GIUSEPPE
GARIBALDI
Giuseppe Garibaldi (1866) |
In questo
capitolo parleremo di Giuseppe Garibaldi non dal punto di vista storico
italiano ma dal punto di vista della storia francese.
Giuseppe
Maria Garibaldi è nato a Nizza[1]
il 4 luglio 1807, è stato un generale, patriota, condottiero e scrittore
italiano. Figura rilevante del Risorgimento, fu uno dei personaggi storici più
celebrati della sua epoca. È noto anche con l'appellativo di «eroe dei due
mondi» per le imprese militari compiute sia in Europa, sia in America
Meridionale.
Considerato dalla storiografia e nella cultura popolare del 20° secolo il principale eroe nazionale italiano, iniziò i suoi spostamenti per il mondo come ufficiale di navi mercantili, per poi diventare capitano di lungo corso. La sua impresa più nota fu la vittoriosa spedizione dei Mille, che portò all'annessione del Regno delle Due Sicilie al nascente Regno d'Italia, episodio centrale nel processo di unificazione della nuova nazione. Massone di 33º grado del Rito scozzese antico ed accettato, favorevole all'ingresso delle donne in massoneria (tanto da iniziare sua figlia Teresita), ricoprì anche brevemente la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia; dichiaratamente anticlericale, fu autore di numerosi scritti, prevalentemente di memorialistica e politica, ma pubblicò anche romanzi e poesie.
Durante la guerra
franco-prussiana del 1870-1871, Garibaldi offrì i suoi servigi alla neonata
Terza
Repubblica francese. Joseph-Philippe Bordone[2],
con il battello Ville de Paris, raggiunse la Corsica e, per ingannare la
sorveglianza della marina italiana, continuò il viaggio su una piccola barca.
Indi prese a bordo Garibaldi, che sbarcò a Marsiglia il 7 ottobre 1870, per
portare il proprio soccorso alla Repubblica
che aveva sostituito il potere assoluto di Napoleone
III, i cui eserciti avevano battuto Garibaldi a Roma nel 1849 ed alla
battaglia di Mentana nel 1867. Da Marsiglia, il generale si recò nella capitale
provvisoria francese, Tours[3].
Li trovò
una fredda accoglienza: i comandanti francesi non erano sicuri di dargli
fiducia, erano stati i nemici fino a poco tempo prima.
I primi ordini di Léon
Gambetta furono quelli di occuparsi di qualche centinaio di volontari italiani;
il nizzardo rifiutò di eseguire l’ordine e , a metà, ottobre venne incaricato
dal governo
provvisorio del compito di organizzare un esercito nell'est della Francia (fu
a Dôle il 13 ottobre, dove fissò il quartier generale). ottenendo il comando
delle truppe della cosiddetta «Armata dei Vosgi[4]»,
gli uomini furono inizialmente 4 500. Stabilì dunque il quartier generale a Dôle[5]
e poi l'11 novembre ad Autun[6].
Garibaldi a Digione |
Nello stesso
mese predispose una spedizione vittoriosa, compiuta da Ricciotti.
Digione[7]
intanto era caduta in mani prussiane, comandate da Augusto Werder, e poi era
stata abbandonata per l'avanzata delle truppe francesi. Garibaldi occupò la
città e la difese dall'attacco del 21 gennaio. Dopo tre giorni di combattimenti
i prussiani si ritirarono e in quei giorni fu presa l'unica bandiera dei prussiani
persa nella guerra. Contro i 4.000-6.000 uomini prussiani, le perdite italo-francesi
furono circa 700.
Il 29 gennaio
venne stipulato un armistizio di alcune settimane, che non tenne conto della
zona del sud-est e quindi dei soldati dell'Armata del Vosgi[4]. Il 31 gennaio
le truppe di Garibaldi vennero attaccate, il generale sottraendosi allo scontro
diresse i suoi uomini in una zona compresa nell'armistizio. Quando terminò la guerra, la sua armata fu l'unica che rimase sostanzialmente
intatta, con minime perdite.
Nel febbraio
1871, dopo la proclamazione
della Terza Repubblica francese, nelle elezioni politiche tenutesi l'8
febbraio, Garibaldi venne eletto nelle liste dell'Unione repubblicana,
senza essere stato candidato, all'Assemblea Nazionale
Francese, provvisoriamente insediatasi a Bordeaux, della
Côte-d'Or, di Parigi, di Nizza e, come secondo deputato dopo Gambetta,
di Algeri.
