vostre dottrine prima che la giuria li condanni.
Emile Pouget: Questi scritti sono meno letali delle mitragliatrici del governo.
Una serie di testimoni  sfilano durante le audizioni alla sbarra. Tra i testimoni citati su richiesta della difesa, Henri Rochefort ed Ernest Vaughan.
Henri Rochefort, il redattore capo di L'Intransigeant afferma: Conosco Louise Michel con la quale sono stato deportato in Nuova Caledonia. La sua capanna era di fronte alla mia. Louise Michel, durante il viaggio, si era costantemente sacrificata per le sue compagne, distribuendo cibo e vestiti. In Nuova Caledonia, è arrivata senza scarpe, ha dato tutto ciò che aveva non si è nutrita di niente ed ha dormito sul pavimento. Aveva trasformato la sua capanna in un ospedale e si prendeva cura degli sfortunati.
A sua volta, Vaughan disse così: Desidero esprimere la mia rispettosa solidarietà per la signora Louise Michel. Sono orgoglioso di essere suo amico.
Louise Michel: Farò in modo che i miei amici siano sempre orgogliosi di me. Il testimone potrebbe dirci se sa come è stata trattata la mia famiglia? Perché anche noi abbiamo famiglie.
Ernest Vaughan: So che un miserabile è venuto a casa ed ha colpito, con un colpo di canna, la donna che guarda la madre di Louise Michel.
L’avvocato dell’accusa era il signor Quesnay de Beaurepaire. Questo magistrato teneva all'estetica ed aveva la pretesa di dare alle sue accuse qualche svolta letteraria. Al processo paragonò Louise Michel successivamente ad una Furia, ad una Erinni[78] in tournée, ad un'Amazzone, ad una Sultana affiancata dai suoi due visir Pouget[29] e Garraud[79]. Non è più, continua lui, la donna della Repubblica romana, che guardava la casa e che filava la lana, ecc. ecc.
Gli accusati si difesero da soli.


La difesa di Louise Michel al processo del 22 giugno 1883


Qui di seguito riportiamo il testo della Difesa di Louise Michel, consegnato 22 giugno 1883, presso la Corte d’Assise, della Senna.
Il 22 giugno 1883, la grande cittadina, il cui nome era Louise Michel, pronunciò il seguente discorso alla Corte d'Assise della Senna:

La difesa di Louise Michel al processo del 22 giugno 1883
"C'è qualcosa di più importante in questo processo, che l’appropriazione di alcuni pezzi di pane. Si tratta di un'idea che persiste, si tratta delle teorie anarchiche che volete condannare a qualsiasi costo.
Sottolineo che sul famoso opuscolo «Alle armi!» il pubblico ministero sembra aver fatto una pubblicità della difficilmente ci aspettavamo.
Avete agito duramente nei nostri confronti nel 1871.
Ho visto le fucilazioni sommarie; ho visto il signor de Gallifet[77] fare fuoco, senza processo, su due commercianti di Montmartre che non erano mai stati sostenitori della Comune; ho visto il massacro dei prigionieri perché hanno osato lamentarsi. Sono stati uccisi donne e bambini; Federati trattati come bestie selvatiche; ho visto angoli delle strade piene di cadaveri. Non stupitevi se le vostre incriminazioni ci commuovono.
Ah, certo, signor avvocato generale, voi trovate strano che una donna osa difendere la bandiera nera. Perché abbiamo manifestato con la bandiera nera? Perché questa bandiera è la bandiera degli scioperi e che afferma che il lavoratore non ha il pane.
Se la nostra manifestazione non fosse stata pacifica, avremmo preso la bandiera rossa; ma lei adesso è inchiodata al Père-Lachaise, sopra la tomba dei nostri morti. Quando l’esporremo la difenderemo.
Non faccio più appello all’Internazionale morta perché non siamo riusciti a riunire i segmenti e perché l'internazionale è un potere occulto e che è tempo che il popolo si mostri allo scoperto.
Abbiamo parlato allora ai soldati di sparare ai loro comandanti: Ebbene! a Sedan, se i soldati avessero sparato ai loro comandanti, pensate che sarebbe stato un crimine? L'onore, almeno sarebbe stato al sicuro. Mentre non osservando questa vecchia disciplina militare abbiamo lasciato che il signor Bonaparte liberasse la Francia dallo straniero.
Ma io non inseguo Bonaparte o gli Orleans[80]; io non inseguo che l'idea.
Io preferisco vedere Gautier[81], Kropotkin[20] e Bernard[47] nelle carceri che in un ministero. Lì loro servono l'idea socialista, mentre dall’alto uno è preso dalle vertigini e dimenticare tutto.
Quanto a me, quello che mi consola è che vedo sopra di voi, al di sopra dei tribunali sollevarsi l'alba della libertà e dell'uguaglianza umana.
Ora siamo in piena miseria e siamo nella Repubblica. Ma questa non è la Repubblica. La Repubblica che vogliamo è quella in cui tutti lavorano, ma anche il luogo dove tutti possono consumare ciò che è necessario per le loro esigenze ...
Si parla di libertà: ma c'è libertà e libertà. In Inghilterra le manifestazioni sono permesse, in Francia le persone che muoiono di fame non hanno il diritto di dire che stanno morendo di fame. Ebbene, ho preso la bandiera nera e ho detto che il popolo era senza lavoro e senza pane. Questo è il mio delitto; giudicatelo come vi pare.
Voi dite che vogliamo fare una rivoluzione. Ma queste sono le cose che fanno le rivoluzioni: il disastro Sedan che ha fatto crollare l'impero, e qualche crimine del nostro governo porterà anche una rivoluzione.
Questo è certo. E forse voi stessi sarete dalla parte degli indignati se i vostri interessi sono gli stessi di loro. Pensateci bene.
Se ci sono così tanti anarchici è perche ci sono molte persone disgustate dalle tristi commedie che da tanti anni ci danno i governi. Io sono ambiziosa per l'umanità vorrei che tutti fossero abbastanza artisti, abbastanza poeti affinché la vanità umana scompaia. Per quanto mi riguarda, non mi faccio illusioni. E guarda, quando l'avvocato generale è di circa la mia vanità. Ebbene! Io sono troppo orgogliosa di me stessa per non essere un leader.
Non voglio discutere l'accusa di presunta rapina contro di me, questa è troppo ridicolo. Ma, se volete punirmi, io commetto tutti i giorni dei reati di stampa, di parola, ecc. Orbene! citatemi in giudizio per tali reati.
Insomma, il popolo non ha né pane né lavoro, e noi non hanno in prospettiva che la guerra. E noi, noi vogliamo una vita pacifica per genere umano attraverso l'unione dei popoli.
Questi sono i crimini che abbiamo commesso.
Ognuno cerca la sua strada; noi cerchiamo la nostra e siamo convinti che il giorno in cui il regno della libertà e dell'uguaglianza sarà arrivato, l'umanità sarà felice".

Infine la Giuria dichiarò: Louise Michel, colpevole di atti di saccheggio ed associazione a delinquere, Emile Pouget[29], di saccheggio ed associazione a delinquere, di distribuzione ai soldati di scritti che li eccitano alla rivolta e all'omicidio dei loro ufficiali, Garraud, alla distribuzione degli stessi scritti.
Louise Michel ed Emile Pouget[29], molto calmi, ascoltarono, senza la minima emozione, l'odiosa condanna che li colpì. A seguito di questo verdetto, la Corte ha condannato Louise Michel a sei anni di reclusione e dieci anni di sorveglianza della polizia, Emile Pouget[29], a otto anni di reclusione e dieci anni di sorveglianza della polizia, Garraud, a un anno di prigione.
Al presidente Ramé che aveva avvertito i detenuti che avevano tre giorni di tempo per fare appello alla Cassazione contro la sentenza che era stata appena pronunciata, Louise rispose sorridendo, "No, signore è inutile, voi avete meritato troppo dell'Impero per fare appello al vostro giudizio".
Qualche secondo di silenzio: poi una protesta energica, quasi unanime, a parte gli avvocati. Mentre i condannati, circondati da molte guardie, lasciavano la sala di Assise, la folla esclamava: “Lunga vita a Louise Michel! Abbasso i giurati! Abbasso i togati! È un’onta! È un'infamia! Lunga vita alla rivoluzione!” Il popolo stava assolvendo Louise Michel.
E in mezzo a tutte queste urla e tutte queste confuse proteste scoppia una voce:
"Presidente Ramé, ricordati di Bonjean![82]"
I giurati spariscono, le vesti rosse decollano e la folla scende in piazza Dauphine, dove più di mille persone attendevano il risultato del processo.
Louise Michel ed Emile Pouget[29] furono, insieme a Kropotkin[20], Emile Gautier[81] e alcuni altri detenuti di Lione, graziati nel gennaio 1886 da Jules Grévy[83], dopo la sua rielezione a presidente della Repubblica.


L'attentato del 22 gennaio 1888

Il sindacalismo, i sindacati di mestiere raggruppati in un ufficio di collocamento, si affermarono presto a Le Havre[84] e presero fin dall'inizio, un posto importante nella vita politica e sociale della città. Le fabbriche erano molteplici, e Pierre Lucas, descritto in questo capitolo, era un magazziniere in una di queste.
Nel 1880, i sindacati di Le Havre apparivano abbastanza potenti per organizzare, in collaborazione con i gruppi socialisti, il 4° Congresso Nazionale dei lavoratori. Queste organizzazioni dei lavoratori locali svolgevano un ruolo chiave data la loro ispirazione proudhoniana[14].
Anche a Le Havre, gli anni 1880 furono caratterizzati da una recessione economica che ebbe un forte impatto sulle condizioni di lavoro (stagnazione salari già molto bassi, aumento il costo della vita, aumento della disoccupazione). La corrente anarchica era molto attiva ed occupava questo iniziale movimento sindacale. I militanti anarco-sindacalisti furono pionieri nella lotta contro le repressioni spietate delle manifestazioni e degli scioperi dei lavoratori. Saranno gli unici a commemorare la Comune di Parigi, i primi a chiamare la giornata di otto ore, e manifestarono la loro solidarietà internazionale con i loro fratelli di Chicago, Rotterdam e Londra.
Pierre Lucas
L’arrivo a Le Havre di Louise Michel, fu il punto culminante dell'agitazione anarchica di quel periodo. Arrivò il 22 gennaio, e tenne due comizi. Uno al teatro della Gaieté, nel pomeriggio, l'altro la sera nella sala de l’Élysée presso il Rond-Point.
Il secondo protagonista di questa storia è un bretone; Il suo nome è Pierre Lucas. Egli viveva, non la vita del suo tempo, ma quella dei suoi antenati: l'ascolto del mare ruggente senza chiedersi se esistessero altri orizzonti né il motivo per cui il lavoro fosse così difficile per i diseredati. Si trattava di un fanatico della rassegnazione.

La domenica del 22 gennaio alle due del pomeriggio, Louise apparve al teatro della Gaieté. La sala era piena. Louise aprì l'incontro e attaccò il governo: "Ma possiamo dare questo nome ad un banco di mistificatori, di ladri?". I partecipanti, nella sala, protestavano, fischiavano. "Che cosa, continua Louise, vuoi rifiutare questi epiteti a persone che hanno fatto la spedizione del Tonchino, e tutte le operazioni corrotte collegati ad essa: traffico di decorazioni di Wilson, il figlio del signor Grevy ... Abbiamo bisogno che la società si rinnovi, e vorremmo che non fosse col sangue. È attraverso la pace e il lavoro che vorremmo raggiungerla. Ma se i borghesi non vogliono stare con noi, la rivoluzione che è inevitabile, sarà contro di loro. Lei sarà con noi, con voi o contro di voi. Scegliete".
Lucas in vita sua non aveva mai messo piede in un incontro pubblico, quando decise, il 22 gennaio, preso dalla curiosità, di vedere quelli che gli furono presentati come i nemici del genere umano, nella sala del Gaieté. Lucas fu il primo ad essere sorpreso nel sentire quelle cose a cui non aveva mai pensato. Poi alcuni, intorno a lui, probabilmente contrari con le teorie della conferenza, gli spiegano che è la donna la causa di ogni male e che avrebbe bisogno di essere sbattuta in acqua! Che la conferenziera si arricchiva con quelle riunioni ... Queste cose turbarono la sua mente tanto che, all'uscita della stanza del Gaieté, si comprò una pistola che pagò 12 o 15 franchi. Incontrò degli amici con i quali bevve, inebriandosi sempre più di parole che di vino.
L'attentato a Louise
Lucas andò nella sala dell’Élysée, alle otto in punto, per il secondo incontro. Si trovava in un semi sonnambulismo naturale.
La sala conteneva duemila persone: simpatizzanti, contrari, spettatori curiosi ammassati lì a sentire Louise Michel. Quella sala si trovava in fondo ad un cortile con alberi, rue de Normandie. C'era anche un ristorante rustico.
Louise camminava sul palco e parlava senza vivacità in modo impersonale:
"Il capitale deve sparire perché le fabbriche non sono nulla se non ci sono i lavoratori. È necessario che noi usciamo dalla mangiatoia dove si serve e sgomita. Ci riusciremo grazie l’istruzione che gli umili e i poveri oggi non possono avere". Denunciava le guerre, in particolare quelle coloniali, dove si addestrano i soldati al furto e all’omicidio.
Queste parole colpirono Lucas come una sorta di bestemmia, e nel calore della stanza, il suo cervello continuò ad annebbiarsi. Gli avversari rumoreggiavano. Ha ragione, ha torto ... Altri le chiesero dove andassero i fondi delle sue conferenze? "Voi lo sapete, vanno ai poveri, al fondo per gli scioperi, a movimento anarchico".
«Improvvisamente un uomo apparve sul podio, alto, vestito di nero, con un tragico pallore (Edith Thomas[85]: Louise Michel ou la Velléda de l'anarchie, Paris, Gallimard, 1971.)».
«Uno degli avversari, mentre Louise riprese a parlare nuovamente, montò sulla tribuna. Con l’aria imbarazzata, questo colosso, austero, si pose davanti alla conferenziera. Vestito sobriamente, tutto di nero, di circa trent’anni. Ha occhio nero e il suo volto è molto pallido (giornale Piccola Le Havre - Archivio Comunale)».
«Un uomo ha chiesto di parlare e gli è stata concesso. È salito sulla tribuna. È un uomo grande, il volto regolare e dolce, come preso in prestito al dolore e al sogno, così ho detto agli amici intorno a me: "Questo uomo ha la maschera tragica" (Louise Michel: Histoire de ma vie)».
Lucas cercò di parlare, lo fece in modo incoerente: "Io non parlo un francese corretto. Io non sono né un ladro né un assassino. Sono bretone "Louise si voltò verso la postazione della stampa e disse: "Non capisco niente".Noi nemmeno” risposero i giornalisti. Fecero sedere Lucas, che lo fece semplicemente senza dare problemi, e la riunione poté continuare.
«Tutto ad un tratto si sente un botto. Sento un bruciore all’orecchio. Lucas è in piedi dietro di me, tenendo il revolver come avrebbe tenuto un bambino di due anni. Tutti si alzarono in piedi. Allora io dico alla folla: "Non è niente. È un imbecille che ha sparato a salve". Nel frattempo, Lucas spara nell'altro orecchio dove sento ancora una bruciatura (Louise Michel: Histoire de ma vie)».
L'attentato conto Louise Michel a Le Havre 
Che cosa successe esattamente? Lucas sparò due colpi, uno nel lobo temporale sinistro, l'altro nella fodera del cappello.
Louise Michel ricevette i primi soccorsi dai dottori Malherbe e Lignerolles che cercarono invano di rimuovere il proiettile. Lei non manifestò alcuna rabbia contro il suo aggressore. Louise tornò a Parigi (Levallois[55]), nonostante il parere dei medici.
Il suo medico di Levallois[55], non fu in grado di estrarre il proiettile, e la inviò dal dottor Labbé all’ospedale Baujon. Questi ultimo, pur essendo uno dei principi della chirurgia, non rimosse il proiettile per come si presentava. Decise di non tentare l'operazione. È probabile che Louise mantenne sempre quel proiettile in testa. Recuperò l’altro proiettile e ne fece un altro regalo a Rochefort accompagnato dalla scritta "Souvenir del proiettile dell'orecchio mozzato trovato nel mio cappello."
«Lucas, nel frattempo, è stato linciato da amici anarchici di Louise. Il suo volto conserva ancora traccia di quella giusta correzione che gli hanno inflitto testimoni il suo crimine (L’Intransigeant)».
Il rapporto della polizia del 23 gennaio inviato al commissario capo Heu, racconta l'accaduto: «L'uomo di nome Lucas, che era dietro Louise Michel si alzò e le sparò, a distanza ravvicinata, due colpi di revolver che la colpirono dietro l'orecchio sinistro. Il suddetto Lucas è stato immediatamente arrestato e condotto in prigione a disposizione della giustizia. Il proiettile non può essere estratto. Tuttavia Louise Michel è ripartita questa mattina per Parigi col treno delle 06,40».
Rapporto della polizia

