ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEI
LAVORATORI
Proudom - Marx - Bakounin |
L’Associazione Internazionale
dei Lavoratori è stata la prima organizzazione che dichiara esplicitamente che «l'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei
lavoratori stessi», corrispondente
al desiderio di Marx di
dieci anni prima: «Proletari
di tutto il mondo, unitevi!». Queste due componenti, il carattere di classe e il desiderio
di universalità, non furono mai assunti precedentemente da nessuna organizzazione. L’ A.I.L. sviluppò, durante dieci anni, una rete di sezioni
nei paesi dell’Europa occidentale;
decine di migliaia di operai vi fecero riferimento. Nella forma originale essa
permise tutte le invenzioni, tutti gli
ardori; attraverso i meandri dell’azione operaia, con errori e scoperte,
essa condusse la classe operaia alla
coscienza della propria esistenza, alla conoscenza della propria forza.
Fondazione della Internazionale 1864 |
I borghesi
cercarono, e cercano ancora oggi, di migliorare le relazioni della loro classe
con il
popolo. Anche nell’istruzione: quella dello Stato non può servire che a riprodurre i
rapporti di classe, fare i borghesi con i figli di borghesi e gli operai
con i figli di operai; a questi ultimi non ha
dato, e non può dare ancora oggi, i mezzi per la propria emancipazione, poiché poteva significare e significherebbe
autodistruggersi. Di conseguenza non
poté, e non può, che insegnare i pregiudizi
religiosi, storici, politici, giuridici ed economici che garantirono, e
garantiscono, la sua esistenza contro il popolo [i borghesi -anche gli pseudo socialisti- dicono: istruiamo prima il popolo,
poi emancipiamolo. Noi anarchici dichiariamo al contrario: il popolo
deve prima emanciparsi, il resto (istruzione compresa) verrà da sé. Unicamente agendo autonomamente, e uniti, i lavoratori possono
spuntarla sullo Stato e sullo sfruttamento della borghesia – NDR].
Al contrario
delle organizzazioni pseudo socialiste dei
borghesi, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori offrì loro questa possibilità di autonomia, d’identità.
«Il socialismo,
mettendo al posto della giustizia politica,
giuridica e divina, la giustizia umana, sostituendo la solidarietà
universale degli uomini, e la concorrenza economica con l’organizzazione internazionale di una società fondata
sul lavoro, potrà porre fine a queste manifestazioni brutali dell’animalità umana, alla guerra»: guerra tra classi o guerra
tra Stati. Ecco in poche parole il discorso
di Bakunin
durante le sue conferenze del febbraio 1869, o scritte nelle settimane
seguenti ne Le Progrès di Le Locle o L'Egalité di Ginevra, di cui era allora il
redattore.
Simbolo adottato dalla Prima Internazionale |
Premesse internazionaliste
L'esperienza
rivoluzionaria del 1848-49
aveva dimostrato come i problemi dei diversi paesi fossero strettamente legati
tra loro. Inoltre veniva considerato necessario un organismo che coordinasse la
lotta a livello internazionale così come la repressione veniva coordinata dalle
alleanze tra stati. Già durante l'Esposizione universale del 1862, tenutasi a
Londra, in occasione della quale una numerosa delegazione formata da 200 operai
francesi, delegati dai loro compagni di lavoro, avevano passato la Manica
incontrandosi con i colleghi inglesi, l’idea era nell'aria. Essa era stata
oggetto di colloqui precisi, non soltanto con qualche tradunionista inglese, ma
con i numerosi rifugiati che, dopo il '48,
vivevano in Inghilterra.
Il 5 agosto i
rappresentanti delle Trade Unions proclamarono tra l'altro: “Speriamo di
trovare qualche mezzo di comunicazione internazionale e che un giorno si crei
quella catena d'amicizia che deve unire i lavoratori di tutti i paesi”. A
questo i francesi risposero proponendo “di stabilire dei comitati operai per
lo scambio della corrispondenza sulle questioni internazionali dell'industria”.
Nel 1863 gli operai londinesi organizzarono un meeting in favore della
liberazione della Polonia (allora subente una nuova repressione russa)[2]
e in onore dei suoi vinti; il 22 luglio i parigini inviarono 6 loro delegati;
il trade-unionista Odger auspicava la promozione di congressi internazionali
dei lavoratori per concordare la lotta contro il capitalismo. Fu eletto un
Consiglio generale, con sede a Londra, il quale tenne, tra il 1864 e il 1872,
385 sedute. Nel settembre 1864 i francesi vennero nuovamente invitati a partecipare
ad un convegno pro-Polonia.
La Prima Internazionale (1864-1876)
Il 28
settembre 1864 si aprì a Londra la cosiddetta “Prima Internazionale
socialista dei Lavoratori”. Al Saint Martin's Hall, riempito da una folla
vibrante ed entusiasta, giunsero i tre delegati francesi: Tolain
(cesellatore), Perrachon
(bronzista) e Limousin (nastraio)[3],
- firmatari, tutti e tre, del «Manifesto dei Sessanta[4]»
- che esposero un progetto di associazione internazionale.
Il congresso fu presieduto dal
filosofo positivista Spencer Beesley. Gli oratori non si limitarono ad esaltare
la Polonia martire; denunciarono il dispotismo brutale che la reazione faceva
pesare sull'Europa; dissero quale aggravamento di sofferenze i regimi di
repressione poliziesca imponevano al proletariato.
Michail Bakunin |
Gli statuti
dell’Internazionale furono redatti da Karl Marx,
il quale riuscì a far prevalere i suoi punti di vista: invitare gli operai ad
organizzarsi per conquistare non soltanto le desiderate riforme sociali, ma il
potere politico “la conquista del potere politico è diventato il primo
dovere della classe operaia (Karl Marx)”.
In tali statuti troviamo per la prima volta questa formula che doveva fare il
giro del mondo: “L’emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei
lavoratori stessi”.
Karl Marx |
All'Internazionale aderirono
inizialmente tutte le correnti della Sinistra europea, da Karl Marx
agli anarchici e fino a Giuseppe Mazzini (1805-1872). L'Associazione diventò
fuorilegge, dal 1871, in Francia, Spagna, Germania, Austria-Ungheria e Danimarca,
ma si sviluppò, nonostante la repressione, in Spagna, Italia, Belgio.
L'Internazionale si pose
soprattutto degli obiettivi pratici da conseguire per migliorare la condizione
dei lavoratori: tra questi si ricorda la limitazione della giornata lavorativa
ad otto ore. In un primo periodo la maggior parte dei membri era indirizzato al
compromesso fra operai e industriali ma con l'azione di pochi venne ad
allargarsi l'ideale dello sciopero, e proprio attraverso lo sciopero si
rafforzarono i contatti con la massa del proletariato. Una volta permesse le
riunioni pubbliche vi si sostennero le idee socialiste e molti membri
acquistarono fama a Parigi proprio in questo modo. La condotta sempre più
politica dell'internazionale scatenò la reazione del governo imperiale che
indisse diversi processi; sia l'oppressione del governo che dell'organo
poliziesco non fecero che accrescere il prestigio dell'Internazionale presso la
massa operaia.
In breve
tempo si acuirono le divergenze tra gli internazionalisti e i mazziniani:
nell'ottobre del 1866 Bakunin
e Alberto Tucci pubblicarono La situazione italiana, un opuscolo in cui
si analizzava la situazione politica nella penisola e si attacca violentemente
lo statalismo di stampo mazziniano. Vi furono accesi e intensi dibattiti
conclusisi con uno scontro fra il delegato italiano, l'ambiguo Adolfo Wolf,
inviato da Giuseppe Mazzini, ed i marxisti. I mazziniani erano decisamente
contrari alle teorie che si basavano sulla lotta di classe (pensavano di
risolvere i problemi sociali attraverso la solidarietà nazionale), ma nello
statuto provvisorio Marx
aveva già inserito dei punti che qualificavano in senso classista
l'organizzazione. In seguito i mazziniani si ritirarono dall'Internazionale (al
contrario di Garibaldi,
che espresse il suo favore verso di essa).
Comunque, all'interno
dell'Internazionale, i contrasti principali si ebbero inizialmente tra seguaci
di Bakunin
e Proudhon
(entrambi anarchici) e poi soprattutto tra marxisti ed anarchici. Entrambi
rifiutavano lo Stato borghese, ma mentre i primi teorizzavano la conquista
della società comunista attraverso le fasi della “dittatura del proletariato”,
della proprietà collettiva dei mezzi di produzione che in ultimo avrebbe portato
alla società senza classi ed all'estinzione dello Stato (questo concetto è
stato in parte o totalmente riveduto da alcuni marxisti, contrariamente ad
altri che lo ritengono ancora valido), gli anarchici puntavano ad un'azione
diretta mirante alla disarticolazione e alla liquidazione immediata dello Stato
e di ogni tipo di istituzione autoritaria e gerarchica.
Congresso di Ginevra 1866 |
Allontanati
dall'Internazionale per le cospirazioni dei seguaci di Marx, gli
anarchici, si considerarono sempre vittime di un'ingiustizia e, seguendo i
suggerimenti dei loro "leader", con il sostegno delle federazioni
della Spagna, dell'Italia, del Belgio e della Svizzera romanda, decisero di
continuare l'Internazionale costituendo una Internazionale antiautoritaria,
ripristinando i suoi statuti e organizzando un nuovo congresso da tenersi a
Saint-Imier (Svizzera).
Il 18 marzo 1871 scoppiò la rivolta della Comune
di Parigi, che secondo tanti fu il frutto concreto dell'esperienza
dell'AIL, in cui confluirono le più diverse correnti socialiste: seguaci di Pierre
Joseph Proudhon, di
Saint-Simon[8],
di Bakunin,
di Marx
ecc.
A questo punto, nel 1872
l'esperienza internazionalista proseguì suddivisa su due strade:
James Guillaume |
· Internazionale
ortodossa, A.I.L. marxista, che si sposterà, come scritto
precedentemente, la sede del Consiglio generale da l'Aia a New York.
La Federazione
anarchica del Giura il 15 settembre 1872 convocò un'assemblea a S. Imier
(regione del Giura bernese in Svizzera), definendolo «un Congresso
straordinario dell'Internazionale operaia» e si dedicarono ad organizzare,
secondo la formula di Kropotkin, «la rivolta permanente mediante la
parola, lo scritto, il pugnale, il fucile, la dinamite». Due giorni
dopo i marxisti convocarono una "Conferenza a Londra" (17-22
settembre 1872), in cui ribadirono che “l'Internazionale è il partito
politico, centralizzato, della classe operaia, che opera in modo legalitario e
parlamentare per estendersi nel proletariato, in vista dell'insurrezione che
porterà alla dittatura del proletariato, alle nazionalizzazioni, al socialismo”.
Il fallimento dell'esperienza
della Comune
di Parigi e i continui conflitti interni all’Internazionale, la crisi
economica del '73 e un'inadeguatezza organizzativa, portarono il
"Consiglio Generale" (trasferitosi da New York a Filadelfia) alla
decisione di sciogliere l'Internazionale (15 luglio1876).