A
Parigi arrivò quarto dietro Louis
Blanc, Gambetta
e
Victor
Hugo.La sua speranza era di far abrogare il Trattato di
Torino del 1860 con cui la Contea di Nizza[1] era stata ceduta a Napoleone
III.
La richiesta di restituzione all'Italia sfociò nei Vespri nizzardi[8],
avvenuti tra l'8 e il 10 febbraio, che vennero militarmente repressi, con
cariche di cavalleria e numerosi arresti. Nella seduta dell'8 marzo il primo
dei non eletti contestò la legittimità dell'elezione di Garibaldi.
L'incontro tra Garibaldi e Bakunin |
Victor
Hugo si alzò a parlare in sua difesa, affermando che soltanto Garibaldi era
intervenuto in difesa della Francia, al contrario di nazioni o re, affermazione
che suscitò aspre polemiche.
« Je ne dirai qu’un mot. La France vient de traverser
une épreuve terrible, d’où elle est sortie sanglante et vaincue. On peut être
vaincu et rester grand. La France le prouve. La France, accablée en présence
des nations, a rencontré la lâcheté de l’Europe. De toutes ces puissances
européennes, aucune ne s’est levée pour défendre cette France qui, tant de
fois, avait pris en main la cause de l’Europe… Pas un roi, pas un État,
personne! Un seul homme excepté… Où les puissances, comme on dit, n’intervenaient
pas, eh bien un homme est intervenu, et cet homme est une puissance. Cet homme,
Messieurs, qu’avait-il? Son épée. Je ne veux blesser personne dans cette
Assemblée, mais je dirai qu’il est le seul, des généraux qui ont lutté pour la
France, le seul qui n’ait pas été vaincu (Dirò solo una parola. La
Francia ha appena attraversato una terribile prova, da cui è uscita sanguinante
e vinta. Si può essere vinti e rimanere grandi. La Francia lo dimostra. La
Francia, oppressa in presenza delle nazioni, ha incontrato la codardia dell'Europa.
Di tutte queste potenze europee, nessuna si è levata per difendere questa
Francia che tante volte aveva preso in mano la causa dell'Europa... Non un re, non
uno stato, nessuno! Tranne un solo uomo... Dove le potenze, come si dice, non
intervenivano, ebbene un uomo è intervenuto, e quest'uomo è una potenza. Che
cosa aveva quest'uomo, signori? La sua spada. Non voglio fare del male a
nessuno in quest'Aula, ma dirò che è l'unico, dei generali che hanno lottato
per la Francia, l'unico che non sia stato sconfitto».
Fu impedito a
Garibaldi di tenere il suo discorso all'Assemblea Nazionale e, per protesta, il
giorno successivo si dimise. La sua dichiarazione di rinuncia all'incarico fu
lungamente applaudita dall'opposizione e da parte della maggioranza. Alla folla
di francesi che attendeva Garibaldi fuori dall'Assemblea, egli così si rivolse:
!Io ho sempre saputo distinguere la Francia dei preti dalla Francia
repubblicana, che sono venuto a difendere con la devozione di un figlio”.
Successivamente,
anche Victor
Hugo diede le dimissioni dal proprio mandato in segno di sostegno.
Il 15 tornò Garibaldi
a
Caprera. Il 24, gli insorti del Comune di Parigi si appellarono a Garibaldi per
prendere la loro testa, ma il vecchio eroe declinò la proposta.
Con la nascita della Comune, il 24 marzo, gli insorti della Comune di Parigi si appellarono a Garibaldi per prendere la loro testa, gli venne proposto il comando della Guardia Nazionale, ma Garibaldi rifiutò l'offerta, ferito dal rifiuto dell'Assemblea nazionale di non lasciarlo sedere.
È morto a Caprera,
Arcipelago de La Maddalena, il 2 giugno 1882.
