mercoledì 25 settembre 2019

04-07-01 - L’Associazione Internazionale dei Lavoratori

ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI

  
Proudom - Marx - Bakounin
Il movimento operaio si sviluppò in Europa soprattutto nella seconda metà dell'800: in Inghilterra con le Trade Unions; in Francia con l'anarchismo proudhoniano; in Germania con le idee di Ferdinand Lassalle[1] da cui nascerà l'Associazione generale degli operai tedeschi; in Italia con l'anarchismo Bakuniano. La necessità di coordinare questi movimenti portò, il 28 settembre 1864, alla nascita dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (A.I.L.), in francese Association Internationale des travailleurs (A.I.T.) e conosciuta anche come Prima Internazionale.
L’Associazione Internazionale dei Lavoratori è stata la prima organizzazione che dichiara esplicitamente che «l'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi», corrispondente al desiderio di Marx di dieci anni prima: «Proletari di tutto il mondo, unitevi!». Queste due componenti, il carattere di classe e il desiderio di universalità, non furono mai assunti precedentemente da nessuna organizzazione. L’ A.I.L. sviluppò, durante dieci anni, una rete di sezioni nei paesi dell’Europa occidentale; decine di migliaia di operai vi fecero riferimento. Nella forma originale essa permise tutte le invenzioni, tutti gli ardori; attraverso i meandri dell’azione operaia, con errori e scoperte, essa condusse la classe operaia alla coscienza della propria esistenza, alla conoscenza della propria forza.
Fondazione della Internazionale 1864
La Rivoluzione francese del 1793 segnò anche la nascita dello Stato moderno e coloro che conquistarono il potere cominciarono a comprendere che tra gli interessi borghesi e gli interessi delle masse popolari non esisteva più niente di comune, che esisteva al contrario una radicale opposizione, e che la potenza e la prosperità esclusive della classe dei possidenti si fondavano sulla miseria e sulla dipendenza politica e sociale del proletariato. Da allora, i rapporti della borghesia e del popolo si trasformarono radicalmente e prima che i lavoratori avessero compreso che i borghesi erano i loro nemici naturali, ancora più per necessità che per cattiva volontà, i borghesi erano già arrivati alla coscienza di questo antagonismo finale.
I borghesi cercarono, e cercano ancora oggi, di migliorare le relazioni della loro classe con il popolo. Anche nell’istruzione: quella dello Stato non può servire che a riprodurre i rapporti di classe, fare i borghesi con i figli di borghesi e gli operai con i figli di operai; a questi ultimi non ha dato, e non può dare ancora oggi, i mezzi per la propria emancipazione, poiché poteva significare e significherebbe autodistruggersi. Di conseguenza non poté, e non può, che insegnare i pregiudizi religiosi, storici, politici, giuridici ed economici che garantirono, e garantiscono, la sua esistenza contro il popolo [i borghesi -anche gli pseudo socialisti- dicono: istruiamo prima il popolo, poi emancipiamolo. Noi anarchici dichiariamo al contrario: il popolo deve prima emanciparsi, il resto (istruzione compresa) verrà da sé. Unicamente agendo autonomamente, e uniti, i lavoratori possono spuntarla sullo Stato e sullo sfruttamento della borghesia – NDR].
Al contrario delle organizzazioni pseudo socialiste dei borghesi, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori offrì loro questa possibilità di autonomia, d’identità. «Il socialismo, mettendo al posto della giustizia politica, giuridica e divina, la giustizia umana, sostituendo la solidarietà universale degli uomini, e la concorrenza economica con l’organizzazione internazionale di una società fondata sul lavoro, potrà porre fine a queste manifestazioni brutali dell’animalità umana, alla guerra»: guerra tra classi o guerra tra Stati. Ecco in poche parole il discorso di Bakunin durante le sue conferenze del febbraio 1869, o scritte nelle settimane seguenti ne Le Progrès di Le Locle o L'Egalité di Ginevra, di cui era allora il redattore.


Simbolo adottato dalla Prima Internazionale
Premesse internazionaliste

L'esperienza rivoluzionaria del 1848-49 aveva dimostrato come i problemi dei diversi paesi fossero strettamente legati tra loro. Inoltre veniva considerato necessario un organismo che coordinasse la lotta a livello internazionale così come la repressione veniva coordinata dalle alleanze tra stati. Già durante l'Esposizione universale del 1862, tenutasi a Londra, in occasione della quale una numerosa delegazione formata da 200 operai francesi, delegati dai loro compagni di lavoro, avevano passato la Manica incontrandosi con i colleghi inglesi, l’idea era nell'aria. Essa era stata oggetto di colloqui precisi, non soltanto con qualche tradunionista inglese, ma con i numerosi rifugiati che, dopo il '48, vivevano in Inghilterra.
Il 5 agosto i rappresentanti delle Trade Unions proclamarono tra l'altro: “Speriamo di trovare qualche mezzo di comunicazione internazionale e che un giorno si crei quella catena d'amicizia che deve unire i lavoratori di tutti i paesi”. A questo i francesi risposero proponendo “di stabilire dei comitati operai per lo scambio della corrispondenza sulle questioni internazionali dell'industria”. Nel 1863 gli operai londinesi organizzarono un meeting in favore della liberazione della Polonia (allora subente una nuova repressione russa)[2] e in onore dei suoi vinti; il 22 luglio i parigini inviarono 6 loro delegati; il trade-unionista Odger auspicava la promozione di congressi internazionali dei lavoratori per concordare la lotta contro il capitalismo. Fu eletto un Consiglio generale, con sede a Londra, il quale tenne, tra il 1864 e il 1872, 385 sedute. Nel settembre 1864 i francesi vennero nuovamente invitati a partecipare ad un convegno pro-Polonia.


La Prima Internazionale (1864-1876)

Il 28 settembre 1864 si aprì a Londra la cosiddetta “Prima Internazionale socialista dei Lavoratori”. Al Saint Martin's Hall, riempito da una folla vibrante ed entusiasta, giunsero i tre delegati francesi: Tolain (cesellatore), Perrachon (bronzista) e Limousin (nastraio)[3], - firmatari, tutti e tre, del «Manifesto dei Sessanta[4]» - che esposero un progetto di associazione internazionale.
Il congresso fu presieduto dal filosofo positivista Spencer Beesley. Gli oratori non si limitarono ad esaltare la Polonia martire; denunciarono il dispotismo brutale che la reazione faceva pesare sull'Europa; dissero quale aggravamento di sofferenze i regimi di repressione poliziesca imponevano al proletariato.
Michail Bakunin
Tolain lesse una petizione degli operai francesi in cui si proclamava la necessità, l’urgenza di un'intesa internazionale tra i lavoratori. L'inglese Wheeler, dopo aver sentito il progetto francese, esposto da Tolain, presento la seguente risoluzione: «L'assemblea dopo aver sentito i nostri fratelli francesi [...] e dato che il loro programma può migliorare la situazione dei lavoratori lo accetta come base di un'organizzazione internazionale». Wheeler continuò con una ferma proposta: l’elezione, seduta stante, di un comitato incaricato di gettare le basi di un'associazione destinata “a migliorare le condizioni dei lavoratori". La risoluzione fu approvata all'unanimità e vene nominato il Comitato (composto in gran parte da inglesi, ma anche francesi, qualche italiano e il tedesco Karl Marx) che avrebbe dovuto risiedere a Londra e che aveva il compito di redigere i regolamenti e fare opera propagandistica.
Gli statuti dell’Internazionale furono redatti da Karl Marx, il quale riuscì a far prevalere i suoi punti di vista: invitare gli operai ad organizzarsi per conquistare non soltanto le desiderate riforme sociali, ma il potere politico “la conquista del potere politico è diventato il primo dovere della classe operaia (Karl Marx)”. In tali statuti troviamo per la prima volta questa formula che doveva fare il giro del mondo: “L’emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi”.
Karl Marx
Gli statuti prevedevano per il 1865 lo svolgimento, in Belgio, di un congresso costituente. Non essendosi riunito quest'ultimo, esso fu sostituito da una semplice conferenza che ebbe luogo a Londra in settembre. La Francia, o piuttosto Parigi, vi inviò quattro delegati: Tolain, Fribourg[5], Limousin[3] e il giovane rilegatore Varlin.
All'Internazionale aderirono inizialmente tutte le correnti della Sinistra europea, da Karl Marx agli anarchici e fino a Giuseppe Mazzini (1805-1872). L'Associazione diventò fuorilegge, dal 1871, in Francia, Spagna, Germania, Austria-Ungheria e Danimarca, ma si sviluppò, nonostante la repressione, in Spagna, Italia, Belgio.
L'Internazionale si pose soprattutto degli obiettivi pratici da conseguire per migliorare la condizione dei lavoratori: tra questi si ricorda la limitazione della giornata lavorativa ad otto ore. In un primo periodo la maggior parte dei membri era indirizzato al compromesso fra operai e industriali ma con l'azione di pochi venne ad allargarsi l'ideale dello sciopero, e proprio attraverso lo sciopero si rafforzarono i contatti con la massa del proletariato. Una volta permesse le riunioni pubbliche vi si sostennero le idee socialiste e molti membri acquistarono fama a Parigi proprio in questo modo. La condotta sempre più politica dell'internazionale scatenò la reazione del governo imperiale che indisse diversi processi; sia l'oppressione del governo che dell'organo poliziesco non fecero che accrescere il prestigio dell'Internazionale presso la massa operaia.
In breve tempo si acuirono le divergenze tra gli internazionalisti e i mazziniani: nell'ottobre del 1866 Bakunin e Alberto Tucci pubblicarono La situazione italiana, un opuscolo in cui si analizzava la situazione politica nella penisola e si attacca violentemente lo statalismo di stampo mazziniano. Vi furono accesi e intensi dibattiti conclusisi con uno scontro fra il delegato italiano, l'ambiguo Adolfo Wolf, inviato da Giuseppe Mazzini, ed i marxisti. I mazziniani erano decisamente contrari alle teorie che si basavano sulla lotta di classe (pensavano di risolvere i problemi sociali attraverso la solidarietà nazionale), ma nello statuto provvisorio Marx aveva già inserito dei punti che qualificavano in senso classista l'organizzazione. In seguito i mazziniani si ritirarono dall'Internazionale (al contrario di Garibaldi, che espresse il suo favore verso di essa).
Comunque, all'interno dell'Internazionale, i contrasti principali si ebbero inizialmente tra seguaci di Bakunin e Proudhon (entrambi anarchici) e poi soprattutto tra marxisti ed anarchici. Entrambi rifiutavano lo Stato borghese, ma mentre i primi teorizzavano la conquista della società comunista attraverso le fasi della “dittatura del proletariato”, della proprietà collettiva dei mezzi di produzione che in ultimo avrebbe portato alla società senza classi ed all'estinzione dello Stato (questo concetto è stato in parte o totalmente riveduto da alcuni marxisti, contrariamente ad altri che lo ritengono ancora valido), gli anarchici puntavano ad un'azione diretta mirante alla disarticolazione e alla liquidazione immediata dello Stato e di ogni tipo di istituzione autoritaria e gerarchica.
Congresso di Ginevra 1866
L’iniziale confronto tra Marx ed i proudhoniani[6] (Proudhon era morto pochi anni prima) portò all'espulsione di questi ultimi dall'organizzazione. In seguito, dispute tra Marx e Bakunin, l'esponente anarchico più rilevante nell'Internazionale, portarono ad una rottura tra gli anarchici ed i marxisti. Il "Consiglio Generale", in cui Marx aveva un peso prima inaudito, convocò il quinto Congresso all'Aia (2-7 settembre 1872). La maggior parte dei delegati era marxista, e proveniente dal Belgio, dalla Svizzera, dall'Italia, dalla Germania, mentre erano quasi assenti i francesi e gli spagnoli (esponenti principali dell'anarchismo internazionale di quella fase storica). Proprio la mancanza dei delegati franco-spagnoli fece pesare la bilancia dalla parte dei marxisti. Allora gli anarchici accusarono Marx di avere convocato il Congresso in modo confusionario quanto bastava perché non arrivassero gli oppositori marxisti. In quel Congresso si modificarono gli statuti dell'AIL in confermazione delle decisioni prese alla Conferenza di Londra del 1871; La maggioranza marxista ratificò l'espulsione degli anarchici (oltre Bakunin venne espulso anche lo svizzero James Guillaume[7]) dall'Internazionale operaia (all'ultimo Congresso del 1869 gli anarchici erano addirittura la maggioranza dei militanti europei!), segnando la rottura definitiva tra le due ali. Poi il Congresso, formato adesso solo da marxisti, decise il trasferimento del Consiglio Generale a New York. Questa fu una decisione assolutamente insensata poiché l'Internazionale era presente essenzialmente in Europa.
Allontanati dall'Internazionale per le cospirazioni dei seguaci di Marx, gli anarchici, si considerarono sempre vittime di un'ingiustizia e, seguendo i suggerimenti dei loro "leader", con il sostegno delle federazioni della Spagna, dell'Italia, del Belgio e della Svizzera romanda, decisero di continuare l'Internazionale costituendo una Internazionale antiautoritaria, ripristinando i suoi statuti e organizzando un nuovo congresso da tenersi a Saint-Imier (Svizzera). 
Il 18 marzo 1871 scoppiò la rivolta della Comune di Parigi, che secondo tanti fu il frutto concreto dell'esperienza dell'AIL, in cui confluirono le più diverse correnti socialiste: seguaci di Pierre Joseph Proudhon, di Saint-Simon[8], di Bakunin, di Marx ecc.
A questo punto, nel 1872 l'esperienza internazionalista proseguì suddivisa su due strade:
James Guillaume
· L'Internazionale di Saint-Imier, o Internazionale antiautoritaria[9] che sposterà poco dopo la sede del Consiglio generale da l'Aia a Saint-Imier,
· Internazionale ortodossa, A.I.L. marxista, che si sposterà, come scritto precedentemente, la sede del Consiglio generale da l'Aia a New York.
La Federazione anarchica del Giura il 15 settembre 1872 convocò un'assemblea a S. Imier (regione del Giura bernese in Svizzera), definendolo «un Congresso straordinario dell'Internazionale operaia» e si dedicarono ad organizzare, secondo la formula di Kropotkin, «la rivolta permanente mediante la parola, lo scritto, il pugnale, il fucile, la dinamite». Due giorni dopo i marxisti convocarono una "Conferenza a Londra" (17-22 settembre 1872), in cui ribadirono che “l'Internazionale è il partito politico, centralizzato, della classe operaia, che opera in modo legalitario e parlamentare per estendersi nel proletariato, in vista dell'insurrezione che porterà alla dittatura del proletariato, alle nazionalizzazioni, al socialismo”.
Il fallimento dell'esperienza della Comune di Parigi e i continui conflitti interni all’Internazionale, la crisi economica del '73 e un'inadeguatezza organizzativa, portarono il "Consiglio Generale" (trasferitosi da New York a Filadelfia) alla decisione di sciogliere l'Internazionale (15 luglio1876).