Anche se Louise Michel non fece nessuna denuncia, venne aperta un'inchiesta.
L'attentatore si chiamava Pierre Lucas. È nato a Guerlesquin[86] il 17 febbraio 1855, sposato con Maria Yvonne nata Le Bars, 29 anni di età, sarta. La coppia aveva un figlio. Vivevano al numero 12 di rue de la Communauté (oggi rue Masurier). Che cosa disse? "Si le ho sparato, è che questa idea mi è venuta in testa. Ero esasperato". "Ho bevuto molto e non ho capito quanto è stato detto. Non ho l’istruzione necessaria”.
Louise Michel ha dichiarato immediatamente al procuratore che l'aggressore ha bisogno più di cure che di giustizia. Lucas non è responsabile, questo è quello che lei continuò a dichiarare al giudice incaricato, da parte della commissione rogatoria, venuto ad interrogarla a Levallois[55].
A seguito di questo attacco, quali sono state le reazioni?
Le Petit Havre: "Lucas è un onesto lavoratore. La sua colpa: bere un po’ più di quanto dovrebbe. Cosa lo ha spinto? Tutta la città se lo chiede. A dire il vero, nessuno può rispondere".
Le Cri du Peuple: "Lucas è un proletario, un fanatico ignorante. L'atto che ha compiuto non può ispirare che pietà".
La République française: "Non è al dottor Blanche (psichiatra) che si deve inviare Lucas, è la Corte d'Assise che noi insistiamo di voler inviare gli assassini, alcolizzati o no".
L’Intransigeant: "Come sostengono che non c’era alcuna premeditazione, quando Lucas andò a cercare una pistola poche ore prima? L'omicidio premeditato di Louise Michel sembra ovvio. "
L’Intransigeant: "Il tentativo di assassinio contro Louise Michel, dopo quello contro J. Ferry (che si credeva essere morto quando lui non aveva né livido né contusione) mostra come la violenza sia entrata la nostra morale".
L’Autorité chiede: "il divieto della vendita di armi da fuoco".
Le Petit Journal titola: "L'abuso del revolver" Perdiamo sempre più rispetto per la libertà della personalità, della vita umana ".
Nei circoli anarchici, si ritiene che Lucas sia un agente segreto del dipartimento di polizia incaricato di liberare la società da Louise Michel - o degli orleanisti la cui la propaganda in Normandia, è più attiva.
Louise Michel scrisse alla moglie di Lucas: "Apprendo il vostro dolore, desidero rassicurarvi. Come è inaccettabile che vostro marito abbia agito con criterio, è inaccettabile che non possiate visitarlo...". Rispose a Lucas che le scrisse dal carcere di Le Havre: "La tua lettera mi ha fatto molto piacere; dimostra ancora una volta che abbiamo motivo di ritenere che hai agito da allucinato, e quindi, come puoi essere giudicato ... "
Louise scrisse anche una poesia dal titolo "Le Breton", che recita tra i suoi versi:
"... che il figlio della costa della Bretagna, la costa dove il mare ruggisce, andò pensieroso e mistico ... che lui resta libero nella sua ombra, per lui non abbiamo più legge ...".
Louise Michel incaricò l’avvocato Laguerre (che difese il suo cugino a Lione) per difendere Lucas. Egli promise di salvare Lucas e mantenne la parola.
Non solo il pubblico, numeroso in aula, ma tutti i giornali, accolsero come un atto di vera equità l’assoluzione Lucas.
Dal giornale Le Havre del 17 gennaio 1890: "Apprendiamo della morte di un individuo che ha avuto a Le Havre, e anche a Parigi, la sua ora di gloria, parliamo di Pierre Lucas che ha sparato un colpo di pistola a Louise Michel nella sala dell’Élysée. Pierre Lucas, che aveva 35 anni, era stato assolto dalla Corte d'Assise. Entrò, per la seconda volta, nell'ospizio generale il 4 gennaio scorso. È morto di tisi ieri mattina alle 4,00".


Il ricordo di Louise Michel da parte del periodico statunitense «Cronaca Sovversiva» (Barre, Vermont – 1903-1920)


È morta Luisa Michel?
Al momento di andare in macchina ci capita sott'occhio un telegramma da Parigi il quale afferma che Luisa Michel è morta a Marsiglia la sera di Lunedì 9 corrente gennaio.
Temiamo che la notizia, tante volte e con tanta compiacenza diffusa dai giornali borsaioli, abbia ad essere questa volta dolorosamente confermata. Luisa Michel, superato gagliardamente malgrado i settant'anni il periodo dell’ultima convalescenza disponevasi in questi giorni ad un lungo giro di propaganda in Algeria e doveva a tale effetto trovarsi a Marsiglia dove, secondo il telegramma citatato, sarebbe spirata avantieri. Il tempo, indeprecabile, avrebbe alla fine avuto ragione di questa eroica tempra ribelle che nessuna violenza, nessuna lusinga era giunta a rompere o a piegare; non a Issy la mitraglia, non sulle barricate della Comune il rombo delle cannonate versagliesi, non un decennio di galera alla Nuova Caledonia, non le revolverate di Lucas, non la grazia di Constants, non la miseria né le persecuzioni assidue, né il suggestivo mistero della morte che a 69 anni quando ammaina esausta più d'una fede, più d'un scettico proposito aveva, pochi mesi sono minacciato rapircela per sempre! Coi fervidi voti che la notizia abbia a ricevere una recisa smentita rimandiamo al prossimo numero ogni più largo cenno sull'apostolato eroico, sull'abnegazione leggendaria, sulla tenacia di Luisa Michel, che, per trentacinque anni, ha dato fino a ieri tutte le energie della mente elettissima o dell'anima generosa alla causa del proletariato e della Rivoluzione Sociale.
G. Pimpino


Luisa Michel
Nata nel 1835, mentre avveniva la famosa esplosione romantica che spezzò il giogo delle vecchie regole e delle vecchie abitudini, per dare alla nuove formule ed alla pensiero un nuovo slancio, Luisa Michel fu ella stessa una super la romantica, innamorata del colore, del ritmo sonoro e della beltà del gesto. Un'anima di poeta si risvegliò in lei e poeta ella rimase per tutta la sua vita, così movimentata di rivoluzionaria. Anche Victor Hugo fu in principio la sua adorazione; allora si piegava volentieri in ginocchio alle divinità umane. Victor Hugo in quel tempo appariva non solo come il grande lirico, cesellatore diversi che i posteri giammai dimenticheranno, ma era innalzato anche come filosofo, come sociologo, come amico ardente del popolo, super uomo universale e sfidava in un teatrale atteggiamento di protesta dalla rocca di Jersey il colosso imperiale: agli occhi degli entusiasti incomparabilile campione della Repubblica e del diritto violato. Che cos'era, accanto ad un bel semidio, un semplice mortale come Blanqui, che parlava e scriveva in prosa e cospirava in silenzio? Victor Hugo ebbe anche l'omaggio di Luisa Michel -i suoi ultimi versi ebbe il grande poeta si degnò di rispondere, profetizzando garbatamente un avvenire le celebrità.
Allevata in una fattoria nei pressi di Campagne, in cui sua madre, una serva, si era lasciata amare e sedurre da un giovane castellano, ribelle alle disuguaglianze sociali, Luisa Michel ebbe una educazione compiuta che permise alle sue attitudini artistiche di affermarsi. Nel tempo stesso, insieme ai figli dei contadini, partecipava alla vita sana e fortificante dei campi, preludiando. con ardite escursione nella foresta ai lunghi viaggi, cui più tardi l'avrebbe costretta l'altra mala femmina; la politica. Fu allora, proteggendo contro i ragazzi, terribili torturatori, gli animaletti senza difesa, ch'ella senti destarsi in se l’anima di una amica dei deboli. e dei vinti
Per la sua vita modesta e laboriosa di istitutrìce a Baignolles fino agli ultimi giorni dell'imperò, amici e nemici le han dovuto rendere omaggio. Pure, in quel tempo, la rivoluzionaria cominciava a far capolino sotto le spoglie di educatrice. È proprio di individualità simili vivere oltre il proprio tempo; epperò' codeste sono sempre onorate dalle persecuzioni dei contemporanei e dagli omaggi dei posteri.
Una generazione trascina alle gemonie; la generazione seguente le tributa l'apoteosi.
Luisa Michel dava fino da allora ai suoi amici, repubblicani d'avanguardia, soprattutto blanquisti, che cospiravano contro l’impero, l'aiuto del suo coraggio, della sua attività, delle sue speranze entusiastiche. Victor Hugo aveva fatto appello, senza pericolo, ad Armodio contro l'assassino del Due Dicembre; e Luisa Michel si offri di essere Armodio e di andare a pugnalare Napoleone III. In quel tempo, appunto, ella cominciava a studiare ed occusparsi di questioni sociali. Jules Simon, economista sentimentale al modo dei coccodrilli, che piangeva volentieri sulle condizioni degli operai, in attesa di farli fucilare, aveva rapidamente traversata l'Internazionale, e, come Victor Hugo, anche egli manifestò una simpatia benevola per colei che più tardi doveva, in complicità coi suoi colleghi di Versalia, abbandonare alla giustizia militare....
Ma scoppiò la guerra del 1870: la tragedia dell'assedio si svolse lugubremente e fu continuata da quella della Comune!
Ecco che la personalità di Luisa Michel diviene grande: l'istitutrice sta per diventare infermiera, soldato, tribuno.
Il 18 marzo '71 fu lei che aggruppando degli elementi isolati e sparsi, organizzò il Comitato Centrale della Unione delle donne; presiede il club rivoluzionario della chiesa di San Michele, dove la parola entusiasta, sincera, dei militanti che lottano per la emancipazione umana, era succeduta alla parola menzognera ed untuosa del prete. Vestita della uniforme dei federati, confusa tra questi, poiché mai ella ha cercato di posare per la storia. Luisa Michel prese parte col 61° battaglione agli scontri sotto i forti a Issy, Clamart, Reuil e quando penetrò a Parigi l’armata versagliese dei massacratori, le trentamila belve, rientrò anche lei per prender parte alla ultima disperata difesa dei comunardi. Fu il momento sublime e terribile in cui centoventi donne si fecero uccidere difendendo la barricata della piazza Bianche. Che ne pensano coloro che proclamano la inferiorità della donna? E che ne pensano anche quelle donne che fanno del feminismo una reclame o una speculazione?
Sempre combattendo Luisa Michel sfuggì alle mani dei Versagliesi; era salva ma, saputo che sua madre era stata arrestata dai difensori dell'ordine e della famiglia, corse a costituirsi prigioniera perchè fosse rilasciata la povera donna.
Non fu fucilata. Miracolo dei miracoli, giacché dappertutto circolava la pericolosa e mortale leggenda delle petroliere. Pero fece parte della colonna interminabile di prigionieri e prigioniere che furono trascinati a piedi, sotto le ingiurie, gli sputi e le bastonate, a popolare a Versaglia le prigioni dei Chantiers e dell'Orangerie. Ad una porta di Parigi, un cavaliere dal kepi stellato, coi mostacci ritti, e terribile, con aria furiosa, si avanzò contro la colonna in marcia, facendosi conoscere, per terrorizzare col suo nome i vinti: "Parigini! sono io Galliffet!”, Luisa, squadrondo tranquilla il sinistro fucilatore, gli rispose ironicamente sul viso con una reminiscenza classica di poesia pastorale: “C'est moi qui suis Lindor, berger du troupeau" (Lindoro sono io, pastore di questo gregge). Il bravo generale rimase stupito naturalmente così stupito che dimenticò di far fucilare la prigioniera tanto audace da beffeggiarlo, L’autodifesa di Luisa Michel davanti al sesto Consiglio di guerra fu d'una ammirabile energia. Dinnanzi ai vili sgozzatori dei parigini, la prigionièra, diritta e fiera nei suoi lunghi veli neri, sembrava un vessillo vivente di dolore, di lutto e di rivolta; altamente ella affermò la sua partecipazione alla resistenza comunalista. Invitata dal presidente del Consiglio di guerra a difendersi, rispose:
"Io non voglio difendermi, né voglio esser difesa; ho fatto tutto quello che ho potuto per far trionfare la rivoluzione sociale, ed ora se voi non siete vigliacchi fucilatemi, poiché i cuori che palpitano per la libertà non meritano che del piombo, ed io pure ne voglio la mia parte!"
Pure, non osarono ucciderla come avevano ucciso Ferrè, Rossel, Bourgeois e trentacinquemila altri, assassinati con o senza processo; la condannarono solo alla deportazione entro una cinta fortificata. La cinta era la penisola Ducos nella Nuova Caledonia; le fortificazioni erano da tre lati il mare, dal quarto lato una palude rinforzata da un posto militare; e cioè dappertutto la morte. "I deportati non possono evadere; -spiegava con sollecitudine il ministro della marina ai rurali dell'Assemblea di Versaglia- essi sarebbero mangiati o dai pescicani o dagli antropofagi".
Luisa Michel partì a bordo del vascello "Virginia" per questo paese idillico, e fece, insieme agli altri prigionieri, in fondo alla stiva, l’orribile traversata in cui successivamente il caldo soffocante ed il freddo glaciale, a seconda delle latitudini, si aggiungevano per torturare i deportati, alle contrazioni della fame, all'ammucchiamento nei gabbioni ed alle vessazioni delle guardie.
(Articolo non firmato)


