LEGA PER LA PACE E LA LIBERTÀ
Tessera d'appartenenza di Bakunin alla Lega per la Pace e la Libertà |
Il
5 maggio 1867, sul «Faro della
Loira», comparve un articolo firmato dall’editore, Evariste
Mangine, che vagheggiava la costituzione della Lega per la Pace e la
Libertà. Qualche mese più tardi venne indetto il primo congresso della nuova
associazione.
Il 1° congresso si svolse dal 9 al 12 settembre 1867 a Ginevra. Tra gli
italiani aderirono, tra gli altri, Saverio Friscia[1],
Giovanni Pantaleo[2],
Giuseppe Ceneri[3]
e Giuseppe
Garibaldi. Mazzini al contrario decise di non
aderire, riaffermando ancor più il suo esasperato nazionalismo e il suo
carattere autoritario. Michail
Bakunin, appartenente alla fazione rivoluzionaria
della "Lega", aderì con la seguente motivazione:
“... È passato il tempo dei popoli-messia. Ormai la libertà,
la giustizia, la ragione non saranno più monopolio di questa o quella
nazione…Molti democratici dell’antica scuola unitaria…pensano ancora oggi che
possa bastare l’autonomia comunale e che sia possibile l’organizzazione
della libertà con una parte, i comuni emancipati e, dall’altra,
un forte accentramento dello Stato”.
Il 2° congresso della Lega si svolse
a Berna dal 22 al 26 settembre 1868 (96 delegati
svizzeri, 41 francesi, 29 tedeschi, 11 russi e 9 italiani). L’ala rivoluzionaria, facente capo all’Alleanza
Internazionale dei Socialisti Democratici e guidata dagli anarchici
(tra i quali Michail
Bakunin, gli italiani Giuseppe Fanelli[4]
e Saverio Friscia[1]..), propose una mozione che si rifaceva
alle dichiarazioni fatte nel precedente congresso dai napoletani di “Giustizia
e Libertà”, e che metteva le basi per la scissione dalla Lega: «È necessario
abbattere tutte le istituzioni privilegiate, monopolizzatrici e violente, come
le Chiese ufficiali e salariate, lo Stato con la plutocrazia
che ne dipende e qualsiasi guadagno illecito».
[1] Saverio Friscia (Sciacca, 11
novembre 1813 – Sciacca, 22 febbraio 1886) è stato un patriota, politico e
anarchico italiano. Attivo nei Moti del 1848 in Sicilia e nella Spedizione dei
Mille ricoprì in entrambi i casi importanti ruoli di governo nell'isola.
Deputato per 7 legislature dopo l'Unità fu tra i più stretti collaboratori di Bakunin nella diffusione delle idee socialiste della Primainternazionale. Medico, fu tra i pionieri in Italia della medicina
omeopatica. La nascita della PrimaInternazionale, la conoscenza di Proudhon
e soprattutto l'amicizia con Bakunin,
che all'epoca si trovava a Napoli, lo portano ad abbracciare le idee
federaliste e antiautoritarie, auspicando un'Italia non unificata e ritenendo
si potesse concretizzare una Sicilia indipendente o al limite federata con
altre regioni. Divenuto organizzatore della sezione di Catania dell'A.I.L.,
nel settembre 1868 partecipò a Berna al secondo congresso della Lega
per la Pace e la Libertà, durante il quale i bakunisti (tra cui Giuseppe
Fanelli[1], Carlo Gambuzzi, Umberto Tucci), messi in minoranza, abbandonarono i
lavori per dar vita all'Alleanza internazionale per la Democrazia Socialista.
Nel 1871 il giornale internazionalista L'Eguaglianza, di Agrigento,
pubblicò «L'Internazionale e Mazzini», un articolo scritto da Friscia, o
comunque da lui ispirato, nel quale si polemizzava contro lo statalismo di
Mazzini e il suo attacco alla Comune
di Parigi. Nell'agosto 1872 era delegato al congresso di Rimini delle
sezioni italiane dell'Internazionale,
che sancì l'adesione degli internazionalisti italiani alle posizioni di Bakunin e il rifiuto della linea di Marx ed
Engels.
[2] Giovanni Pantaleo (Castelvetrano, 5
agosto 1831 – Roma, 3 agosto 1879) è stato un patriota e militare italiano.