Principali punti trattati durante i convegni
· Necessità
di un'azione unitaria del proletariato e organizzazione della classe operaia.
· Lotta
per l'emancipazione economica e per l'abolizione della società classista.
· Abolizione
dello sfruttamento infantile e miglioramento delle condizioni lavorative della
donna.
· Solidarietà
internazionale operaia.
· Riconoscimento
dell'importanza del movimento sindacale.
· Sciopero
come strumento di lotta.
· Abolizione
della proprietà privata dei mezzi di produzione e degli eserciti permanenti.
Tutti i congressi della 1ª
Internazionale
28
settembre-4 ottobre1864
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Discussioni principali:
Solidarietà alla Polonia oppressa. Presenti le delegazioni operaie inglesi e
francesi, e di invitati di altri paesi (numerosi rifugiati politici in esilio
a Londra, tra cui Marx).
Elezione Consiglio generale, con sede a Londra (385 sedute tra il 1864 e il
1872; il 1 novembre: il Consiglio approva lo Statuto provvisorio). L’anno
seguente, tra il 25 e il 27 settembre si tiene la prima Conferenza
internazionale, sempre a Londra.
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I Congresso, a Ginevra.
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3-8
settembre1866
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Discussioni principali: Numerosi
delegati francesi e svizzeri, oltre agli inglesi, ai tedeschi (assente Marx),
e ai rappresentanti del Consiglio generale. Scontro tra i mutualisti e i
collettivisti. Obiettivo principale: ottenimento della riduzione della
giornata lavorativa a otto ore.
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II Congresso, a Losanna.
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2-8
settembre1867
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Discussioni principali: Delegati
svizzeri, francesi, tedeschi, belgi, italiani, inglesi. Predominano ancora i
proudhoniani[6]. Temi discussi: cooperazione; credito popolare; istruzione
(indirettamente lo Stato).
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III Congresso, a Bruxelles.
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6-13
settembre1868.
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Discussioni principali: Delegati
belgi, inglesi, svizzeri, tedeschi, francesi, un italiano e uno spagnolo
(assente Karl Marx).
Discussione e approvazione della tesi sulla socializzazione dei mezzi di
produzione, proposta dallo stesso Marx.
Sconfitti i proudhoniani[6] e vittoria della fazione classista.
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IV Congresso, a Basilea.
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6-12
settembre1869
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Discussioni principali: Delegati
in maggioranza francesi e svizzeri; poi belgi, tedeschi, e spagnoli; presenti
Bakunin
e Caporusso per l'Italia (assente Marx),
oltre a sei membri del Consiglio generale. I fautori del mutualismo
propongono: socializzazione della terra, abolizione dell’eredità,
centralizzazione e aumento dei poteri del Consiglio generale. L'assemblea
boccia le loro proposte e devono uscire dall'A.I.L (nel 1870 scoppia la
guerra franco-prussiana e il previsto congresso è rinviato; nel 1871 nasce la
Comune
parigina; dal 17 al 23 settembre si tiene la seconda conferenza
internazionale, a Londra).
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Congresso, a Magonza.
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1870
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Il Congresso che si sarebbe dovuto tenere a
Magonza, non si tenne per lo scoppio della guerra franco-prussiana.
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Conferenza internazionale a Londra.
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17 - 23
settembre 1871
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V Congresso, all'Aja.
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2-7
settembre1872
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Discussioni principali: Ultimo
congresso a cui partecipano anche Marx
ed Engels[10]. Consiglio generale si trasferisce a New York (fino all'estate
del 1874), sotto la direzione di Sorge.
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VI Congresso, a Ginevra.
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7-13
settembre1873
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Discussioni principali: Congresso
fallito per l'assenza di delegati Usa, francesi, inglesi, tedeschi, italiani,
spagnoli, portoghesi, austriaci, ungheresi. Presenti esclusivamente gli
svizzeri.
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Conferenza di
Filadelfia (Usa).
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15
luglio1876
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Dichiarazione ufficiale che decreta lo
scioglimento dell'A.I.L.
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Tessera di partecipazione al primo congresso dell'Internazionale a Ginevra |
Il congresso di Ginevra 3-8
settembre1866
Soltanto nel settembre del
1866 si poté inaugurare a Ginevra il primo congresso, con una sessantina di
delegati francesi, inglesi, tedeschi, svizzeri. Il congresso fece uscire
l'Associazione dalla sua fase embrionale. I’opinione pubblica europea,
informata dalla stampa, comprese che qualche cosa di grande, una forza
originale, nuova e virile, era nata, e avrebbe segnato un”epoca nella storia.
Il successo sorpassò le
speranze di Marx
che, per timore di uno scacco, si era astenuto dal recarsi a Ginevra. Era stato
lui a redigere il programma dei delegati inglesi, limitandolo volontariamente
“ai punti che consentissero un”intesa immediata e un'azione comune degli operai”.
Questo programma non trionfò per merito dei proudhoniani[6] Francesi, che
respinsero con ostinazione tutto quanto somigliava ad un intervento della
legge, vale a dire dello Stato, nelle condizioni della vita operaia.
Le deliberazioni finali
risentirono di questo antagonismo. Esse recano tutte il segno del compromesso.
Le deliberazioni riguardavano
la giornata di otto ore, i sindacati, la cooperazione, il lavoro delle donne e
dei fanciulli (che i proudhoniani[6] fecero condannare), la soppressione degli eserciti
permanenti e l’armamento dei popoli. Inoltre, il congresso costituì
definitivamente l’Internazionale.
Il congresso di Ginevra aprì
la serie dei congressi dell'Internazionale. Ve ne furono altri cinque, che si
tennero successivamente a Losanna (1867), Bruxelles (1868), Basiela (1869),
L’Aia (1872).
Il congresso di Losanna 2-8 settembre
1867
Il congresso di Losanna riunì
71 delegati: Francesi, Inglesi, Svizzeri, come l’anno precedente a Ginevra, ed
in più un Belga (César de Paepe[12]) e due Italiani. César de Paepe[12] pose il
problema della proprietà, difese con calore il principio dell’appropriazione
collettiva. Ma la maggior parte dei delegati non erano pronti ad iniziare questo
dibattito fondamentale. Ci si accordò per rimandarlo
all'anno successivo.
Le conclusioni di Losanna
segnarono egualmente un serio progresso delle idee rivoluzionarie in seno
all'Associazione, senza giungere ad affermare, come aveva fatto il “proclama
inaugurale”, che la conquista del potere politico fosse il. primo dovere della
classe operaia. Fu dichiarato inoltre che le lotte operaie dovevano mirare, non
alla correzione dell’istituto salariale, ma alla sua totale soppressione.
L’Associazione tendeva evidentemente a spingersi oltre i limiti dell’azione
meramente economica, nei quali il congresso di Ginevra sembrava volerlo
costringere. Essa non faceva che seguire il movimento degli spiriti e degli
umori del momento. Il proletariato si orientava deliberatamente verso la
politica militante e, attraverso la politica, verso la rivoluzione sociale.
Invitati dalla Lega
della Pace e della Libertà ad assistere al congresso che questa stava per
inaugurare a Ginevra, i delegati di Losanna si accontentarono di inviarvi tre
di loro, incaricati di leggere alla tribuna una risoluzione nella quale era
detto che la guerra non sarebbe scomparsa se non in una società senza classi, e
che prima di pensare a sopprimerla bisognava cambiare le basi
dell’organizzazione sociale.
Il congresso di Bruxelles 6-13
settembre1868
Il congresso di Bruxel segnò
un nuovo passo in avanti. La discussione sulla proprietà, ampia e movimentata,
si chiuse con un voto che ebbe lunga eco, giacché la maggioranza dei delegati
si pronunciò per la proprietà collettiva del suolo e del sottosuolo. Ma il
numero delle astensioni fu tale che venne deciso di non arrendersi a questo
primo voto e di riprendere l’anno dopo, a Basilea, l’esame del problema.
A causa delle tensioni dei
rapporti franco-prussiani, la questione della guerra figurava all’ordine del
giorno del congresso di Bruxelles. Charles
Longuet fece votare una mozione che raccomandava ai lavoratori di “cessare
ogni lavoro nel caso scoppiasse la guerra nei loro rispettivi paesi”. Era
la prima volta che un congresso operaio faceva suo il problema della guerra;
non sarebbe stata l’ultima.
La Lega
della Pace e della Libertà, che doveva tenere a Berna il suo secondo
congresso, vi aveva, come l’anno precedente, invitato l’Internazionale. Il
congresso di Bruxelles declinò, non senza impazienza, l’invito. Nel suo
spirito, non toccava all’Internazionale operaia andare verso l’Internazionale
borghese; il gesto se mai spettava a quest’ultima. Decisine di rottura, dunque.
La Lega, d’altra parte, era molto divisa e lo fece vedere a Berna, dove
l’estrema sinistra, con Bakunin
in testa, uscì in blocco dal congresso della Lega per fondare l’Alleanza
Internazionale della Democrazia Socialista, il cui primo atto fu la
richiesta di entrare nell’Internazionale. Bakunin
personalmente apparteneva già alla sezione di Ginevra.
Le risoluzioni di Bruxelles
fecero una tale impressione, che l'Associazione apparve d'ora innanzi una
potenza con la quale bisognava fare i conti. D'altronde, essa non cessava di
svilupparsi, conquistando ogni giorno nuovi aderenti e prendendo piede persino
nei paesi senza industrie come la Spagna e l'Italia. I suoi interventi negli
scioperi, soprattutto negli scioperi parigini, suscitavano la speranza e
l’entusiasmo nella classe operaia, l’inquietudine e il timore nelle classi
dirigenti. Da questi sentimenti combinati doveva nascere la leggenda
dell’Internazionale.
Il congresso di Basilea 6-12
settembre1869
Il momento più felice
dell’Associazione va collocato nel 1869, l’anno del congresso di Basilea e del
trionfo incontestato dei collettivisti; e dei comunisti su ciò che rimaneva del
drappello proudhoniano[6]. Il congresso generale dell’A.I.L. a Basilea, nel
settembre 1869, fu il primo al quale assistette Bakunin,
con sei altri delegati provenienti da Ginevra
e sei dal Giura, tra i quali Guillaume[7]
e Adhémar Schwitzguébel[11], incisore a Sonvilier.
Congresso importante poiché vi partecipano quasi 80 delegati di società operaie d’Europa e fu pure il penultimo della giovane Associazione internazionale unita.
Bakunin interviene al congresso di Basilea |
Dopo il
rapporto del Consiglio generale si passa alla discussione delle questioni all’ordine del giorno. La discussione
sulla proprietà fu ripresa a Basilea al punto in cui il congresso di Ginevra
l’aveva lasciata: se la maggioranza era favorevole alla proprietà collettiva
dei mezzi di produzione, non ci si era
accordati né sulla proprietà dei prodotti, né soprattutto sulla
proprietà agricola.