Luisa Michel
A chi la studiava traverso le sue innumerevoli peripezie, la vita di Luisa Michel presenta una trilogia naturale, in cui l'eroina appare successivamente: la comunarda, la deportata, la propagandista.
L'abbiamo seguita nella prima fase, durante la grande epopea di aprile e di maggio: la bandiera rossa fiammeggiante sotto l'azzurro del ciclo solcato da una mortale pioggia di fuoco, i forti smantellati crollanti sotto l'esplosione degli obici, la lotta disperata e finale sulle barricate; poi il massacro, la Senna imporporata di sangue, Versaglia, la prigione in cui s'ammucchiano alla meglio uomini e donne, mentre dal campo di Satory giunge l'eco sinistra del fuoco di fila sui condannati alla fucilazione e, infine la prigione centrale di Auberive, aspettando l'imbarco per la Nuova Caledonia.
Dopo tutto questo dramma tumultuoso e terribile, traversato quasi come in sogno, un'altra vita cominciò per Luisa Michel. Agli antipodi, sotto un cielo torrido implacabilmente sereno, l'azzurro del quale si sposava all'azzurro dell'oceano infinito, come un doppio lenzuolo teso dalla dea dell'oblio, la Nuova Caledonia, attorniata di scogli e di isolotti, apriva ai vinti, come braccia, le sue plaghe madreporiche.
Mentre l'isola dei Pini ospitava i deportati semplici, la penisola Ducos riceveva nei suoi due villaggi, Numbo e Tindu, abbozzati appena nelle loro baracche primitive, i "sorvegliati" o condannati alla cinta fortificata. E, all'imboccatura della rada di Noumea, v'era infine l'isola Nou, ultimo cerchio dell'inferno, in cui altri combattenti della Comune, divenuti forzati, espiavano il delitto inaudito, agli occhi dei guardaciurme, di aver difesa un'idea.
Luisa Michel ha vissuto circa sei anni dal '73 al '79 nella penisola Ducos. Durante tutto questo tempo, ella fu insieme una compagna infaticabilmente devota ed una prigioniera indomata ed indomabile. In principio si volle separarla, assieme allesue amiche deportate, la Lemel, la Desfosses, la Dupre, la Cailleux e la Smith, dagli uomini, loro fratelli nella battaglia e nella sconfitta; si parlava di mandarle molto lungi, a Bourail, in mezzo ai forzati comuni ed ai guardiaciurme. Forse le avrebbero fatte sparire, cosa non molto rara nei penitenziari Ma dietro le loro energiche proteste vi si rinunciò.
Partita comunarda, Luisa Michel ritornò anarchica. E tale fu la sua penetrante forza di bontà, che anche nei giorni più rabbiosi di discordie settarie, ella fu sempre amata; rispettata da tutti, repubblicani, socialisti, anarchici. L'unico rimprovero che gli uni e gli altri le facevano, era essere "troppo buona". Gli è che, eroina di un tempo battagliero, niuno più di lei era lontano da questa atmosfera glaciale di pedanteria e di arrivismo, in cui al giorno d'oggi vediamo uscir fuori come lumache, fenomeni infatuati, anticlericali di professione, tanti sedicenti amici del popolo sul quale vivono e del quale tutto ignorano. Per quanto fermamente affezionata al suo ideale, Luisa Michel sapeva che ogni dogmatismo è sterile, e che la scienza essendo relativa, solo gli ignoranti possono essere pedanti. Libertaria fino alle intime fibre del suo essere, ella ripudiava la intolleranza nelle discussioni, pur conservando tutta la sua forza d'intransigenza per l'ora critica in cui non bisognerà più gridare, parlamentare, pontificare, ma vincere o morire.
Buona, certo, ella è stata quanto era possibile esserlo: lo fu anzi eccessivamente, eppure senza ridicolo, in un tempo in cui i commedianti impudenti si mascherano di bontà e predicano la mollezza. Ferocia di vipere o lacrime di coccodrillo: non v'e' dunque altra alternativa? Luisa aveva orrore d'ambedue, e la sua bontà anche se ingenua e cieca, era sempre virile. Su la legione senza posa lamentevole degli sventurati e dei mendicanti, giammai ella gettò come fanno i tartufi della filantropia, la panacea dell'elemosina, la vile elemosina che degrada chi dona e chi riceve!
Rientrata in Parigi nel novembre del 1880. vi fu ricevuta con entusiasmo da quella stessa folla che, nove anni prima, l'aveva insultata. Molte personalità politiche, che l'indomani dovevano trattarla da traviata, le fecero buona accoglienza. Le folle nel medesimo tempo che gli individui!
Il nove marzo dell'83. ebbe luogo la dimostrazione famosa della Spianata degli Invalidi, di cui la valorosa donna fu l'eroina e la vittima. Da quattro anni la Repubblica opportunista era succeduta alla Repubblica militarista e clericale. Grevy, un economo possidente, aveva sostituito all'Eliseo il soldataccio Mac Mahon; i giornalisti potevano quasi scrivere ciò che volevano, ed il popolo, grande fanciullo cui si offrono i Krumiri ed i Tonchinesi per divertirlo, gli aveva domandato in cambio del danaro e del sangue dei suoi figli, ed aveva ottenuto, il permesso di cantare la Marsigliese.
La propaganda rivoluzionaria trovava in quel momento una forte ausiliaria nella crisi economica, molto più intensa che pel passato, in quell'anno. Era questa dunque la Repubblica, una secca e vuota formula per coprire le esazioni del capitale, tiranno anonimo ed invulnerabile, per la quale tanti valorosi avevano spesa la vita e la liberta "Oh che -si domandava Jean Misere della canzone di Portier- non la finirà mai tutto ciò?
Fu il 1882-85 il periodo doloroso che vide lo sciopero nero di Montcau-les-Mines, l'attentato misterioso dell'Assomoir, il grande processo di Lione: Kropotkine, Gauthier; Bordat, Ricard e cinquanta altri .inviati alla prigione centrale di Clairveaux, e a Parigi la dimostrazioue della Spianata degli Invalidi.
Dei rivoluzionari gli uni facevano appello all'azione popolare, gli altri si riserbavano, perplessi, di trarre consiglio dagli avvenimenti. Ma di loro iniziativa i disoccupati, i morti di fame, la massa anonima dei miserabili, lasciarono la piazza e si ingolfarono, fiume umano, per le vie che conducono al Palazzo Borbone ed al sobborgo San Germano.
Luisa Michel era là. Una bandiera nera si levò, simbolo di dolore dei disperati, per i quali la Repubblica non era che una parola, una derisione unita a tante altre. E chi portava la bandiera nera era Luisa Michel.
Fu riconosciuta ed acclamata, la folla la seguì. Alcuni affamati, strada facendo, avevano presi dei pani alla panetteria Morisset, delitto orribile, che la Repubblica, guardiana fedele del vecchio ordine sociale, non saprà abbastanza castigare! Il popolo ignora forse che si può rubare soltanto alla Borsa? La guardia municipale caricò la folla, e la polizia la prese a sciabolate: la società era salva! Tradotta in Corte di assise come "capo dei ladri", Luisa Michel fu condannata, il 21 giugno, a sei anni di reclusione e a dieci anni di sorveglianza.
Graziata nel gennaio '86, non volle uscir di prigione che quando fu minacciata d'esser cacciata con la forza dai guardiani, protestando contro una misura che la liberava, mentre i suoi compagni rimanevano ancora in prigione. In una lettera ai giornali ella espresse tutta la sua indignazione per questo fatto.
Poi il 3 giugno prese parte al comizio di Chateau-d'Eau, dove si protestò energicamente contro l'opportunismo governativo che tradiva tutte le speranze del popolo repubblicano e sobillava l'agitazione boulangista. Tempo in cui le passioni ruggivano ancora, in cui ogni militante si coricava la sera domandandosi sui serio se l'alba del domani non potesse essere quella della rivoluzione!
Per il suo discorso in questo comizio, Luisa Michel fu condannata a quattro mesi di prigione e a 100 franchi di ammenda. Particolare di poca importanza nella sua vita! La prigione, del resto, era per lei un riposo; vi preparava e scriveva nuovi romanzi tentava convertire all'anarchia le monache stupefatte e distribuiva invariabilmente i cibi, che le mandavano da fuori gli amici, alle prigioniere ed ai loro bambini.
Nella vecchia prigione nera e fetida di San Lazzaro, la sua pietà si rivolgeva sopratutto alle sventurate prostitute, paria dei paria: pietà non teatrale ed altezzosa, ma rattristata e profonda. La prostituta, figlia del dolore che viene chiamita “figlia del piacere” in una società in cui tutto è menzogna, non è forse la grande schiava moderna?
Liberata ancora una volta e cacciata di prigione, Luisa Michel riprese di nuovo la sua vita febbrile di militante. Nel dicembre del 1887, ella era nella via quando le dimostrazioni impedirono l’elezione di Ferry alla presidenza della repubblica. Il mese appresso, mentre all'Havre teneva una conferenza, un fanatico, certo Lucas, eccitato e spinto dalle sobillazioni assassine dei preti, le scaricò addosso due colpi di rivoltella ferendola alla testa. Le ferite furono abbastanza leggere, del resto, per permetterle di difendere il suo assassino contro la folla e di andare, dopo una settimana, in tribunale a patrocinare la sua causa innanzi ai giudici ed a farlo mettere in libertà. Nessuno di noi che la conoscevamo, pensò neppure un istante di meravigliarsi per questo fatto.
Alla vigilia del 1° Maggio '90 ebbe luogo in Francia una retata generale di tutti i militanti rivoluzionari. Era la prima volta che stava per aver luogo la manifestazione internazionale dei lavoratori, e la borghesia non sapeva che cosa mai sarebbe succeduto. Luisa Michel fu arrestata a Saint-Etienne assieme a Tennevin. Egli fu rinviato alle assise per una apologia non certo più incendiaria di uno zolfanello. In quanto a Luisa, si tentò lealmente (allora comandava sulla Francia e sul ministero Constans) di farla rinchiudere come colpita da follia.
Follia! la gran parola della viltà umana! Follia, osar pensare con indipendenza e vivere del proprio pensiero! Follia, rifiutare di curvarsi dinanzi a una regola, di bruciare il suo granellino d'incenso agli idoli, e, avendo tutto un mondo nel cervello, tentare di realizzarlo! Questa follia, che le persone “sagge”  non sanno concepire fu la follia di Luisa Michel.
Rimessa in libertà, parti per l'Inghilterra, paese monarchico, ma libero; in cui si muore ciononostante di fame. Là io dovevo rivederla due anni più tardi. Fino all'amnistia del '95 noi tutti, proscritti, abbiamo vissuto accanto a lei; e la trovavamo invariabilmente o nel suo alloggio in "Huntley Street" o nella sua casetta di "East Dulwich", sempre valorosa e devota come in Francia e nella Nuova Caledonia, e pronta a rispondere "presente!" al primo suono di tromba delle umane rivendicazioni.
Si udirà mai questo squillo di tromba? In qual giorno, in qual paese, i diseredati cominceranno a vivere, finiranno di essere poveri, sfruttati, scherniti, carne da lavoro e carne da cannone? L'era delle rivendicazioni é chiusa per sempre per la razza umana?
L'avvenire conserva su ciò il suo segreto e ciascuno di noi può rispondere come vuole a queste domande. Comunque, se, più tardi, questo popolo, che l'ha alternativamente schermita ed amata, conosciuta e misconosciuta, si desterà come altre volte per rinnovare e trascinare verso destini migliori il vecchio mondo, la severa e gentile figura di Luisa Michel gli apparirà al prillo levarsi come una bandiera di vittoria.
Carlo Malato


Luisa Michel dopo aver dovuto sopportare, vivente, lo scherno, la prigionia e quasi la fucilazione dei reazionari, morta, è l'oggetto del supremo oltraggio.
Enrico Rochefort, il più bel tipo del saltimbanco politico, il quale fu già compagno di deportazione della Michel, è che sfruttò sempre la di lei bontà ed ingenuità, ha tentato di accaparrare le spoglie della impertinente rivoluzionaria, per fare, a spese dei nazionalisti, i funerali.
Ma il tentativo è fallito.
Il cadavere della "Vergine Rossa" è patrimonio di quanti hanno sincere aspirazioni rivoluzionarie. Essi solo la porteranno alla dimora estrema: essi solo ne tenteranno l'elogio funebre e nella evocazione della donna scomparsa, tireranno esempio e coraggio per le lotte future.
Sempre vigliacca la reazione.
U.


Luisa Michel

Lutto? no. Noi non piangiamo. Noi salutiamo il soldato -che fu anche duce- che passa. Passa e rimane. Rimane come un simbolo un simbolo rosso, come i garofani sanguigni che profumano il maggio: rosso come il sangue che volta a volta irrora le zolle e i selciati, zampillato da una vena proletaria; rosso come, nelle sere di agosto, il cielo lontano, soffuso dal sole che par s'anneghi nel mare immenso. Perchè sminuzzare questa figura ribelle in un arido diario?
Luisa Michel va presa nell'opera sua complessa. Fu, per quarant’anni, l'espressione palpitante e fremente del pensiero rivoluzionario. Oh, saper rievocare le sublimi pagine dell'insurrezione comunarda, fra lo schianto della mitraglia versagliese e i canti dei "Gavroches" volanti alla morte sulle barricate sormontate dalle rosse bandiere! Oh, saper rivendicare il lungo dolore della torrida Caienna, e l'abnegazione dì quella scialba figura di donna instillante la civiltà ribelle in mezzo ad un popolo primitivo!
Basta, io non so scriverlo -né vorrei- l'epicedio.
Io, in questo momento, mi figuro schierata in una vasta pianura la falange interminata del proletariato rivoluzionario. E il cataletto passa, e una pioggia di fiori rossi lo ricopre. E avanti, avanti, incedendo la bara, da ogni bocca esce un saluto l'addio dei camerati alla compagna buona e quei saluti bisbigliati diventano urlo: e l'urlo permane nell'aria come sospeso, ingrossando. E avanti avanti, i fiori rossi si collegano e diventan ceppo. La bara cala nel solco; il ceppo si sovrappone al cumulo di terra recente e l’urlo scoppia, maestoso, come la folgore.
L'urlo dice:
"Finche un uomo sopraffà un uomo; finché la fame ed il delitto ed il vizio sta a canone doloroso e necessario della vita; finché la siepe starà a dividere i frutti della umana attività; finché l'amore non stia, re e sacerdote unico, sul mondo, noi predicheremo e attueremo la ribellione”.
La ribellione.
Ignis. (Dall'"Avanguardia Socialista").