Noto per essersi unito ai Mille di Giuseppe
Garibaldi sin da prima della battaglia di Calatafimi, seguì il
generale in tutte le successive campagne. Frate minore riformato, dopo aver
abbandonato la vita ecclesiastica, si unì in matrimonio ed ebbe tre figli. Nel
1869 prese parte all'Anticoncilio di Napoli organizzato da Giuseppe Ricciardi,
in opposizione al Concilio Vaticano I, indetto a Roma da Pio IX. Una posizione non particolarmente popolare, che lo
costrinse, fra l'altro, ad un viaggio nella Germania, dove più vivi erano i
dissensi rispetto al Concilio. Appresa la notizia dello sbarco di Garibaldi in
Sicilia, il 13 maggio 1860 lasciò senza preavviso o autorizzazioni il convento
di Salemi, dove era impegnato per un ciclo di predicazione, e raggiunse le
camicie rosse. Incontrò Garibaldi
nel palazzo Torralta di Salemi, introdotto dall'ufficiale toscano Giuseppe Bandi,
che poi ne diede testimonianza nel suo volume I Mille da Genova a CapuaI(1886).
Seguì Garibaldi,
per tutta la spedizione dei mille. Nelle settimane successive egli ebbe un
ruolo non secondario nella generale mobilitazione popolare che accompagnò, in
Sicilia, la spedizione. Rimasto legato al generale Garibaldi,
si attivò a sostenere i moti politici per la liberazione di Roma e Venezia.
Girò per molte città dell'Italia settentrionale a sostegno dei Comitati di
provvedimento a sostegno della politica liberale e anti-asburgica. Negli anni
successivi si dedicò esclusivamente a questioni religiose, elaborando un
progetto di rinnovamento della Chiesa cattolica per la creazione di una Chiesa
nazionale o di popolo. Per le idee che egli diffondeva sulla stampa periodica,
dovette affrontare un giudizio presso il tribunale di Torino per «attacco alla
religione cattolica» (10 dicembre 1864). Decise pertanto di rinunziare allo
stato ecclesiastico. Il 22 giugno 1872, sposò a Lione, nella Francia ormai
repubblicana, Camilla Vahè, suscitando un grande scandalo, fra amici e, tanto
più, avversari politici. Dopodiché si trasferì a Napoli e, di lì, nel 1876, a
Roma, ormai liberata dopo la breccia di Porta Pia. Tra molti stenti, senza
riuscire a trovare dignitosa sistemazione lavorativa nella vita civile, visse
con la madre, la sorella e la nuova famiglia.
[3] Giuseppe Ceneri (Bologna, 17
gennaio 1827 – Bologna, 7 giugno 1898) è stato un politico italiano. Fu
senatore del Regno d'Italia nella XVI legislatura e membro della loggia
romana "Propaganda massonica" del Grande Oriente d'Italia.
[4] Giuseppe
Fanelli (Napoli, 13 ottobre 1827 - Nocera Inferiore, 5 gennaio 1877),
inizialmente repubblicano rivoluzionario, partecipò ai Moti del 1848, alla
spedizione dei Mille e a diverse imprese garibaldine. Fu deputato al Parlamento
italiano poi anarchico, membro dell'Internazionale e propagandista
dell'anarchismo in Spagna. Aderì giovanissimo alla Giovine Italia di
Giuseppe Mazzini: partecipò ai combattimenti per la repubblica romana (1848-49)
e nel 1857 era affianco di Carlo Pisacane nel tentativo rivoluzionario
intrapreso nel sud Italia. Nonostante i fallimenti non si perse d'animo e nel
1860 con Garibaldi
partecipò all'impresa dei Mille. Dal 1865 al
1874 fu deputato al Parlamento italiano venendo eletto nel Collegio di
Monopoli. Partecipò con Garibaldi alla terza guerra d'indipendenza del 1866 e alla spedizione a Roma del 1867. La svolta della sua vita la ebbe
quando incontrò Bakunin
a Ischia nel 1866, che lo portò a schierarsi con l'internazionalismo, il
federalismo e l'anarchismo. Nel 1868 assistette a Berna (Svizzera) al
"Congresso della Lega
della Pace" quindi partecipò alla creazione dell'"Alleanza
Internazionale della Democrazia Socialista".
Entrò a far parte della PrimaInternazionale, dove giocò un ruolo
importante soprattutto nella diffusione delle concezioni anarchiche in Spagna.
Nello scontro tra Marx e Bakunin prese con decisione
posizione a favore del secondo partecipando attivamente alla Conferenza
di Rimini e al successivo Congresso
Internazionale di Saint-Imier.