Ma i tempi erano assai
cambiati, dopo Losanna e Bruxelles. L’idea della proprietà collettiva aveva
cessato di essere motivo di sgomento. Nel dibattito, la maggioranza dei tre quarti ammise che esisteva la necessità di introdurre il suolo nella proprietà collettiva,
ma si divise sulla questione: a chi spetteranno la rendita e i prodotti? Il
belga César De Paepe[12],
sostenuto dai delegati del Consiglio
generale, rispose: «allo Stato»; Bakunin
e gli internazionalisti del Giura svizzero: «alle comuni, alle libere associazioni di liberi produttori». Il
congresso si pronunciò in suo favore con 54 voti contro 4 (quelli di quattro
parigini).
I socialisti della Svizzera
ladina, ispirati allora da Bakunin,
avevano fatto iscrivere all’ordine del giorno una questione connessa con quella
della proprietà: la questione dell'eredità. Questa iscrizione era evidentemente
superflua e, dopo il voto sulla proprietà, avrebbe dovuto essere logicamente
considerata nulla.
Non si
votò, quindi, su questo punto, ma la questione fu tuttavia discussa, e
ciò mise in luce l'opposizione che stava per scagliare l'uno contro l’altro,
durante tre anni, Bakunin
e Marx,
o piuttosto i federalisti contro i centralisti. Si delineò così la divisione tra
i comunisti, partigiani di uno Stato centralizzato e i collettivisti, più tardi
chiamati anarchici; questi ultimi raggruppavano
i Giurassiani, gli Spagnoli, la maggioranza dei Belgi, alcuni Francesi
allontanatisi dal proudhonismo[6],
e naturalmente Bakunin.
Dovevano fronteggiare i delegati del Consiglio generale (Marx
era assente dal congresso), i Ginevrini legalitari, gli Svizzeri tedeschi con
Greulich[13]
e
i Germanici.
Questa
divisione si ritrovò più chiaramente al momento del
voto sulla questione del diritto di eredità. Bakunin propose di decidere il principio della sua
abolizione, «una delle condizioni
indispensabili per la liberazione del lavoro […] il diritto di eredità
doveva essere interamente e radicalmente abolito».
Il Consiglio generale non fu
d’accordo; un’analisi di Marx,
letta da un delegato, dimostrava che il diritto di eredità è una
conseguenza dell’organizzazione economica attuale
della società; bisogna discutere la causa, non l’effetto. Bakunin,
improvvisando una risposta brillante, riconosceva che, nella storia, il fatto
ha sempre preceduto il diritto; ma il
diritto diventa causa d’effetti a sua volta, ed è questo che occorre combattere. Al voto, né la risoluzione della commissione, tutta al completo accanto a Bakunin, né quella presentata dal Consiglio generale, ottennero la maggioranza assoluta; vi si potrebbe trovare una delle ragioni della scissione irreparabile dell’Internazionale: ma la
questione del diritto di eredità non venne più ripresa né da Marx,
né da Bakunin,
e la discussione sembrò sepolta.
Più incoraggiante fu l’unanimità
sulla questione delle «casse di
resistenza» (soccorso in caso di sciopero): essa raccomandava la
costituzione delle casse nelle diverse associazioni professionali, già esistenti
localmente (sezioni
dell’Internazionale), inaugurando la
forma delle federazioni di mestiere o
di industria che furono una delle basi dei sindacati
attuali; ma fu evidente che le casse di resistenza erano una misura
provvisoria, «nell'attesa che il salariato sia sostituito dalla federazione dei produttori liberi».
Questa
piccola frase, adottata all’unanimità, risulta importante:
è la terminologia utilizzata proprio da Bakunin, per il quale la società futura deve prendere la
forma di una «libera associazione
di liberi produttori».
Il congresso si chiuse con il
discorso del delegato americano, che recava il saluto di «centinaia di migliaia
di compagni» d’oltremare. Gli anni seguenti,
la guerra franco prussiana e la repressione contro la Comune
di Parigi impedirono le riunioni
internazionali, e il congresso dell’Aia del 1872 segnerà la scissione
definitiva tra i «marxisti» e gli «anarchici», come verranno chiamati in
seguito. È per questo motivo che il Congresso
di Basilea è tanto importante.
Quarantacinque anni più tardi,
nel 1914, James Guillaume[7], che s'era battuto a Basile a fianco di Bakunin,
poteva scrivere:
“Il Congresso di Basilea
fece capire all’Europa che l’Internazionale non era una semplice società di
studi in seno alla quale ci si sarebbe accontentati di discutere
accademicamente questioni di vaga filantropia, ma un’organizzazione di combattimento
con la quale il proletariato intendeva marciare verso la propria emancipazione.
Fribourg[5], nel libro con cui ha cercato, nel 1871, di giustificare la
sua defezione e quella di una parte dei suoi amici, ha preteso che dopo
Basilea, ‘era evidente per tutti che Karl Marx
il comunista tedesco, Bakunin,
il barbaro russo, e Blanqui,
l’autoritario forsennato, formavano ormai il triumvirato omni potente’ ne
risultava, aggiungeva egli, che “l’Internazionale dei fondatori francesi era
morta, ben morta'. Ma non era vero: l’Internazionale parigina aveva avuto altri
fondatori che non fossero Tolain e Fribourg[5], ai
quali il vero socialismo era rimasto estraneo... e gli operai di Parigi stavano
per mostrare al mondo, l'anno dopo, di che cosa fossero capaci”.
A Basilea, i Parigini avevano
detto: “Entro un anno l'Impero avrà cessato di esistere, e noi invitiamo sin
da oggi l’Internazionale a tenere il suo prossimo congresso a Parigi”.
Questa sfida al Regime di dicembre fu votata per acclamazione. Un anno più
tardi, infatti, l”Impero aveva cessato di esistere, ma non si poteva pensare a
tenere un congresso internazionale in una Francia invasa e calpestata. L’anno
dopo ci fu la Comune,
nella quale la reazione europea volle vedere la mano dell’Internazionale.. Il
Consiglio generale giudicò opportuno sostituire il congresso, come nel 1865,
con una conferenza internazionale, che ebbe luogo a Londra, nel settembre 1871.
La guerra doveva arrestare netto lo sviluppo dell’Internazionale. La disfatta
della Comune
le vibrò un colpo terribile.
Gli operai parigini si sono
vantati volentieri di essere stati i promotori dell’Internazionale: “Un
fanciullo nato nei laboratori di Parigi” diceva il maestro Ribal, uno dei
firmatari del «Manifesto dei Sessanta[4]», e “messo a balia a Londra”.
La pretesa è eccessiva. L'idea dell'Internazionale non era più francese di
quanto lo fosse l’inglese, e nell’attuazione i francesi non ebbero nemmeno la
parte più importante. L’Internazionale non sarebbe mai nata senza il potente
istinto corporativo degli operai inglesi.
Se le officine di Parigi,
comunque, comunque, non ebbero nella creazione dell’Internazionale la parte
preponderante che spesso viene loro attribuita, esse hanno tuttavia
rappresentato nello sviluppo dell’Associazione sino alla Comune
una parte di prim’ordine. È ciò che dimostrerà la storia dell’Internazionale
parigina.
Il “Bureau” parigino
dell’Internazionale
La prima sede dell'Internazionale a Parigi, rue des Gravilliers 44 |
Il numero 44 di rue Gravilliers, prima sede della sezione dell’Interno |
Già alla fine del 1864, i
primi aderenti di Parigi aprirono un “Bureau”. Il cesellatore Tolain,
l'incisore Fribourg[5], il tipografo Limousin[3] furono nominati segretari
corrispondenti. L”8 gennaio 1865 il Bureau compilò gli statuti
dell'Associazione e si stabilì in fondo ad uno stretto cortile di rue des
Gravilliers 44, in una stanzetta umida e scura che venne ammobiliata alla
meglio.
l primi passi furono lenti.
Alla fine del 1865, il Bureau parigino non contava più di 700 membri.
L'opposizione repubblicana vedeva senza simpatia questi lavoratori, troppo
staccati dalla politica, che pretendevano di fare i propri affari da soli senza
chiedere consigli a nessuno. Per molto tempo, negli ambienti della democrazia
radicale e persino tra i blanquisti[14]
rivoluzionari, dove gli operai erano numerosi, circolò la voce che i “Gravilleir”
erano bonapartisti sotto false spoglie, agenti del Palais-Royal. Queste voci
spiacevoli ostacolavano il reclutamento.
Tolain,
Fribourg[5] e Limousin[3] non avevano niente di rivoluzionario, ma che fossero
agenti del Palais-Royal, vale a dire del bonapartismo di sinistra, era falso.
Né la conferenza di Londra
(1865), dove il Bureau parigino fu rappresentato dai tre segretari
corrispondenti già citati e da un nuovo arrivato ricco di avvenire, il giovane
rilegatore Eugene
Varlin, né il congresso di Ginevra, dove i delegati parigini si presero
scambievolmente per il collo con un pugno di blanquisti[14] che, senza nessun
mandato, pretendevano metterli in stato di accusa e che furono espulsi dalla
sala, poterono creare dissidi tra l'Internazionale e l'Impero. All'inizio del
1867 vi furono in Francia grandi scioperi: a Parigi, quello dei bronzisti per
il quale Tolain e Fribourg[5] ottennero l’appoggio delle
Trade Unions e che terminò con una vittoria il cui splendore si rifletté
sull’Internazionale; a Roubaix, quello degli operai dell'industria tessile che,
inferociti, fracassarono le macchine e diedero fuoco alle fabbriche, in pieno
stile luddista, il che non impedì alla Commissione parigina (nuovo nome del
Bureau di Parigi) di difendere la causa dei rivoltosi e fare appello alla
solidarietà in loro favore.
L'Impero, che aveva tollerato
la formazione di gruppi di operai aderenti all’Internazionale, chiuse ancora
gli occhi, ma non doveva tardare a riaprirli. Tra l’Internazionale e l’Impero,
rappresentanti di due mondi irreconciliabili, l’urto non poteva essere
eternamente rimandato.
I processi dell’Internazionale
Il numero 44 di rue Gravilliers, prima sede della sezione dell’Internazionale |
Il numero 44 di rue Gravilliers, prima sede della sezione dell’Interno |
E I'urto si produsse dopo il
congresso di Losanna, quando gli internazionalisti parigini presero parte,
nella stessa Parigi, a manifestazioni contro la politica romana del Governo
imperiale all'indomani della battaglia di Mentana[15].
Questa volta, l'Impero pensò
che la misura fosse colma. La Commissione parigina, composta di quindici
membri, di cui cinque almeno abbracceranno la causa della Comune,
fu denunciata al completo. I quindici accusati furono condannati il 20 marzo,
dopo una difesa di Tolain, ed a 100 franchi di ammenda
ciascuno, per aver fatto parte di un'associazione non autorizzata di più di
venti persone; inoltre, I’Associazione Internazionale dei Lavoratori, stabilita
a Parigi sotto il nome di Bureau di Parigi, fu dichiarata sciolta.