Principali punti trattati durante i convegni

·       Necessità di un'azione unitaria del proletariato e organizzazione della classe operaia.
·       Lotta per l'emancipazione economica e per l'abolizione della società classista.
·       Abolizione dello sfruttamento infantile e miglioramento delle condizioni lavorative della donna.
·       Solidarietà internazionale operaia.
·       Riconoscimento dell'importanza del movimento sindacale.
·       Sciopero come strumento di lotta.
·       Abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e degli eserciti permanenti.


Tutti i congressi della 1ª Internazionale

Congresso costitutivo, a Londra.
28 settembre-4 ottobre1864
Discussioni principali: Solidarietà alla Polonia oppressa. Presenti le delegazioni operaie inglesi e francesi, e di invitati di altri paesi (numerosi rifugiati politici in esilio a Londra, tra cui Marx). Elezione Consiglio generale, con sede a Londra (385 sedute tra il 1864 e il 1872; il 1 novembre: il Consiglio approva lo Statuto provvisorio). L’anno seguente, tra il 25 e il 27 settembre si tiene la prima Conferenza internazionale, sempre a Londra.
I Congresso, a Ginevra.
3-8 settembre1866
Discussioni principali: Numerosi delegati francesi e svizzeri, oltre agli inglesi, ai tedeschi (assente Marx), e ai rappresentanti del Consiglio generale. Scontro tra i mutualisti e i collettivisti. Obiettivo principale: ottenimento della riduzione della giornata lavorativa a otto ore.
II Congresso, a Losanna.
2-8 settembre1867
Discussioni principali: Delegati svizzeri, francesi, tedeschi, belgi, italiani, inglesi. Predominano ancora i proudhoniani[6]. Temi discussi: cooperazione; credito popolare; istruzione (indirettamente lo Stato).
III Congresso, a Bruxelles.
6-13 settembre1868.
Discussioni principali: Delegati belgi, inglesi, svizzeri, tedeschi, francesi, un italiano e uno spagnolo (assente Karl Marx). Discussione e approvazione della tesi sulla socializzazione dei mezzi di produzione, proposta dallo stesso Marx. Sconfitti i proudhoniani[6] e vittoria della fazione classista.
IV Congresso, a Basilea.
6-12 settembre1869
Discussioni principali: Delegati in maggioranza francesi e svizzeri; poi belgi, tedeschi, e spagnoli; presenti Bakunin e Caporusso per l'Italia (assente Marx), oltre a sei membri del Consiglio generale. I fautori del mutualismo propongono: socializzazione della terra, abolizione dell’eredità, centralizzazione e aumento dei poteri del Consiglio generale. L'assemblea boccia le loro proposte e devono uscire dall'A.I.L (nel 1870 scoppia la guerra franco-prussiana e il previsto congresso è rinviato; nel 1871 nasce la Comune parigina; dal 17 al 23 settembre si tiene la seconda conferenza internazionale, a Londra).
Congresso, a Magonza.
1870
Il Congresso che si sarebbe dovuto tenere a Magonza, non si tenne per lo scoppio della guerra franco-prussiana.
Conferenza internazionale a Londra.
17 - 23 settembre 1871
Conferenza internazionale, a Londra (partecipano Marx ed Engels[10]).
V Congresso, all'Aja.
2-7 settembre1872
Discussioni principali: Ultimo congresso a cui partecipano anche Marx ed Engels[10]. Consiglio generale si trasferisce a New York (fino all'estate del 1874), sotto la direzione di Sorge.
VI Congresso, a Ginevra.
7-13 settembre1873
Discussioni principali: Congresso fallito per l'assenza di delegati Usa, francesi, inglesi, tedeschi, italiani, spagnoli, portoghesi, austriaci, ungheresi. Presenti esclusivamente gli svizzeri.
Conferenza di Filadelfia (Usa).
15 luglio1876
Dichiarazione ufficiale che decreta lo scioglimento dell'A.I.L.

Tessera di partecipazione al primo congresso dell'Internazionale a Ginevra

Il congresso di Ginevra 3-8 settembre1866

Soltanto nel settembre del 1866 si poté inaugurare a Ginevra il primo congresso, con una sessantina di delegati francesi, inglesi, tedeschi, svizzeri. Il congresso fece uscire l'Associazione dalla sua fase embrionale. I’opinione pubblica europea, informata dalla stampa, comprese che qualche cosa di grande, una forza originale, nuova e virile, era nata, e avrebbe segnato un”epoca nella storia.
Il successo sorpassò le speranze di Marx che, per timore di uno scacco, si era astenuto dal recarsi a Ginevra. Era stato lui a redigere il programma dei delegati inglesi, limitandolo volontariamente “ai punti che consentissero un”intesa immediata e un'azione comune degli operai”. Questo programma non trionfò per merito dei proudhoniani[6] Francesi, che respinsero con ostinazione tutto quanto somigliava ad un intervento della legge, vale a dire dello Stato, nelle condizioni della vita operaia.
Le deliberazioni finali risentirono di questo antagonismo. Esse recano tutte il segno del compromesso.
Le deliberazioni riguardavano la giornata di otto ore, i sindacati, la cooperazione, il lavoro delle donne e dei fanciulli (che i proudhoniani[6] fecero condannare), la soppressione degli eserciti permanenti e l’armamento dei popoli. Inoltre, il congresso costituì definitivamente l’Internazionale.
Il congresso di Ginevra aprì la serie dei congressi dell'Internazionale. Ve ne furono altri cinque, che si tennero successivamente a Losanna (1867), Bruxelles (1868), Basiela (1869), L’Aia (1872).


Il congresso di Losanna 2-8 settembre 1867

Il congresso di Losanna riunì 71 delegati: Francesi, Inglesi, Svizzeri, come l’anno precedente a Ginevra, ed in più un Belga (César de Paepe[12]) e due Italiani. César de Paepe[12] pose il problema della proprietà, difese con calore il principio dell’appropriazione collettiva. Ma la maggior parte dei delegati non erano pronti ad iniziare questo dibattito fondamentale. Ci si accordò per rimandarlo
all'anno successivo.
Le conclusioni di Losanna segnarono egualmente un serio progresso delle idee rivoluzionarie in seno all'Associazione, senza giungere ad affermare, come aveva fatto il “proclama inaugurale”, che la conquista del potere politico fosse il. primo dovere della classe operaia. Fu dichiarato inoltre che le lotte operaie dovevano mirare, non alla correzione dell’istituto salariale, ma alla sua totale soppressione. L’Associazione tendeva evidentemente a spingersi oltre i limiti dell’azione meramente economica, nei quali il congresso di Ginevra sembrava volerlo costringere. Essa non faceva che seguire il movimento degli spiriti e degli umori del momento. Il proletariato si orientava deliberatamente verso la politica militante e, attraverso la politica, verso la rivoluzione sociale.
Invitati dalla Lega della Pace e della Libertà ad assistere al congresso che questa stava per inaugurare a Ginevra, i delegati di Losanna si accontentarono di inviarvi tre di loro, incaricati di leggere alla tribuna una risoluzione nella quale era detto che la guerra non sarebbe scomparsa se non in una società senza classi, e che prima di pensare a sopprimerla bisognava cambiare le basi dell’organizzazione sociale.


