I CLUB
Nel 1871,
durante la Comune,
la popolazione, mossa da un vento di libertà ed emancipazione, poteva
ritrovarsi in molti club per discutere delle situazioni del momento, proporre
soluzioni, fare anche pressioni sui funzionari eletti o aiutare l'amministrazione
comunale. Questi club, luoghi privilegiati di espressione popolare,
particolarmente numerosi e attivi; spesso prendevano il nome dei locali o delle
chiese che li ospitavano, e prolungarono una vecchia tradizione rivoluzionaria
parigina (i club furono creati nel 1789, 1830, 1848)
e assicuravano continuamente riunioni pubbliche nel periodo 1868-1871, più o
meno tollerati in seguito al voto della legge del 6 giugno 1868.
Le riunioni
pubbliche autorizzate durante il Secondo
Impero
Negli anni
sessanta, Napoleone
III
cercò, in effetti, di pacificare il mondo del lavoro per controbilanciare la
sua opposizione liberale, quella dei repubblicani e degli orleanisti. L'Imperatore
pensò anche che, rendendo i lavoratori dei padroni, li avrebbe aperti alla
società moderna e li avrebbe resi solidali con il capitalismo. Concesse loro
successivamente il diritto di coalizione (legge del 25 maggio 1864), che
consentiva lo sciopero ma senza che questo si potesse organizzare a causa
dell'impossibilità di riunirsi e del diritto di fondare società con capitale
variabile, vale a dire, le cooperative (legge del 25 luglio 1867), ancora
difficili da organizzare senza riunioni. Napoleone
III
fu quindi convinto della necessità di allentare la regolamentazione delle
riunioni pubbliche. Questo fu lo scopo della legge del 6 giugno 1868, ancora
molto restrittiva.
Poco prima
della sconfitta
di Sedan nel 1870, che segnò la fine del Secondo
Impero e la proclamazione
della Terza Repubblica, le autorità autorizzarono le riunioni pubbliche,
permettendo di affrontare qualsiasi questione ... o quasi. Era necessario,
infatti, evitare argomenti politici e religiosi. Erano inoltre strettamente
controllati e sorvegliati, e c’erano delle disposizioni da osservare: si doveva
rilasciare una semplice dichiarazione fatta tre giorni prima da sette cittadini
che specificavano il luogo, il giorno, l'ora e l'oggetto della riunione; gli
incontri dovevano essere tenuti in locali chiusi, al coperto e si doveva
consentire la presenza del commissario di polizia; si dovevano tenere sotto la
responsabilità di uno staff di tre persone (un presidente e due assessori)
elette dall'assemblea in ogni riunione per non violare le leggi ancora in
vigore sulle associazioni; questo staff era garante dell'ordine del giorno; la
presenza di un commissario di polizia, assistito da due agenti o due segretari,
era indispensabile. Infine, erano previste pene pesanti per trasgressori e
delinquenti.
I funzionari
potevano delegare un burocrate (di fatto, il commissario di quartiere,
assistito da un segretario e, in seguito, anche uno stenografo) con il potere
di redigere il verbale dei fatti avvenuti durante le riunioni, all'indirizzo
avvisare l'ufficio in caso di eccessiva tolleranza e sciogliere l'incontro. Gli
organizzatori delle riunioni, lo staff e i partecipanti ale assemblee spesso
devono resistere ai tentativi di scioglimento da parte del commissario causando
così numerosi scontri. Alle Folies-Belleville, il locale più grande e popolare
del 20°
arrondissement, nel 1869 ci furono più di 150
riunioni popolari, nelle quali i partecipanti si opposero spesso al
commissario. Infatti, nella riunione del 30 gennaio 1869,
l’assemblea propose "di strangolare il commissario".
Il governo
poteva essere attaccato solo per via indiretta, per allusione, ed era
formalmente vietato esporvi il meccanismo di un governo repubblicano, e fare
paragoni tra la repubblica e l'impero che non sarebbero stati fatti a favore
dell'impero. I funzionari e l'amministrazione non potevano essere toccati,
perché sarebbe stato un argomento politico, così, molte assemblee, pur evitando
la politica, avevano colto l'occasione per mettere in discussione la società e
il suo funzionamento. Quindi obiettivi di alcuni di queste riunioni erano la
borghesia e la proprietà individuale; si poteva commentare senza molto
imbarazzo la famosa massima di Proudhon
sulla proprietà (Qu’est-ce que la propriété? La propriété, c'est le vol!),
e descrivere i borghesi come sfruttatori e sanguisughe, poiché attaccando la
proprietà e la borghesia, si stava facendo economia sociale, una cosa molto
diversa dalla politica.
Nei distretti
popolari, le prime riunioni furono organizzate già il 18 giugno 1868. Con le
elezioni legislative della primavera del 1869, le riunioni pubbliche diventano
veri e propri luoghi di opposizione, in particolare repubblicana, al regime
imperiale e di preparazione per la rivoluzione.
Le riunioni
pubbliche in un primo momento ebbero difficoltà nel trovare oratori; per
diciotto anni, i relatori non avevano avuto frequenti occasioni per formarsi.