Questa sentenza fu confermata
in appello il 29 aprile, dopo una difesa di Murat[16].
Ecco i nomi dei condannati: Murat[16], Camélinat
e Gérardin,
tutti e tre corrispondenti, Chemalé[17],
Tolain, Hélgon, Perrachon,
Fournaise[18],
Gauthier[19], Bellamy,
Guyard[20],
Delahaye, Delorme[21],
Dauthier[22] e Bastien[23],
membri.
Nell'intervallo tra l’istruttoria
e la sentenza, una nuova Commissione ridotta a nove membri, aveva sostituito
quella precedente. I nove si chiamavano: Benoît
Malon, Eugène
Varlin, Emile
Landrin, corrispondenti, Bourdon[24],
Combault,
Mollin[25],
Humbert[26],
Granjon[27],
Charbonneau.
Il loro primo atto fu di fare appello, in favore dei muratori scioperanti di
Ginevra, alla solidarietà dei lavoratori francesi. La risposta del pubblico
ministero non si fece attendere. I nove membri della Commissione furono
deferiti al tribunale e condannati, il 22 maggio, dopo una difesa di Varlin,
a tre mesi di prigione e a 200 franchi di multa. Pena confermata in appello il
24 giugno dopo una difesa di Combault.
Da quel momento, l’Internazionale parigina cessò di
esistere alla luce del giorno
Condannati gli internazionalisti, sciolta
l’Internazionale, tra l’Impero
e la classe operaia fu guerra dichiarata. Più l’Impero,
indebolito, si lasciava trascinare alle concessioni di un tardivo liberismo,
più la classe operaia si mostrava irreconciliabile. Essa non voleva più saperne
dell’Impero. Senza organizzazione regolare, con mezzi di fortuna, essa combatté
su tutti i terreni dove il nemico poteva essere colpito: terreno politico,
sindacale, cooperativo. Un militante senza macchia e senza paura, il rilegatore
Eugène
Varlin, fu l’anima di questi due anni di lotta. Spirito serio, meditativo,
cuor tenero, aperto a tutti i sentimenti elevati, Varlin
riassume, incarna in sé tutto il pensiero, tutta la passione della sua classe,
tutta la sua volontà di lotta e di sacrificio. Sempre sulla breccia, egli
organizzò camere sindacali, creò cooperative, le famose marmitte, in cui
si incontrarono i militanti, si fece l'apostolo, nel '69, delle candidature
operaie (sarà candidato egli stesso); era mischiato ad ogni agitazione, ad ogni
propaganda, ad ogni movimento operaio, ad ogni movimento socialista. Più tardi,
Varlin
farà parte del Comitato
centrale, poi della Comune;
sarà tra i martiri supremi della Settimana
sanguinante... Sempre lui, lui dappertutto! Più di chiunque altro, egli
rappresentò il legame tra l’Internazionale e la Rivoluzione
del 18 marzo.
Nel 1869 l’Impero,
allo stremo, era come colpito a morte. Nelle riunioni pubbliche, nella stampa,
l'audacia dei suoi avversari aumentava di giorno in giorno, senza che nessuna
repressione li intimidisse. Si è visto che al congresso di Basilea, quando
dovette fissare la sede del congresso seguente, quello del 1870, i Parigini,
con una sfida gettata all'Impero, fecero acclamare Parigi libera! Gli scioperi succedevano
agli scioperi, talvolta macchiati di sangue operaio, a La
Ricamarie (17 giugno), a Aubin
(8 ottobre). Camere sindacali, sfidando la legge, formarono nella maggior
parte dei centri industriali, e talune di esse non esitarono sia a partecipare
ai congressi dell'Internazionale, sia persino ad affiliarsi all'Associazione. È
stato il caso dei rilegatori di Parigi, tra i quali militava, a fianco di Varlin,
Adolphe
Clémence, futuro eletto della Comune.
I legami tra l’organizzazione sindacale e
l’Internazionale erano cosi stretti, i contatti cosi intimi, che talvolta
venivano prese l’una per l’altra. D'altronde, esse abitano sotto lo stesso
tetto, in quella “Corderie” nella quale batteva il cuore della Rivoluzione. L’Impero
fece tra di esse così poca differenza, che uno dei suoi ultimi gesti, prima del
crollo, fu di rinviarle insieme dinanzi ai tribunali.
Così Theisz,
che sarà anch’egli della Comune,
dichiarò ai giudici imperiali: “Si tratta di assicurare ai gruppi di
lavoratori sovranità piena e intera, libertà completa d'azione”.
Nel marzo 1870, l’Internazionale, su istigazione di Varlin
si organizzò apertamente, federò le sue sezioni parigine e pensò anzi a creare
una federazione che unisse Parigi, Lione, Marsiglia,
Rouen[28],
Brest[29],
tutte le grandi città. Essa prese parte alla campagna antiplebiscitaria. In
provincia, a Le Creusot,
ad Elbeuf[30], ecc. scoppiarono senza
posa scioperi che attestarono l’agitazione degli spiriti ed .anche l'influenza
dell’Internazionale, di cui la polizia credette di “scorgere la mano”
dappertutto.
Ma l’Impero
stava in guardia e risolse tutto vibrando un gran colpo. Un bel mattino, i capi
dell’Internazionale parigina e quelli della Camera federale operaia vennero
arrestati in massa, processati, condannati l'8 luglio: sette ad un anno di
prigione per associazione segreta (erano: Varlin,
assente, Malon,
Murat[16], Johannard,
Pindy,
Combault
ed Héligon[31], presenti), ventisette a
due mesi di prigione per aver fatto parte di una società non autorizzata (tra
questi: Avrial,
Passedouet,
Langevin,
Robin,
Theisz,
Chalain,
Duval,
Frankel
e Malzieux).
Quattro, tra cui Assi,
furono assolti. La maggior parte di questi nomi si ritroveranno durante la Comune.
L'Internazionale parigina fu nuovamente sciolta.
In provincia, le denunce furono seguite anch’esse da
numerose condanne.
l’Internazionale durante la
guerra del 1870
Quando ormai il conflitto armato tra la Francia e la
Prussia era quasi imminente, la Commissione dell’Internazionale parigina
denunciò la guerra; fece udire la propria voce e rivolse un saluto ai
lavoratori di Berlino: “La guerra tra i popoli non può essere considerata
diversamente da una guerra civile, un arretramento della civiltà”.
Otto giorni dopo il terzo processo
dell’Internazionale, scoppiò la guerra. L’Impero,
messo con le spalle al muro, giocò in questo conflitto sanguinoso il tutto per
tutto. L’immane tragedia, di cui la Comune
doveva costituite l’epilogo, cominciava. ll 12 luglio, senza aspettare la
dichiarazione di guerra, gli internazionalisti parigini, in un appello agli
operai del mondo intero, pubblicato dal quotidiano Réveil,
avevano, “in nome della fratellanza tra i popoli”, denunciato il delitto e i
suoi autori.
Ma a dispetto della sua attività, del rumore fatto
intorno a essa e della leggenda di cui veniva circondata, l’Internazionale era
debole. La sua propaganda non aveva raggiunto che una parte del popolo operaio
delle grandi città. Essa aveva per sé l’avvenire, ma non Il presente. La guerra
troncò netta un'ascesa che sembrava irresistibile.
“Che accade all'Internazionale?” scriveva da
Anversa, il 19 agosto, Varlin,
stupito di non vederla dar segno di vita. Il fatto certo è che essa non ebbe
nessun peso nella caduta
dell'Impero (4
settembre), opera della massa non organizzata, sovreccitata dai primi
disastri; nessuno nelle giornate del 31
ottobre e del 22
gennaio, operava, in gran parte, nelle organizzazioni blanquiste[14], nelle
quali, è vero, gli operai erano numerosi, ma che erano privi di organizzazione
di classe.
Durante la guerra, sul conto della “Corderie” si può
mettere soltanto un manifesto indirizzato al popolo tedesco di quindici
firmatari (tra i quali Beslay,
Briosne,
Camélinat,
Longuet,
Tolain,
Vaillant,
ecc.) dove si chiedeva “in nome della giustizia", ritirare i suoi eserciti
e di ripassare il Reno:
« […] diversamente
dovremmo combattere sino all’ultimo uomo e versare a fiotti il vostro sangue e
il nostro. Noi vi ripetiamo ciò che dichiarammo all’Europa coalizzata nel 1793:
Il popolo francese non fa la pace con un nemico che occupa il suo territorio
…
Ripassate
il Reno…
Viva la
Repubblica universale!»
L’Internazionale parigina, quindi, si mantenne sulla
riserva, perché aveva misurato la propria debolezza. E fu il Comitato dei venti
arrondissement che, durante tutto l’assedio, si fece interprete delle
aspirazioni popolari: d’altronde, esso contava nel proprio seno alcuni
internazionalisti e aveva la propria sede alla Corderie.
Menire gli internazionalisti parigini incitavano gli
invasori a ripassare il Reno, gli internazionalisti tedeschi (vale a dire il
Comitato centrale del partito democratico socialista, il partito di Liebknecht
e di Babel) lanciavano
anch’essi un manifesto plaudendo alla caduta
dell'Impero e reclamando “una pace onorevole con la Repubblica francese”. I
firmatari del testo, redatto sotto l’ispirazione di Marx,
furono arrestati e inviati in una fortezza dall’autorità militare.
Quanto al Consiglio generale dell'Associazione, esso,
servendo con tutti i suoi mezzi la causa della Repubblica francese contro la
Prussia, servì la causa di Parigi contro il Governo francese.
Il 4
settembre, due giorni dopo Sedan,
l’Impero
giaceva a terra. La
Repubblica era proclamata e Marx,
avvisato da un telegramma di Charles
Longuet, riprendeva la penna per sviluppare, in nome dell'Internazionale,
il significato di questi avvenimenti formidabili.
In un manifesto, datato 9 settembre, dopo un saluto
alla Repubblica francese avvisava i lavoratori che qualsiasi tentativo
prematuro per rovesciare il Governo provvisorio mentre il nemico era alle porte
di Parigi, avrebbe costituito una irreparabile follia. Impadronirsi del potere
in un simile momento avrebbe portato ad addossarsi la responsabilità di una
pace disastrosa. Bisognava lasciare, sempre secondo Marx,
questa responsabilità al solo Governo ed approfittare delle libertà
repubblicane per organizzare saldamente il proletariato.
Dal canto suo, Eugène Dupont[32],
l’operaio liutaio che rappresentava al Consiglio generale le sezioni francesi,
scriveva ad un socialista lionese, Albert
Richard, che la caduta dell’Impero non avrebbe portato a nessun cambiamento
nei rapporti di classe:
“Il potere appartiene sempre alla borghesia. In
queste condizioni, il compito degli operai, o piuttosto il loro dovere, è:
lasciare che questa canaglia borghese faccia la pace con i prussiani (giacché
la vergogna di un simile atto non si separerà mai più da loro), non
consolidarla per via di sommosse, ma approfittare della libertà che le
circostanze stanno per offrirci allo scopo di organizzare tutte le forze della
classe operaia. La borghesia che, in questo momento, è impaurita del suo
trionfo, da principio non si accorgerà dei progressi dell’organizzazione, e per
il giorno della vera guerra i lavoratori saranno pronti”.