Il congresso di Bruxelles 6-13 settembre1868

Il congresso di Bruxel segnò un nuovo passo in avanti. La discussione sulla proprietà, ampia e movimentata, si chiuse con un voto che ebbe lunga eco, giacché la maggioranza dei delegati si pronunciò per la proprietà collettiva del suolo e del sottosuolo. Ma il numero delle astensioni fu tale che venne deciso di non arrendersi a questo primo voto e di riprendere l’anno dopo, a Basilea, l’esame del problema.
A causa delle tensioni dei rapporti franco-prussiani, la questione della guerra figurava all’ordine del giorno del congresso di Bruxelles. Charles Longuet fece votare una mozione che raccomandava ai lavoratori di “cessare ogni lavoro nel caso scoppiasse la guerra nei loro rispettivi paesi”. Era la prima volta che un congresso operaio faceva suo il problema della guerra; non sarebbe stata l’ultima.
La Lega della Pace e della Libertà, che doveva tenere a Berna il suo secondo congresso, vi aveva, come l’anno precedente, invitato l’Internazionale. Il congresso di Bruxelles declinò, non senza impazienza, l’invito. Nel suo spirito, non toccava all’Internazionale operaia andare verso l’Internazionale borghese; il gesto se mai spettava a quest’ultima. Decisine di rottura, dunque. La Lega, d’altra parte, era molto divisa e lo fece vedere a Berna, dove l’estrema sinistra, con Bakunin in testa, uscì in blocco dal congresso della Lega per fondare l’Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista, il cui primo atto fu la richiesta di entrare nell’Internazionale. Bakunin personalmente apparteneva già alla sezione di Ginevra.
Le risoluzioni di Bruxelles fecero una tale impressione, che l'Associazione apparve d'ora innanzi una potenza con la quale bisognava fare i conti. D'altronde, essa non cessava di svilupparsi, conquistando ogni giorno nuovi aderenti e prendendo piede persino nei paesi senza industrie come la Spagna e l'Italia. I suoi interventi negli scioperi, soprattutto negli scioperi parigini, suscitavano la speranza e l’entusiasmo nella classe operaia, l’inquietudine e il timore nelle classi dirigenti. Da questi sentimenti combinati doveva nascere la leggenda dell’Internazionale.


Il congresso di Basilea 6-12 settembre1869

Il momento più felice dell’Associazione va collocato nel 1869, l’anno del congresso di Basilea e del trionfo incontestato dei collettivisti; e dei comunisti su ciò che rimaneva del drappello proudhoniano[6]. Il congresso generale dell’A.I.L. a Basilea, nel settembre 1869, fu il primo al quale assistette Bakunin, con sei altri delegati provenienti da Ginevra e sei dal Giura, tra i quali Guillaume[7] e Adhémar Schwitzguébel[11], incisore a Sonvilier. Congresso importante poiché vi partecipano quasi 80 delegati di società operaie d’Europa e fu pure il penultimo della giovane Associazione internazionale unita.
Bakunin interviene al congresso di Basilea
La sezione di Basilea non era la più radicale dell’Internazionale: il suo segretario, Bruhin, era procuratore della Repubblica e le prime parole del suo discorso d’apertura hanno espresso il suo dispiacere di non potersi riunire in una... chiesa. Dopo la verifica dei mandati, momento importante e fastidioso di tutti i congressi, venne letto il rapporto del Consiglio generale sulla situazione del movimento operaio; questo approfondiva principalmente le battaglie tra capitale e lavoro, cioè gli scioperi, che l'anno precedente avevano agitato l'Europa». Gli anni 1868-1869 non sono stati effettivamente molto tranquilli: l’organizzazione della classe operaia si sviluppava nei paesi industrializzati, e la resistenza alle pressioni padronali si rafforzava. Sciopero dei nastrai e tintori a Basilea, nell’inverno 1868; sciopero dei tipografi e degli edili a Ginevra, nel marzo 1869; sciopero degli affinatori e minatori del Borinage; sciopero dei tessitori a Rouen, degli operai della seta a Lione. Nella maggior parte dei casi, padroni e governi si accordarono nell’accusare l’Internazionale di finanziare gli scioperi, e gli agitatori stranieri di sollevare gli operai; in Francia particolarmente, nonostante il ripristino del diritto di riunione nel 1868, le sezioni erano continuamente molestate, arbitrariamente dissolte. Nel giugno 1869 accaddero più gravi avvenimenti: durante lo sciopero a Saint-Etienne e a La Ricamarie, venne mobilitata la truppa, che sparò sugli operai, ne uccise quindici e ne ferì molti. Anche in Inghilterra il governo massacrò operai, condannò i ribelli, si congratulò con i soldati... Questa condizione non impedì lo sviluppo dell’Internazionale che si diffuse in nuove regioni: in Austria, in Italia, in Spagna, in Olanda. La repressione aumenta, ieri come oggi, la forza dell’opposizione.
Dopo il rapporto del Consiglio generale si passa alla discussione delle questioni all’ordine del giorno. La discussione sulla proprietà fu ripresa a Basilea al punto in cui il congresso di Ginevra l’aveva lasciata: se la maggioranza era favorevole alla proprietà collettiva dei mezzi di produzione, non ci si era accordati né sulla proprietà dei prodotti, né soprattutto sulla proprietà agricola.
Ma i tempi erano assai cambiati, dopo Losanna e Bruxelles. L’idea della proprietà collettiva aveva cessato di essere motivo di sgomento. Nel dibattito, la maggioranza dei tre quarti ammise che esisteva la necessità di introdurre il suolo nella proprietà collettiva, ma si divise sulla questione: a chi spetteranno la rendita e i prodotti? Il belga César De Paepe[12], sostenuto dai delegati del Consiglio generale, rispose: «allo Stato»; Bakunin e gli internazionalisti del Giura svizzero: «alle comuni, alle libere associazioni di liberi produttori». Il congresso si pronunciò in suo favore con 54 voti contro 4 (quelli di quattro parigini).
I socialisti della Svizzera ladina, ispirati allora da Bakunin, avevano fatto iscrivere all’ordine del giorno una questione connessa con quella della proprietà: la questione dell'eredità. Questa iscrizione era evidentemente superflua e, dopo il voto sulla proprietà, avrebbe dovuto essere logicamente considerata nulla.
Non si votò, quindi, su questo punto, ma la questione fu tuttavia discussa, e ciò mise in luce l'opposizione che stava per scagliare l'uno contro l’altro, durante tre anni, Bakunin e Marx, o piuttosto i federalisti contro i centralisti. Si delineò così la divisione tra i comunisti, partigiani di uno Stato centralizzato e i collettivisti, più tardi chiamati anarchici; questi ultimi raggruppavano i Giurassiani, gli Spagnoli, la maggioranza dei Belgi, alcuni Francesi allontanatisi dal proudhonismo[6], e naturalmente Bakunin. Dovevano fronteggiare i delegati del Consiglio generale (Marx era assente dal congresso), i Ginevrini legalitari, gli Svizzeri tedeschi con Greulich[13] e i Germanici.
Questa divisione si ritrovò più chiaramente al momento del voto sulla questione del diritto di eredità. Bakunin propose di decidere il principio della sua abolizione, «una delle condizioni indispensabili per la liberazione del lavoro […] il diritto di eredità doveva essere interamente e radicalmente abolito».
Il Consiglio generale non fu d’accordo; un’analisi di Marx, letta da un delegato, dimostrava che il diritto di eredità è una conseguenza dell’organizzazione economica attuale della società; bisogna discutere la causa, non l’effetto. Bakunin, improvvisando una risposta brillante, riconosceva che, nella storia, il fatto ha sempre preceduto il diritto; ma il diritto diventa causa d’effetti a sua volta, ed è questo che occorre combattere. Al voto, né la risoluzione della commissione, tutta al completo accanto a Bakunin, né quella presentata dal Consiglio generale, ottennero la maggioranza assoluta; vi si potrebbe trovare una delle ragioni della scissione irreparabile dell’Internazionale: ma la questione del diritto di eredità non venne più ripresa né da Marx, né da Bakunin, e la discussione sembrò sepolta.
Più incoraggiante fu l’unanimità sulla questione delle «casse di resistenza» (soccorso in caso di sciopero): essa raccomandava la costituzione delle casse nelle diverse associazioni professionali, già esistenti localmente (sezioni dell’Internazionale), inaugurando la forma delle federazioni di mestiere o di industria che furono una delle basi dei sindacati attuali; ma fu evidente che le casse di resistenza erano una misura provvisoria, «nell'attesa che il salariato sia sostituito dalla federazione dei produttori liberi».
Questa piccola frase, adottata all’unanimità, risulta importante: è la terminologia utilizzata proprio da Bakunin, per il quale la società futura deve prendere la forma di una «libera associazione di liberi produttori».
Il congresso si chiuse con il discorso del delegato americano, che recava il saluto di «centinaia di migliaia di compagni» d’oltremare. Gli anni seguenti, la guerra franco prussiana e la repressione contro la Comune di Parigi impedirono le riunioni internazionali, e il congresso dell’Aia del 1872 segnerà la scissione definitiva tra i «marxisti» e gli «anarchici», come verranno chiamati in seguito. È per questo motivo che il Congresso di Basilea è tanto importante.
Quarantacinque anni più tardi, nel 1914, James Guillaume[7], che s'era battuto a Basile a fianco di Bakunin, poteva scrivere:
Il Congresso di Basilea fece capire all’Europa che l’Internazionale non era una semplice società di studi in seno alla quale ci si sarebbe accontentati di discutere accademicamente questioni di vaga filantropia, ma un’organizzazione di combattimento con la quale il proletariato intendeva marciare verso la propria emancipazione. Fribourg[5], nel libro con cui ha cercato, nel 1871, di giustificare la sua defezione e quella di una parte dei suoi amici, ha preteso che dopo Basilea, ‘era evidente per tutti che Karl Marx il comunista tedesco, Bakunin, il barbaro russo, e Blanqui, l’autoritario forsennato, formavano ormai il triumvirato omni potente’ ne risultava, aggiungeva egli, che “l’Internazionale dei fondatori francesi era morta, ben morta'. Ma non era vero: l’Internazionale parigina aveva avuto altri fondatori che non fossero Tolain e Fribourg[5], ai quali il vero socialismo era rimasto estraneo... e gli operai di Parigi stavano per mostrare al mondo, l'anno dopo, di che cosa fossero capaci”.
A Basilea, i Parigini avevano detto: “Entro un anno l'Impero avrà cessato di esistere, e noi invitiamo sin da oggi l’Internazionale a tenere il suo prossimo congresso a Parigi”. Questa sfida al Regime di dicembre fu votata per acclamazione. Un anno più tardi, infatti, l”Impero aveva cessato di esistere, ma non si poteva pensare a tenere un congresso internazionale in una Francia invasa e calpestata. L’anno dopo ci fu la Comune, nella quale la reazione europea volle vedere la mano dell’Internazionale.. Il Consiglio generale giudicò opportuno sostituire il congresso, come nel 1865, con una conferenza internazionale, che ebbe luogo a Londra, nel settembre 1871. La guerra doveva arrestare netto lo sviluppo dell’Internazionale. La disfatta della Comune le vibrò un colpo terribile.
Gli operai parigini si sono vantati volentieri di essere stati i promotori dell’Internazionale: “Un fanciullo nato nei laboratori di Parigi” diceva il maestro Ribal, uno dei firmatari del «Manifesto dei Sessanta[4]», e “messo a balia a Londra”. La pretesa è eccessiva. L'idea dell'Internazionale non era più francese di quanto lo fosse l’inglese, e nell’attuazione i francesi non ebbero nemmeno la parte più importante. L’Internazionale non sarebbe mai nata senza il potente istinto corporativo degli operai inglesi.
Se le officine di Parigi, comunque, comunque, non ebbero nella creazione dell’Internazionale la parte preponderante che spesso viene loro attribuita, esse hanno tuttavia rappresentato nello sviluppo dell’Associazione sino alla Comune una parte di prim’ordine. È ciò che dimostrerà la storia dell’Internazionale parigina.