Rimanevano, tuttavia, alcuni vecchi frequentatori dei club del 1848,
e non passò molto tempo che questi seguaci della repubblica democratica e
sociale riapparissero. Nei loro interventi recitavano le stesse frasi
accompagnandole con gli stessi gesti. Gli uditori della generazione del 1848
che parteciparono alle riunioni pubbliche di La Redoute, Pré aux clercsou
o delle Folies-Belleville, potevano ancora credersi nel club del Conservatoire o al Club
dei club. Ma non passò molto tempo che le cose comunciarono a cambiare: i
membri del congresso di Liegi[1],
i delegati dell'AssociazioneInternazionale dei Lavoratori e molti altri giovani si unirono con i
veterani un po' obsoleti del 1848
per discutere della "questione sociale", e così gli oratori delle
riunioni pubbliche crebbero ogni giorno fino quando queste assemblee furono
sospese nel maggio del 1870.
Questi veri
luoghi di parola permisero l'incontro tra il popolo di Parigi e i rivoluzionari
degli orizzonti più diversi: fourieristi[2],
proudhoniani[3], blanquisti[4],
collettivisti, internazionalisti,
tra gli altri.
Fu
nelle riunioni pubbliche che gli attivisti, molti dei quali diventeranno Comunardi,
affrontavano gli argomenti più scottanti. Si parlava anche di emancipazione
delle donne in relazione alla famiglia e all'educazione. L'odio per la
religione era nell'aria, perché l'ateismo e il libero pensiero alimentavano i
dibattiti delle riunioni pubbliche.
Nonostante la
repressione sempre più violenta (scioglimento di un incontro su sette o otto,
22 processi, con 39 accusati), le assemblee popolari si svilupparono
guadagnando notorietà e numero di partecipanti.
Tra la
pubblicazione della legge e la sua sospensione nel mese di aprile 1870, escluso
il periodo elettorale, 933 riunioni pubbliche furono organizzate in 73 sale,
ben distribuite tra il centro (28), la periferia (37) e la banlieue[5]
di Parigi. Esse mobilitavano migliaia di partecipanti e decine di relatori. Il
3 marzo, 1869 segnò un record: si stimò tra i 10.000 e 15.000 partecipanti
riuniti quel giorno in sette diverse sale. Il pubblico era molto vario:
residenti del quartiere o parigini provenienti da altri arrondissement
perché attratti dall'ordine del giorno, borghesi, lavoratori, studenti. Le
donne partecipavano in gran numero e persino bambini. Il movimento si strutturò
rapidamente molto bene. Tra 25 e 30 animatori, organizzatori od oratori, si
trovavano a volte in una sala, a volte in diverse. Questi erano di tendenze
molto diverse: "economisti" (Horn, Molinari, Passy, Simonin),
cattolici (Lenormant, Récamier), protestanti (Montandon, Pressensé) blanquisti[4]
(Duval,
Ferré,
Peyrouton
Rigault),
radicali e giacobini[6]
(Guyot, Lissagaray)
membri dell’A.I.T.
(Amouroux,
Fribourg, Héligon[7], Nostag,
Tolain,
Varlin).
Questi ultimi
stavano prendendo sempre più le luci della ribalta e davano indubbiamente un
orientamento socialista al movimento operaio e una dinamica rivoluzionaria, che
prefigurava la Comune, ai
parigini.
Le assemblee
popolari cominciarono a diventare luoghi di attività politica e di opposizione
al potere bonapartista, specialmente durante le elezioni legislative in
maggio-giugno1869, poi alle elezioni complementari di novembre-dicembre dello
stesso anno. Erano principalmente occasioni per criticare la Costituzione e
l'esercito imperiale, ma anche per chiedere il "mandato imperativo"
che era inseparabile per la democrazia diretta e che si applicò durante la Comune del
1871.
La
rivolta stava crescendo nella Parigi popolare intorno al plebiscito
imperiale. Poi con la vittoria del plebiscito dell'8 maggio 1870, grandi
manifestazioni si svolsero durante quattro notti a Parigi. La sera del 10
maggio, ci furono morti e feriti a Faubourg du Temple e a boulevard
de Belleville. L'esercito organizzò il blocco dei quartieri e represse
brutalmente con multiple perquisizioni e circa 350 arresti.
Le rivolte
del maggio 1870 segnarono la fine delle riunioni pubbliche, che erano diventate
troppo pericolose per il potere e che vennero, di fatto, vietate dal maggio
1870 al 4
settembre 1870 e, successivamente, dal gennaio 1871 al 18
marzo 1871.
L'organizzazione dei
club dopo il 4
settembre 1870
Il 4
settembre 1870 con la fine dell'Impero venne proclamata la Terza Repubblica
e gli ostacoli alle riunioni pubbliche vennero rimossi. Le riunioni
cominciarono a svolgersi regolarmente negli stessi locali con ordini del giorno
spesso vicini o addirittura permanenti, diventarono totalmente libere ed erano
diventate di fatto dei club: associazioni corollario della libertà di riunione!
Questi club
erano nuclei di resistenza e di offensiva da quando erano nati i movimenti del 31
ottobre 1870 e del 6 e 22
gennaio 1871. Finì il divieto di parlare di politica e religione, che
potevano essere discussi con la stessa libertà illimitata della questione
sociale. Non dovevano più temere il
sovrintendente della polizia, era piuttosto il commissario della polizia che
doveva temere i club.