Louise Michel attraverso i suoi archivi

Una donna passionale

Lettera scritta dopo la morte di Théophile Ferré 1872

La vita di Louise Michel può essere considerata un "romanzo picaresco", dice Edith Thomas[85] nella sua biografia (Louise Michel ou la Velléda de l'anarchie, Paris, Gallimard, 1971). Lei la descrive come una donna romantica, sentimentale e passionale. Così nella sua giovinezza si innamorò follemente di Victor Hugo e di Théophile Ferré. Ma lei odiò anche con passione, tanto che nel 1871 progettò di eliminare Adolphe Thiers, decidendo solo all'ultimo momento, di non mettere in piano la sua deisione. Louise Michel fu radicale nei suoi giudizi e rimase fedele ai suoi principi. Durante il processo per il suo coinvolgimento nei disordini di Parigi, condusse la sua difesa e rifiutò qualsiasi avvocato. Sfido i giudici chiedendo di essere condannata a morte, proprio come Théophile Ferré, che venne fucilato il 28 novembre 1871. Il testo seguente fu scritto da Louise Michel un anno dopo la morte di Ferré.

Lettera scritta dopo la morte di Théophile Ferré 1872 alla Commissione delle Grazie



Alla Commissione delle Grazie

Centrale d'Auberive, 28 novembre 1872,
7 del mattino

Assassini, sentite l’ora che suona?
Bene, mi rallegro per quanto è accaduto.
Noi abbiamo sofferto ma la causa è salva.
Tanti crimini cinicamente ammassati, effettuati con freddezza; tanta codardia e incapacità in gran parte si smascherano.
Bravi, signori! L’orgia bianca è completa!
Togliete adesso il vostro nome da lì! Impossibile...!
Voi sarete per sempre nella storia della commissione del colpo di grazia, gli assistenti del boia!
Ricordatevi bene signori, nell’orrore e nel riso, voi siete orribili e grotteschi .

Louise Michel



La scrittrice

Lettera di Ch. Chalomon a Louise Michel, 1901

A Parigi, nel periodo che fu una insegnante, Louise Michel lesse molto, scrisse una moltitudine di poesie, romanzi, di racconti per bambini e addirittura compose un'opera. I suoi amici si incaricarono a pubblicare le sue opere - circa 25 in tutto - e gli articoli per la stampa ogni volta che lei fosse in prigione o in viaggio. Scrisse su giornali come l’Intransigeant, Les Temps Nouveaux o il Libertaire . Ha scritto anche per altri giornali, quando le veniva richiesto, come in questo caso per La voix du peuple socialiste o giornali stranieri.
 
La voce *****
***del popolo
Socialista***
**Redazione**

Luzancy,
14 Marzo 1903

Mia cara amica,
Il nostro giornale della Senna e Marna devono uscire quanto prima, sarebbe così gentile da inviarci le poesie e gli articoli promessi.
Nella sua ultima lettera, l'amico Romain mi ha chiesto se non possiamo riuscire a raggiungere il nostro obiettivo senza rivoluzione; quella parola sembrava spaventarlo. A Lagny stesso, un gruppo socialista rivoluzionario si è formato e Romain sembrava inquieto di vedere la parola "rivoluzionario". Gli ho spiegato che la nostra rivoluzione era soprattutto una rivoluzione nelle idee e che solamente nell'ultimo estremo e soprattutto per difendere il & 156 [ ??? . NDR ]; pezzo acquisito rivoluzionario, che noi faremo uso della forza.
Ora ci sono una dozzina altamente gruppi organizzati nella Seine e Marne; il partito lo scorso anno, ha fatto grandi progressi.
Ho visto su Les Temps nouveaux che lei ha parlato in una manifestazione a Les Temps nouveaux avete preso la parola in sostegno della dei Mano Negra. Complimenti!In attesa del piacere di leggervi, vi stringo cordialmente le mani. Mia moglie e le mie ragazze si inviano i loro migliori baci.

Ch. Chalamon

Faccio due buoni cliché dei vostri ritratti da pubblicare con la vostra biografia.
  

Lettera di Soledad Gustavo[87] a Louise Michel, 1901

Madrid, 20 aprile 1901

Louise Michel

Cara Louise: Per il numero del Supplemento alla Revista Blanca, del 20 maggio, e per celebrare i suoi tre anni di pubblicazioni, abbiamo in programma di fare un numero speciale in cui vorremmo mettere insieme articoli degli attivisti più noti in Spagna e all'estero. Scrivo di questo, per chiederle di scrivere alcune righe che saranno pubblicate nel numero di cui sopra.
Noi crediamo che sia importante evocare i tempi difficili che stanno attraversando le nostre idee in Spagna.
Con i miei affettuosi saluti a nome di tutta la redazione, cordialmente il tua

Soledad Gustavo



La militante

Lettera di Christ Cornelissen a Louise Michel, 1896



  


Redaktie "Recht Voor Allen"
Damrak, 100 A
Amsterdam

Cara compagna Louise Michel,
ecco la lista dei comuni in cui i nostri amici hanno organizzato un incontro:
* Amsterdam per il 31 maggio
x Haerlem 1 giugno
xx L'Aia 2 giugno
xxx Rotterdam 3 giugno
xxx Zaendam 4 giugno
xx Sneek (Friesland) 5 giugno
xx Franeker (id.) 6 giugno
x Groningen 7 giugno
xxx Heerenveen (Friesland) 8 giugno
x Arnhem (Guelre) 9 June
Crediamo inutile scegliere dieci diversi argomenti per questi incontri. Tre o quattro basteranno. Vi proponiamo - io e Domela - come argomenti:
* La questione delle donne (per Amsterdam)
x Parlamentarismo (p. Haarlem, Groningen e Arnhem)
xx Il vecchio e il nuovo mondo (p. L’Aia Sneek, Franeker)
xxx Libertà (p. Rotterdam Zaendam e Heerenveen)
Puoi scegliere p. Amsterdam come p. Haarlem ecc il parlamentarismo, se si preferisci avere solo tre argomenti diversi. Ad Amsterdam incontrerai nel dibattito le nostre "donne libere" o "dame libere" che lottano per ottenere i diritti politici (suffraggio etc.) per le donne come per gli uomini. Questo è come la chiamiamo "la questione delle donne."
Se preferisci tenere solo nove incontri per riposarti un giorno potremo depennare p.e. [per esempio] la città di Franeker, se lo desideri.
Spero di avere ancora un solo momento che avanzi per concordare la traduzione di ogni discorso. Gentilmente scrivimi un piccola cartolina se sei soddisfatta di questo accordo e noi penseremo al resto.
Accetta, per favore, i miei saluti fraterni.
Christ Cornelissen


Le opinioni della gente

Biglietto da visita di G. Magnier, 1888

Louise Michel, ha ricevuto espressioni di simpatia da tutta Europa. Le chiesero frequentemente autografi, gli vennero fatte domande su vari argomenti , e lei rispose con gentilezza. Ricevette, per esempio, molte lettere di sostegno, come evidenziato da questa biglietto, dopo che un uomo le ha sparato in una manifestazione a Le Havre nel 1888.


Georges Magnier

Scuola Superiore di Commerce

ammiratore sconosciuto ma sincero della grande cittadina, campione (sic.) della più nobile delle cause, indirizzo a Miss Louise Michel, in occasione

Lione, rue de la Charité, 34

dell'infame attentato di cui è stata vittima, l'espressione della mia rispettosa e profonda simpatia. Sono contento che l'assassino abbia in parte mancato il suo colpo. Desidero per l'amica generosa e valorosa dei poveri, una pronta e piena guarigione.



Lettera dal signor Bazin a Louise Michel e Charlotte Vauvelle[42]


Parigi, 20 Giugno 1901

Cara Louise e Charlotte[42]

Spero che mi perdonerete se non vi ho più scritto. Infine, il giorno è arrivato, io sono padre di una bella bambina; la mia compagna sta bene, ha avuto circa quattro ore di sofferenza. Speriamo di farne una buona cittadina; per me avrei preferito un ragazzo, perché le ragazze sono sempre sventurate; infine, prendiamo ciò che la natura ci dà.
Ho una cosa da chiederti, sei una sostenitrice delle fasciature dei bambini? Non lo so, ma sembra che non si sviluppino bene se non sono liberi.
Ricorda, mia cara Louise, di dammi la tua opinione.
Per molto tempo non ho avuto notizie di madame Alexandrine, nonostante dia stata ben ricevuta, non è una critica da parte mia; quando le piacerà venire, lei sarà sempre a benvenuta.
Mio fratello che è paralizzato, non ha migliorato la sua salute; Non credo che si trascini ancora a lungo.
Il compagno Henon ti presenta buone amicizie.
Ti abbracciamo con tutto il cuore.
César Bazin.
110 rue de Charenton

  
Lettera di Louise Michel al signor Vaughan[88] 1891

Ma Louise Michel ebbe anche degli avversari e furono molti. Seguita da polizia e da spie: il minimo passo falso e veniva fermata e arrestata. Lasciò Parigi per Londra nel 1890, stanca di pettegolezzi e calunnie come lo percepiamo in questa lettera al signor Vaughan.
15 Novembre 91

Il mio caro amico,

Scusami per aver tanto tardato nello scrivervi e grazie di tutto cuore.
Sono stata impegnata tutti i giorni con un progetto di traduzione delle mie Memorie, che un traduttore di nome Baufort è venuto a propormi e che ha portato a un trattato con Rives (trattato ho mostrato a Rochefort e che ha trovato molto buono). Ecco dunque un lavoro effettivamente pagato, ho finito di annoiarmi, con tutte le brutte occasioni, e sono lieto di riferirti questo.
Allego alla mia lettera una nota per l'Intransigeant – di stupidità su di me sono state inventate da un imbecille della St James Gazette che ha detto di avermi visto andare occhi selvaggi, alla stazione ferroviaria di Levallois[55]. Ti ricordi dell’altro animale che mi aveva visto al bois de Boulogne nel periodo del processo degli Invalides?

Mille amicizie da Charlotte[42] e da me.
Vi abbraccio con tutto il cuore

L. Michel.

  
Nella cultura popolare

* Il gruppo rock francese Louise Attaque prende il nome da lei.
* Nel 2005, Clément Riot omaggio a Louise Michel nel suo epico acousmatique Daoumi - In Memoriam Louise Michel.
* Il terzo film di Benoît Delépine e Gustave Kervern si chiama Louise-Michel. Anche se non affronta la figura della Comune, lo scenario (lavoratori ingaggiano un killer per sparare il suo capo) può ricordare la personalità di Louise Michel nel messaggio radicale che si esprime. Il film si chiude, inoltre, con una citazione di Louise Michel.
* Michèle Bernard, in una canzone chiamata cimitero di Levallois-Perret[55] fa, senza nominarlo, un omaggio a Louise Michel: "Nel cimitero di Levallois[55] / bellissimo bosco divertente / Si dorme per un centinaio di anni, è pazzesco / Mentre il tempo scava il suo buco ..."
* Louise Michel, la ribelle, fiction e film di Solveig Anspach con Sylvie Testud (2010), basato essenzialmente sula deportazione di Louise Michel in Nuova Caledonia. (Filmato trasmissione televisiva su FR3 il 6 Marzo 2010 alle 20,35 e nelle sale il 7 Aprile 2010; pubblicate 6 pagine speciali di "Monde Libertaire", il settimanale della Federazione e interviste su Radio Libertaire Federazione Anarchica, con il regista e gli attori del film).


Alla memoria e intitolazioni

Fino al 1916, si teneva ogni anno una manifestazione alla sua tomba. Nel 1946, i suoi resti sono stati spostati alla rotonda delle Vittime del dovere, nello stesso cimitero. Ancora a nostri giorni, ad ogni anniversario, la sua tomba è riempita di fiori.
Il suo nome è stato dato a scuole materne ed elementari, a licei e collegi di vari comuni della Francia.
C'è un premio francese, Louise Michel, assegnato dal Centro di studi politici e di società di Parigi che premia le personalità per "le virtù del dialogo, la democrazia, lo sviluppo e la pace".
Nel 2005, è stato celebrato il centenario della morte di Louise Michel. In quell’occasione due seminari resero omaggio alla "buona Louise", tra cui l'importante seminario di marzo organizzato dal Municipio di Parigi e l'associazione culturale Actazé "Louise Michel, figura di trasversalità" (guidato da Valérie Morignat).
Il 24 settembre 1937, le è stata dedicata una stazione della metropolitana di Parigi, gare Louise Michel, situata a Levallois-Perret[55]. Parigi, inoltre, le ha intitolato una strada, rue Louise Michel (sempre a Levallois-Perret[55]) e una piazza, ovviamente Squre Louise Michel, che si trova a Clignancourt, scendendo dalla collina di Montmartre verso Pigalle, proprio dove lei comandava la resistenza sulle barricate in difesa della Comune in quella primavera del 1871. Il 28 Febbraio 2004, la grande piazza è stata ribattezzata con il suo nome in seguito a una delibera del Consiglio comunale di Parigi.
C’è comunque una nota stonata in quella piazza, sulla collina di Montmartre che la sovrasta si trova la basilica de Sacro Cuore. La decisione di costruire la basilica venne si presa all'indomani della sconfitta francese nella guerra franco-prussiana, per donare alla nazione la fiducia e l'ottimismo necessari ad una nuova rinascita, ma la costruzione, sollecitata anche dall'arcivescovo di Parigi Joseph Hippolyte Guibert, fu decretata da una votazione dell'Assemblea nazionale il 23 luglio 1873 dopo la sconfitta del 1871 per «espiare i crimini dei Comunardi».

Numerose le città francesi che le dedicano una strada: da Grenoble[89] a Bourges[90], da Avignone[91] a Besançon[92], da Montreuil[93] a Colombes[94] e anche Bourg-en-Bresse[95], Martigues[96], Massy[97], Morsang-sur-Orge[98], Vaurèal[99] e moltissime altre; di recente le ha reso omaggio anche la toponomastica di Strasburgo. In Lussemburgo portano il suo nome una via nella capitale e una a Bivange; anche a Bruxelles una grande arteria porta il nome di avenue Louise Michel; inoltre Amhem, nei Paesi Bassi, le ha tributato lo stesso onore.