Le difficoltà create dalla guerra
del 1870 e la repressione degli
internazionalisti in tutta Europa dopo la Comune di Parigi, paradossalmente non impedirono all’A.I.L. uno sviluppo. I conflitti nel suo interno e le divisioni s’aggravarono e l’estate del 1871
segnò l’inizio del declino dell’Intemazionale.
Il congresso annuale del 1870
era stato fissato a Mainz, per settembre; ma
a luglio c’era la guerra,
e durante l’inverno le sezioni rimasero rintanate, senza mezzi di
comunicazione. Dopo la caduta della Comune,
il Consiglio generale riconobbe la necessità
di fare il punto, di contare i propri
membri, di richiamare i principi dell’A.l.L.. Nel frattempo il conflitto
svizzero romando non era liquidato e le
due parti - come pure Marx -
desideravano puntualizzare la situazione.
Si è
ribadito troppo sovente che i conflitti nell’Internazionale, che dovevano poi arrivare alla scissione nel 1872,
erano causati dall’animosità personale e dalla concorrenza che regnavano tra Marx e Bakunin.
Ma le loro questioni personali non sono sufficienti a spiegare perché le
sezioni seguirono una o l’altra linea; le concezioni politiche dei due, come i
loro metodi d’azione, differivano profondamente. Sicuramente Marx e Bakunin
godevano entrambi di una grande popolarità in alcune
frazioni del movimento operaio: il primo in Germania, a Ginevra, un poco in
Francia e in Inghilterra; il secondo nel Giura, in Italia, in Spagna, un
poco in Belgio.
Ciascuno
aveva sviluppato un pensiero originale, ma le loro concezioni politiche, come i loro metodi d’azione differivano
profondamente. Marx
vedeva più a lungo termine, con la volontà di realizzare il suo
programma già esposto precedentemente con Engels[10] nel Manifesto e precisato ne La
guerra civile in Francia. Bakunin,
a sua volta,
vero rivoluzionario e uomo d’azione (il 28 settembre fece un tentativo di rivoluzione
comunarda improvvisata a Lione, la cui parola d’ordine era la guerra
rivoluzionaria ad oltranza ed il primo atto, il solo purtroppo, fu di
proclamare abolizione dello Stato), quando il suo programma socialista e anarchico era stato
rifiutato dalla Lega
della pace e della libertà al suo congresso di Berna del 1868,
con i suoi amici aveva aderito all’Internazionale, cercando di farle
adottare i principi libertari. Entrambi
combattevano per l’avvento del socialismo in una società senza classi ma, nelle due ideologie, la
visione di questa nuova società e soprattutto i mezzi per arrivarci,
differivano - e differiscono ancora oggi - profondamente. Una tragedia della vita
dell’A.l.L. fu proprio l’incomprensione reciproca tra Bakunin
e Marx.
Il primo
aveva scoperto ben presto le tendenze centralizzatrici, autoritarie e
burocratiche del suo avversario e i pericoli del «comunismo di Stato»;
proclamava l’anarchia nelle file proletarie, come il mezzo infallibile per
rompere la potente concentrazione di forze sociali e politiche nelle mani degli
sfruttatori, e con questo pretesto chiedeva all'Internazionale, proprio nel
momento che il vecchio mondo cercava di schiacciarla, di sostituire la sua
organizzazione con l'anarchia. Marx, a
sua volta, non risparmiava le accuse nei confronti di Bakunin,
rimproverandogli di non comprendere nulla
di economia e di politica, accanendosi pure su pregiudizi: “Appena un Russo si infiltra, il diavolo si scalena”; attaccò
più seriamente «l’astensionismo» e il rifiuto della «politica», dando però a queste parole un
significato diverso. Infine non approfondì la nozione dello Stato e non confrontò mai seriamente la questione della sua
distruzione immediata, voluta
dagli anarchici, con la fase «transitoria»
della dittatura del proletariato, che considerava più realista.
La conferenza internazionale a
Londra 17 - 23 settembre 1871
La conferenza di Londra, tenuta nel settembre 1871, diede
luogo a un regolamento dei conti tra il Consiglio generale e il fantasma
di Bakunin.
Invece di convocare un regolare
congresso generale,
nell’Europa ancora scossa del 1871,
il Consiglio generale decise di riunire una
conferenza, come sei anni prima quando
il primo congresso non si era ancora tenuto. Ci furono 22 partecipanti alla
Conferenza, tra cui 13 membri
del Consiglio generale (!).
L’ordine del giorno previsto comportava soprattutto punti amministrativi (statistica operaia, organizzazione
del Consiglio generale, delle sezioni e delegazioni, quote, formazione di sezioni femminili e agricole, ecc.).
Ma le discussioni più importanti,
quelle che avevano praticamente
provocato la Conferenza, riguardavano l’Alleanza
e Bakunin,
con lo scopo di «liquidarli» politicamente e ideologicamente.
I partecipanti alla Conferenza erano tutti, salvo due
o tre eccezioni, avversari di Bakunin
e parteggiano per la Federazione
romanda di Ginevra. Marx
senza dubbio voleva farla finita con le
frazioni, sia con i proudhoniani[6] francesi e i tradeunionisti inglesi, sia
con i «bakuninisti»;
il momento di fare dell’Intemazionale il grande partito della classe operaia
era arrivato. In quest'ottica, la condanna dell’Alleanza
e della scissione svizzera prese un significato
che superava il conflitto personale Marx-Bakunin;
e se la maggioranza delle risoluzioni
si accentrano sull’anarchico senza nominarlo - ovvero proibizione di sette e di
sezioni particolari, condanna delle manovre dell’Alleanza
e dei Giurassiani, esigenza
dell’azione politica - fu proprio quest’ultima la più importante per
l’intera Internazionale, e cioè: «il
proletariato non può agire come classe che
costituendosi lui stesso in partito
politico distinto, opposto a tutti i vecchi partiti formati dalle classi
possidenti».
La minoranza, alla Conferenza, si
oppose
a questa o quella risoluzione generalmente per ragioni procedurali, contestando il
potere decisionale proprio della Conferenza, ma non attaccò
il problema di base.
Solo più tardi essa ritornò sulle proprie posizioni e rifiuterà
precisamente quell’obbligo dell’azione politica,
come pure la facoltà del Consiglio generale di fare la politica
dell’Internazionale. Marx
aveva veramente ben colpito, aveva saputo finirla con i deviazionisti, ma non assicurò l’unità dell’Internazionale.
Al suo interno ci fu una vera e propria dichiarazione di guerra.
Il verbale del congresso può lasciare stupefatti:
accordo unanime, entusiasmo generale,
congratulazioni e buone risoluzioni. La sua importanza storica non è dovuta
alla costituzione della nuova Federazione del Giura
- atto praticamente formale - quanto
alla presa di posizione nei confronti delle decisioni della Conferenza di
Londra dell’estate precedente, che riguardava la struttura dell’A.I.T. e la
partecipazione alla politica. Questa presa di posizione, dovuta a James Guillaume[7], venne redatta sottoforma di circolare a tutte
le Federazioni dell’A.I.T., invitandole ad una rapida convocazione in un
congresso generale. Si trattò di una delle prime analisi teoriche sull’autorità
nell’A.I.T. elaborata dai Giurassiani;
secondo la loro parola
d’ordine «Guerra alle cose, pace agli
uomini!» non attaccarono a livello personale, ma incriminarono il
principio di autorità.
Questa circolare, passata alla storia col nome di Circolare
di Sonvilier metteva in risalto
la crisi che covava nell’Internazionale.
Congresso de L’Aja 2-7 settembre 1872
Così,
alcuni mesi dopo la Conferenza di Londra, quando si era ingenuamente creduto
di aver stroncato gli autonomisti e le
«pretese scissioni», la maggioranza delle Federazioni si oppose alle tendenze centralizzatrici del Consiglio generale. Non
tanto per provocare una scissione, né
per cambiare la struttura dell’A.I.L.; veniva semplicemente richiesto
che gli statuti originali fossero rispettati, che un congresso generale venisse convocato, che
s’instaurasse una discussione aperta e democratica .
Marx ed
Engels[10] non dovevano trovare troppo solida la
maggioranza che li aveva seguiti alla Conferenza di Londra, cosi nella preparazione del Congresso generale del 1872, scelsero un luogo lontano dalla
Svizzera: l’Aia, città dove Bakunin
non poteva recarsi, dal momento che gli era proibito di attraversare la Francia
e la Germania.
Marx e
Engels[10] accordavano tanta importanza
all’Alleanza dato che Bakunin
si compiaceva di organizzare
società segrete e di reclutare militanti per i circoli degli intimi e per le fraternità che seminava al suo passaggio,
e che ovviamente desiderava che l’A.I.L. accettasse il suo programma socialista anarchico.
Subito
dopo i suoi «addii solenni e pubblici» alla borghesia,
dimissionando dalla Lega
per la pace e la libertà, Bakunin
nel 1868
aderì all’A.I.L., fondandovi una sezione un poco particolare, l’Alleanza internazionale della democrazia
socialista.
Marx, Engels[10], Lafargue e Utin immaginarono che essa
avesse potuto mettere a ferro e fuoco
l’Europa, sviare gli operai dal loro
primo compito - la conquista del potere
politico - di far deviare infine
l’A.I.L. dai propri scopi. Queste
accuse si trattavano solo di dettagli e che non raggiungevano l’essenza
degli argomenti di Bakunin. Il problema politico era senza dubbio più importante: per i marxisti il primo
dovere del proletariato era formare un
partito, partecipare agli organi politici
- i parlamenti - della società borghese per criticarli, trasformarli ed infine prendere il potere. Bakunin
non ignorava l’importanza della politica, ma
le dava un senso radicalmente diverso:
«Gli operai (...)
dapprima
entrano nell’Internazionale e si
organizzano per scopo eminentemente politico, quello della rivendicazione
solidale della completezza dei loro diritti
economici contro lo sfruttamento oppressivo della borghesia di tutti i paesi.
(...) Distrugge da una parte le frontiere politiche e tutta la politica internazionale degli Stati,
in quanto fondata sulle simpatie, sulla cooperazione volontaria e sul fanatismo patriottico delle masse asservite; scava l’abisso tra la borghesia e il proletariato,
mettendo quest’ultimo al di fuori dell’azione e del gioco politico di tutti i partiti dello Stato. La politica
borghese vuole la conquista del
potere, il soggiogamento, e l'organizzazione dello Stato allo scopo di sfruttare le masse soggiogate e conquistate. Le masse, al
contrario, vogliono la rivolta contro lo Stato
e, in ultima conseguenza, la distruzione dello Stato».