A Parigi si
formarono molti club rivoluzionari. I locali non mancavano, dal 17 settembre,
la città fu sottomessa all’assedio
dell'esercito prussiano; in questa situazione, i teatri erano chiusi, sale
da ballo, sale di spettacoli o caffè concerti, persino aule scolastiche, tutto
era vuoto, e i loro grandi locali, lasciati liberi, furono rapidamente occupate
dai club, e i proprietari si mostravano benevoli sui prezzi d’affitto. La
maggior parte si accontentava di addebitare le spese per l'illuminazione o
altre spese varie, il che, naturalmente, queste premesse gratuite non impediva
clamorose recriminazioni contro l'avidità dei proprietari.
Con il
ritorno della libertà di stampa e delle riunioni, il popolo di Parigi si
schierò prima dalla parte del governo
della difesa nazionale, e poi contro di esso, a favore della Comune di
Parigi.
Fu durante l'assedio
di Parigi da parte dei prussiani che le assemblee popolari ripresero i
dibattiti sulle stesse questioni sociali e politiche come alla fine
del Secondo Impero. E naturalmente sulla questione della difesa nazionale e
su quella di Parigi.
D'altra
parte, il numero degli oratori delle riunioni pubbliche era appena stato
gonfiato dalle varie categorie di rifugiati che gli eventi avevano riportato da
Londra, Ginevra o Bruxelles. Quindi c’era tutto ciò di cui si aveva bisogno per
organizzare i club e moltiplicarli per soddisfare le esigenze del pubblico.
Alla vigilia dell'assedio,
infine, l'ordine del prefetto di polizia, Èmile de Kerary, che prescriveva la
chiusura dei teatri, concedeva un reale incoraggiamento alla formazione dei
club.
In generale i
club prendevano il nome dei locali che occupavano: il club delle Folies-Bergèrses è stato, forse, il primo ad essere
aperto dopo gli eventi del 4
settembre, nella bella sala spettacoli-concerti del famoso music-hall di
Parigi situato in rue Richer 32, all'interno del 9°
arrondissement; il club di Pré aux
clercs in rue du Bac 75; il club de
la salle Favié in rue de Belleville 13, a Belleville;
il club della Porte Saint Martin[8];
il club della Reine-Blanche[9]
a Montmartre,
in boulevard de Clichy 88, tra la strada Lepic e il cimitero di Montmartre.
C’erano anche
il club del Collège de France, quello
dell’Ecole de Médecine, che si erano
stabiliti in luoghi illustri. Alcuni avevano preso denominazioni efficaci: il
club che frequentava Blanqui
si chiamava il club de la Patrie en
danger (la Patria in pericolo); il club moderato della sala Valentino, che succedette al club non meno moderato
della Porte-Saint-Martin. Altri club
che ricordiamo: il club Délivrance; e
infine, nel boulevard Rochechouart, il club
de la Vengeance che si riuniva in una sala da caffè-concerto.
Ogni club
aveva il suo presidente; ma era al pubblico che ogni sera era riservato il
diritto di nominare o di acclamare il presidente. In alcuni club, il pubblico
si era stancato di usare questo diritto imprescrittibile, e si limitava ad
approvare i presidenti che gli venivano presentati; altrove, la presidenza
veniva riconosciuta con autorità; ma in quelli in cui le opinioni politiche
erano opposte entravano in conflitto.
Al club delle Folies-Bergères, dove la
«sinistra» aveva dapprima la maggioranza, designavano gli oratori a loro
piacimento; ma poiché la reazione aveva sollevato la testa, gli appuntamenti
erano sempre più contestati: i reazionari, giorno dopo giorno diventarono più
numerosi tra il pubblico fino a quando la reazione passò allo stato di
maggioranza, e così la nuova minoranza emigrò per sfuggire ad una intollerabile
tirannia, in altri club. Il club dei
Montagnards, in boulevard de Strasbourg, attirò quei delusi.
Nel club della Patrie en danger, Blanqui
era presidente irremovibile, ma dopo il 31
ottobre, quando Blanqui
fu costretto a fuggire, la gente del club riprese cominciò ad eleggere ogni
sera il suo presidente. Capitava, giustamente, che una maggioranza
rivoluzionaria avesse scelto i membri della presidenza nella minoranza
moderata, come capitava molto spesso al Folies-Bergères,
e altrove la maggioranza moderata accettava un presidente rivoluzionario.
A
completamento del direttivo, venivano nominati dei commissari per mantenere
l'ordine. Alcuni aderenti tenevano la cassa: era necessario pagare dai 10 ai 50
centesimi per partecipare alle assemblee. Il costo d'ingresso era solitamente
di 25 centesimi a persona nei quartieri a basso reddito; al club Favié, di Belleville
si pagava solo 10 centesimi, mentre nel club
moderato della sala Valentino il costo saliva a 50 centesimi. Al club della rue d’Arras e al club della Cour des miracles, si pagava
quello che si voleva o poteva.