Piazza Louise Michel a Marsiglia: Autorganizzata, Autocostruita, Autogestita


Se cercate Place Louise Michel sulla pianta del comune di Marsiglia, non la troverete. Per le autorità amministrative e politiche della città questa piazza non esiste. C’è uno slargo all’incrocio di due strade nel cuore di Belsunce , il più “arabo” dei quartieri marsigliesi e fino a poco tempo fa, uno dei più malfamati. Uno spazio tra alcuni palazzi abbastanza vecchi, quasi fatiscenti, che doveva essere venduto a un qualche speculatore immobiliare, trovandosi in centro città a due passi dal Vieux Port, dove Marsiglia sbocca meravigliosamente sul mare, luogo del passeggio e dei ristoranti, del mercato del pesce e dell’Operà. Ma sia il Comune gestito dalla destra che gli speculatori immobiliari avevano fatto i conti senza l’oste. Cioè i cittadini. Per un verso è nata e si è mobilitata l’Associazione Commercianti del quartiere, Association des Commercants et des Artisans de Proximité Marseille Méditteranée, per l’altro è intervenuta un’associazione cittadina Nouvelles Energies Citoyennes. Il loro lavoro congiunto ha, prima di tutto, ridotto fortemente il tasso di piccola criminalità, “col dialogo, col dialogo” ripete il Presidente dell’Associazione commercianti e artigiani, Ali Tamizar spiegando come hanno convinto molti giovani a “comportarsi bene” attraverso una sorta di educazione sociale a cui prendevano parte attiva i cittadini adulti e/o anziani nei confronti dei giovani. In secondo luogo le associazioni insieme hanno deciso di inventare e costruire una agorà, un luogo aperto di pubblico dibattito e incontro e convivenza civile e anche per stare seduti al sole su una bella panchina a chiacchierare cogli amici. Ovvero di trasformare lo slargo in una Piazza, bella, comoda, accogliente. Une Place Citoyenne, dicono. Tutti gli abitanti partecipano a ripulirla e sistemarla, gli idraulici, i muratori, i falegnami, portano materiali, attrezzi, competenze fornendo lavoro, e contribuiscono a progettarla dicendo come la vorrebbero, arrivano anche artisti e architetti e urbanisti: nel progetto “Renovation de la place Louise Michel”. infine tutto questo lavoro si condensa anche in un nuovo piano per la mobilità, perché oggi la zona è ingorgata di automobili, e siamo in vie strette, quindi diventa rumorosa e molto inquinata, per non dire delle difficoltà che hanno le madri con bambini piccoli e i rischi che corrono quelli più grandicelli. Cioè la piazza e i suoi dintorni devono essere agibili per i pedoni, che la mobilità pedonale è un vettore di socialità. Insomma nasce, cresce, si autorganizza un movimento di cittadini senza distinzione di cultura, religione, origini, per costruire dal basso Place Louise Michel, che verrà inaugurata il 9 Dicembre, in Francia giornata della laicità,a cui tengono molto. Per avere la percezione della natura di questo movimento, vediamo in breve come nasce l’idea di chiamarla Place Louise Michel.
Place Louise Michel dopo i primi lavori autogestiti dei cittadini
Oggi è un luogo di ritrovo di anziani quasi tutti cittadini francesi di origine maghrebina, gli “chibanis” come sono chiamati a Marsiglia, e qualcuno proponeva di chiamarla piazza degli “Chibanis”, ma poi discutendo tutti sono stati d’accordo che avrebbe avuto così un connotato troppo chiuso, “etnico” e di “generazione”, insomma una agorà dove essere tale anche nel nome. Quindi una giovane donna dell’Associazione dei Commercianti scopre che, due strade più giù, ha vissuto per qualche tempo Louise Michel, “una donna, una grande figura della Repubblica, una Comunarda rivoluzionaria”, e propone di chiamare la piazza “Louise Michel” “perché la piazza vuol anche significare che noi siamo cittadini repubblicani, e per la libertà della donna”, e la proposta è passata, anzi ha trovato tutte/i entusiasti. Ricordiamoci: siamo nel cuore del quartiere più “arabo” di Marsiglia, la città più “araba” di Francia, probabilmente d’Europa. Leggiamo per un momento alcuni capitoli della prima pagina del progetto: Un quartier reconnu et vivant..meme le soir (un quartiere riconosciuto e vivente..anche di sera), Conserver notre identité populaire..et solidaire (conservare la nostra identità popolare..e solidale), Belsunce, culture pour tous à tous les étages (Belsunce, cultura per tutti a tutti i livelli), e infine Etre un quartier exemplaire en matière d’environnement (essere un quartiere esemplare in materia di ambiente). Ma non ci sono solo le associazioni e i cittadini del quartiere in ballo, entra in gioco anche l’IMÉRA, Institut d’Etudes Avancées (IEA), un Istituto di Studi Avanzati in Sciences and Humanities, dove si sviluppa un progetto scientifico di ricerca delle Agorà di Marsiglia, e delle loro dinamiche, e che quindi del tutto naturalmente incontra il gruppo che discute e costruisce Place Louise Michel, e infatti il 2 Dicembre si tiene all’IMÉRA un Atelier «Comment créer une agora ? Le cas de la place Louise Michel». Ovvero i protagonisti di una esperienza di base, militante e autorganizzata, per l’autocostruzione e l’autogestione di uno spazio pubblico libero e aperto, si incontrano e discutono con ricercatori e accademici, artisti, architetti, sociologi urbani, storici, fisici, matematici, urbanisti, antropologi ecc.. per riflettere e collocare in un quadro teorico più ampio il proprio lavoro e impegno civile. Il che significa anche che questa esperienza acquista un valore generale, diventando materia per un modello delle dinamiche sociali di agorà. Infine le autorità: per ora quelle centrali fanno come le tre scimmiette, non vedono, non sentono, non parlano, però il maire (sindaco, Marsiglia è organizzata su base metropolitana come Parigi e Londra) del quartiere ha convocato in Place Louise Michel un’assemblea dei cittadini, e la lettera di convocazione è per ora l’unico documento ufficiale dove la Piazza autocostruita e autogestita viene nominata.

 

 

La Louise Michel salva migranti

 

Nell’agosto del 2020 è arrivata nel Canale di Sicilia ed ha iniziato a pattugliare l'area davanti alle coste libiche.

Si chiama Louise Michel. È una motovedetta, ma non ha insegne militari ... e come avrebbe potuto averle con quel nome. È dipinta da Banksy la Louise Michel che salva i migranti nel Mediterraneo. I colori scelti sono il rosa e il bianco, con una serigrafia delle ciambelle di salvataggio a forma di cuore, e poi la scritta, sulle fiancate, “Rescue” e un nome, quello a cui è stata dedicata: Louise Michel, l’anarchica, rivoluzionaria, poetessa e insegnante francese che ha vissuto nell’800 e che è stata protagonista della Comune del 1871 e della lotta contro la Francia di Napoleone III.

L’ha voluta appunto così, l'artista e writer inglese, considerato uno dei maggiori esponenti della street art, la cui vera identità rimane ancora sconosciuta. A quanto confermano fonti francesi, Banksy, insieme ad un gruppo di attivisti europei, avrebbe partecipato all’operazione, rimettendo a nuovo una nave della Guardia costiera francese, riconfigurata per operazioni civili.

Era febbraio quando, nel porto di Camaret, in Bretagna, è ormeggiata una vecchia barca pronta a cambiare non solo nome e colore ma anche missione (umanitaria). Ed è lì che Banksy si presenta dicendo: «Lasciatemi vuoto il cantiere per un paio di giorni, resto solo io con i miei collaboratori». Così ha cominciato a rendere unica quella nave dipingendola di rosa e bianco e aggiungendo la scritta “rescue” (soccorso) sulle fiancate e il nome con cui è stata battezzata, quello di Louise Michel.

Tutt’ora la motovedetta solca il Mediterraneo Centrale, un’opera d’arte galleggiante che con i suoi quasi 30 nodi di velocità massima naviga con il motore avanti tutta verso i barconi in difficoltà, dando filo da torcere alla cosiddetta guardia costiera libica per soccorrere migranti in fuga dalla Libia.

Una delle volontarie aveva spiegato alla stampa d’Oltralpe che si tratta di “una piccola squadra internazionale di circa dieci marinai, professionisti del settore marittimo e del soccorso”. La motovedetta è stata recentemente acquistata a Saint-Malo da un mecenate che per ora vuole rimanere anonimo ma che vuole creare un team di soccorritori professionali”. Tuttavia “non siamo associati a nessuna Ong o organizzazione. Siamo solo una buona squadra pronta ad uscire e ad aiutare in mare".

Non si sa ancora esattamente chi la finanzi: è certo che usi fondi privati, che non dipenda da organizzazioni internazionali e che ha acquistato la nave da «un mecenate che vuole restare anonimo». Forse Banksy stesso? Chissà. Basta guardare le sue opere per capire quanto l’artista sia, da sempre, sensibile al tema dell’immigrazione.

Adesso, la nostra compagna Louise Michel non verrà solo ricordata negli ambienti dell’anarchismo, ma il suo spirito rivoluzionario verrà riconosciuto dal mondo intero.




Opere

·         Le livre du jour de l’an. Historiettes et légendes pour les enfans, Parigi, 1872
·         La grève dernière, Parigi, 1882
·         Ligue internationale des femmes rivolutionnaries, Parigi, 1882
·         Défense de Louise Michel, cour d’assises, 22 juin 1883, Bordeaux, 1883
·         La Misère
·         Lectures encyclopédiques, Parigi, 1886
·         Rondes pour récréations enfantines, Parigi, 1886
·         L’Ere nouvelle. Pensée dernière. Souvenirs de Calédonie, Parigi, 1887
·         Les droits des femmes, in Le Libertaire, 1, 1893
·         Prise de possession, 1890
·         Le Claque-Dents


"La Comune era composta da uomini di intelligenza, di coraggio, di incredibile onestà e che aveva dato chiara prova di devozione e di energia. Il potere li annientò, lasciando loro la più implacabile volontà per il sacrificio. Il potere è maledetto ed è per questo io sono un’anarchica".


Sono anarchica perché solo l'anarchia può rendere felici gli uomini e perché è l'idea più alta che l'intelligenza umana possa concepire, finché un apogeo non sorgerà all'orizzonte”.
Louise Michel





