CHIESA
DI SAINT-AMBROISE
La chiesa di Saint-Ambroise è
situata nell'11°
arrondissement. Da lei prende il nome il quartiere Saint-Ambroise in cui la
chiesa si trova.
Nel 1656, venne costruita a
cura delle monache dell'Ordine della Vergine Maria, che risiedevano dal
Il 24 gennaio 1863, il
Consiglio di Stato deliberò la costruzione di una nuova e più grande chiesa;
individuata una collocazione adatta nell'area alla sinistra dell'edificio
secentesco, lungo il boulevard du Prince-Eugène (oggi boulevard Voltaire), la
costruzione iniziò lo stesso anno su progetto di Théodore Ballu e terminò nel
1869. La chiesa venne aperta definitivamente al culto l'11 novembre dopo che
era stata utilizzata per le celebrazioni della settimana santa; nel medesimo
anno, Notre-Dame de la Procession venne demolita. La chiesa di Saint-Ambroise
venne consacrata soltanto il 7 dicembre 1910 dal cardinale arcivescovo
metropolita di Parigi Léon-Adolphe Amette.
Durante la Comune del
1871, pur rimanendo utilizzata per il culto cattolico, la chiesa divenne
sede del club
ambroise detto club des
prolétaires di cui facevano parte anche delle donne ed alcune di loro erano
anche delle seguite oratrici. Questo club pubblicava il giornale «Le
prolétaire».
Dal 23
maggio 1871, divenne una polveriera:con la complicità del parroco
dell'epoca, alcuni Comunardi
vi nascosero delle armi e munizioni.
Il 2 giugno 1978, la chiesa
venne dichiarata monumento storico di Francia.
Il 18 marzo1996 la chiesa fu occupata da circa 300 immigrati africani che chiedevano la regolarizzazione[1] (data fatidica). Il parroco richiese l'evacuazione dei locali. Le forze dell'ordine evacuarono la chiesa nelle prime ore del 22 marzo. La forte copertura mediatica di questa occupazione e l'espulsione che ne seguì è all'origine del «mouvement des sans-papiers, movimento di migranti privi di documenti». Queste sono le stesse persone, che occuparono successivamente la chiesa di Saint-Bernard.
Evacuazione dei sans papiers |
[1] Ci scusiamo in anticipo se ci
dilunghiamo con questa nota, ma lo facciamo per rendere omaggio alla lotta dei
sans papiers.
18 marzo - 23 agosto 1996: la Francia fu attraversata da un nuovo
scossone sociale del tutto inatteso. La questione immigrazione, per anni
oggetto di legislazioni sempre più restrittive, diventò protagonista in carne
ed ossa, attraverso la mobilitazione dei sans papiers, i senza documenti,
immigrati africani diventati clandestini grazie alle leggi Pasqua dopo anni di
soggiorno legale in Francia. costrinsero la società a schierarsi e a spaccarsi
trasversalmente tra chi difendeva i diritti di cittadinanza di tutti e chi
voleva chiudere le frontiere e le proprie coscienze. Costrinsero lo Stato a
mostrare la sua faccia violenta, svelando l'ipocrisia del suo impianto
legislativo.
Dentro la chiesa durante l'occupazione |
Sei mesi di lotta che determinarono uno spartiacque tra un prima e un
dopo. Perché un altro soggetto sociale prese la parola. La lotta dei sans
papiers di Saint-Ambroise (poi in quella di Saint-Bernard),
immigrati irregolari che in Francia dal 18 marzo (guarda caso anniversario
della Comune
di Parigi) hanno deciso di uscire dalla clandestinità per assumere una
visibilità assumendo una dimensione pubblica, è stata una lotta esemplare per
molti versi. Innanzitutto è stata una lotta autonoma, completamente auto
organizzata, rincorsa a posteriori dalle associazioni umanitarie, religiose e
del volontariato, dai vari gruppi che difendono i diritti civili. In questo
modo questa lotta ha aperto tensioni e lacerazioni proprio per il suo carattere
dirompente, per l'efficacia di quel gesto, l'occupazione di chiese nel pieno
cuore di Parigi da parte di circa quattrocento africani, tra i quali centosedici
bambini. Una lotta che rivendicò il diritto all'esistenza legale, ad una vita
dignitosa e non sotterranea, che sfidò la paura e l'arroganza del potere e per
questa sfida era pronta a pagare anche caro. Fu una lotta esemplare per la sua
estensione, per la determinazione nel rimanere uniti, nella consapevolezza che
solo una mobilitazione unitaria e collettiva può aprire spazi di libertà, che
non sono permesse scorciatoie individuali. Fu una lotta ad alta densità
mediatica che ruppe uno squarcio di luce nel tetro clima determinato da un
governo di destra che giocava la carta della criminalizzazione dell'immigrato
per coprire il degrado sociale che le politiche neoliberiste (giscardiane o
socialiste) lasciavano alle proprie spalle.