Il “Bureau” parigino dell’Internazionale 
La prima sede dell'Internazionale a Parigi, rue des Gravilliers 44

Il numero 44 di rue Gravilliers, prima sede della sezione dell’Interno
Già alla fine del 1864, i primi aderenti di Parigi aprirono un “Bureau”. Il cesellatore Tolain, l'incisore Fribourg[5], il tipografo Limousin[3] furono nominati segretari corrispondenti. L”8 gennaio 1865 il Bureau compilò gli statuti dell'Associazione e si stabilì in fondo ad uno stretto cortile di rue des Gravilliers 44, in una stanzetta umida e scura che venne ammobiliata alla meglio.
l primi passi furono lenti. Alla fine del 1865, il Bureau parigino non contava più di 700 membri. L'opposizione repubblicana vedeva senza simpatia questi lavoratori, troppo staccati dalla politica, che pretendevano di fare i propri affari da soli senza chiedere consigli a nessuno. Per molto tempo, negli ambienti della democrazia radicale e persino tra i blanquisti[14] rivoluzionari, dove gli operai erano numerosi, circolò la voce che i “Gravilleir” erano bonapartisti sotto false spoglie, agenti del Palais-Royal. Queste voci spiacevoli ostacolavano il reclutamento.
Tolain, Fribourg[5] e Limousin[3] non avevano niente di rivoluzionario, ma che fossero agenti del Palais-Royal, vale a dire del bonapartismo di sinistra, era falso.
Né la conferenza di Londra (1865), dove il Bureau parigino fu rappresentato dai tre segretari corrispondenti già citati e da un nuovo arrivato ricco di avvenire, il giovane rilegatore Eugene Varlin, né il congresso di Ginevra, dove i delegati parigini si presero scambievolmente per il collo con un pugno di blanquisti[14] che, senza nessun mandato, pretendevano metterli in stato di accusa e che furono espulsi dalla sala, poterono creare dissidi tra l'Internazionale e l'Impero. All'inizio del 1867 vi furono in Francia grandi scioperi: a Parigi, quello dei bronzisti per il quale Tolain e Fribourg[5] ottennero l’appoggio delle Trade Unions e che terminò con una vittoria il cui splendore si rifletté sull’Internazionale; a Roubaix, quello degli operai dell'industria tessile che, inferociti, fracassarono le macchine e diedero fuoco alle fabbriche, in pieno stile luddista, il che non impedì alla Commissione parigina (nuovo nome del Bureau di Parigi) di difendere la causa dei rivoltosi e fare appello alla solidarietà in loro favore.
L'Impero, che aveva tollerato la formazione di gruppi di operai aderenti all’Internazionale, chiuse ancora gli occhi, ma non doveva tardare a riaprirli. Tra l’Internazionale e l’Impero, rappresentanti di due mondi irreconciliabili, l’urto non poteva essere eternamente rimandato.


I processi dell’Internazionale
Il numero 44 di rue Gravilliers,
prima sede della sezione dell’Internazionale

Il numero 44 di rue Gravilliers, prima sede della sezione dell’Interno
E I'urto si produsse dopo il congresso di Losanna, quando gli internazionalisti parigini presero parte, nella stessa Parigi, a manifestazioni contro la politica romana del Governo imperiale all'indomani della battaglia di Mentana[15].
Questa volta, l'Impero pensò che la misura fosse colma. La Commissione parigina, composta di quindici membri, di cui cinque almeno abbracceranno la causa della Comune, fu denunciata al completo. I quindici accusati furono condannati il 20 marzo, dopo una difesa di Tolain, ed a 100 franchi di ammenda ciascuno, per aver fatto parte di un'associazione non autorizzata di più di venti persone; inoltre, I’Associazione Internazionale dei Lavoratori, stabilita a Parigi sotto il nome di Bureau di Parigi, fu dichiarata sciolta.
Questa sentenza fu confermata in appello il 29 aprile, dopo una difesa di Murat[16]. Ecco i nomi dei condannati: Murat[16], Camélinat e Gérardin, tutti e tre corrispondenti, Chemalé[17], Tolain, Hélgon, Perrachon, Fournaise[18], Gauthier[19], Bellamy, Guyard[20], Delahaye, Delorme[21], Dauthier[22] e Bastien[23], membri.
Nell'intervallo tra l’istruttoria e la sentenza, una nuova Commissione ridotta a nove membri, aveva sostituito quella precedente. I nove si chiamavano: Benoît Malon, Eugène Varlin, Emile Landrin, corrispondenti, Bourdon[24], Combault, Mollin[25], Humbert[26], Granjon[27], Charbonneau. Il loro primo atto fu di fare appello, in favore dei muratori scioperanti di Ginevra, alla solidarietà dei lavoratori francesi. La risposta del pubblico ministero non si fece attendere. I nove membri della Commissione furono deferiti al tribunale e condannati, il 22 maggio, dopo una difesa di Varlin, a tre mesi di prigione e a 200 franchi di multa. Pena confermata in appello il 24 giugno dopo una difesa di Combault.
Da quel momento, l’Internazionale parigina cessò di esistere alla luce del giorno
Condannati gli internazionalisti, sciolta l’Internazionale, tra l’Impero e la classe operaia fu guerra dichiarata. Più l’Impero, indebolito, si lasciava trascinare alle concessioni di un tardivo liberismo, più la classe operaia si mostrava irreconciliabile. Essa non voleva più saperne dell’Impero. Senza organizzazione regolare, con mezzi di fortuna, essa combatté su tutti i terreni dove il nemico poteva essere colpito: terreno politico, sindacale, cooperativo. Un militante senza macchia e senza paura, il rilegatore Eugène Varlin, fu l’anima di questi due anni di lotta. Spirito serio, meditativo, cuor tenero, aperto a tutti i sentimenti elevati, Varlin riassume, incarna in sé tutto il pensiero, tutta la passione della sua classe, tutta la sua volontà di lotta e di sacrificio. Sempre sulla breccia, egli organizzò camere sindacali, creò cooperative, le famose marmitte, in cui si incontrarono i militanti, si fece l'apostolo, nel '69, delle candidature operaie (sarà candidato egli stesso); era mischiato ad ogni agitazione, ad ogni propaganda, ad ogni movimento operaio, ad ogni movimento socialista. Più tardi, Varlin farà parte del Comitato centrale, poi della Comune; sarà tra i martiri supremi della Settimana sanguinante... Sempre lui, lui dappertutto! Più di chiunque altro, egli rappresentò il legame tra l’Internazionale e la Rivoluzione del 18 marzo.
Nel 1869 l’Impero, allo stremo, era come colpito a morte. Nelle riunioni pubbliche, nella stampa, l'audacia dei suoi avversari aumentava di giorno in giorno, senza che nessuna repressione li intimidisse. Si è visto che al congresso di Basilea, quando dovette fissare la sede del congresso seguente, quello del 1870, i Parigini, con una sfida gettata all'Impero, fecero acclamare Parigi libera! Gli scioperi succedevano agli scioperi, talvolta macchiati di sangue operaio, a La Ricamarie (17 giugno), a Aubin (8 ottobre). Camere sindacali, sfidando la legge, formarono nella maggior parte dei centri industriali, e talune di esse non esitarono sia a partecipare ai congressi dell'Internazionale, sia persino ad affiliarsi all'Associazione. È stato il caso dei rilegatori di Parigi, tra i quali militava, a fianco di Varlin, Adolphe Clémence, futuro eletto della Comune.
I legami tra l’organizzazione sindacale e l’Internazionale erano cosi stretti, i contatti cosi intimi, che talvolta venivano prese l’una per l’altra. D'altronde, esse abitano sotto lo stesso tetto, in quella “Corderie” nella quale batteva il cuore della Rivoluzione. L’Impero fece tra di esse così poca differenza, che uno dei suoi ultimi gesti, prima del crollo, fu di rinviarle insieme dinanzi ai tribunali. 
Così Theisz, che sarà anch’egli della Comune, dichiarò ai giudici imperiali: “Si tratta di assicurare ai gruppi di lavoratori sovranità piena e intera, libertà completa d'azione”.
Nel marzo 1870, l’Internazionale, su istigazione di Varlin si organizzò apertamente, federò le sue sezioni parigine e pensò anzi a creare una federazione che unisse Parigi, Lione, Marsiglia, Rouen[28], Brest[29], tutte le grandi città. Essa prese parte alla campagna antiplebiscitaria. In provincia, a Le Creusot, ad Elbeuf[30], ecc. scoppiarono senza posa scioperi che attestarono l’agitazione degli spiriti ed .anche l'influenza dell’Internazionale, di cui la polizia credette di “scorgere la mano” dappertutto.
Ma l’Impero stava in guardia e risolse tutto vibrando un gran colpo. Un bel mattino, i capi dell’Internazionale parigina e quelli della Camera federale operaia vennero arrestati in massa, processati, condannati l'8 luglio: sette ad un anno di prigione per associazione segreta (erano: Varlin, assente, Malon, Murat[16], Johannard, Pindy, Combault ed Héligon[31], presenti), ventisette a due mesi di prigione per aver fatto parte di una società non autorizzata (tra questi: Avrial, Passedouet, Langevin, Robin, Theisz, Chalain, Duval, Frankel e Malzieux). Quattro, tra cui Assi, furono assolti. La maggior parte di questi nomi si ritroveranno durante la Comune. L'Internazionale parigina fu nuovamente sciolta.
In provincia, le denunce furono seguite anch’esse da numerose condanne.


l’Internazionale durante la guerra del 1870

Quando ormai il conflitto armato tra la Francia e la Prussia era quasi imminente, la Commissione dell’Internazionale parigina denunciò la guerra; fece udire la propria voce e rivolse un saluto ai lavoratori di Berlino: “La guerra tra i popoli non può essere considerata diversamente da una guerra civile, un arretramento della civiltà”.
Otto giorni dopo il terzo processo dell’Internazionale, scoppiò la guerra. L’Impero, messo con le spalle al muro, giocò in questo conflitto sanguinoso il tutto per tutto. L’immane tragedia, di cui la Comune doveva costituite l’epilogo, cominciava. ll 12 luglio, senza aspettare la dichiarazione di guerra, gli internazionalisti parigini, in un appello agli operai del mondo intero, pubblicato dal quotidiano Réveil, avevano, “in nome della fratellanza tra i popoli”, denunciato il delitto e i suoi autori.
Ma a dispetto della sua attività, del rumore fatto intorno a essa e della leggenda di cui veniva circondata, l’Internazionale era debole. La sua propaganda non aveva raggiunto che una parte del popolo operaio delle grandi città. Essa aveva per sé l’avvenire, ma non Il presente. La guerra troncò netta un'ascesa che sembrava irresistibile.
Che accade all'Internazionale?” scriveva da Anversa, il 19 agosto, Varlin, stupito di non vederla dar segno di vita. Il fatto certo è che essa non ebbe nessun peso nella caduta dell'Impero (4 settembre), opera della massa non organizzata, sovreccitata dai primi disastri; nessuno nelle giornate del 31 ottobre e del 22 gennaio, operava, in gran parte, nelle organizzazioni blanquiste[14], nelle quali, è vero, gli operai erano numerosi, ma che erano privi di organizzazione di classe.
Durante la guerra, sul conto della “Corderie” si può mettere soltanto un manifesto indirizzato al popolo tedesco di quindici firmatari (tra i quali Beslay, Briosne, Camélinat, Longuet, Tolain, Vaillant, ecc.) dove si chiedeva “in nome della giustizia", ritirare i suoi eserciti e di ripassare il Reno:
« […] diversamente dovremmo combattere sino all’ultimo uomo e versare a fiotti il vostro sangue e il nostro. Noi vi ripetiamo ciò che dichiarammo all’Europa coalizzata nel 1793: Il popolo francese non fa la pace con un nemico che occupa il suo territorio …
Ripassate il Reno…
Viva la Repubblica universale!»