Questo
biglietto d'ingresso veniva utilizzato per pagare l’affitto di locazione,
quando la sala non era gratuita, e i costi di illuminazione e di pulizia, e
questi costi variano molto a seconda della posizione: al delle Folies-Bergères e alla sala Valentino, l'illuminazione a gas
era più brillante; alla Cour des miracles,
dove il club si teneva in una scuola di guardiani, ci si contentava delle
lampade ad olio. La pulizia non era costosa, e quando un club diventava famoso,
c'era quasi sempre un notevole introito.
Si noti che
la questione della donazione per partecipare alle assemblee fu discussa. Così
nel club Favié di Belleville
venne aperto un dibattito su questo tema. È stato quindi deciso che la quota di
partecipazione sarebbe stata libera senza essere obbligatoria. Ciò fu deciso
per garantire che tutti, anche quelli con problemi economici, potessero
partecipare alle assemblee.
Il
pubblico cominciò a riempire le sale, pubblico molto vario, dove donne e
bambini erano addirittura in gran numero, dove le varie uniformi delle guardie
nazionali, guardie mobili, cecchini, ecc., presentavano un aspetto molto
pittoresco. A seconda che le notizie del giorno fossero buone o cattive, i
volti erano rassicurati o preoccupati. Gli organizzatori e i relatori del club
si riunivano sul palco, quando c'era un palco o semplicemente attorno ad un
tavolo o ad una scrivania. Non appena il presidente e i due assessori venivano
eletti, si fissava l'ordine del giorno. La maggior parte delle volte
l’argomento principale era la difesa nazionale, ma si parlava anche degli
armamenti e dei mezzi di sostentamento, della questione della Comune e
persino della rivoluzione sociale, e alle Folies-Belleville,
come altrove, "la liberazione del lavoro" trovò la sua
soluzione nel socialismo.
All'inizio,
come nel 1848,
i club inviavano volentieri delegati al governo, sia per comunicargli le
risoluzioni votate dal club, sia per chiedere chiarimenti sui fatti.
Inizialmente il governo
della difesa nazionale riceveva questi delegati con molta cortesia, e
talvolta davano il più alto interesse, ma poco tempo dopo si stancarono di
ricevere ogni sera i delegati dei club, così membri del governo alla fine
nominarono degli incaricati per ricevere i delegati, e da quel momento in poi
le comunicazioni tra i club e l’Hôtel
de Ville divennero molto più rare. Allora il governo veniva informato delle
risoluzioni o delle denunce indirizzate ad esso tramite gli articoli pubblicati
nei giornali.
Tribune per
rivendicare ed esporre le proprie idee ...
ma che potevano trasformarsi in un tribunale
Durante le
riunioni dei club si facevano anche molte denunce: si denunciavano gli
«accaparratori», i «cattivi cittadini». Si denunciarono i traditori, inclusi i
generali bonapartisti. Nei primi giorni dell'assedio,
cecchini e persino guardie mobili andavano nei club per denunciare i loro
comandanti; ma questo non durò molto e la disciplina finì per prendere il
sopravvento.
Tra la
denuncia e la messa in accusa la distanza era breve; più di una volta il club della Cour des miracles, il club di Belleville e il club della rue d’Arras (club Blanqui) sono stati invitati a
trasformarsi in tribunali per pronunciare un giudizio, o in cassazione per
ratificare o interrompere una sentenza fatta altrove. Nel club di Belleville, ad esempio, una condanna a morte in contumacia pronunciata
in diversi club del 4°
arrondissement contro il «traditore Bazaine[10]»
e i suoi complici, Canrobert, Leboeuf e Coffinières, è stata confermata
all'unanimità e tutti i cittadini presenti sono stati invitati ad eseguire la sentenza anche da soli (riunione
del 19 novembre).
La maggior
parte dei ventotto club di Parigi erano a favore della difesa nazionale fino
alla vittoria e al rafforzamento della Guardia
Nazionale.
Nei club
venivano anche presentate invenzioni di ogni tipo: come il feu grégeois[11],
o il razzo Satana poteva distruggere 60.000 prussiani all'ora ... Molti
gareggiavano con l'immaginazione per combattere contro il nemico.
Ogni club
aveva i suoi oratori regolari. Tuttavia, occasionalmente altri cittadini
volevano parlare. La occasione non era facile e il pubblico era difficile, non
gradivano gli interruttori di assemblea.
Tuttavia, i
"professionisti" vagavano da club a club per esprimersi ... Sapevano
come adulare il pubblico: "Il mondo
ha gli occhi su di voi. Voi avete l’ammirazione dell'universo, è Belleville che
salverà l'Europa".
Thiers
contro i club
Presto, i
club denunciarono il governo,
quello di "tradimento nazionale", e parteciparono ad un
tentativo fallito di proclamare la Comune di
Parigi, in seduta completa, il 31
ottobre 1870.
Durante la
seconda metà dell'anno 1870, in seguito all'ascesa nelle assemblee dei parigini
sostenitori di Thiers,
alcuni club chiusero. Talvolta alcuni chiudevano perché veniva loro tagliata
l'illuminazione o il riscaldamento, come al Folies
Bergères nel dicembre 1870.
Questa
situazione portò alla radicalizzazione dei club che erano rimasti totalmente
rivoluzionari. Alcuni di loro, come l'Elysée
Montmartre o il Reine Blanche,
chiusero completamente. Così, il club di
rue de Charonne organizzava incontri segreti, per assicurarne il
funzionamento.