[1] Nel dipartimento dell'Alta Marna nella regione della Champagne-Ardenne.
[2] Capoluogo del dipartimento dell'Alta Marna nella regione del Grand Est.
[3] Nel dipartimento dell'Alta Marna nella regione della Champagne-Ardenne.
[4] Dipartimento francese della regione Grand Est.
[5] Nel dipartimento dell'Alta Marna nella regione del Grand Est.
[6] Nel dipartimento della Manica nella regione della Normandia.
[7] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta, del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria combattiva. Deve il suo nome allo scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis Auguste Blanqui.
[8] Marie Adélaïde Deraismes, conosciuta come Maria Deraismes (Parigi, 17 agosto 1828 – Parigi, 6 febbraio 1894), è stata una scrittrice e giornalista francese, nonché una femminista ante litteram che sostenne la parità dei diritti civili ed il voto per le donne. Prima donna iniziata alla Massoneria in Francia, alla fine del XIX secolo, è all'origine della creazione dell'ordine internazionale massonico misto "Diritto umano".
[9] George Sand, pseudonimo di Amantine (o Amandine) Aurore Lucile Dupin (Parigi, 1º luglio 1804 – Nohant-Vic, 8 giugno 1876), è stata una scrittrice e drammaturga francese. Considerata tra le autrici più prolifiche della storia della letteratura, è autrice di numerosi romanzi, novelle e drammi teatrali. Femminista molto moderata, fu attiva nel dibattito politico e partecipò, senza assumere una posizione di primo piano, al governo provvisorio del 1848, esprimendo posizioni vicine al socialismo, che abbandonò alla fine della sua vita per un moderato repubblicanesimo. La sua opposizione alla politica temporalistica e illiberale del papato le costò la messa all'Indice di tutti i suoi scritti nel dicembre del 1863.
[10] L'espressione basso-blu appare nel diciannovesimo secolo per designare una donna di lettere. La parola è tradotta dalla lingua inglese «blue stocking» e in origine si riferiva ai frequentatori abituali di un salone letterario presieduto da una donna, Elizabeth Montagu (1720-1800), che si incontravano a casa sua, una volta alla settimana, amici che condividevano i suoi gusti letterari. L'espressione è sempre maschile; così, si dirà di una donna: «è un basso blu». Il termine assumeva rapidamente una connotazione peggiorativa: donna di ridicola pedanteria, che ha pretese letterarie.
[11] L'assedio di Strasburgo, capoluogo della regione dell'Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena, nel Nord-est della Francia, ebbe luogo durante la guerra franco-prussiana del 1870. L'assedio che ebbe inizio 16 agosto 1870 dopo la battaglia di Frœschwiller-Wœrth, conclusa con la resa della fortezza di Strasburgo, il 28 settembre 1870.
[12] La collina di Montmartre
[13] Con il termine giacobinismo si intende un movimento e un'ideologia politica risalenti all'esperienza del Club dei Giacobini durante la Rivoluzione francese (il club des Jacobins fu un'associazione politica fondata a Parigi nel novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo -Saint-Jacobus- in rue Saint-Honoré). Il giacobinismo si diffuse in buona parte dell'Europa durante l'epoca rivoluzionaria ed ebbe un'influenza politica notevole nella storia francese per tutto il XIX secolo, in particolare negli eventi della Rivoluzione di luglio, della Rivoluzione francese del 1848 e, soprattutto, nell'esperienza della Comune di Parigi del 1871. Il giacobinismo è sopravvissuto a lungo alla sua fine storica, che viene canonicamente fissata al 1800. Quello che Vovelle ha definito giacobinismo trans-storico ha infatti alimentato le vicende politiche della Francia e, in parte, anche del resto d'Europa. Durante la Rivoluzione di luglio, nel 1830, si assisté a una nuova fase del giacobinismo, dove tuttavia andarono a mescolarsi istanze repubblicane, socialiste e cattoliche, unite solo dall'opposizione a una nuova esperienza monarchica[. Il “neogiacobinismo” del XIX secolo, sempre più legato al socialismo repubblicano, si consolidò con la rivoluzione del 1848 e con la Seconda Repubblica, ma finì per essere spazzato via dall'ascesa di Napoleone III. Con la brevissima e drammatica esperienza della Comune di Parigi (1871), il giacobinismo tornò al governo della capitale francese, in una replica delle forme dell'anno II, a partire dalla ricostituzione del Comitato di salute pubblica e dalla rinnovata applicazione del vecchio Calendario repubblicano. La diffusione del comunismo su scala europea, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, alimentò le ipotesi di una sua discendenza dal giacobinismo. Karl Marx e Friedrich Engels, nel 1848, lo scrissero esplicitamente: “Il giacobino del 1793 è diventato il comunista dei giorni nostri”.
[14] Per proudhoniani s’intendono definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo, da molti studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.
[15] Nel dipartimento del Passo di Calais, di cui è capoluogo, nella regione dell'Alta Francia.
[16] Hugues Nicolas Joseph Lesurques era un uomo d'affari francese, vittima dei più famosi errori giudiziari nella storia della Francia, conosciuta come «il caso del postale di Lione». La notte tra l’8 e il 9 Floreale Anno IV della Rivoluzione Francese (27-28 aprile 1796), la diligenza postale che andava da Parigi a Lione fu attaccata nei pressi del villaggio di Vert-Saint-Denis, a circa 40 km a sud est di Parigi, da cinque individui che rubarono il denaro trasportato e uccisero due dei postiglioni. Le indagini del caso, svolte sommariamente e troppo velocemente, portarono a quello che potrebbe essere considerato un aborto spontaneo della giustizia. A seguito delle indagini, furono accusati sei uomini. Durante la lettura della sentenza un imputato, Couriol, condannato, si alzò indignato per proclamare la propria colpa e l’innocenza di Lesurques, che i testimoni additarono a causa della sua somiglianza con il vero colpevole di nome André Dubosc. Nonostante questa dichiarazione, che Couriol ripeté sulla strada che lo conduceva al patibolo, Joseph Lesurques venne ghigliottinato il 3 ottobre 1796.
[17] Sarah Bernhardt (Parigi, 22 ottobre 1844 – Parigi, 26 marzo 1923) è stata una celebre attrice teatrale e cinematografica francese. Il suo vero nome era Rosine Bernardt. Soprannominata da Victor Hugo La voix d'or ("La voce d'oro"), ma anche da altri La divina o addirittura "l'Imperatrice del teatro", Sarah Bernhardt è ad oggi considerata una delle più grandi attrici. Prima " star " internazionale, è la prima attrice ad aver fatto tournée trionfali nei cinque continenti, Jean Cocteau coniò per lei l'espressione di "mostro sacro".
[18] Alexandre Dumas figlio (Parigi, 27 luglio 1824 – Marly-le-Roi, 27 novembre 1895) è stato uno scrittore e drammaturgo francese, figlio di Alexandre Dumas. Come il padre, è stato un autore di grande successo, noto soprattutto per il romanzo La signora delle camelie (a cui si ispira La traviata di Giuseppe Verdi).
[19] Paul Marie Verlaine (Metz, 30 marzo 1844 – Parigi, 8 gennaio 1896) è stato un poeta francese. Figura del poeta maledetto, Verlaine viene riconosciuto come il maestro dei giovani poeti del suo tempo.
[20] Pëtr Alekseevic Kropotkin (Mosca, 9 dicembre 1842 - Dmitrov, 8 febbraio 1921), è stato un militante e teorico dell'anarchia, fautore della "propaganda col fatto", ed uno dei primi sostenitori dell'anarco-comunismo.
[21] Tipo di occhiali senza stanghette, in uso nell’Ottocento e nel primo Novecento, in cui le due lenti erano unite da una molla che le teneva ferme sul naso, stringendolo da una parte e dall’altra (detto anche, con termine ital., occhiali a molla)
[22] Il popolo Kabyle è un gruppo etnico berbero originario di Kabylia nel nord dell'Algeria, diffuso sulle montagne dell'Atlante, a cento miglia a est di Algeri. Rappresentano la più grande popolazione di lingua berbera dell'Algeria e la seconda più grande del Nord Africa. I Kabyle erano relativamente indipendenti dal controllo esterno durante il periodo del dominio dell'Impero ottomano nel Nord Africa. Vivevano principalmente in tre diversi regni: il regno di Kuku, il regno di Ait Abbas e il principato di Aït Jubar. L'area fu gradualmente rilevata dai francesi durante la loro colonizzazione a partire dal 1857, nonostante una vigorosa resistenza. Leader come Lalla Fatma N'Soumer continuarono la resistenza fino alla ribellione di Mokrani nel 1871. Lalla Fatma N'Soumer di Tariqa guidò la resistenza contro la colonizzazione francese dal 1851 al 1857. I funzionari francesi sequestrarono molta terra dalle tribù più recalcitranti e la concessero ai coloni, che divennero noti come pieds-noirs. Durante questo periodo, i francesi effettuarono numerosi arresti e deportarono i resistori, principalmente in Nuova Caledonia. A causa della colonizzazione francese, molti Kabyle emigrarono in altre aree all'interno e all'esterno dell'Algeria. Nel tempo, anche i lavoratori immigrati sono andati in Francia.L'insurrezione scoppiata nel gennaio 1871 unì più di 200.000 combattenti guidati da Mokrani, famiglia dei caïd kabyle, che affrontarono 90 000 soldati francesi. Questa guerra si concluse il 17 gennaio 1872 con una feroce repressione. I coloni si appropriarono, al loro passaggio, di mezzo milione di ettari di terreno. I ribelli Kabyle catturati quindi condivisero la messa al bando dei comunardi parigini che fraternizzano nelle galere di Tolone o dell'isola di Ré, prima di essere deportati Nuova Caledonia.
[23] Si dice che il governatore della Nuova Guinea avrebbe preso in considerazione di affliggere a Louise Michel una pena di 25 frustate, ma la pena fu ridotta dal consiglio con il suo trasferimento nel «quartiere degli incorreggibili» dove è stata incatenata "come un animale feroce" (storia pubblicata nel n° 13 di Vie Populaire del 14 aprile 1905).
[24] Louise non fu l’unica. Quanto meno un altro anarchico, l’allora giovanissimo Charles Malato, si “canachizzò”, per usare un’espressione coloniale dell’epoca. Ma, certo, fu solo una minuscola minoranza di deportati a non schierarsi incongruamente dalla parte dei soldati, dei coloni bianchi, in occasione della grande rivolta canaca del 1878-79, domata con una sanguinosissima repressione militare.
[25] La zagaglia è un'arma inastata eiettabile, più corta della lancia propriamente detta ma più pesante rispetto al giavellotto, con lama più sviluppata, ampiamente diffusa tra i popoli dell'Africa.
[26] I maya tzotzil degli altopiani centrali del Chiapas, in Messico, sono un gruppo etnico di indios americani, discendenti diretti dei maya classici. Gli tzotzil furono per secoli usati dagli europei come lavoratori per le piantagioni di caffè e zucchero.
[27] Gli tzeltal sono il più numeroso gruppo indigeno situato principalmente sulle alture della regione di Los Altos, nello stato messicano del Chiapas. Sono uno dei principali gruppi etnici Maya. Questo ed altri gruppi indigeni furono obbligati a lavorare nelle miniere, nei mulini e nelle hacienda di stato quasi senza paga.
[28] 45 delegati, rappresentanti 56 federazioni e 46 sezioni o gruppi non federati, si riunirono a Londra dal 14 al 20 luglio 1881. Se lo scopo principale del congresso era quello di ricostituire l'AIT; quei compagni, di cui un buon contingente di francesi, finirono per accreditare il principio di propaganda del fatto, essendo l'illegalità (secondo loro) "l'unica via che conduce alla Rivoluzione".
[29] Émile Pouget (1860 - 1931), è stato uno dei militanti anarchici più rappresentativi del movimento operaio francese, la cui influenza, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, fu decisiva per lo sviluppo delle tematiche sindacaliste rivoluzionarie. Partecipò a numerosissime manifestazioni e, nel 1883, dopo un incontro a Parigi con i disoccupati, prende parte all'assalto dei forni. Il 9 marzo 1883, la Camera sindacale dei carpentieri, di fronte alla crescente disoccupazione, convocò i disoccupati a una riunione all'aperto, all'Esplanade des Invalides. Dopo la dispersione di una parte dei partecipanti da parte della polizia, Emile Pouget con Louise Michel ha preso la testa di una colonna di manifestanti che hanno voluto unirsi al Faubourg Saint-Antoine in Boulevard Saint-Germain. Tre panetterie sono state saccheggiate con grida di "pane, lavoro o piombo". In place Maubert, la colonna si imbatté in grandi forze di polizia ed Emile Pouget fu arrestato mentre stava tentando di far fuggire Louise Michel. Venne perquisita la sua casa dove hanno trovato un revolver con 6 colpi, vari flaconi di prodotti chimici esplosivi e 600 copie del libretto À l’armée (All’esercito), scritto da Emile Digeon. Stampati a Ginevra, gli opuscoli antimilitaristi erano stati inviati a Pouget che era responsabile della ridistribuzione in piccoli pacchetti ai gruppi anarchici provinciali. Il 22, 23 e 24 giugno si presentò davanti alla corte d’assise della Senna per il processo che comprendeva due gruppi di accusati: un gruppo accusato per il saccheggio delle panetterie (Louise Michel, Pouget e Mareuil) e un gruppo accusato per la distribuzioni del libretto À l’armée, procurato da Pouget (Leo Thiery, Reims, Jacques Moreau, Pol e Henri Martinet Enfroy, Troyes; Corgeret Claude e Marie-Anne Bouillet, Roanne). Al processo, il giornale L'Intransigeant ha presentato Pouget come un "eccellente impiegato, laborioso e onesto. Inoltre, è straordinariamente intelligente". Di fronte alla corte, si è professato di fede anarchica. Pouget è stato condannato a otto anni di carcere e dieci anni di sorveglianza per incitamento alla rapina a mano armata e alla diffusione della propaganda antimilitarista. Ha scontato tre anni nella prigione di Melun e fu rilasciato all'epoca dell'amnistia del 1886.
[30] Eugéne Mareuil il 9 marzo 1883, partecipò alla manifestazione dei disoccupati, convocato dalla camera sindacale dei carpentieri all'Esplanade des Invalides. In occasione di quell’evento, si trovò insieme a Louise Michel, armato di bandiera nera, e ad Émile Pouget, con i quali prese la testa del corteo. Alcune panetterie sono state saccheggiate. In seguito, Émile Pouget, Louise Michel e Mareuil furono imprigionati. Mareuil comparve davanti alla Senna, il 21 e il 23 giugno 1883, e fu presentato dall'accusa come uno dei "luogotenenti" di Louise Michel durante la manifestazione dell’Invalides. Durante il processo di accusati comparurent due gruppi: un gruppo accusato di aver portato al saccheggio delle panetterie (Louise Michel, Pouget e Mareuil) e un gruppo accusato per la distribuzioni del libretto À l’armée, procurato da Pouget : Léon Thiéry, di Reims (assente al processo); Jacques Moreau (detto Gareau), Paul Martinet ed Henri Enfroy, di Troyes; Claude Gorget (assente) e Marie-Anne Bouillet, Roanne. All'udienza, è sembrato che Anne-Marie Bouillet fosse solo lei la vera destinataria del pacco. Alla fine del processo, Louise Michel fu condannata a sei anni di prigione e a dieci anni di supervisione; Pouget, a otto anni di prigione e dieci anni di supervisione; Jacques Moreau, a un anno di reclusione; Thiéry e Gorget, in contumacia, a due anni di reclusione e 300 franchi di multa; tutti gli altri, incluso Mareuil, furono assolti.
[31] Nel dipartimento dell'Oise della regione dell'Alta Francia.