L’Internazionale parigina, quindi, si mantenne sulla riserva, perché aveva misurato la propria debolezza. E fu il Comitato dei venti arrondissement che, durante tutto l’assedio, si fece interprete delle aspirazioni popolari: d’altronde, esso contava nel proprio seno alcuni internazionalisti e aveva la propria sede alla Corderie.
Menire gli internazionalisti parigini incitavano gli invasori a ripassare il Reno, gli internazionalisti tedeschi (vale a dire il Comitato centrale del partito democratico socialista, il partito di Liebknecht e di Babel) lanciavano
anch’essi un manifesto plaudendo alla caduta dell'Impero e reclamando “una pace onorevole con la Repubblica francese”. I firmatari del testo, redatto sotto l’ispirazione di Marx, furono arrestati e inviati in una fortezza dall’autorità militare.
Quanto al Consiglio generale dell'Associazione, esso, servendo con tutti i suoi mezzi la causa della Repubblica francese contro la Prussia, servì la causa di Parigi contro il Governo francese.
Il 4 settembre, due giorni dopo Sedan, l’Impero giaceva a terra. La Repubblica era proclamata e Marx, avvisato da un telegramma di Charles Longuet, riprendeva la penna per sviluppare, in nome dell'Internazionale, il significato di questi avvenimenti formidabili.
In un manifesto, datato 9 settembre, dopo un saluto alla Repubblica francese avvisava i lavoratori che qualsiasi tentativo prematuro per rovesciare il Governo provvisorio mentre il nemico era alle porte di Parigi, avrebbe costituito una irreparabile follia. Impadronirsi del potere in un simile momento avrebbe portato ad addossarsi la responsabilità di una pace disastrosa. Bisognava lasciare, sempre secondo Marx, questa responsabilità al solo Governo ed approfittare delle libertà repubblicane per organizzare saldamente il proletariato.
Dal canto suo, Eugène Dupont[32], l’operaio liutaio che rappresentava al Consiglio generale le sezioni francesi, scriveva ad un socialista lionese, Albert Richard, che la caduta dell’Impero non avrebbe portato a nessun cambiamento nei rapporti di classe:
Il potere appartiene sempre alla borghesia. In queste condizioni, il compito degli operai, o piuttosto il loro dovere, è: lasciare che questa canaglia borghese faccia la pace con i prussiani (giacché la vergogna di un simile atto non si separerà mai più da loro), non consolidarla per via di sommosse, ma approfittare della libertà che le circostanze stanno per offrirci allo scopo di organizzare tutte le forze della classe operaia. La borghesia che, in questo momento, è impaurita del suo trionfo, da principio non si accorgerà dei progressi dell’organizzazione, e per il giorno della vera guerra i lavoratori saranno pronti”.


Dopo la Comune e il dualismo tra Bakunin e Marx

Le difficoltà create dalla guerra del 1870 e la repressione degli internazionalisti in tutta Europa dopo la Comune di Parigi, paradossalmente non impedirono all’A.I.L. uno sviluppo. I conflitti nel suo interno e le divisioni s’aggravarono e l’estate del 1871 segnò l’inizio del declino dell’Intemazionale.
Il congresso annuale del 1870 era stato fissato a Mainz, per settembre; ma a luglio c’era la guerra, e durante l’inverno le sezioni rimasero rintanate, senza mezzi di comunicazione. Dopo la caduta della Comune, il Consiglio generale riconobbe la necessità di fare il punto, di contare i propri membri, di richiamare i principi dell’A.l.L.. Nel frattempo il conflitto svizzero romando non era liquidato e le due parti - come pure Marx - desideravano puntualizzare la situazione.
Si è ribadito troppo sovente che i conflitti nell’Internazionale, che dovevano poi arrivare alla scissione nel 1872, erano causati dall’animosità personale e dalla concorrenza che regnavano tra Marx e Bakunin. Ma le loro questioni personali non sono sufficienti a spiegare perché le sezioni seguirono una o l’altra linea; le concezioni politiche dei due, come i loro metodi d’azione, differivano profondamente. Sicuramente Marx e Bakunin godevano entrambi di una grande popolarità in alcune frazioni del movimento operaio: il primo in Germania, a Ginevra, un poco in Francia e in Inghilterra; il secondo nel Giura, in Italia, in Spagna, un poco in Belgio.
Ciascuno aveva sviluppato un pensiero originale, ma le loro concezioni politiche, come i loro metodi d’azione differivano profondamente. Marx vedeva più a lungo termine, con la volontà di realizzare il suo programma già esposto precedentemente con Engels[10] nel Manifesto e precisato ne La guerra civile in Francia. Bakunin, a sua volta, vero rivoluzionario e uomo d’azione (il 28 settembre fece un tentativo di rivoluzione comunarda improvvisata a Lione, la cui parola d’ordine era la guerra rivoluzionaria ad oltranza ed il primo atto, il solo purtroppo, fu di proclamare abolizione dello Stato), quando il suo programma socialista e anarchico era stato rifiutato dalla Lega della pace e della libertà al suo congresso di Berna del 1868, con i suoi amici aveva aderito all’Internazionale, cercando di farle adottare i principi libertari. Entrambi combattevano per l’avvento del socialismo in una società senza classi ma, nelle due ideologie, la visione di questa nuova società e soprattutto i mezzi per arrivarci, differivano - e differiscono ancora oggi - profondamente. Una tragedia della vita dell’A.l.L. fu proprio l’incomprensione reciproca tra Bakunin e Marx.
Il primo aveva scoperto ben presto le tendenze centralizzatrici, autoritarie e burocratiche del suo avversario e i pericoli del «comunismo di Stato»; proclamava l’anarchia nelle file proletarie, come il mezzo infallibile per rompere la potente concentrazione di forze sociali e politiche nelle mani degli sfruttatori, e con questo pretesto chiedeva all'Internazionale, proprio nel momento che il vecchio mondo cercava di schiacciarla, di sostituire la sua organizzazione con l'anarchia. Marx, a sua volta, non risparmiava le accuse nei confronti di Bakunin, rimproverandogli di non comprendere nulla di economia e di politica, accanendosi pure su pregiudizi: “Appena un Russo si infiltra, il diavolo si scalena”; attaccò più seriamente «l’astensionismo» e il rifiuto della «politica», dando però a queste parole un significato diverso. Infine non approfondì la nozione dello Stato e non confrontò mai seriamente la questione della sua distruzione immediata, voluta dagli anarchici, con la fase «transitoria» della dittatura del proletariato, che considerava più realista.


La conferenza internazionale a Londra 17 - 23 settembre 1871

La conferenza di Londra, tenuta nel settembre 1871, diede luogo a un regolamento dei conti tra il Consiglio generale e il fantasma di Bakunin. Invece di convocare un regolare congresso generale, nell’Europa ancora scossa del 1871, il Consiglio generale decise di riunire una conferenza, come sei anni prima quando il primo congresso non si era ancora tenuto. Ci furono 22 partecipanti alla Conferenza, tra cui 13 membri del Consiglio generale (!).
L’ordine del giorno previsto comportava soprattutto punti amministrativi (statistica operaia, organizzazione del Consiglio generale, delle sezioni e delegazioni, quote, formazione di sezioni femminili e agricole, ecc.). Ma le discussioni più importanti, quelle che avevano praticamente provocato la Conferenza, riguardavano l’Alleanza e Bakunin, con lo scopo di «liquidarli» politicamente e ideologicamente.
I partecipanti alla Conferenza erano tutti, salvo due o tre eccezioni, avversari di Bakunin e parteggiano per la Federazione romanda di Ginevra. Marx senza dubbio voleva farla finita con le frazioni, sia con i proudhoniani[6] francesi e i tradeunionisti inglesi, sia con i «bakuninisti»; il momento di fare dell’Intemazionale il grande partito della classe operaia era arrivato. In quest'ottica, la condanna dell’Alleanza e della scissione svizzera prese un significato che superava il conflitto personale Marx-Bakunin; e se la maggioranza delle risoluzioni si accentrano sull’anarchico senza nominarlo - ovvero proibizione di sette e di sezioni particolari, condanna delle manovre dell’Alleanza e dei Giurassiani, esigenza dell’azione politica - fu proprio quest’ultima la più importante per l’intera Internazionale, e cioè: «il proletariato non può agire come classe che costituendosi lui stesso in partito politico distinto, opposto a tutti i vecchi partiti formati dalle classi possidenti».
La minoranza, alla Conferenza, si oppose a questa o quella risoluzione generalmente per ragioni procedurali, contestando il potere decisionale proprio della Conferenza, ma non attaccò il problema di base. Solo più tardi essa ritornò sulle proprie posizioni e rifiuterà precisamente quell’obbligo dell’azione politica, come pure la facoltà del Consiglio generale di fare la politica dell’Internazionale. Marx aveva veramente ben colpito, aveva saputo finirla con i deviazionisti, ma non assicurò l’unità dell’Internazionale. Al suo interno ci fu una vera e propria dichiarazione di guerra.
Il verbale del congresso può lasciare stupefatti: accordo unanime, entusiasmo generale, congratulazioni e buone risoluzioni. La sua importanza storica non è dovuta alla costituzione della nuova Federazione del Giura - atto praticamente formale - quanto alla presa di posizione nei confronti delle decisioni della Conferenza di Londra dell’estate precedente, che riguardava la struttura dell’A.I.T. e la partecipazione alla politica. Questa presa di posizione, dovuta a James Guillaume[7], venne redatta sottoforma di circolare a tutte le Federazioni dell’A.I.T., invitandole ad una rapida convocazione in un congresso generale. Si trattò di una delle prime analisi teoriche sull’autorità nell’A.I.T. elaborata dai Giurassiani; secondo la loro parola d’ordine «Guerra alle cose, pace agli uomini!» non attaccarono a livello personale, ma incriminarono il principio di autorità.
Questa circolare, passata alla storia col nome di Circolare di Sonvilier metteva in risalto la crisi che covava nell’Internazionale.