Parigi era assediata
dai prussiani, venne organizzata la resistenza.
I membri
fondatori del club della Reine-Blanche
chiesero, un governo diretto solo dal popolo, salvare la patria e la nascita di
una Comune di
Parigi.
Tra questi
membri, facevano parte due eletti
alla Comune di Parigi da Montmartre.
Eugène
Razoua (capitano della Guardia
Nazionale) e Simon
Dereure (membro del comitato di artiglieria del 18°
arrondissement, vice di Clemenceau
sindaco di Montmartre),
fondatori del 61° battaglione della Guardia
Nazionale di Montmartre
(quello di père
Tanguy).
La situazione
sotto l'assedio
si trasformò in disastro alla fine del 1870. I rivoluzionari reclamarono:
"Potere al il popolo. Potere alla Comune"
in un Manifesto
rosso, 6 gennaio 1871.
Il 23 gennaio
1871, il governo
della difesa nazionale di Thiers
vietò i club, i locali che li ospitavano vennero chiusi e, il 29 gennaio,
proclamò un armistizio. Parigi capitolò.
Questo non
scoraggiò affatto i parigini; alcuni decisero di incontrarsi direttamente nei
viali o nei portici. Ogni giorno e ad ogni ora sui boulevard, intorno ai
chioschi dei venditori di giornali, nelle strade, ovunque si formavano dei club
all'aria aperta, la cui storia non è meno curiosa e meno pittoresca di quella
dei club nei locali chiusi, anzi davano un'indicazione più vera dello stato
d'animo, delle impressioni o delle febbri fuggevoli dei sovraeccitati
partecipanti occasionali. Spesso queste discussioni sul marciapiede
degeneravano in scene di pugilato, e il pubblico interveniva per separare i
combattenti, quando si trascinarono a vicenda, chiamandosi «spie prussiane»; ma
a volte il dibattito manteneva il suo aspetto moderato ed educato, la gente
parlava alternandosi, e il pubblico applaudiva, e quando l'oratore era
eloquente o semplicemente interessante, il dibattito si trasformava in
conferenza. Una sera, verso l'una di notte, di fronte al municipio di rue
Drouot, una folla rumorosa ingombrava la strada. Gli ombrelli erano aperti
perché pioveva forte. Indubbiamente, c'era stata una notizia importante che
stava trattenendo il pubblico in quell'ora tarda e con quel tempo odioso. Era
semplicemente un confronto tra le istituzioni della Francia e quelle
dell'Inghilterra. Un giovane oratore, vestito con l'uniforme della guardia
mobile, spiegava il meccanismo e i processi della giustizia penale in
Inghilterra, e li confrontava con quelli delle corti d'assise francesi, dando
la preferenza alle procedure inglesi. La sua parola era chiara e semplice e
sembrava conoscere bene la materia; il pubblico lo ascoltava con tanta attenzione
che aveva dimenticato l'ora e non notava nemmeno che i loro piedi erano nel
fango e che gli ombrelli formavano grondaie.
I club durante la Comune di
Parigi
I club
ripresero vita dopo il 18
marzo, sotto l'egida della Comune.
L'insurrezione
della Comune
di Parigi era fortemente sostenuta nei club durante le riunioni dell’inizio
del gennaio 1871. Le assemblee dove prima si discuteva della lotta contro i
prussiani, avevano esaurito i loro argomenti, dalla nascita della Comune
saranno contro Versailles.
Mai Parigi
aveva parlato così liberamente, dalla proclamazione della Repubblica. I
giornali politici e satirici, i giornali popolari aumentavano, si organizzavano
molte riunioni pubbliche aperte a tutti e ovunque nascevano vari club e
comitati. La Comune
di Parigi ha dato un nuovo impulso a questo movimento, incoraggiando
riunioni politiche.
In tutti i
quartieri, i muri erano coperti da manifesti che annunciavano incontri
popolari. In queste assemblee, che si svolgevano la sera, la parola è
totalmente libera, per gli uomini come per le donne. Dopo il combattimento del
giorno, i cittadini venivano per istruirsi e discutere al club. Queste
assemblee rivoluzionarie partecipano alla vita, al lavoro e alla difesa della Comune di
Parigi.
Tra i locali più importanti, ricordiamo la sala Molière in rue Saint-Martin 159,
nel 3° arrondissement; l'Alcazar
in rue du Faubourg-Poissonnière 10, nel 9° arrondissement; la Jeune-Gaule
in Place du Trone 28, nel 12° arrondissement; l'Alcazar
d’Italie e la Belle- Moissonneuse
nel 13° arrondissement; il Jardin
de Paris in rue de la Gaîté 21, nel 14° arrondissement; la sala Chaput
nel boulevard de Grenelle 142, nel 15° arrondissement; il locale Robert nel boulevard de Rochechouart 54, nel 18° arrondissement; e le Folies-Belleville
in rue de Belleville 8, nel 20° arrondissement. Uno dei club,
particolarmente ben documentato fu il Club des prolétaires (Club dei
proletari). Il Club dei proletari era solo uno dei ventotto club
della Comune
che sono stati recensiti.