Queste analisi erano (e sono)
veramente inammissibili per coloro che
vogliono vedere la classe operaia organizzarsi in un unico modo, sotto una direzione incaricata di
esprimere la sua coscienza, ancora
confusa, seguire un programma stabilito
per poi arrivare al potere.
Nonostante Marx ed
Engels[10] cercavano di denunciare le
frazioni, la cerchia dei partigiani di Bakunin
non cessò di estendersi e di mettere in causa
la linea che il Consiglio generale voleva dare all’lntemazionale.
Per il congresso dell’Aia, Marx ed
Engels[10] richiamano i loro amici, i delegati del Consiglio
generale, i socialdemocratici tedeschi e i francesi
obbedienti, che fabbricarono per
l’occasione mandati di sezioni inesistenti.
Erano in possesso di mandati in
bianco, sufficienti per assicurarsi una
confortevole maggioranza. Infine hanno
fissato all’ordine del giorno dapprima la questione politica - rendendo obbligatoria la partecipazione alla
politica parlamentare -, poi l’esclusione
degli «alleanzisti».
L’annuncio del congresso provocò
un grido di indignazione nei Giurassiani.
Essi non desideravano staccarsi dal Consiglio
generale, volevano cercare ancora una volta di salvaguardare l’unità dell’Internazionale. In giugno, avevano inviato le
loro quote regolari a Londra, che furono accettate. Ma i loro sforzi per cambiare il luogo del congresso e
l’ordine del giorno restarono vani.
La
reazione degli italiani, appena costituitisi in federazione
regionale, era più viva: dichiararono di voler rompere ogni legame con il Consiglio generale, boicottare
il Congresso dell’Aia e recarsi a Neuchâtel per la stessa data per riunirsi con le federazioni «anti-autoritarie» e
costituire un programma comune.
Nonostante l’accordo tra Bakunin e i compagni italiani,
i Giurassiani si opposero a questo
piano: solo se l’intesa era impossibile all’Aia, si poteva valutare la possibilità di una
simile riunione; ma prima bisognava imporsi al Congresso, domandare la
revisione degli statuti e la riduzione dei poteri del Consiglio generale. Fu soprattutto Guillaume[7] che si assunse il compito di conciliatore.
Alla fine
si trovarono riuniti all’Aia quaranta delegati che formarono la maggioranza, di cui sedici membri del Consiglio generale, e venticinque che formarono la
minoranza autonomista, di cui cinque membri del Consiglio generale.
Dopo tre lunghe giornate per verificare i mandati, venne
affrontato il primo punto dell’ordine
del giorno che trattava dei poteri del
Consiglio generale; il risultato paradossale della discussione fu la decisione di allargare i suoi
poteri nei riguardi delle federazioni e nel contempo di trasferire la sede a ... New York! Cioè
togliergli praticamente ogni potere.
Il secondo
punto dell’ordine del giorno tendeva a introdurre negli statuti la famosa
risoluzione della Conferenza di Londra, che rendeva obbligatoria l’azione politica.
Gli «astensionisti» giurassiani
patrocinarono la loro causa; Guillaume[7] espose brevemente le idee
collettiviste e federaliste, poi la
distinzione tra la politica positiva
preconizzata dalla Conferenza di Londra e la politica negativa,
distruttrice del potere politico da parte degli autonomisti. Dall’inizio del congresso
si era messa in discussione l'Alleanza e le sue azioni e si propose di escludere i presunti sobillatori: Bakunin, Guillaume[7], Schwitzguébel[11] e
alcune comparse.
Al voto,
ovviamente formale, solo Bakunin
e Guillaume[7] trovarono sufficienti avversari
per essere solennemente espulsi dall’A.I.L.. L’esclusione
di Bakunin
e di Guillaume[7] venne seguita,
l’anno dopo, dalla sospensione della Federazione
del Giura, poi di tutte le
federazioni che solidarizzavano con essa, sospensioni pronunciate dal Consiglio generale
fantasma di New York.
Solo
Adhémar Schwitzguébel[11] aveva
trovato tolleranza nei delegati del congresso; di fatto avrebbero dovuto
rimproverargli le stesse manovre clandestine
e frazioniste di Bakunin
e Guillaume[7]; anzi, contrariamente a
quest’ultimo, era stato membro del’Alleanza
della democrazia socialista
dal 1869.
Ma egli era un operaio, attivo nella sua professione e nel suo villaggio
di Sonvilier; si era impegnato meno nelle
polemiche o nei libelli degli amici; era dunque difficile espellerlo.
Tagliate le teste, le comparse potevano sopravvivere.
Dopo L’AJA
Dopo il tentativo rivoluzionario
del 1873[33], in
Spagna la repressione contro gli Internazionalisti si era aggravata. Ugualmente in Italia dopo i tentativo mancato di Bologna[34]
nell’agosto 1874. A tal punto che le federazioni dei due paesi
domandarono all’A.I.L. di non tenere congressi
nel 1875. Questa proposta venne accettata favorevolmente
dalle altre federazioni, che non potevano certamente parlare di crescita dell’A.l.L. e di sviluppo
delle idee anarchiche nel mondo.
L’Intemazionale era sempre
proibita in Francia, e le rare sezioni clandestine che erano in relazione con
la Svizzera - in particolare con Paul Brousse e Louis
Pindy – non erano rappresentative del movimento operaio
francese.
Praticamente disorganizzato,
occorrerà attendere l’amnistia per vedere ricostituire delle associazioni che raggruppano un certo
numero di membri.
Bakunin
morì
il primo luglio 1876. I
suoi funerali furono modesti; ma riunirono a
Berna un piccolo gruppo di socialisti che
rappresentavano tendenze molto diverse.
Dopo la breve cerimonia di che
cosa potevano parlare se non dell’Intemazionale? L’occasione per incontri pacifici era poco
frequente; sulla tomba di colui che tutti consideravano un autentico
rivoluzionario, un ribelle infaticabile, i dissensi dovevano sparire. La risoluzione votata non fu unicamente provocata
dall’emozione e ritrovò i principi
comuni al di là dei conflitti: «I
lavoratori riuniti a Berna nell’occasione della morte di Michele
Bakunin. appartenenti a cinque nazioni diverse, gli uni partigiani
dello Stato operaio, gli altri partigiani della libera federazione dei gruppi
produttori, pensano che una riconciliazione sia non solo indispensabile e molto
desiderabile, ma soprattutto sia molto facile, sul
terreno dei principi dell’Internazionale...».
II desiderio di unità era
permanente tra la maggioranza dei socialisti, particolarmente dopo il congresso di
Ginevra del 1873, fallito
per l'assenza di delegati Usa, francesi, inglesi, tedeschi, italiani, spagnoli,
portoghesi, austriaci. Quindi tutti gli incontri comuni vennero sostenuti, anche se in seguito ci si
accorse che veniva rafforzata unicamente una
tendenza.
Successivamente, il
movimento operaio si è diretto, spinto da profonde forze storiche, verso gli stessi tipi di
organizzazione che gli anarchici aborriscono; sindacati legalitari, partiti social-democratici.
L’organizzazione unitaria e blanda
tentata dall’A.l.L. fallì;
l’esempio della Germania dimostrò che i socialisti potevano entrare nei parlamenti, quello
dell'Inghilterra che i sindacati potevano diventare
interlocutori riconosciuti
Dopo la Prima Internazionale
La
Seconda Internazionale
Alla morte di Marx
scoppiarono violente dispute tra le varie correnti socialiste. Nel 1889 si
ricostituì, a Parigi, la 2ª
Internazionale, la
quale esercitò, con l'istituzione a Bruxelles di un «un ufficio permanente», un
ruolo di direzione dei vari movimenti socialisti europei tra cui il Partito
Socialista Italiano, il Partito Laburista inglese e il Partito Socialdemocratico
tedesco.
Gli anarchici provarono a rientrare nell'Associazione
ma ne furono definitivamente espulsi durante il 4º congresso nel 1896.
La II Internazionale fu dominata dagli
esponenti dei socialdemocratici tedeschi, in particolare dallo scontro tra due
discepoli di Engels[10]: Kautsky e Bernstein. Karl Kautsky (1854-1938),
rappresentante dell’ortodossia marxista, proclamò l'inevitabile «bancarotta del
modo di produzione capitalistico» e la conseguente prossima catastrofe della
società borghese. Eduard Bernstein (1850-1932), influenzato dalla corrente
empirista inglese, volle rilanciare l'evoluzionismo politico e sociale,
convinto, al contrario di Klautsky, che il crollo della società capitalistica
non fosse inevitabile né prevedibile a breve scadenza e per questo Bernstein
venne definito come un socialista "revisionista".
Sia il socialismo "ortodosso", che quello
"revisionista", pur divergendo sui metodi, concordavano sul ruolo
fondamentale dello Stato per attuare la collettivizzazione della società,
quindi in netta antitesi ai principi dell'anarchismo che vedeva nella
distruzione dello stesso una necessità da realizzare prima possibile.
Lo scoppio della I guerra mondiale, fece crollare
tutti i sogni e le speranze socialiste della II Internazionale, che si sciolse nel 1916.
La Terza
Internazionale o Internazionale comunista
Nel 1919, per iniziativa di Lenin, fu costituita la Terza Internazionale o
Internazionale comunista o Comintern (scritto anche Komintern,
dalle parole tedesche Kommunistische Internationale, il tedesco era la
lingua ufficiale della III Internazionale) e, nel 1938, su iniziativa di Lev Trotskij, la Quarta Internazionale comunista. Il primo
segretario della Terza Internazionale comunista fu Zinov'ev.
L'Internazionale
anarcosindacalista
Dal 25 dicembre del 1922 al 2 gennaio del 1923, diversi gruppi anarco-sindacalisti, che
non accettavano di far parte dell'Internazionale sindacale rossa controllata
dai bolscevichi, rifondarono a Berlino l’Associazione Internazionale dei Lavoratori,
ispirandosi ai valori della prima internazionale, di
cui si considereranno il proseguimento ideale.
È tuttora in esistenza, nota con la forma spagnola
del suo nome, Asociación Internacional de los Trabajadores (A.I.T.).
Attualmente il suo segretariato si trova ad Oslo.
Logo-AIT Anarcosindacalista |
L'Internazionale: la canzone di Pottier
L'Internazionale è la più famosa canzone socialista
e operaista, riconosciuta come l'inno dei lavoratori in tutto il mondo. Il
testo fu scritto da Eugène
Pottier nel giugno 1871 e musicato da
Pierre de Geyter di Lille nel 1888, che gli varrà una
fama mondiale e diventerà l'inno operaio che ancora oggi conosciamo.
«In piedi, dannati della terra,
In piedi, forzati della fame!
La ragione tuona nel suo cratere,
È l’eruzione finale.
Del passato facciamo tabula rasa,
Folle, schiavi, in piedi! In piedi!
Il mondo sta cambiando radicalmente,
Recuperato per un certo periodo da parte dell'Unione
Sovietica, questo magnifico testo non conserva non per questo una grande
portata libertaria.