Congresso de L’Aja 2-7 settembre 1872

Così, alcuni mesi dopo la Conferenza di Londra, quando si era ingenuamente creduto di aver stroncato gli autonomisti e le «pretese scissioni», la maggioranza delle Federazioni si oppose alle tendenze centralizzatrici del Consiglio generale. Non tanto per provocare una scissione, né per cambiare la struttura dell’A.I.L.; veniva semplicemente richiesto che gli statuti originali fossero rispettati, che un congresso generale venisse convocato, che s’instaurasse una discussione aperta e democratica .
Marx ed Engels[10] non dovevano trovare troppo solida la maggioranza che li aveva seguiti alla Conferenza di Londra, cosi nella preparazione del Congresso generale del 1872, scelsero un luogo lontano dalla Svizzera: l’Aia, città dove Bakunin non poteva recarsi, dal momento che gli era proibito di attraversare la Francia e la Germania.
Marx e Engels[10] accordavano tanta importanza all’Alleanza dato che Bakunin si compiaceva di organizzare società segrete e di reclutare militanti per i circoli degli intimi e per le fraternità che seminava al suo passaggio, e che ovviamente desiderava che l’A.I.L. accettasse il suo programma socialista anarchico.
Subito dopo i suoi «addii solenni e pubblici» alla borghesia, dimissionando dalla Lega per la pace e la libertà, Bakunin nel 1868 aderì all’A.I.L., fondandovi una sezione un poco particolare, l’Alleanza internazionale della democrazia socialista.
Marx, Engels[10], Lafargue e Utin immaginarono che essa avesse potuto mettere a ferro e fuoco l’Europa, sviare gli operai dal loro primo compito - la conquista del potere politico - di far deviare infine l’A.I.L. dai propri scopi. Queste accuse si trattavano solo di dettagli e che non raggiungevano l’essenza degli argomenti di Bakunin. Il problema politico era senza dubbio più importante: per i marxisti il primo dovere del proletariato era formare un partito, partecipare agli organi politici - i parlamenti - della società borghese per criticarli, trasformarli ed infine prendere il potere. Bakunin non ignorava l’importanza della politica, ma le dava un senso radicalmente diverso:
«Gli operai (...) dapprima entrano nell’Internazionale e si organizzano per scopo eminentemente politico, quello della rivendicazione solidale della completezza dei loro diritti economici contro lo sfruttamento oppressivo della borghesia di tutti i paesi. (...)  Distrugge da una parte le frontiere politiche e tutta la politica internazionale degli Stati, in quanto fondata sulle simpatie, sulla cooperazione volontaria e sul fanatismo patriottico delle masse asservite; scava l’abisso tra la borghesia e il proletariato, mettendo quest’ultimo al di fuori dell’azione e del gioco politico di tutti i partiti dello Stato. La politica borghese vuole la conquista del potere, il soggiogamento, e l'organizzazione dello Stato allo scopo di sfruttare le masse soggiogate e conquistate. Le masse, al contrario, vogliono la rivolta contro lo Stato e, in ultima conseguenza, la distruzione dello Stato».
Queste analisi erano (e sono) veramente inammissibili per coloro che vogliono vedere la classe operaia organizzarsi in un unico modo, sotto una direzione incaricata di esprimere la sua coscienza, ancora confusa, seguire un programma stabilito per poi arri­vare al potere.
Nonostante Marx ed Engels[10] cercavano di denunciare le frazioni, la cerchia dei partigiani di Bakunin non cessò di estendersi e di mettere in causa la linea che il Consiglio generale voleva dare all’lntemazionale.
Per il congresso dell’Aia, Marx ed Engels[10] richiamano i loro amici, i delegati del Consiglio generale, i socialdemocratici tedeschi e i francesi obbedienti, che fabbricarono per l’occasione mandati di sezioni inesistenti. Erano in possesso di mandati in bianco, sufficienti per assicurarsi una confortevole maggioranza. Infine hanno fissato all’ordine del giorno dapprima la questione politica - rendendo obbligatoria la partecipazione alla politica parlamentare -, poi l’esclusione degli «alleanzisti».
L’annuncio del congresso provocò un grido di indignazione nei Giurassiani. Essi non desideravano staccarsi dal Consiglio generale, volevano cercare ancora una volta di salvaguardare l’unità dell’Internazionale. In giugno, avevano inviato le loro quote regolari a Londra, che furono accettate. Ma i loro sforzi per cambiare il luogo del congresso e l’ordine del giorno restarono vani.
La reazione degli italiani, appena costituitisi in federazione regionale, era più viva: dichiararono di voler rompere ogni legame con il Consiglio generale, boicottare il Congresso dell’Aia e recarsi a Neuchâtel per la stessa data per riunirsi con le federazioni «anti-autoritarie» e costituire un programma comune. Nonostante l’accordo tra Bakunin e i compagni italiani, i Giurassiani si opposero a questo piano: solo se l’intesa era impossibile all’Aia, si poteva valutare la possibilità di una simile riunione; ma prima bisognava imporsi al Congresso, domandare la revisione degli statuti e la riduzione dei poteri del Consiglio generale. Fu soprattutto Guillaume[7] che si assunse il compito di conciliatore.
Alla fine si trovarono riuniti all’Aia quaranta delegati che formarono la maggioranza, di cui sedici membri del Consiglio generale, e venticinque che formarono la minoranza autonomista, di cui cinque membri del Consiglio generale. 
Dopo tre lunghe giornate per verificare i mandati, venne affrontato il primo punto dell’ordine del giorno che trattava dei poteri del Consiglio generale; il risultato paradossale della discussione fu la decisione di allargare i suoi poteri nei riguardi delle federazioni e nel contempo di trasferire la sede a ... New York! Cioè togliergli praticamente ogni potere.
Il secondo punto dell’ordine del giorno tendeva a introdurre negli statuti la famosa risoluzione della Conferenza di Londra, che rendeva obbligatoria l’azione politica. Gli «astensionisti» giurassiani patrocinarono la loro causa; Guillaume[7] espose brevemente le idee collettiviste e federaliste, poi la distinzione tra la politica positiva preconizzata dalla Conferenza di Londra e la politica negativa, distruttrice del potere politico da parte degli autonomisti. Dall’inizio del congresso si era messa in discussione l'Alleanza e le sue azioni e si propose di escludere i presunti sobillatori: BakuninGuillaume[7], Schwitzguébel[11] e alcune comparse.
Al voto, ovviamente formale, solo BakuninGuillaume[7] trovarono sufficienti avversari per essere solennemente espulsi dall’A.I.L..  L’esclusione di Bakunin e di Guillaume[7] venne seguita, l’anno dopo, dalla sospensione della Federazione del Giura, poi di tutte le federazioni che solidarizzavano con essa, sospensioni pronunciate dal Consiglio generale fantasma di New York.
Solo Adhémar Schwitzguébel[11] aveva trovato tolleranza nei delegati del congresso; di fatto avrebbero dovuto rimproverargli le stesse manovre clandestine e frazioniste di BakuninGuillaume[7]; anzi, contrariamente a quest’ultimo, era stato membro del’Alleanza della democrazia socialista dal 1869. Ma egli era un operaio, attivo nella sua professione e nel suo villaggio di Sonvilier; si era impegnato meno nelle polemiche o nei libelli degli amici; era dunque difficile espellerlo. Tagliate le teste, le comparse potevano sopravvivere.


Dopo L’AJA

Dopo il tentativo rivoluzionario del 1873[33], in Spagna la repressione contro gli Internazionalisti si era aggravata. Ugualmente in Italia dopo i tentativo mancato di Bologna[34] nell’agosto 1874. A tal punto che le federazioni dei due paesi domandarono all’A.I.L. di non tenere congressi nel 1875. Questa proposta venne accettata favorevolmente dalle altre federazioni, che non potevano certamente parlare di crescita dell’A.l.L. e di sviluppo delle idee anarchiche nel mondo.
L’Intemazionale era sempre proibita in Francia, e le rare sezioni clandestine che erano in relazione con la Svizzera - in particolare con Paul Brousse e Louis Pindy – non erano rappresentative del movimento operaio francese.
Praticamente disorganizzato, occorrerà attendere l’amnistia per vedere ricostituire delle associazioni che raggruppano un certo numero di membri.
Bakunin morì il primo luglio 1876. I suoi funerali furono modesti; ma riunirono a Berna un piccolo gruppo di socialisti che rappresentavano tendenze molto diverse.
Dopo la breve cerimonia di che cosa potevano parlare se non dell’Intemazionale? L’occasione per incontri pacifici era poco frequente; sulla tomba di colui che tutti consideravano un autentico rivoluzionario, un ribelle infaticabile, i dissensi dovevano sparire. La risoluzione votata non fu unicamente provocata dall’emozione e ritrovò i principi comuni al di là dei conflitti: «I lavoratori riuniti a Berna nell’occasione della morte di Michele Bakunin. appartenenti a cinque nazioni diverse, gli uni partigiani dello Stato operaio, gli altri partigiani della libera federazione dei gruppi produttori, pensano che una riconciliazione sia non solo indispensabile e molto desiderabile, ma soprattutto sia molto facile, sul terreno dei principi dell’Internazionale...».
II desiderio di unità era permanente tra la maggioranza dei socialisti, particolarmente dopo il congresso di Ginevra del 1873, fallito per l'assenza di delegati Usa, francesi, inglesi, tedeschi, italiani, spagnoli, portoghesi, austriaci. Quindi tutti gli incontri comuni vennero sostenuti, anche se in seguito ci si accorse che veniva rafforzata unicamente una tendenza.
Successivamente, il movimento operaio si è diretto, spinto da profonde forze storiche, verso gli stessi tipi di organizzazione che gli anarchici aborriscono; sindacati legalitari, partiti social-democratici. L’organizzazione unitaria e blanda tentata dall’A.l.L. fallì; l’esempio della Germania dimostrò che i socialisti potevano entrare nei parlamenti, quello dell'Inghilterra che i sindacati potevano diventare interlocutori riconosciuti


Dopo la Prima Internazionale

La Seconda Internazionale

Alla morte di Marx scoppiarono violente dispute tra le varie correnti socialiste. Nel 1889 si ricostituì, a Parigi, la 2ª Internazionale, la quale esercitò, con l'istituzione a Bruxelles di un «un ufficio permanente», un ruolo di direzione dei vari movimenti socialisti europei tra cui il Partito Socialista Italiano, il Partito Laburista inglese e il Partito Socialdemocratico tedesco.
Gli anarchici provarono a rientrare nell'Associazione ma ne furono definitivamente espulsi durante il 4º congresso nel 1896.
La II Internazionale fu dominata dagli esponenti dei socialdemocratici tedeschi, in particolare dallo scontro tra due discepoli di Engels[10]: Kautsky e Bernstein. Karl Kautsky (1854-1938), rappresentante dell’ortodossia marxista, proclamò l'inevitabile «bancarotta del modo di produzione capitalistico» e la conseguente prossima catastrofe della società borghese. Eduard Bernstein (1850-1932), influenzato dalla corrente empirista inglese, volle rilanciare l'evoluzionismo politico e sociale, convinto, al contrario di Klautsky, che il crollo della società capitalistica non fosse inevitabile né prevedibile a breve scadenza e per questo Bernstein venne definito come un socialista "revisionista".
Sia il socialismo "ortodosso", che quello "revisionista", pur divergendo sui metodi, concordavano sul ruolo fondamentale dello Stato per attuare la collettivizzazione della società, quindi in netta antitesi ai principi dell'anarchismo che vedeva nella distruzione dello stesso una necessità da realizzare prima possibile.
Lo scoppio della I guerra mondiale, fece crollare tutti i sogni e le speranze socialiste della II Internazionale, che si sciolse nel 1916.