Nei club
parigini, ci si riuniva per quartiere o per affinità politica, erano anche un
potente mezzo di pressione popolare sui funzionari eletti della Comune e
di controllo del loro mandato imperativo. Inizialmente, le riunioni dei club si
svolgevano nei teatri, nelle scuole; venivano utilizzate erano sale da ballo,
caffè-concerto, teatri, luoghi di commercio di vino e persino circhi, palestre,
stalle, lavanderie e anche catacombe. Ma la loro capacità non era sempre
sufficiente, gli affitti erano onerosi e i proprietari delle sale non erano
sempre disponibili: temevano incidenti o semplicemente temevano le autorità, e
molto spesso non mettevano a disposizione i loro locali. Erano, inoltre, in
balia del ritiro dell'autorizzazione concessa dalla prefettura di polizia, che
non esitava.
Ma con
l'avvento della Comune, le
chiese diventarono il luogo privilegiato delle riunioni politiche. I Comunardi
si riunivano lì la sera, lasciandole libere durante il giorno per permettere ai
preti, che non erano fuggiti da Parigi, di officiare. Il decreto del 2
aprile 1871 che stabiliva la separazione tra stato e chiesa ha permesso,
infatti, di risolvere il problema elegantemente delle sale di riunioni. Prima
di 1871, era difficile trovare delle sale.
Ogni sera, la
rivoluzione sale sul pulpito in una dozzina di chiese parigine. Il club della Rivoluzione Sociale di Batignolles,
animato dagli internazionalisti,
occupava la chiesa Michel, mentre quello della Rivoluzione, nel 18°
arrondissement, dove si ritrovava l'eletto blanquista[4] Ferré
e Louise
Michel, si riuniva nella chiesa Saint-Bernard-de-La-Chapelle[12]).
Tra il loro pubblico e i loro oratori, i club rivoluzionari della Comune
hanno contato molte donne, incluse attiviste socialiste come Nathalie
Le Mel, Elisabeth
Dmitrieff, Paule
Mink (nella chiesa di Saint-Pierre de Montmartre) e Louise
Michel (nel club della Rivoluzione,
nella chiesa di Saint-Bernard-de-La-Chapelle), ed anche in club femminili, come
a la Trinité o a Notre-Dame de la Croix.
Altri club
che si stabilirono nelle chiese ricordiamo: il Club de la révolution sociale
a Saint Michel des Batignolles; il Club de la victoire a Saint Sulpice;
il Club Nicolas des Champs nella chiesa omonima.
In
quell’epoca, che non si conosceva né Internet né la televisione, la maggior
parte delle informazioni venivano fornite dalla stampa (i cui cittadini erano
grandi consumatori, ma che non era sempre indipendente e la cui libertà era
problematica) e dalle riunioni pubbliche. Si noti che la forma stessa di questi
mezzi di comunicazione porta a scambi tra cittadini e all'azione, mentre i
media contemporanei, che toccano l'individuo nel suo isolamento quotidiano
nella forma di contatti intimi con un dispositivo elettronico alimentato dal
potere, portano automaticamente alla passività.
I club erano
principalmente luoghi di informazione, istruzione pubblica e di espressione del
pensiero dei comuni cittadini. "Sta a noi l'iniziativa",
dicevano. Infatti, i club sono stati spesso la causa di proposte che sono state
adottate dal Consiglio
del Comune, ma erano anche spesso molto critici e irrequieti. Reclami e
denunce erano al centro dei dibattiti dei club durante l'assedio.
Anche la loro attività giudiziaria era operosa, compresa la condanna a morte di
Georges
Darboy, l'Arcivescovo di Parigi, nel maggio 1871. Ma furono anche il luogo
di espressione delle grandi idee della Comune per
una democrazia più ampia, e per l'emancipazione delle donne...
Se questi
club erano numerosi nei quartieri centrali ( I, II,
III,
IV,
V
e VI arrondissement),
i quartieri chic dell'ovest di Parigi non ne avevano (VII,
VIII
e XVI).
Club si
federarono il 7
maggio 1871 al fine di avere contatti più efficaci con il Consiglio della Comune.
In ultima
analisi, i club comunardi avevano una grande originalità: erano aperti a tutti,
erano orientati all'azione, a differenza dai nostri partiti politici.
Mostrano la responsabilità civica della gente del tempo, la loro curiosità dei
meccanismi economici e sociali, e la loro maturità politica.
Il Club des
Prolétaires
Il Club
dei proletari è stato il club meglio conosciuto della Comune, in
primo luogo perché fu l'unico ad aver redatto dei documenti (i verbali delle
riunioni, dossier individuali dei militanti portati davanti al Consiglio di
guerra) e in secondo luogo perché pubblicò un giornale, Le
Prolétaire, di cui furono pubblicati solo quattro numeri tra il 10
marzo e il 24
maggio. Questo giornale si presentava come "un organo di
rivendicazione sociale, in modo che coloro che non possono esprimersi in una
tribuna possono farlo per iscritto". Non dobbiamo, diceva, "lasciare
che i membri
della Comune si isolino dai loro elettori".