Una manifestazione di solidarietà |
La Francia ha una lunga storia che la lega ai suoi immigrati e un rapporto del tutto particolare con questi: tradizionalmente terra d'asilo, un passato coloniale che pesa ancora oggi, un legame stretto con l'Algeria, un'immigrazione di seconda generazione, una destra che ha fatto dell'identità nazionale, della francesità, una battaglia politica. E ancora basta ricordare la Marche pour l'égalité et contre le racisme del 1983 che seguivano due anni di rivolte nelle banlieues, le periferie urbane degradate delle metropoli francesi, l'esproprio mediatico dell'autonomia di queste lotte attraverso lo sviluppo di SOS Racisme, un'organizzazione spettacolare controllata dai partiti che si muove a suon di megaconcerti e che riesce a dislocare una lotta per l'égalité des droits su un piano di un antirazzismo puramente morale. La rivolta nelle periferie guidate dai beurs costellarono gli anni '80 e '90 fino alla rivolta del marzo 1994 contro i salari d'ingresso (il CIP) voluto dal governo Balladur. E ancora il piano Vigipirate contro il terrorismo di marca islamica e il panico che si diffuse nelle città francesi nell'estate del 1995 preparò una nuova ondata di leggi anti immigrati, peggiorative di quelle leggi Pasqua, che presero il nome dal famigerato ministro degli interni del governo di destra, che già minavano il dettato costituzionale. Leggi e decreti che nacquero da un bisogno interno di individuare un caprio espiatorio per le crisi sociali e la delegittimazione politica dei governi che si succedono, e per adeguare il proprio armamentario legislativo all'appuntamento dell'Europa di Schengen, gli accordi del 1990 che determinano i vincoli della costruzione della "fortezza Europa", un'entità sovranazionale con frontiere aperte all'interno ma chiuse all'esterno.
«Con umanità e cuore ...» la prima pagina di Liberation il giorno dopo l'evacuazione, il 24 agosto 1996. |
La lotta dei sans papiers di Saint-Bernard
nasce da questo groviglio e contro tutto questo. Contro l'arroganza di leggi
che non rinnovano un permesso di soggiorno a genitori con figli che hanno la
nazionalità francese, leggi discriminatorie, ingiuste, incivili. Leggi che
cercano di arrestare il flusso della vita bloccando la libera circolazione
delle persone. Ma il significato della lotta dei sans papiers va oltre . Un
nuovo paradigma si apre con l'apparire di un nuovo soggetto frutto della
dialettica inclusione/esclusione che domina la società di oggi: il soggetto dei
"senza", i senza documenti, i senza fissa dimora, i senza lavoro, i
senza assistenza. I sans papiers sono diventati il simbolo di tutto questo, dei
soggetti che non si riconoscono per l'appartenenza ad un settore produttivo, a
un luogo, o perché hanno in comune competenze o comportamenti, ma che legano la
produzione della propria identità sulla mancanza di qualcosa, sull'essere "sans".
E per noi, quell'essere senza ci regala il sogno di una speranza. La speranza
che arrivi il giorno in cui si possa vivere senza documenti, senza lavoro,
senza miseria, un giorno in cui Stato e mercato inizino a invertire la loro
corsa, per ritirarsi fino a sparire dalle nostre vite.