[32] Alle 6 del mattino del 26 gennaio 1886 duecento minatori cessarono di lavorare alle miniere di Poleyrets a Decazevìlle (nel dipartimento di Aveyron, nella regione del Midi-Pirenei) e il movimento si estese alle miniere di Combes. di Bourran e dì Firmy.Entrarono in sciopero duemila minatori, che si lamentavano del fatto che dopo l'arrivo alla direzione delle miniere dell'ingegnere Watrin la loro condizione era peggiorata. Da centocinquanta a duecento franchi al mese i salari erano scesi di circa cento franchi, dal quali occorreva dedurre cinque franchi al mese per ammortamento e manutenzione degli attrezzi. Gli operai si ribellarono anche all'economato cui erano obbligati a rivolgersi per essere riforniti di pane e di carne il cui importo, in seguito, veniva trattenuto sui loro fogli di paga. La società mineraria aveva fatto sapere che intendeva estendere la misura alle spezierie, al vestiario e alle calzature. I minatori volevano discutere con Watrin, lo trovarono all'officina e volente o nolente lo condussero in municipio dove fu circondato da una decina di scioperanti mentre intorno cominciavano a levarsi delle grida minacciose. La discussione durò tre ore e non ebbe alcun risultato, perché la direzione non voleva cedere, e Watrin rifiutò di presentare le sue dimissioni, come gli chiedevano di fare. Quando la delegazione uscì vi fu una grande delusione tra la folla, e tra le mogli dei minatori che erano venute a raggiungere gli scioperanti. L’ingegnere Watrin, uscito a sua volta, fu beffeggiato, minacciato, e poté solo rifugiarsi in fretta e furia al primo piano di uno stabile vicino, di proprietà della compagnia mineraria. Il sindaco Cayrade e l’ingegnere capo Laur esortarono la folla alla calma, ma inutilmente, e questa diede l'attacco simultaneamente dallo scalone e con una scala. Watrin fu ritrovato, assalito, caricato di botte, gettato dalla finestra, linciato a morte. Le truppe furono inviate in fretta a Decazeville. la compagnia promise alcune concessioni, e il lavoro riprese il 29 gennaio. I funerali dell’ingegnere ebbero luogo il 30, alla presenza del prefetto, del vice-prefetto, del procuratore generale, dei generali e del sindaco, ma disertati dagli operai e dai commercianti. Secondo quanto riportò il giornalista Zévaès [sul giornale Illustration - ndr] quando il feretro uscì dall’ospedale in cui il cadavere era stato portato, tra la folla nessuno si scoprì. [Tratto da: Scioperi di ieri e di oggi, di Georges Lefranc.
[33] Paul Susini, chiamato Paul de Susini (1843-1901), era un medico, politico, boulangista e socialista francese. Fu membro del Parlamento per la Corsica (1885-1889).
[34] Clément Duval (Parigi, 11 marzo 1850 – New York, 29 marzo 1935) è stato un anarchico illegalista e un rivoluzionario francese. Diventato anarchico intorno al 1880, quando lavorava nelle officine Choubersky, nell'autunno del 1882 è con A. Ritzerfeld tra i fondatori presso il 17° arrondissment del gruppo La Panthère des Batignolles. Alla riunione fondativa, il gruppo manifesta immediatamente idee insurrezionaliste e illegaliste riportando nel L'Etendard Révolutionnaire (Manifesto Rivoluzionario) del 15 ottobre le modalità riguardanti «la preparazione delle bombe a mano». Dopo la grande manifestazione del 1 marzo 1883, in cui Louise Michel ed Emile Pouget incitarono all'espropriazione dei capitalisti, intensifica il suo impegno arrivando a stampare alcuni manifesti, affissi sulle porte di alcune fabbriche parigine. Nell'ottobre del 1886 Clément è accusato di essere stato uno degli autori del furto effettuato il 5 del mese in un hotel di rue de Monceaup, in seguito incendiato dai ladri stessi. Per sfuggire all'arresto, ferisce con molte coltellate, «in nome della libertà», l'agente Rossignol che voleva eseguire il fermo «in nome della legge». Il 12 gennaio, Duval, veniva condannato a morte. Nel febbraio seguente la pena veniva commutata ai lavori forzati a vita. Duval, matricola 21551, arriva nella Guyana il 24 aprile 1887 a bordo dell'Orne proveniente da Tolone. È immediatamente inviato all'Iles du Salut (Isole della Salute), dove vi resta 14 anni, tra numerosissimi (almeno diciotto) tentativi d'evasione. Trasferito a Saint-Laurent-du-Maroni, riesce ad evadere con altri otto forzati come lui il 14 aprile 1901, raggiungendo la Guyana inglese da cui, il 17 luglio 1901. Si rifugia allora per un certo tempo a San Juan di Portorico, poi, raggiunti gli USA nel 1903, viene supportato da anarchici francesi ed italiane. Negli USA redige le sue memorie, tradotte da Luigi Galleani e pubblicate poi nel 1907 in «Cronaca Sovversiva» (New York). Alcune pagine saranno in seguito pubblicate in Francia nelle pagine de «L'En Dehors» (ottobre 1926 e maggio 1931) e anche, nel 1929, sotto il titolo di Memorie autobiografiche, dai compagni de «L'Adunata dei Refrattari». Clément Duval muore a Brooklyn, New York, il 25 marzo 1935.
[35] Nel dipartimento della Senna Marittima nella regione della Normandia.
[36] Joseph Jean-Marie Tortelier, nato a Bain-de-Bretagne (Ille-et-Vilaine) nel 1853; muore a Eaubonne (Val-d'Oise) il 1 dicembre 1925, era un falegname, un militante anarchico e un sindacalista rivoluzionario a favore dello sciopero generale. Fu condannato 3 aprile 1883 a tre mesi di carcere a seguito della manifestazione da parte dei disoccupati del 9 marzo 1883. il 9 agosto 1888 durante un incontro in pieno sciopero dei lavoratori della terra, parla di fronte a 400 persone a fianco di Louise Michel e Charles Malato: "È solo con lo sciopero universale che il lavoratore creerà una nuova società, in cui non troverà più tiranni”. Ha quindi guidato, con altri, la Lega degli antipatrioti e la Lega degli anti-proprietari.
[37] Nel dipartimento dell'Isère nella regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
[38] Alexandre Tennevin è nato il 5 dicembre 1848 a Parigi, ed è morto nel giugno 1908 a Parigi; commercialista, giornalista e tipografo; relatore anarchico. Nel 1885, si avvicinò ai circoli anarchici, fondò la Lega degli antipatrioti e collaborò a diverse pubblicazioni anarchiche di tendenza individualista. Fu arrestato il 29 maggio 1887 per ribellione con un agente, armi proibite, grida sediziose: "Lunga vita al Comune, viva l'Anarchia!". Arrestato all'ingresso del cimitero di Père-Lachaise, durante una manifestazione. Il 18 giugno è stato condannato a una multa di 16 franchi. Frequentò quindi le principali figure anarchiche francesi, in particolare Emile Pouget e Louise Michel, e intervenne per animare il congresso anarchico internazionale di Parigi in Settembre 1889. Tennevin prese parte attiva, insieme a Louise Michel e Pierre Martin, alle manifestazioni organizzate a Vienne (Isère) in occasione del 1° maggio 1890, durante le quali gli operai chiesero l'espropriazione dei capi. In quell’occasione Tennevin fu arrestato. I giorni precedenti, Tennevin e Louise Michel avevano tenuto riunioni a Saint-Étienne, Firminy e Saint-Chamond, sul tema dello sciopero generale, i relatori intendevano rendere il 1° maggio un giorno di azione rivoluzionaria, in contrapposizione al legalismo pacifista dei guesdisti.
[39] Nel dipartimento della Loira della regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
[40] Nel dipartimento della Marna nella regione Grande Est.
[41] Nel dipartimento della Loira della regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
[42] Charlotte Vauvelle è Nata intorno al 1872 a Parigi; ha vissuto insieme a Louise Michel dal 1895 al 1905. Tutta la famiglia era legata a Louise Michel che aveva condiviso alloggi con loro a Londra tra il 1891 e il 1895. Charlotte Vauvelle visse dal 1895 al 1905 con Louise Michel; ha partecipato ai suoi giri per conferenze in Francia e all'estero. Fu per Louise una compagna infinitamente devota, l'organizzatrice del bilancio economico e la "custode" delle sue relazioni. Di Louise Michel è  stata anche l'esecutrice testamentaria.
[43] Errico Malatesta (S.Maria Capua Vetere, Caserta, 14 dicembre 1853 - Roma, 22 luglio 1932) è stato il teorico e il rivoluzionario anarchico italiano più importante della storia dell'anarchismo. Insieme a Pierre-Joseph Proudhon, Michail Bakunin, Benjamin Tucker e Petr Kropotkin[20] è in assoluto uno degli anarchici che hanno più di tutti diffuso nel mondo gli ideali dell'anarchia.
[44] Sébastien Faure (Saint-Étienne, 6 gennaio 1858 - Royan 14 luglio 1942) è stato un pedagogista, un propagandista e un militante anarchico francese. È stato uno dei principali sostenitori, insieme al russo Voline (Vsévolod Mijáilovich Eichenbaum), della forma organizzativa anarchica conosciuta come anarchismo di sintesi o sintetismo, rifacendosi alla teoria dell'anarchismo senza aggettivi.
[45] Emma Goldman (Kovno, 29 giugno 1869 - Toronto, 14 maggio 1940), è stata un'attivista femminista e anarchica di cultura ebreo-lituana e di nazionalità russa.
[46] Émile Pouget (Salles-de-Source, Aveyron, Francia, 12 ottobre 1860 - Lozère, Francia, 21 luglio 1931), è stato uno dei militanti anarchici più rappresentativi del movimento operaio francese. Insieme a Fernand Pelloutier, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, fu uno dei militanti anarchici che maggiormente influenzò lo sviluppo delle tematiche sindacaliste rivoluzionarie.
[47] Lazare Bernard detto Bernard Lazare (Nîmes, 14 giugno 1865 – Parigi, 1° settembre 1903) è stato un critico letterario, giornalista politico, anarchico e strenuo difensore di Dreyfus[53] e degli ebrei perseguitati.
[48] Pietro Gori (Messina, 14 agosto 1865 - Portoferraio, 8 gennaio 1911) fu avvocato, intellettuale e poeta anarchico. Oltre che per l'attività politica è ricordato come autore di alcune tra le più famose canzoni anarchiche della fine del XIX secolo tra cui: Addio a Lugano, Stornelli d'esilio, Ballata per Sante Caserio[52]. «...Pietro Gori era un poeta, aveva un bel viso, un corpo snello ed elegante. Si accarezzava il baffo appuntito e sapeva ascoltare i coloni ravennati che raccontavano la loro storia. Provava un profondo rispetto per il coraggio che avevano speso in quella impresa, e glielo diceva con calore. Gli ricordavano gli uomini della Pampa, ripeté. Avevano anche cantato insieme, fino a sgolarsi, quella notte. Avevano cantato le sue canzoni, gli Stornelli d'esilio, Ballata per Sante Caserio[52], Amore ribelle... Di Addio Lugano Bella Gori aveva raccontato com'era nata. Dopo che Sante Caserio[52] aveva pugnalato a morte Carnot, lui era dovuto riparare in Svizzera. Qui l'avevano arrestato, insieme con altri 150 fuorusciti italiani, anarchici e socialisti. Tutti poi erano stati espulsi. Quando li conducevano alla frontiera, avevano le manette ai polsi e i loro passi affondavano nella neve... Con le lacrime agli occhi, si era girato indietro a guardare Lugano e pensava agli anarchici scacciati senza colpa che partono cantando con la speranza in cuor...».
[49] Ravachol, pseudonimo di François Koenigstein (Saint-Chamond Loire 14 ottobre 1859 - Montbrison, 11 luglio 1892) è stato un anarchico illegalista francese. Il 1° maggio del 1891 il governo francese fece reprimere una manifestazione a Fourmies con l'uso delle armi, 14 persone furono uccise e 40 ferite. Nello stesso giorno a Clichy la polizia arrestò alcuni anarchici che avevano usato delle armi, furono condannati a lunghe detenzioni e ai lavori forzati. Per vendetta, l'11 marzo del 1892 Ravachol mise una bomba nella casa del giudice di Clichy e il 27 marzo in casa del procuratore. Nello stesso mese organizzò un attentato presso una caserma di Parigi. Gli attentati provocarono grossi danni ma non fecero vittime. Ravachol fu riconosciuto dal proprietario di un ristorante nel quale si trovava e arrestato.  Fu condannato ai lavori forzati a vita ma due mesi più tardi il processo passò al tribunale di Montbrison dove era stato accusato di omicidio e la condanna fu trasformata in condanna a morte per ghigliottinamento. Dopo il suo arresto, e durante il processo, l'anarco-individualista Zo d'Axa, attarverso le pagine del suo «L'Endehors», lanciò una sottoscrizione per i famigliari di Ravachol e dei suoi complici. Distribuì denaro alle famiglie dei detenuti, il che portò al suo arresto per «partecipazione ad associazione a delinquere». Nonostante la solidarietà mostrata da diversi esponenti dell'anarchismo, l'esecuzione non fu impedita ed ebbe luogo a Montbrison l'11 luglio 1892 per mano del boia Louis Antoine Stanislas Deibler, lo stesso che ghigliottinerà Vaillant[50], Henry[51] e Caserio[52]. Ravachol fu sepolto in seguito nello stesso luogo in cui avvenne l'esecuzione.
[50] Auguste Vaillant (Mézières, Ardenne, 27 dicembre 1861 - Parigi, 5 febbraio 1894) è stato un anarchico individualista e "illegalista", condannato a morte per aver lanciato una bomba alla Camera dei Deputati francese. Il 9 dicembre 1893, in Francia, Auguste Vaillant lancia un piccolo ordigno esplosivo (riempito di chiodi) nella Camera dei Deputati, al grido di: «Morte alla borghesia! Lunga vita all'anarchia!». Si tratta di un gesto simbolico, fatto per protestare contro la repressione degli anarchici, ordita dal capo del governo Jean Casimir-Perier, piuttosto che per uccidere (non ci fu alcuna vittima). Durante il processo, difeso da Fernand Labori, sostiene che l'obiettivo dell'attacco era il parlamento e non le persone. «Ho preferito ferire un gran numero di deputati piuttosto che uccidere qualcuno. Se avessi voluto uccidere avrei caricato (la bomba) con dei pallettoni. Ho messo dei chiodi; ho voluto quindi solo ferire. Non posso certo mentire per darvi il piacere di tagliarmi il collo!». Nonostante la petizione promossa in suo favore dal sacerdote Lemire, che era stato ferito nel'attentato, e la richiesta di perdono della figlia Sidonie direttamente al Presidente Carnot Vaillant viene condannato ugualmente a morte e ghigliottinato il 5 febbraio 1894. Poco prima della morte gridò: «Lunga vita all'anarchia! La mia morte sarà vendicata!» Il suo boia si chiama Louis Antoine Stanislas Deibler, lo stesso che aveva ghigliottinato Ravachol[49] e qualche mese più avanti userà lo stesso strumento per assassinare Henry[51] e Caserio[52].
[51] Émile Henry (Barcellona, 26 Settembre 1872 – Parigi, 21 Maggio 1894), è stato un anarchico illegalista e insurrezionalista francese. Fautore dell'azione diretta e della propaganda col fatto, come Auguste Vaillant[50] prima e Sante Caserio[52] poi fu condannato a morte tramite ghigliottina. Nato a Barcellona il 26 settembre 1872, Émile Henry cresce in un ambiente aristocratico progressista grazie a suo padre, comunardo ed uno dei primi comunisti francesi che evitò la violenta repressione della Comune scappando in Spagna. Emile nasce per questo in terra iberica, così come il fratello Fortuné (anche lui diverrà anarchico). Ben presto constata con i propri occhi le profonde ingiustizie del mondo, per questo aderisce al movimento anarchico nel 1891. Influenzato probabilmente dal fratello maggiore, abbraccia l'ala più intransigente dell'anarchismo: l'anarchismo insurrezionalista. Subito messo sotto sorveglianza dalla polizia, il 30 maggio 1892 viene fermato dopo una riunione pro-Ravachol[49] e rilasciato dopo la perquisizione del suo domicilio. Fautore della propaganda col fatto, l'8 novembre 1892, Emile colloca una bomba davanti alla sede della società  miniere di Carmaux, come gesto di solidarietà  in favore dei minatori. La bomba viene però trovata prima che esploda da un poliziotto, il quale imprudentemente decide di portarla in commissariato, dove la bomba esplode provocando una strage: 6 morti. Il 12 febbraio 1894, Henry scaglia una bomba anche contro il Cafè Terminus della stazione Saint-Lazare con l'intenzione di vendicare l'esecuzione di Auguste Vaillant[50], anarchico giustiziato dopo un simbolico attentato contro la Camera dei Deputati. L'attacco alla stazione di Saint-Lazare provoca il ferimento di una ventina di persone (una di queste morirà in seguito). Emile Henry tenta la fuga, ma dopo un breve inseguimento viene fermato e processato a partire dal 27 aprile. Condannato alla ghigliottina, la sentenza viene eseguita il 21 maggio del 1894. Il suo boia si chiamava Louis Antoine Stanislas Deibler, lo stesso che aveva ghigliottinato Ravachol[49] e Auguste Vaillant[50] e che in seguito ghigliottinerà Sante Caserio[52].