Il Club
dei proletari si riuniva presso la chiesa
di Saint-Ambroise che è stata costruita sul boulevard du Prince Eugene,
l'antico nome del boulevard Voltaire. Durante l'assedio
di Parigi, ospitò il Club Saint-Ambroise che, dopo il 18
marzo e quindi sotto la Comune,
partorì il Club di proletari, fondato dal massone François
David, militante della società operaia di produzione, blanquista[4] e
membro dell’AssociazioneInternazionale dei Lavoratori. David
era circondato da una squadra organizzativa che includeva membri del
sottocomitato dell'11°
arrondissement. Durante la Comune del
1871, pur rimanendo utilizzata per il culto cattolico, la chiesa divenne sede
del club e, con la complicità del parroco dell'epoca, alcuni Comunardi
vi nascosero delle armi e munizioni. La vocazione del club era "educare il
popolo da parte del popolo" ed "esprimere le più insistenti
rivendicazioni del popolo: istruzione gratuita, orario di lavoro ridotto,
salario minimo garantito". Ogni sera riuniva migliaia di persone, tra cui
un numero molto elevato di donne. Quattromila persone parteciparono alla sesta
riunione. Il 15
maggio, venne deciso di aprire un secondo club nella chiesa di
Sainte-Marguerite.
La
letteratura dei documenti tramandati dal club mostrano una cosa interessante,
nelle sue assemblee si mettevano in confronto le concezioni del gruppo
dirigente con quelle della base, dei cittadini.
L’organo
organizzativo comprendeva, oltre David:
Jean
Parthenay, ebanista; Jacqueline,
geometra, internazionalista
e blanquista[4]; Baillehache,
tipografo; Baux,
operaio meccanico e internazionalista;
Jules André, produttore di piastrelle; Charles
Lesueur, pittore; Claudius
Favre, indoratore e internazionalista.
Oltre alla redazione del giornale prendevano spesso la parola. Semplici partecipanti
come erano certi Sylvain falegname, André lavandaia e la vedova Thiourt,
dimostrarono di essere eccellenti oratori.
Le principali
preoccupazioni dei lavoratori, così come appaiono nel loro parole apparse nelle
due rubriche de Le Prolétaire, la Tribune des égaux
e Notre tribune, sono: difendere la Repubblica, per riprendere in mano
il lavoro incompiuto del 1789 e, soprattutto, di controllare adeguatamente i
membri della Comune.
"La sovranità popolare non può essere delegata". "L’eletto
è revocabile e deve essere pronto a rendere conto". Molto
anticlericale, il club des prolétaires difese, inoltre, l'istruzione primaria
gratuita e obbligatoria, la giustizia gratuita e democratica, la limitazione
delle ore di lavoro, il salario minimo. I principali partecipanti erano per lo
più residenti del quartiere Popincourt nel cuore della periferia
operaia. Erano per lo più preoccupati per i problemi di tutti i giorni e, in
particolare, la situazione militare. Essi apparivano volentieri intransigenti e
spesso sostenitori di soluzioni estreme: licenziamento di alcuni ufficiali,
persecuzione dei refrattari, esclusione delle religiose nelle scuole e negli
ospedali, esproprio, esecuzione di ostaggi.
Folies Bergère
Folies Bergère è un famoso
music-hall di Parigi situato in rue Richer 32, all'interno del IX arrondissement. Nato con il
nome di Folies Trévise, divenne un locale di successo durante la Belle époque,
presentando un cartellone con spettacoli di varietà, operette, canzoni popolari
e balletti.
Le Folies Bergère, il cui nome
originale era Folies Trévise, dal nome della strada adiacente lo stabile, venne
inaugurato il 2 maggio 1869: il progetto era dell'architetto Plumeret, che
distrusse il preesistente edificio ospitante un grande magazzino. Con molta
probabilità, la volontà di creare un teatro nacque grazie a un'attrice socia
della Comédie-Française, Madame Cornelie. Quest'ultima, essendo intimamente
legata agli alti vertici della municipalità francese, riuscì a far abrogare le
leggi che restringevano di molto le attività dei nuovi teatri.
Il 13 settembre 1872 prese
l'attuale nome. Il cambiamento non venne dettato da ragioni artistiche, ma
unicamente dal fatto che la precedente denominazione, Trévise, urtava la
sensibilità dell'omonima famiglia che non voleva vedere il proprio nome
accostato a un teatro di varietà. Fu così che venne scelto il più comodo
Bergère, dal nome di una strada sempre nei pressi dello stabile cui tuttavia
non era legato il nome di nessuno.
Più volte il teatro ospitò
riunioni politiche e dibattiti, ma fu soprattutto il luogo della
rappresentazione di balletti, operette, pantomime, vaudeville e dei più svariati
spettacoli di varietà. All'interno vi si poteva bere grazie a un fornito bar,
mangiare, fumare, giocare d'azzardo e ballare, tutto all'insegna del bel
vivere.
Tutt'oggi funzionante, propone
sia ristorazione sia spettacoli dal vivo.
MOLINARI
Gustave - Les clubs rouges pendant le siége de Paris.
[1] Dal 29 ottobre all’1 novembre 1865,
a Liegi, Belgio, ci fu un "Congresso studentesco", che riunì 1400 studenti provenienti da diversi paesi, molti dei
quali belgi. Albert
Regnard rappresentò gli studenti francesi.