La Terza Internazionale o Internazionale comunista

Nel 1919, per iniziativa di Lenin, fu costituita la Terza Internazionale o Internazionale comunista o Comintern (scritto anche Komintern, dalle parole tedesche Kommunistische Internationale, il tedesco era la lingua ufficiale della III Internazionale) e, nel 1938, su iniziativa di Lev Trotskij, la Quarta Internazionale comunista. Il primo segretario della Terza Internazionale comunista fu Zinov'ev.


L'Internazionale anarcosindacalista

Dal 25 dicembre del 1922 al 2 gennaio del 1923, diversi gruppi anarco-sindacalisti, che non accettavano di far parte dell'Internazionale sindacale rossa controllata dai bolscevichi, rifondarono a Berlino l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, ispirandosi ai valori della prima internazionale, di cui si considereranno il proseguimento ideale.
È tuttora in esistenza, nota con la forma spagnola del suo nome, Asociación Internacional de los Trabajadores (A.I.T.). Attualmente il suo segretariato si trova ad Oslo.

Logo-AIT Anarcosindacalista


L'Internazionale: la canzone di Pottier

L'Internazionale è la più famosa canzone socialista e operaista, riconosciuta come l'inno dei lavoratori in tutto il mondo. Il testo fu scritto da Eugène Pottier nel giugno 1871 e musicato da Pierre de Geyter di Lille nel 1888, che gli varrà una fama mondiale e diventerà l'inno operaio che ancora oggi conosciamo.
«In piedi, dannati della terra,
In piedi, forzati della fame!
La ragione tuona nel suo cratere,
È l’eruzione finale.
Del passato facciamo tabula rasa,
Folle, schiavi, in piedi! In piedi!
Il mondo sta cambiando radicalmente,
Non siamo niente, saremo tutto!»
Recuperato per un certo periodo da parte dell'Unione Sovietica, questo magnifico testo non conserva non per questo una grande portata libertaria.
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Libri, e altro, messi a disposizione