[52] Sante Geronimo Caserio (Motta Visconti, 8 settembre 1873 - Lione, 16 agosto 1894) è stato un anarchico italiano che nel 1894 pugnalò a morte il presidente della repubblica francese Marie-François Sadi Carnot. Mai pentito del gesto, fu condannato a morte per ghigliottinamento. Nella seconda metà del 1893 Caserio si trovava in Francia, lavorando come fornaio a Cette fino al 23 giugno 1894, quando si dimette dopo un alterco col titolare. Con i soldi della liquidazione si reca all'armeria di William Vaux, in via La Caserne, acquista un coltello con una lama di 16 cm recante la scritta «Souvenir di Toledo» e si dirige verso la stazione di Montbazin. Alle 15:00 prende il treno per Vienne, ma l'obiettivo è quello di arrivare a Lione, raggiunta effettivamente domenica pomeriggio (24 giugno) dopo aver percorso a piedi i 27 km che la separano da Vienne. Caserio sapeva che quel giorno il presidente della Francia, Marie François Sadi Carnot, era in visita alla città e che alle 21:15 aveva appuntamento al teatro dell'opera. Egli ha probabilmente tutta l'intenzione di uccidere il presidente e per questo si dirige verso il corteo presidenziale. Sante Caserio è immediatamente tratto in arresto e portato alla stazione di polizia in rue Molière. Il processo si svolge in due soli giorni, il 2 e 3 agosto. Alla fine del secondo giorno viene letta la sentenza, che è quella ampiamente prevista: condanna a morte tramite ghigliottina.
[53] Alfred Dreyfus (Mulhouse, 9 ottobre 1859 – Parigi, 12 luglio 1935) è stato un militare francese. Nel 1871 la Francia era reduce dalla sconfitta subita nella guerra Franco-Prussiana, ed i rapporti interni erano ancora tesi. Nonostante il processo si basasse su documenti palesemente falsi, Dreyfus fu condannato quale estensore di una lettera indirizzata ad un ufficiale tedesco in cui venivano rivelate importanti informazioni militari francesi. Nonostante l'esplodere del caso, Dreyfus non fu interamente riabilitato prima del luglio 1906, grazie a un verdetto della Corte di Cassazione.
[54] Émile Ernest Girault è nato il 15 giugno 1871 a Parigi (10° arrpondissement) e morto il 12 dicembre 1933 all'ospedale Tenon (Parigi 20° arrondissement) fu successivamente tipografo, chimico e poi ingegnere agronomo; grande oratore, Anarchico individualista, si unì ai comunisti dopo il 1917. Dal 1904, "antimilitarista rivoluzionario", fu attivo nell'Associazione internazionale antimilitarista . Dal 1906 al 1908, fu con André Lorulot, uno dei leader della comunità libertaria di Saint-Germain-en-Laye. Il suo ingresso nell'attivismo risale all'affare Dreyfus[53] dove ha collaborato a vari giornali, in particolare L'Aurore di Clemenceau e Le Libertaire di Sébastien Faure[44]. Oratore di talento e molto importante, ha accompagnato Louise Michel e André Lorulot in giro per la Francia e anche in Algeria (ottobre-dicembre 1904).
[55] Nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France si trova a nord-ovest di Parigi e confina con il XVII arrondissement della capitale francese.
[56] Séverine, nata Caroline Rémy, fu una scrittrice e giornalista libertaria e femminista francese.
[57] Fernand Claude Planche (Saint-Rémy-sur-Durolle, Francia, 12 febbraio 1900 - Nouméa, Nuova Caledonia, 20 aprile 1974) è stato un operaio, uno scrittore e un anarchico francese.
[58] William Godwin (Wisbech, Gran Bretagna, 3 marzo 1756 - Londra, 7 aprile 1836) è stato un pensatore e teorico inglese, considerato da alcuni "solo" un precursore dell'anarchismo e da molti altri il primo vero anarchico della storia, le cui idee influenzarono il movimento anarchico inglese e mondiale.
[59] Francesc Ferrer i Guàrdia (Allela, 10 gennaio 1859 - Barcellona, 13 ottobre 1909), conosciuto anche come Francisco Ferrer y Guardia (in spagnolo) o più semplicemente come Francisco Ferrer, fu un libero pensatore pacifista e anticlericale, pedagogista libertario fondatore della Escuela Moderna e anarchico catalano. Accusato ingiustamente di essere a capo dell'ondata di violenza politica che aveva investito la Spagna durante la cosiddetta Settimana Tragica (1909), fu processato e condannato a morte il 13 ottobre 1909.
[60] Lev Nikolàevič Tolstòj (Jasnaja Poljana, Russia, 9 settembre 1828 - Astapovo, Russia, 20 novembre 1910), è stato uno scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista libertario, anarchico cristiano e pacifista russo. Viene considerato il più grande apostolo del pacifismo-anarchico in campo letterario, in cui è riuscito ad esaltatare, attraverso le sue opere gli aspetti più propriamente morali. È stato il capostipite della corrente anarchica denominata anarchismo cristiano, pur non essendosi mai professato tale.
[61] Max Stirner è lo pseudonimo di Johann Kaspar Schmidt (Bayreuth, Germania, 25 ottobre 1806 - Berlino, Germania, 26 giugno 1856), filosofo tedesco sostenitore radicale di posizioni antistataliste che risaltano l'ateismo e l'egoismo. Il suo nom de plume prende spunto da un soprannome che gli era stato dato dai compagni di scuola a motivo della sua alta fronte (Stirn). Viene considerato come uno degli antesignani di movimenti quali nichilismo, esistenzialismo, anarchismo e soprattutto anarchismo individualista. Egli nega esplicitamente di sostenere una posizione filosofica assoluta, aggiungendo che dovendosi assegnare a un qualche -ismo sceglie che sia l'egoismo. Stirner chiaramente aderisce sia all'egoismo psicologico sia all'egoismo etico, le antitesi di tutte le ideologie più tradizionali e di tutti gli atteggiamenti sociali come lui li concepiva. Stirner proclama che le religioni e le ideologie si fondano primariamente sopra delle superstizioni e di conseguenza denuncia come superstizioni il nazionalismo, lo statalismo, il liberalismo, il socialismo, il comunismo e l'umanesimo. Stirner pone l'individuo al centro del mondo in quanto è già dotato di per sé di una sua assolutezza: anche la libertà deve essere assoluta in sé e per sé, se non lo fosse non sarebbe più libertà, non dobbiamo cercare di limitarla. Va da sé, però, che un siffatto modello di libertà non è praticabile, perché la libertà di un individuo non può coincidere con quella di un altro individuo. Sta, comunque, di fatto che la libertà può essere esclusivamente assoluta.
[62] Jean-Jacques Rousseau (Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778) è stato un filosofo svizzero di lingua francese. Illuminista nella critica ai valori culturali e all'organizzazione sociale del suo tempo in nome della fondamentale eguaglianza di tutti gli uomini, precorse il romanticismo nella rivendicazione della spontaneità del sentimento contro la ragione e, partendo dai principi giusnaturalistici, pose le basi della moderna democrazia. È considerato uno deo recursori dell’anarchismo. Nel suo scritto Contratto sociale, Jean-Jacques Rousseau parte dal principio che l'essere umano è nato libero (il "buon selvaggio") ed è diventato schiavo a causa della convivenza sociale. La società per Rousseau è una necessità venutasi a creare quando l'essere umano ha compreso di non poter più vivere isolato dagli altri. Il Patto, il Contratto sociale, ha lo scopo di unire e difendere ogni individuo, senza che questo debba perdere la propria libertà sottomettendosi ad una qualche autorità. Nel Discorso sull'origine dell'ineguaglianza fra gli uomini, Rousseau distingue due forme di ineguaglianza, una naturale e l'altra sociale e politica. La prima non è eliminabile e comunque non è responsabile di alcun male che normalmente le viene attribuita. È nella società e nello Stato che Rousseau individua l'origine della disuguaglianza tra dominatori e dominati, che è il fondamento di tutte le altre forme di ineguaglianza: la proprietà privata, che sancisce la differenza tra ricchi e poveri; l'istituzione della magistratura, che sancisce la disuguaglianza tra potenti e deboli; infine la trasformazione del potere da “legittimo” in arbitrario, che sancisce la disuguaglianza tra padroni e schiavi.
[63] Ivan Illich (Vienna, 4 settembre 1926 - Brema, Germania, 2 dicembre 2002), austriaco di nascita e messicano d'adozione, è stato non solo un anarchico, ma anche un sociologo, filosofo, linguista (conosceva una decina di lingue), teologo e storico delle istituzioni.
[64] La Summerhill School è una scuola fondata da Alexander Sutherland Neill nel 1921, vicino a Dresda (in Germania) come scuola internazionale, nonché uno dei più significativi esperimenti di pedagogia libertaria. È un collegio indipendente britannico organizzato come una comunità democratica; è frequentato da ragazzi dai quattro ai sedici anni che generalmente provengono da Paesi stranieri. È una scuola non repressiva priva di qualunque tipo di autorità o di gerarchia; le abitazioni degli allievi sono suddivise in base all'età e per ogni gruppo è previsto un assistente. Le lezioni sono facoltative; esiste un orario, ma vale solo per gli insegnanti. I ragazzi sono liberi di fare quello che vogliono, a patto che le loro azioni non provochino alcun danno agli altri, secondo il principio di Neill «Libertà, non Licenza». Neill è autore del libro “I ragazzi felici di Summerhill”. I primi quaranta anni di questa rivoluzionaria esperienza educativa sono descritti nel libro “Liberi bambini a Summerhill”.
[65] Paul Goodman (New York City, 9 settembre 1911 – North Stratford, 2 agosto 1972), è stato anarchico, pacifista, sociologo, poeta, scrittore, critico cinematografico, fondatore di «LIBERATION» ed intellettuale statunitense dagli interessi molteplici.
[66] Eleonora Giulia Amalia Duse (Vigevano, 3 ottobre 1858 – Pittsburgh, 21 aprile 1924) è stata un'attrice teatrale italiana. Fu una tra le più importanti attrici teatrali italiane della fine dell'Ottocento e degli inizi del Novecento, simbolo indiscusso del teatro moderno, anche nei suoi aspetti più enfatici.
[67] Octave Mirbeau (Trévières, 16 febbraio 1848 – Parigi, 16 febbraio 1917) è stato un giornalista, scrittore, pittore, critico d'arte, saggista, drammaturgo, anarchico e reporter di viaggio francese. Esponente dell'Impressionismo e dell'Espressionismo letterari, le sue opere sono state tradotte in trenta lingue.
[68] Charles Mowbray, fu forse il primo anarco-comunista in Gran Bretagna.Fu attivo a Londra, Norwich e negli Stati Uniti. Nacque a Bishop Auckland, nella contea di Durham nel 1857. Ha lavorato gran parte della sua vita come sarto. Non ha lasciato molte tracce del suo primo contatto con idee rivoluzionarie, ma sappiamo che si è trasferito a Londra e ha sposato Mary, figlia di un esiliato comunardo parigino, con il quale ha avuto diversi figli. Ha preso parte alle commemorazioni annuali della Comune di Parigi e dei Martiri di Chicago tenendo comizi con i famosi anarchici Peter Kropotkin[20], Errico Malatesta[43] e Louise Michel. [N.d.R. Il 4 maggio 1886, ad Haymarket Square, a Chicago, durante un raduno di lavoratori\lavoratrici ed anarchici in solidarietà con i lavoratori\lavoratrici in sciopero, una bomba fu lanciata da un ignoto su un gruppo di poliziotti, di cui uno morì all'istante. Questo fatto fu usato dalle istituzioni come scusa per reprimere il movimento anarchico. Il processo che ne seguì portò alla condanna a morte per impiccagione di sette anarchici (due di loro furono in seguito graziati), poi riconosciuti innocenti, e ad una condanna a 15 anni. I condannati, passati alla storia come "Martiri di Chicago", sono ancora oggi ricordati come vittime della repressione contro anarchici e sindacalisti].
[69] Antoine "Tony" Révillon, nato il 30 dicembre 1832 a Saint-Laurent-lès-Mâcon (Ain) e morto a Parigi l'11 febbraio 1898, è stato un giornalista, scrittore e politico francese.
[70] Charonne è l'80º quartiere amministrativo di Parigi, situato nel XX arrondissement.
[71] Capoluogo del dipartimento dell'Aveyron nella regione dell'Occitania.
[72] Nel dipartimento della Marna nella regione Grande Est.
[73] Nel dipartimento della Somme nella regione dell'Alta Francia.
[74] Situata sulle rive del fiume Garonne, nel sud-ovest della Francia, capoluogo del dipartimento della Gironda e della regione della Nuova Aquitania.
[75] Nel dipartimento della Loira e nella regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi.
[76] Capoluogo del dipartimento dell'Aube nella regione Grand Est.
[77] Gaston de Galliffet (1830 –1909) è stato un militare francese. Nel 1870, era generale di brigata; con tale grado partecipò alla guerra franco-prussiana e fu fatto prigioniero nella disfatta di Sedan. Liberato dai prussiani, comandò una brigata di cavalleria dell'esercito di Versailles impegnato nella guerra contro la Comune di Parigi, rendendosi responsabile di massacri indiscriminati di migliaia di prigionieri.
[78] Le Erinni sono, nella mitologia greca, le personificazioni femminili della vendetta (Furie nella mitologia romana) soprattutto nei confronti di chi colpisce la propria famiglia e i parenti.
[79] Georges Garraudn nato à Perpignan il 30 juin 1846, membro della Fédération révolutionnaire lyonnaise.
[80] Luigi Filippo di Borbone-Orléans, già duca d'Orléans, conosciuto durante la Rivoluzione come il cittadino Chartres oppure Égalité fils, fu re dei Francesi dal 1830 al 1848 con il nome di Luigi Filippo I.
[81] Émile Jean-Marie Gautier (19 gennaio 1853 a Rennes1 - 20 gennaio 1937) è stato una giornalista francese. Dottore in legge e discepolo di Jules Vallès2. Usò vari pseudonimi come Hombre, Polycarpe, A. Kergus, Raoul Lucet. Fu un attivista e un teorico anarchico coinvolto nel processo, noto come "Processo dei 66" nel 1883 a Lione (Il cosiddetto "processo dei 66" si riferisce al processo che vide imputati un gruppo di anarchici (tra cui Kropotkin[20], Emile Gautier, Felix Tressaud e altri), accusati di un attentato contro il Teatro Bellecour di Lione nell’ottobre 1882).
[82] Louis Bernard Bonjean (1804 –1871) è stato un giurista e politico francese. Nell'aprile del 1871, con la Comune di Parigi, fu arrestato e detenuto come ostaggio, fino a essere fucilato il 24 maggio insieme con l'arcivescovo di Parigi Georges Darboy e altri quattro ostaggi.
[83] François Paul Jules Grévy (Mont-sous-Vaudrey, 15 agosto 1807 – Mont-sous-Vaudrey, 9 settembre 1891) è stato un politico francese. È stato Presidente della Repubblica di Francia dal 20 gennaio 1879 al 2 dicembre 1887.
[84] Nel dipartimento della Senna Marittima nella regione della Normandia.
[85] Édith Thomas (23 gennaio 1909, Montrouge - 7 dicembre 1970, Parigi) era una romanziera, archivista, storica e giornalista francese. Pioniera bisessuale della storia delle donne, si dice abbia ispirato un personaggio del romanzo erotico Story of O.
[86] Nel dipartimento del Finistère nella regione della Bretagna.
[87] Teresa Mañé Miravet (29 novembre 1865 a Cubelles, Catalogna, Spagna - 5 febbraio 1939 a Perpignano) era un'insegnante, editrice e scrittrice sotto lo pseudonimo di Soledad Gustavo.
[88] Ernest Vaughan era l'amministratore del giornale l'Intransigeant
[89] Nella Francia sud-orientale, capoluogo del dipartimento dell'Isère nella regione Alvernia-Rodano-Alpi,
[90] Capoluogo del dipartimento dello Cher, nella regione del Centro-Valle della Loira.
[91] Città della Provenza, nel sud-est della Francia.
[92] Capoluogo del dipartimento del Doubs e capoluogo della nuova regione Borgogna-Franca Contea.
[93] Nel dipartimento della Senna-Saint-Denis nella regione dell'Île-de-France.
[94] Nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France.
[95] Capoluogo del dipartimento dell'Ain della regione Alvernia-Rodano-Alpi.
[96] Nel dipartimento delle Bocche del Rodano della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
[97] Nel dipartimento dell'Essonne nella regione dell'Île-de-France.
[98] Nel dipartimento dell'Essonne nella regione dell'Île-de-France.
[99] Nel dipartimento della Val-d'Oise nella regione dell'Île-de-France.