[2] Seguaci del filosofo francese François
Marie Charles Fourier (Besançon, 7 aprile 1772
– Parigi, 10
ottobre 1837) che ispirò la
fondazione della comunità socialista utopista
chiamata La Reunion sorta presso l'attuale Dallas
in Texas, oltre a diverse altre comunità
negli Stati Uniti d'America.
[3] Per proudhoniani s’intendono
definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph
Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo, da molti
studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx
definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una
società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro
i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi
basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il
controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non
del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli
insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.
[4] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e
attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta,
del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo
secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali
e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria
combattiva. Deve il suo nome allo
scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis
Auguste Blanqui.
[5] Con
questo termine si intende fare riferimento ai comuni che si trovano nelle
adiacenze di una metropoli, caratterizzati da forti legami socio-economici con
il centro di riferimento.
[6] Con il termine giacobinismo si intende un movimento e
un'ideologia politica risalenti all'esperienza del Club dei Giacobini durante
la Rivoluzione francese (il club des Jacobins fu un'associazione politica
fondata a Parigi nel novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San
Giacomo -Saint-Jacobus- in rue Saint-Honoré). Il giacobinismo si diffuse in
buona parte dell'Europa durante l'epoca rivoluzionaria ed ebbe un'influenza
politica notevole nella storia francese per tutto il XIX secolo, in
particolare negli eventi della Rivoluzione di luglio, della Rivoluzione
francese del 1848 e, soprattutto, nell'esperienza della Comune di
Parigi del 1871. Il giacobinismo è sopravvissuto a lungo alla sua fine
storica, che viene canonicamente fissata al 1800. Quello che Vovelle ha
definito giacobinismo trans-storico ha infatti alimentato le vicende
politiche della Francia e, in parte, anche del resto d'Europa. Durante la Rivoluzione
di luglio, nel 1830, si assisté a una nuova fase del giacobinismo, dove
tuttavia andarono a mescolarsi istanze repubblicane, socialiste e cattoliche,
unite solo dall'opposizione a una nuova esperienza monarchica[. Il “neogiacobinismo” del XIX secolo, sempre più
legato al socialismo repubblicano, si consolidò con la rivoluzione
del 1848 e con la Seconda
Repubblica, ma finì per essere spazzato via dall'ascesa di Napoleone
III. Con la brevissima e drammatica esperienza della Comune di
Parigi (1871), il giacobinismo tornò al governo della capitale francese, in
una replica delle forme dell'anno II, a partire dalla ricostituzione del Comitato
di salute pubblica e dalla rinnovata applicazione del vecchio Calendario
repubblicano. La diffusione del comunismo su scala europea, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, alimentò
le ipotesi di una sua discendenza dal giacobinismo. Karl Marx
e Friedrich Engels, nel 1848,
lo scrissero esplicitamente: “Il giacobino del 1793 è diventato il comunista
dei giorni nostri”
[7] Jean-Pierre Héligon (nato a Parigi
il 20 gennaio 1834) un disegnatore di carta da parati; proudhoniano; libero
pensatore e massone; membro fondatore dell'Internazionale;
avverso alla Comune
di Parigi.
[8] La
Porte Saint-Martin è un monumento di Parigi che si trova nel X arrondissement.
[9] La Reine Blanche lasciò il posto al Moulin
Rouge nel 1889.
[10] François Achille Bazaine
(Versailles, 13 febbraio 1811 – Madrid, 23 settembre 1888) è stato un generale
francese, maresciallo di Francia dal 1864. Allo scoppio della Guerra
franco-prussiana il maresciallo Bazaine fu posto al comando del 3° Corpo
d'armata dell'Armata del Reno. Prese parte alle prime battaglie, ma Napoleone
III
ben presto gli affidò
il comando dell'intera armata. le tradizioni negative della guerra su piccola
scala e la mania di conquistare "posizioni forti" tipiche dei
generali francesi del 1870, erano in Bazaine enfatizzate dal suo personale
disprezzo per Frossard, comandante del corpo d'armata dispiegato a Spicheren.
Bazaine lasciò combattere Frossard a Spicheren senza alcun supporto.
Effettivamente, quando Bazaine ricevette la richiesta di aiuto, mosse in avanti
parte del proprio corpo d'armata, ma solo per "conquistare posizioni
forti", non per dare un contributo sul campo di battaglia.
[11] Le feu grégeois (dal latino græcus,
greco) era una miscela infiammabile, che
bruciava anche a contatto con l'acqua, usata nell'antichità e nel Medioevo, per
la fabbricazione di dispositivi incendiari usati durante gli assedi e le
battaglie navali
[12] Piccola nota sulla chiesa di
Saint-Bernard: durane l’estate del 1996, questa chiesa venne occupata da300
immigrati clandestini per chiedere la loro regolarizzazione (i sans-papiers,
gli immigrato sprovvisti di documenti di
cittadinanza e di identità) e che vennero espulsi il 23 agosto 1996 con uno
schieramento di polizia (più di 1500 poliziotti) e con violenza (la
porta della chiesa venne rotta con un'ascia e gli occupanti feriti).