Per un argomento più approfondito cliccare su:
Libri, e altro, messi a disposizione
[1] Ferdinand Lassalle (Breslavia, 11 aprile 1825 – Carouge, 31 agosto 1864)
è stato uno scrittore, politico e agitatore tedesco. Di inclinazione
democratica, passò poi al socialismo. Prese parte attiva nella rivoluzione del
1848-49 e conobbe Marx ed Engels, con i
quali ebbe uno scambio epistolare fino al 1862. Inizialmente discepolo di Marx, ebbe poi forti divergenze
su diverse questioni anche teoriche. Nel 1863 fondò l'Associazione generale
degli operai tedeschi: Marx condannò
l'associazione che aveva obiettivi molto più moderati rispetto alle sue idee
rivoluzionarie. Lassalle intrattenne anche rapporti politici con Bismarck. Anche per questo
legame Marx lanciò aspre
invettive: Lassalle infatti sosteneva la causa dell'unificazione della Germania
e vedeva nel cancelliere Otto
von Bismarck, per il quale nutriva una grandissima stima, l'uomo più
adatto.
[2] La
rivolta di gennaio fu la più lunga rivolta polacca contro l'Impero
russo: ebbe inizio il 22 gennaio 1863 e gli ultimi insorti furono catturati nel 1864. Iniziò come protesta spontanea da parte dei giovani
polacchi contro la coscrizione
all'interno dell'esercito russo; a loro si unirono subito diversi politici
polacchi e alti ufficiali dell'esercito zarista. Gli insorti, in numero molto inferiore ai russi e privi del sostegno
estero, furono obbligati a tattiche di guerriglia; essi non riuscirono ad ottenere nessuna grande vittoria e durante la
campagna non fu tolta ai russi alcuna città o fortezza nella Polonia occupata.
La rivolta ebbe tuttavia successo nel vanificare gli effetti dell'abolizione
della schiavitù effettuata dallo zar, che aveva pensato così di conquistare l'appoggio dei
contadini emancipandoli e mettendoli contro il resto della nazione polacca.
Dopo la rivolta, vennero effettuati diversi atti di repressione contro i
polacchi, come esecuzioni pubbliche o deportazioni in Siberia, che
ebbero l'effetto di indurre i polacchi ad
abbandonare la battaglia armata e ad attestarsi invece su una linea di
"lavoro organico" - il miglioramento economico e culturale.
[3] "Garantista, vale a dire molto
vicino ai mutualisti" (Benoît Malon,
La Revue socialiste), Antoine Limousin[3]
partecipò con Perrachon e Tolain
all'incontro di Londra del 22 luglio 1863 a favore della Polonia. Un anno dopo,
il 28 settembre 1864, fu anche presente alla riunione del Saint Martin’s Hall,
che segnò la fondazione della Prima Internazionale, e fu nominato segretario
corrispondente per Parigi. Poco dopo la fondazione dell'Internazionale la
cattiva salute di Limousin[3] lo
costrinse ad essere sostituito da suo figlio Charles". Il 1° novembre 1865 fondò,
con poche decine di altri cittadini, "l’Association coopérative
d’approvisionnement et de consommation de Belleville-Paria", una società
la cui esistenza fu breve. Antoine Limousin[3]
si ritirò dall'Internationale nel 1866, secondo Benoît
Malon.
[4] Il Manifesto
dei sessanta, è così detto perché firmato da sessanta operai, ed era un
programma di rivendicazioni sociali e politiche.
[5] Ernest Fribourg (Parigi, 26 marzo
1834 - Neuilly-sur-Marne, 26 maggio 1903); incisore decoratore, massone della
loggia di L'Avenir; uno dei fondatori dell'Internazionale in Francia. Nel
1865-1866, fu anche uno dei corrispondenti all'interno dell'A.I.T. del
periodico La Mutualité. Dal 3 all'8 settembre 1866, partecipò al primo
congresso dell'Internazionale che si tenne a Ginevra. Secondo James Guillaume[7],
Fribourg aveva iniziato un'evoluzione che lo ha portato, nel 1871 a
posizionarsi tra gli avversari della Comune
di Parigi.
[6] Per proudhoniani s’intendono
definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph
Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo, da molti
studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx
definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una
società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro
i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi
basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il
controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non
del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli
insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.
[7] James Guillaume (Londra, 16
febbraio 1844 - Préfargier, 20 novembre 1916), scrittore e anarchico svizzero,
è stato tra i principali esponenti dell'Internazionale
anarchica fondata a Saint-Imier nel 1872 e dell'anarchismo svizzero. James
Guillaume partecipa attivamente all'attività del movimento internazionalista,
ma ben presto, in sintonia con la maggioranza degli internazionalisti del
Giura, giunge alla conclusione che la classe operaia doveva pretendere di più
che il semplice riformismo. Il congresso dell'Internazionale
a Losanna e quello della Lega
per la Pace e la Libertà a Ginevra, tenutosi nel 1867, convincono
definitivamente l'anarchico svizzero della necessità della rivoluzione sociale.
Il salto ideologico definitivo, lo compie insieme a gran parte dei militanti
del Giura quando in Svizzera giunge, nel 1869, il carismatico anarchico russo Michail
Bakunin. Guillaume si convince così in maniera definitiva che l'eguaglianza
non può realizzarsi che in assenza di Stato. Guillaume si dedica anima e corpo
all'Internazionale.
dall'11 aprile 1870 diviene redattore de «La Solidarité», organo della
federazione romanda dell'Associazione
Internazionale dei Lavoratori, e poi viene anche espulso con Bakunin
dall'Internazionale
a causa del suo ruolo preponderante nell'ambito della Federazione
del Giura. Si tratta di una prima piccola scissione interna al movimento
internazionalista che anticipa quanto si concretizzerà nel 1872. James
Guillaume muore il 20 novembre 1916
a Préfargier (Svizzera) e viene inumato a Parigi presso
il cimitero di Montparnasse.
[8] Claude-Henri
de Rouvroy conte di Saint-Simon (Parigi, 17 ottobre 1760 – Parigi, 19 maggio
1825) è stato un filosofo francese. Considerato il fondatore del socialismo
francese, partecipò alla guerra d'indipendenza americana, combattendo agli
ordini di La Fayette. Durante la Rivoluzione Francese rinunciò ai titoli
nobiliari. Fu tuttavia il primo ad avvertire la trasformazione industriale
della società, individuando problematiche fondamentali che occuperanno in
seguito i Positivisti e soprattutto Marx e
i suoi seguaci.
[9] L'Internazionale
antiautoritaria (o Internazionale anarchica) è stata un'organizzazione
anarchica internazionalista costituitasi nel 1872 a Saint-Imier (Svizzera)
grazie all'impegno dei partecipanti alla Federazione
anarchica del Giura. Fu la conseguenza dei conflitti tra marxisti e
anarchici nella 1ª Internazionale, che provocò l'espulsione degli anarchici
dalla stessa e la convocazione del Congresso
di S. Imier da cui scaturì la costituzione di una nuova Internazionale: 'Internazionale
antiautoritaria.
[10] Friedrich
Engels (Barmen, 28 novembre 1820 – Londra, 5 agosto 1895) è stato un filosofo,
sociologo, economista, giornalista e imprenditore tedesco, fondatore assieme al
sodale Karl
Marx del socialismo scientifico, oltre che teorico del materialismo
dialettico attraverso principalmente il suo Dialettica della natura
(1883), basandosi in particolare sull'impostazione critica in chiave
materialista dell'intera storia umana sviluppata da Marx nella sua «concezione materialistica della storia».
[11] Adhémar Schwitzguébel (Sonvilier,
15 agosto 1844 – Evilard, 23 luglio 1895) è stato un sindacalista e anarchico
svizzero. Orologiaio incisore di professione, fu un organizzatore della Fédération
Jurassienne e un esponente di rilievo della Prima
internazionale e del sindacalismo svizzero. Nel 1866 partecipò al congresso
internazionale
di Ginevra in rappresentanza della sezione di Sonvilier, che aveva
contribuito a creare. Nel 1869 fu delegato al congresso
internazionale di Basilea e nel 1871 partecipò alla costituzione della Fédération
Jurassienne. Convinto sostenitore delle teorie di Bakunin
si fece promotore di un socialismo anarchico che propugnava l'avvento di una
società collettivista basata sulla libera federazione delle associazioni
sindacali e delle comuni. Dopo la caduta della Comune
di Parigi (1871) aiutò diversi profughi a trovare rifugio in Svizzera
fornendo loro documenti falsi. Quando lo scontro tra Bakunin
e Marx
in seno all'Associazione
Internazionale dei Lavoratori giunse al culmine Schwitzguébel fu tra i
promotori della Conferenza di Sonvilier (1871) dove venne approvata una
circolare in cui Marx
veniva accusato di voler "introdurre nell'Internazionale
lo spirito autoritario" attraverso una rigida centralizzazione, e si
rivendicava il mantenimento del "principio dell'autonomia delle
sezioni" ed un'organizzazione di stampo federalista. Schwitzguébel,
insieme a Bakunin
e a James Guillaume[7] partecipò al congresso della Prima
internazionale a L'Aja (2-7 settembre 1872). La maggioranza marxista chiese
l'espulsione di tutti e tre accusandoli di appartenere segretamente all'Alleanza
Internazionale per la Democrazia Socialista (una associazione che Bakunin
si era impegnato a sciogliere). Bakunin
e Guillaume[7] vennero effettivamente espulsi mentre Schwitzguébel evitò
l'espulsione per un leggero scarto di voti. Subito dopo partecipò al Congresso
Internazionale di Saint-Imier (15-16 settembre 1872) celebrato dalla componente
bakuninista, in cui vennero disconosciute le deliberazioni dell'Aja e venne
creata l'Internazionale
antiautoritaria. Dopo il 1880, pur continuando nell'impegno sindacale e
politico, si orientò progressivamente verso posizioni riformiste. Trasferitosi
a Bienne (1889) dal 1891 fu aggiunto romando presso il segretariato operaio
svizzero (Comité de la Fédération ouvrière suisse), l'anno successivo fu uno
dei promotori della Federazione degli operai dell'industria orologiera, che
costituì il primo tentativo di unire i sindacati del settore orologiero in Svizzera.
Morì a 51 anni a causa di un tumore allo stomaco.