[1] Ferdinand Lassalle (Breslavia, 11 aprile 1825 – Carouge, 31 agosto 1864) è stato uno scrittore, politico e agitatore tedesco. Di inclinazione democratica, passò poi al socialismo. Prese parte attiva nella rivoluzione del 1848-49 e conobbe Marx ed Engels, con i quali ebbe uno scambio epistolare fino al 1862. Inizialmente discepolo di Marx, ebbe poi forti divergenze su diverse questioni anche teoriche. Nel 1863 fondò l'Associazione generale degli operai tedeschi: Marx condannò l'associazione che aveva obiettivi molto più moderati rispetto alle sue idee rivoluzionarie. Lassalle intrattenne anche rapporti politici con Bismarck. Anche per questo legame Marx lanciò aspre invettive: Lassalle infatti sosteneva la causa dell'unificazione della Germania e vedeva nel cancelliere Otto von Bismarck, per il quale nutriva una grandissima stima, l'uomo più adatto.
[2] La rivolta di gennaio fu la più lunga rivolta polacca contro l'Impero russo: ebbe inizio il 22 gennaio 1863 e gli ultimi insorti furono catturati nel 1864. Iniziò come protesta spontanea da parte dei giovani polacchi contro la coscrizione all'interno dell'esercito russo; a loro si unirono subito diversi politici polacchi e alti ufficiali dell'esercito zarista. Gli insorti, in numero molto inferiore ai russi e privi del sostegno estero, furono obbligati a tattiche di guerriglia; essi non riuscirono ad ottenere nessuna grande vittoria e durante la campagna non fu tolta ai russi alcuna città o fortezza nella Polonia occupata. La rivolta ebbe tuttavia successo nel vanificare gli effetti dell'abolizione della schiavitù effettuata dallo zar, che aveva pensato così di conquistare l'appoggio dei contadini emancipandoli e mettendoli contro il resto della nazione polacca. Dopo la rivolta, vennero effettuati diversi atti di repressione contro i polacchi, come esecuzioni pubbliche o deportazioni in Siberia, che ebbero l'effetto di indurre i polacchi ad abbandonare la battaglia armata e ad attestarsi invece su una linea di "lavoro organico" - il miglioramento economico e culturale.
[3] "Garantista, vale a dire molto vicino ai mutualisti" (Benoît Malon, La Revue socialiste), Antoine Limousin[3] partecipò con Perrachon e Tolain all'incontro di Londra del 22 luglio 1863 a favore della Polonia. Un anno dopo, il 28 settembre 1864, fu anche presente alla riunione del Saint Martin’s Hall, che segnò la fondazione della Prima Internazionale, e fu nominato segretario corrispondente per Parigi. Poco dopo la fondazione dell'Internazionale la cattiva salute di Limousin[3] lo costrinse ad essere sostituito da suo figlio Charles". Il 1° novembre 1865 fondò, con poche decine di altri cittadini, "l’Association coopérative d’approvisionnement et de consommation de Belleville-Paria", una società la cui esistenza fu breve. Antoine Limousin[3] si ritirò dall'Internationale nel 1866, secondo Benoît Malon.
[4] Il Manifesto dei sessanta, è così detto perché firmato da sessanta operai, ed era un programma di rivendicazioni sociali e politiche.
[5] Ernest Fribourg (Parigi, 26 marzo 1834 - Neuilly-sur-Marne, 26 maggio 1903); incisore decoratore, massone della loggia di L'Avenir; uno dei fondatori dell'Internazionale in Francia. Nel 1865-1866, fu anche uno dei corrispondenti all'interno dell'A.I.T. del periodico La Mutualité. Dal 3 all'8 settembre 1866, partecipò al primo congresso dell'Internazionale che si tenne a Ginevra. Secondo James Guillaume[7], Fribourg aveva iniziato un'evoluzione che lo ha portato, nel 1871 a posizionarsi tra gli avversari della Comune di Parigi.
[6] Per proudhoniani s’intendono definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo, da molti studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.
[7] James Guillaume (Londra, 16 febbraio 1844 - Préfargier, 20 novembre 1916), scrittore e anarchico svizzero, è stato tra i principali esponenti dell'Internazionale anarchica fondata a Saint-Imier nel 1872 e dell'anarchismo svizzero. James Guillaume partecipa attivamente all'attività del movimento internazionalista, ma ben presto, in sintonia con la maggioranza degli internazionalisti del Giura, giunge alla conclusione che la classe operaia doveva pretendere di più che il semplice riformismo. Il congresso dell'Internazionale a Losanna e quello della Lega per la Pace e la Libertà a Ginevra, tenutosi nel 1867, convincono definitivamente l'anarchico svizzero della necessità della rivoluzione sociale. Il salto ideologico definitivo, lo compie insieme a gran parte dei militanti del Giura quando in Svizzera giunge, nel 1869, il carismatico anarchico russo Michail Bakunin. Guillaume si convince così in maniera definitiva che l'eguaglianza non può realizzarsi che in assenza di Stato. Guillaume si dedica anima e corpo all'Internazionale. dall'11 aprile 1870 diviene redattore de «La Solidarité», organo della federazione romanda dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, e poi viene anche espulso con Bakunin dall'Internazionale a causa del suo ruolo preponderante nell'ambito della Federazione del Giura. Si tratta di una prima piccola scissione interna al movimento internazionalista che anticipa quanto si concretizzerà nel 1872. James Guillaume muore il 20 novembre 1916 a Préfargier (Svizzera) e viene inumato a Parigi presso il cimitero di Montparnasse.
[8] Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint-Simon (Parigi, 17 ottobre 1760 – Parigi, 19 maggio 1825) è stato un filosofo francese. Considerato il fondatore del socialismo francese, partecipò alla guerra d'indipendenza americana, combattendo agli ordini di La Fayette. Durante la Rivoluzione Francese rinunciò ai titoli nobiliari. Fu tuttavia il primo ad avvertire la trasformazione industriale della società, individuando problematiche fondamentali che occuperanno in seguito i Positivisti e soprattutto Marx e i suoi seguaci.
[9] L'Internazionale antiautoritaria (o Internazionale anarchica) è stata un'organizzazione anarchica internazionalista costituitasi nel 1872 a Saint-Imier (Svizzera) grazie all'impegno dei partecipanti alla Federazione anarchica del Giura. Fu la conseguenza dei conflitti tra marxisti e anarchici nella 1ª Internazionale, che provocò l'espulsione degli anarchici dalla stessa e la convocazione del Congresso di S. Imier da cui scaturì la costituzione di una nuova Internazionale: 'Internazionale antiautoritaria.
[10] Friedrich Engels (Barmen, 28 novembre 1820 – Londra, 5 agosto 1895) è stato un filosofo, sociologo, economista, giornalista e imprenditore tedesco, fondatore assieme al sodale Karl Marx del socialismo scientifico, oltre che teorico del materialismo dialettico attraverso principalmente il suo Dialettica della natura (1883), basandosi in particolare sull'impostazione critica in chiave materialista dell'intera storia umana sviluppata da Marx nella sua «concezione materialistica della storia».
[11] Adhémar Schwitzguébel (Sonvilier, 15 agosto 1844 – Evilard, 23 luglio 1895) è stato un sindacalista e anarchico svizzero. Orologiaio incisore di professione, fu un organizzatore della Fédération Jurassienne e un esponente di rilievo della Prima internazionale e del sindacalismo svizzero. Nel 1866 partecipò al congresso internazionale di Ginevra in rappresentanza della sezione di Sonvilier, che aveva contribuito a creare. Nel 1869 fu delegato al congresso internazionale di Basilea e nel 1871 partecipò alla costituzione della Fédération Jurassienne. Convinto sostenitore delle teorie di Bakunin si fece promotore di un socialismo anarchico che propugnava l'avvento di una società collettivista basata sulla libera federazione delle associazioni sindacali e delle comuni. Dopo la caduta della Comune di Parigi (1871) aiutò diversi profughi a trovare rifugio in Svizzera fornendo loro documenti falsi. Quando lo scontro tra Bakunin e Marx in seno all'Associazione Internazionale dei Lavoratori giunse al culmine Schwitzguébel fu tra i promotori della Conferenza di Sonvilier (1871) dove venne approvata una circolare in cui Marx veniva accusato di voler "introdurre nell'Internazionale lo spirito autoritario" attraverso una rigida centralizzazione, e si rivendicava il mantenimento del "principio dell'autonomia delle sezioni" ed un'organizzazione di stampo federalista. Schwitzguébel, insieme a Bakunin e a James Guillaume[7] partecipò al congresso della Prima internazionale a L'Aja (2-7 settembre 1872). La maggioranza marxista chiese l'espulsione di tutti e tre accusandoli di appartenere segretamente all'Alleanza Internazionale per la Democrazia Socialista (una associazione che Bakunin si era impegnato a sciogliere). Bakunin e Guillaume[7] vennero effettivamente espulsi mentre Schwitzguébel evitò l'espulsione per un leggero scarto di voti. Subito dopo partecipò al Congresso Internazionale di Saint-Imier (15-16 settembre 1872) celebrato dalla componente bakuninista, in cui vennero disconosciute le deliberazioni dell'Aja e venne creata l'Internazionale antiautoritaria. Dopo il 1880, pur continuando nell'impegno sindacale e politico, si orientò progressivamente verso posizioni riformiste. Trasferitosi a Bienne (1889) dal 1891 fu aggiunto romando presso il segretariato operaio svizzero (Comité de la Fédération ouvrière suisse), l'anno successivo fu uno dei promotori della Federazione degli operai dell'industria orologiera, che costituì il primo tentativo di unire i sindacati del settore orologiero in Svizzera. Morì a 51 anni a causa di un tumore allo stomaco.
[12] Cesar De Paepe (Ostenda. il 12 luglio 1841 -  Cannes, 19 dicembre 1890) era un dottore in medicina, politico e sociologo belga. Era anche un attivista del razionalismo e del libero pensiero. De Paepe affermò le sue idee in vari congressi dell'A.I.T.. Nel 1878, durante un viaggio a Londra, conobbe Charles Bradlaugh, un libero pensatore e un massone, e insieme fondarono la Federazione Internazionale del Libero Pensiero. Il 12 aprile 1880, fu cacciato dall'Internazionale per due motivi: non pagava più le sue quote e non aveva più le stesse idee (è considerato un traditore agli occhi dei membri dell'Internazionale perché incoraggia un movimento mirato alla distruzione di questa associazione). In seguito alla diminuzione dei membri della sezione di Bruxelles e della sezione belga dell'Internazionale causata dal rovesciamento della Comune di Parigi e del Congresso dell'Aia, César De Paepe, Gustave Bazin e Louis Bertrand hanno deciso di creare la «Chambre du Travail», riunendo così vari movimenti di lavoratori belgi già esistenti. Quest'ultima rimpiazzò così l'Internazionale in declino. La Camera del Lavoro, come nuova organizzazione, ottenne la riduzione del numero massimo di ore di lavoro al giorno a 12 ore e allo stesso tempo sviluppò nuovi mezzi per i lavoratori (possibilità di seguire corsi, avendo accesso alle biblioteche e alle conferenze). César De Paepe cercò di presentare le idee marxiste alla Camera. Questa tendenza è stata ulteriormente confermata durante il dibattito tra Bakunin e Marx. La concezione dello stato secondo Cesare di Paepe differisce da quella degli anarchici, in quanto sostiene un intervento più socialista da parte dello stato. Il 6 maggio 1877, César de Paepe creò il Parti Socialiste brabançon, uno dei cui principali obiettivi era quello di stabilire il diritto di voto per tutti i belgi. Questo partito si fuse nel 1879 con il partito dei lavoratori fiammingo e la Camera del Lavoro, dando così origine al Partito socialista belga il cui obiettivo principale era l'istituzione del suffragio universale attraverso una revisione della Costituzione. La struttura di questo partito appena creato è quella che il Partito dei lavoratori belga adotterà nel 1885.
[13] Hermann Greulich (Breslau, 9 aprile 1842 – Zurigo, 8 novembre 1925), era un politico socialista svizzero. Fu un pioniere del movimento socialista internazionale. Ha lavorato fianco a fianco con Karl Marx e Friedrich Engels[10] nella Prima Internazionale, e in seguito è stato attivo nella Seconda Internazionale.
[14] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta, del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria combattiva. Deve il suo nome allo scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis Auguste Blanqui.
[15] La battaglia di Mentana fu uno scontro a fuoco avvenuto presso la cittadina di Mentana, nel Lazio. L’evento bellico si svolse il 3 novembre 1867, quando le truppe pontificie (coadiuvate da un battaglione francese) si scontrarono con i volontari di Garibaldi diretti a Tivoli dopo il fallimento della presa di Roma per la mancata insurrezione dei romani.
[16] André Murat (Lione, 10 giugno 1833 - 11 luglio 1893) era un operaio meccanico; libero pensatore; massone; membro dell'Internazionale (Proudhoniano)[6].
[17] Félix Chemalé (Tours, 21 settembre 1838) assistente di architettura; uno dei fondatori della Prima Internazionale in Francia.
[18] Joseph Fournaise, nato a Parigi il 1° gennaio 1828, era lavoratore ottico; massone; membro dell'Internazionale con tessera numero 72. Joseph Fournaise prestò servizio nel 153° battaglione della Guardia Nazionale fino al febbraio 1871, ma, congedato, non portò armi e non partecipò alla Comune. Aveva approvato la rivolta del 31 ottobre 1870, ma si rifiutò di giudicare la rivoluzione del 18 marzo 1871. Fu tuttavia arrestato dopo la sconfitta della Comune e portato davanti all'11° Consiglio di Guerra, probabilmente come membro dell'Internazionale.
[19] Pierre Gauthier, operaio di bigiotteria; attivista dell’A.I.T. a Parigi. Pierre Gauthier è stato uno dei fondatori dell'Internazionale. Appartenne alla commissione annessa al primo ufficio parigino dell'Internazionale, installato l'8 gennaio 1865, in rue des Gravilliers, n° 44, e i cui corrispondenti segretari erano Tolain, Fribourg[5] e Limousin[3]. In seguito al Congresso di Ginevra nel settembre 1866, l'Ufficio di Parigi adottò un regolamento che, in ottobre, istituì una commissione amministrativa di quindici membri, tra cui Gauthier. Questo ufficio è stato rinnovato dopo il Secondo Congresso Internazionale che si è tenuto a Losanna l'anno successivo a settembre. Gauthier è stato rieletto. I quindici membri della nuova commissione si dimisero il 19 febbraio 1868 dopo l'avvio di un procedimento contro l'Internazionale. Il 20 marzo Gauthier fu condannato, con ciascuno dei suoi compagni, ad una multa di 100 franchi. La condanna è stata confermata in appello il 29 aprile, in cassazione il 12 novembre.
[20] V. Guyard: Nato a Parigi (6° arrondissement) Il 26 dicembre 1829; viveva in rue de La Fontaine-au-Roi numero 5, 11° arrondissement ; montatore in bronzo per mobili. Fu uno dei primi cento membri dell'Internazionale.
[21] Jean Delorme, nato il 26 ottobre 1831 a Marcoux (Loira), era un calzolaio, membro dell'Internazionale. La sezione parigina dell'internazionale, in rue des Gravilliers 44, fu amministrata, alla sua creazione, alla fine del 1864, da tre corrispondenti: Tolain, Fribourg[5] e Limousin[3], assistito, dall'8 gennaio 1865, da un sottocomitato - meno di venti membri in totale - che includeva Delorme. Dopo il Congresso di Ginevra, nel settembre 1866, l'ufficio di Parigi adottò un regolamento che istituiva una commissione amministrativa di quindici membri. È stata eletta in ottobre e Jean Delorme ne faceva parte. Questa commissione fu rinnovata dopo il Secondo Congresso Internazionale tenutosi a Losanna nel settembre 1867. Delorme fu nuovamente eletto. Si dimise, insieme ai suoi compagni, il 19 febbraio 1868, quando furono accusati. Ciascuno di essi è stato condannato il 20 marzo dalla Corte penale di Parigi a una multa di 100 franchi, una condanna confermata in appello il 29 aprile e, in cassazione, il 12 novembre.
[22] Irénée Onésime Dauthier, nato intorno al 1838, era un sellaio. Visse, nel 1879, i rue Oberkampf 168, a Parigi, 11° arrondissement. era un membro dell'Internazionale e attivista sindacale.
[23] Jean-Pierre Bastien, nato il 14 luglio 1823 a Vigueiller (?) operaio in una maglieria e corsetteria; Attivista dell’A.I.T. a Parigi. Bastien fu uno dei fondatori della società cooperativa "La Boulangerie" che si formò a Parigi nel novembre 1867. Fu anche uno dei quindici cittadini che, dopo il Congresso di Losanna nel settembre 1867, formarono la nuova commissione dell'ufficio di Parigi dell’«Internazionale. Tutti si sono dimessi il 19 febbraio 1868, dopo che era stato avviato un procedimento contro di loro. Il 20 marzo 1868 furono condannati a una multa di 100 franchi ciascuno.
[24] Antoine bourdon, nato il 6 novembre 1842 a Fleurie (Rodano), deceduto a Parigi il 4 luglio 1901; incisore di metallo; membro dell'Internazionale.
[25] Gabriel Mollin, nato il a Bourges 15 settembre 1835 (Cher), deceduto il 18 ottobre 1912, era un operaio doratore di metalli; membro del Circolo dei proletari positivisti e un membro dell'Internazionale.
[26] Jean-Baptiste Humbert, nato ad Abreschviller (Meurthe) il 29 aprile 1832, era un operaio tagliatore di cristallo; membro dell'Internazionale.
[27] Léopold Granjon, nato a (Metz, 27 agosto 1845 - Parigi2 luglio 1874), era un operaio in una fabbrica costruttrice di spazzole; membro dell'Internazionale.
[28] Capoluogo della Normandia, regione della Francia settentrionale.
[29] Città portuale della Francia nord-occidentale, nel dipartimento del Finistère nella regione della Bretagna.
[30] Nel dipartimento della Senna Marittima nella regione della Normandia.
[31] Jean-Pierre Heligon, nato a Parigi il 20 gennaio 1834, era stampatore di carta da parati; proudhoniano[6]; libero pensatore e massone; membro fondatore dell'Internazionale; contrario alla Comune di Parigi.
[32] Eugène Dupont, nato nel 1831, morto a Chicago (USA) nel 1881, era un operaio liutaio; segretario corrispondente per la Francia, dal 1865, al consiglio generale dell'A.I.T. a Londra. Emigrò negli Stati Uniti nel 1874. Eugène Dupont aveva sedici anni nel 1848; a giugno ha combattuto sulle barricate.
[33] Con la locuzione Prima Repubblica Spagnola, detta anche la Gloriosa, si intende il periodo del regime politico democratico instaurato nel Paese iberico dall'11 febbraio 1873 (data di proclamazione della Repubblica e dell'esilio del re Amedeo di Savoia), al 29 dicembre 1874 (data della restaurazione della monarchia, con la proclamazione del re Alfonso XII). Essa fu la prima espressione dell'ansia di libertà evocata dalla Rivoluzione francese che trovò compiuta realizzazione, se pur contraddittoria e di breve durata, in Spagna, nell'ultimo quarto del XIX secolo, ad opera di una borghesia intellettuale e progressista. Il succedersi quasi convulso dei cinque presidenti è il sintomo più evidente del grado di instabilità politica, e anche ideologica all'interno della stessa area liberale progressista, che porterà al dissolvimento della Prima repubblica, anche con l'uso delle armi, il cui retaggio ideale però, al di là del momento storico contingente, resta degno di nota al pari della Costituzione approvata nel 1873, ma mai entrata in vigore.
[34] L'insurrezione di Bologna è stata una storica tappa dell'anarchismo insurrezionalista italiano. Fu il primo tentativo (il secondo fu quello operato dalla Banda del Matese) di un certo rilievo per far scoccare la scintilla rivoluzionaria che poi si sarebbe dovuta estendere nel resto d'Italia. Nella notte fra il 7 e l'8 agosto, anniversario della cacciata degli Austriaci nel 1848, gli anarchici internazionalisti tentano una insurrezione a Bologna, con la speranza di estenderla dapprima alla Romagna e in seguito alle Marche e alla Toscana. Il piano prevede la concentrazione presso i prati di Caprara, dove sono state nascoste armi, di tre colonne di congiurati provenienti da paesi vicini, l'entrata in città all'alba, l'occupazione del palazzo comunale, l'assalto e il saccheggio dell'arsenale militare e la liberazione dal carcere dei prigionieri politici. Vengono raccolti in vari punti della città materiali per erigere barricate. Un centinaio di uomini armati sono pronti all'azione. Ma la Prefettura, informata da spie infiltrate, sventa la rivoluzione sul nascere.