[12] Cesar De Paepe (Ostenda. il 12
luglio 1841 - Cannes, 19 dicembre 1890)
era un dottore in medicina, politico e sociologo belga. Era anche un attivista
del razionalismo e del libero pensiero. De Paepe affermò le sue idee in vari
congressi dell'A.I.T.. Nel 1878, durante un viaggio a Londra, conobbe Charles
Bradlaugh, un libero pensatore e un massone, e insieme fondarono la Federazione
Internazionale del Libero Pensiero. Il 12 aprile 1880, fu cacciato dall'Internazionale
per due motivi: non pagava più le sue quote e non aveva più le stesse idee (è
considerato un traditore agli occhi dei membri dell'Internazionale perché
incoraggia un movimento mirato alla distruzione di questa associazione). In
seguito alla diminuzione dei membri della sezione di Bruxelles e della sezione
belga dell'Internazionale causata dal rovesciamento della Comune
di Parigi e del Congresso dell'Aia, César De Paepe, Gustave
Bazin e Louis Bertrand hanno deciso di creare la «Chambre du Travail», riunendo così vari movimenti di
lavoratori belgi già esistenti. Quest'ultima rimpiazzò così l'Internazionale in
declino. La Camera del Lavoro, come nuova organizzazione, ottenne la riduzione
del numero massimo di ore di lavoro al giorno a 12 ore e allo stesso tempo
sviluppò nuovi mezzi per i lavoratori (possibilità di seguire corsi, avendo
accesso alle biblioteche e alle conferenze). César De Paepe cercò di presentare
le idee marxiste alla Camera. Questa tendenza è stata ulteriormente confermata
durante il dibattito tra Bakunin
e Marx.
La concezione dello stato secondo Cesare di Paepe differisce da quella degli
anarchici, in quanto sostiene un intervento più socialista da parte dello
stato. Il 6 maggio 1877, César de Paepe creò il Parti Socialiste brabançon, uno dei cui principali obiettivi
era quello di stabilire il diritto di voto per tutti i belgi. Questo partito si
fuse nel 1879 con il partito dei lavoratori fiammingo e la Camera del Lavoro,
dando così origine al Partito socialista belga il cui obiettivo principale era
l'istituzione del suffragio universale attraverso una revisione della
Costituzione. La struttura di questo partito appena creato è quella che il
Partito dei lavoratori belga adotterà nel 1885.
[13] Hermann Greulich (Breslau, 9 aprile
1842 – Zurigo, 8 novembre 1925), era un politico socialista svizzero. Fu un
pioniere del movimento socialista internazionale. Ha lavorato fianco a fianco
con Karl
Marx e Friedrich Engels[10] nella Prima Internazionale, e in seguito è
stato attivo nella Seconda Internazionale.
[14] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e
attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta,
del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo
secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali
e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria
combattiva. Deve il suo nome allo
scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis
Auguste Blanqui.
[15] La battaglia di Mentana fu uno
scontro a fuoco avvenuto presso la cittadina di Mentana, nel Lazio. L’evento
bellico si svolse il 3 novembre 1867, quando le truppe pontificie (coadiuvate
da un battaglione francese) si scontrarono con i volontari di Garibaldi diretti
a Tivoli dopo il fallimento della presa di Roma per la mancata insurrezione dei
romani.
[16] André Murat (Lione, 10 giugno 1833
- 11 luglio 1893) era un operaio meccanico; libero pensatore; massone; membro
dell'Internazionale (Proudhoniano)[6].
[17] Félix Chemalé (Tours, 21 settembre
1838) assistente di architettura; uno dei fondatori della Prima Internazionale
in Francia.
[18] Joseph Fournaise,
nato a Parigi il 1° gennaio 1828, era lavoratore ottico; massone; membro
dell'Internazionale con tessera numero 72. Joseph Fournaise prestò servizio nel
153° battaglione della Guardia
Nazionale fino al febbraio 1871, ma, congedato, non portò armi e non
partecipò alla Comune.
Aveva approvato la rivolta del 31
ottobre 1870, ma si rifiutò di giudicare la rivoluzione
del 18 marzo 1871. Fu tuttavia arrestato dopo la sconfitta della Comune e
portato davanti all'11°
Consiglio di Guerra, probabilmente come membro dell'Internazionale.
[19] Pierre Gauthier, operaio di
bigiotteria; attivista dell’A.I.T. a Parigi. Pierre Gauthier è stato uno dei
fondatori dell'Internazionale. Appartenne alla commissione annessa al primo
ufficio parigino dell'Internazionale, installato l'8 gennaio 1865, in rue des
Gravilliers, n° 44, e i cui corrispondenti segretari erano Tolain,
Fribourg[5] e Limousin[3]. In seguito al Congresso di Ginevra nel settembre
1866, l'Ufficio di Parigi adottò un regolamento che, in ottobre, istituì una
commissione amministrativa di quindici membri, tra cui Gauthier. Questo ufficio
è stato rinnovato dopo il Secondo Congresso Internazionale che si è tenuto a
Losanna l'anno successivo a settembre. Gauthier è stato rieletto. I quindici
membri della nuova commissione si dimisero il 19 febbraio 1868 dopo l'avvio di
un procedimento contro l'Internazionale. Il 20 marzo Gauthier fu condannato,
con ciascuno dei suoi compagni, ad una multa di 100 franchi. La condanna è
stata confermata in appello il 29 aprile, in cassazione il 12 novembre.
[20] V. Guyard: Nato a
Parigi (6°
arrondissement) Il 26 dicembre 1829; viveva in rue de La Fontaine-au-Roi
numero 5, 11°
arrondissement ; montatore in bronzo per mobili. Fu uno dei primi cento
membri dell'Internazionale.
[21] Jean Delorme, nato il 26 ottobre 1831
a Marcoux (Loira), era un calzolaio, membro dell'Internazionale. La sezione
parigina dell'internazionale, in rue des Gravilliers 44, fu amministrata, alla
sua creazione, alla fine del 1864, da tre corrispondenti: Tolain,
Fribourg[5] e Limousin[3], assistito, dall'8 gennaio 1865, da un sottocomitato
- meno di venti membri in totale - che includeva Delorme. Dopo il Congresso di
Ginevra, nel settembre 1866, l'ufficio di Parigi adottò un regolamento che
istituiva una commissione amministrativa di quindici membri. È stata eletta in
ottobre e Jean Delorme ne faceva parte. Questa commissione fu rinnovata dopo il
Secondo Congresso Internazionale tenutosi a Losanna nel settembre 1867. Delorme
fu nuovamente eletto. Si dimise, insieme ai suoi compagni, il 19 febbraio 1868,
quando furono accusati. Ciascuno di essi è stato condannato il 20 marzo dalla
Corte penale di Parigi a una multa di 100 franchi, una condanna confermata in
appello il 29 aprile e, in cassazione, il 12 novembre.
[22] Irénée Onésime Dauthier, nato
intorno al 1838, era un sellaio. Visse, nel 1879, i rue Oberkampf 168, a
Parigi, 11°
arrondissement. era un membro dell'Internazionale e attivista sindacale.
[23] Jean-Pierre Bastien, nato il 14 luglio 1823 a Vigueiller (?)
operaio in una maglieria e corsetteria; Attivista dell’A.I.T. a Parigi. Bastien
fu uno dei fondatori della società cooperativa "La Boulangerie" che
si formò a Parigi nel novembre 1867. Fu anche uno dei quindici cittadini che,
dopo il Congresso di Losanna nel settembre 1867, formarono la nuova commissione
dell'ufficio di Parigi dell’«Internazionale. Tutti si sono dimessi il 19
febbraio 1868, dopo che era stato avviato un procedimento contro di loro. Il 20
marzo 1868 furono condannati a una multa di 100 franchi ciascuno.
[24] Antoine bourdon, nato il 6 novembre
1842 a Fleurie (Rodano), deceduto a Parigi il 4 luglio 1901; incisore di
metallo; membro dell'Internazionale.
[25] Gabriel Mollin, nato il a Bourges
15 settembre 1835 (Cher), deceduto il 18 ottobre 1912, era un operaio doratore
di metalli; membro del Circolo dei proletari positivisti e un membro
dell'Internazionale.
[26] Jean-Baptiste Humbert, nato ad
Abreschviller (Meurthe) il 29 aprile 1832, era un operaio tagliatore di
cristallo; membro dell'Internazionale.
[27] Léopold Granjon, nato a (Metz, 27
agosto 1845 - Parigi2 luglio 1874), era un operaio in una fabbrica costruttrice
di spazzole; membro dell'Internazionale.
[28] Capoluogo
della Normandia, regione della Francia settentrionale.
[29] Città
portuale della Francia nord-occidentale, nel dipartimento del Finistère nella
regione della Bretagna.
[30] Nel
dipartimento della Senna Marittima nella regione della Normandia.
[31] Jean-Pierre Heligon, nato a Parigi
il 20 gennaio 1834, era stampatore di carta da parati; proudhoniano[6]; libero
pensatore e massone; membro fondatore dell'Internazionale; contrario alla Comune
di Parigi.
[32] Eugène Dupont, nato nel 1831, morto
a Chicago (USA) nel 1881, era un operaio liutaio; segretario corrispondente per
la Francia, dal 1865, al consiglio generale dell'A.I.T. a Londra. Emigrò negli
Stati Uniti nel 1874. Eugène Dupont aveva sedici anni nel 1848; a giugno ha
combattuto sulle barricate.
[33] Con la locuzione Prima Repubblica Spagnola, detta anche la Gloriosa,
si intende il periodo del regime politico democratico instaurato nel Paese
iberico dall'11 febbraio 1873 (data di proclamazione della Repubblica e
dell'esilio del re Amedeo di Savoia), al 29 dicembre 1874 (data della
restaurazione della monarchia, con la proclamazione del re Alfonso XII). Essa fu la prima espressione dell'ansia di libertà evocata dalla
Rivoluzione francese che trovò compiuta realizzazione, se pur contraddittoria e
di breve durata, in Spagna, nell'ultimo quarto del XIX secolo, ad opera di una borghesia intellettuale e progressista. Il
succedersi quasi convulso dei cinque presidenti è il sintomo più evidente del
grado di instabilità politica, e anche ideologica all'interno della stessa area
liberale progressista, che porterà al dissolvimento della Prima repubblica,
anche con l'uso delle armi, il cui retaggio ideale però, al di là del momento
storico contingente, resta degno di nota al pari della Costituzione approvata
nel 1873, ma mai entrata in vigore.
[34] L'insurrezione
di Bologna è stata una storica tappa dell'anarchismo insurrezionalista italiano. Fu il primo tentativo (il secondo fu quello
operato dalla Banda del Matese) di un
certo rilievo per far scoccare la scintilla rivoluzionaria che poi si sarebbe
dovuta estendere nel resto d'Italia.
Nella notte fra il 7 e l'8 agosto, anniversario della cacciata degli Austriaci
nel 1848, gli anarchici internazionalisti tentano una insurrezione a Bologna,
con la speranza di estenderla dapprima alla Romagna e in seguito alle Marche e
alla Toscana. Il piano prevede la concentrazione presso i prati di
Caprara, dove sono state nascoste armi, di tre colonne di congiurati
provenienti da paesi vicini, l'entrata in città all'alba, l'occupazione del
palazzo comunale, l'assalto e il saccheggio dell'arsenale militare e la
liberazione dal carcere dei prigionieri politici. Vengono raccolti in vari
punti della città materiali per erigere barricate. Un centinaio di uomini
armati sono pronti all'azione. Ma la Prefettura, informata da spie infiltrate,
sventa la rivoluzione sul nascere.