[1] Capoluogo
del dipartimento delle Alpi Marittime. Nizza, ex città italiana, è stata
annessa alla Francia nel 1860. All'origine dell'annessione ci fu
soprattutto il desiderio di Napoleone
III
di Francia di contenere l'Austria, contribuendo a far sì che l'Italia
realizzasse la sua unità. Per evitare, tuttavia, di creare uno Stato troppo
potente e quindi potenzialmente pericoloso e confinante con la Francia,
l'Imperatore francese chiese in cambio del suo aiuto, il Ducato di Savoia e la
Contea di Nizza, due importanti aree strategiche. I principi di questo scambio
furono stabiliti nel 1858 durante gli accordi di Plombières, tra Napoleone III
e il presidente del Consiglio piemontese Cavour. Dopo la seconda guerra
d'indipendenza italiana, il Trattato di Torino del 24 marzo 1860 confermò il
cambio di sovranità della città di Nizza. La popolazione nizzarda sembrò
inizialmente riluttante all'annessione e personalità come Giuseppe Garibaldi e
Carlo Laurenti Robaudi erano decisamente contrarie. La stampa locale si divise:
i giornali La Gazette de Nice e Il Nizzardo erano contrari all'annessione,
mentre l'Avenir de Nice istituito all'uopo dal governo francese era favorevole.
Il plebiscito per l'annessione si tenne il 15 e 16 aprile 1860. I Sì (99,4% dei
25933 votanti) prevalsero nettamente sui No (0,6%) e sugli astenuti (15,6%).
Questo fu l'esito di una magistrale operazione, compiuta dalle autorità
francesi, di controllo dell'informazione e di occupazione delle posizioni
cruciali nella contea, al fine di piegare comunque l'esito del voto alle
decisioni già prese]. In ciò, si avvalsero della complicità delle autorità
italiane, che lasciarono la contea in balia dell'esercito francese. Le
irregolarità nelle operazioni di voto plebiscitarie furono conclamate.
Emblematico il caso di Levenzo (o Levens), dove le stesse fonti ufficiali
registrarono, a fronte di soli 407 votanti, 481 voti espressi (superfluo dire
nella quasi totalità favorevoli all'annessione alla Franca). Un quarto della
popolazione di Nizza fu talmente umiliata dal "plebiscito" da
decidere di recarsi in esilio volontario in Italia. Nonostante l'esodo, quando
nel 1871 si tennero le prime elezioni libere nella contea, le liste
filo-italiane guidate da Garibaldi ed impegnatesi ad abrogare l'annessione
conquistarono ben il 90,2% dei voti (26.534 su 29.428 voti espressi). A
Garibaldi, però, contro la legge fu impedito di parlare davanti all'Assemblea
Nazionale di Parigi e la sollevazione nizzarda fu repressa dai Francesi nel
sangue. Dunque il governo procedette alla francesizzazione forzata della
regione ed alla soppressione della cultura locale italiana.
[2] Philippe Toussaint Joseph Bordone,
alias "General Bordone", era un medico e chirurgo navale nato il 1
novembre 1821 ad Avignone e morto a Parigi il 29 febbraio 1892. Di origini
italiane che aveva seguito Garibaldi nella spedizione nelle due Sicilie.
[3] Capoluogo del dipartimento Indre e
Loira nella regione Centro-Valle della Loira. Nella sua storia, Tours occupò
il ruolo di capitale della Francia. Nel 1461, il nuovo re Luigi XI spostò la sua residenza da Parigi a
Tours, città a lui devota; il ruolo di capitale di Francia le si ripresentò per
altre due volte, anche se per brevi e non molto felici vicissitudini. Come
nella disfatta del 1870 nella guerra
franco-prussiana, quando il governo in fuga da Parigi vi si rifugiò prima
che anche Tours cadesse sotto i prussiani. Come pure nel 1940 quando il governo
francese in fuga dai nazisti vi fece tappa prima di rifugiarsi a Vichy.
[4] L’Armata dei Vosgi(*) è stata una
parte dell’esercito della terza repubblica francese che era formata
principalmente da volontari provenienti da Polonia, Italia, Irlanda,
Inghilterra, Spagna e America. Comprendeva anche i francesi che erano fedeli al
loro paese, ma dissentivano dai vincoli che univa l'esercito regolare francese.
Questi uomini erano spesso membri dei franchi-tireur, le forze della guerriglia
che ha combattuto al di fuori del campo di applicazione della dell'esercito
regolare. L’Armata era organizzata in quattro brigate: la prima comandata dal
Generale Bossack , la seconda dal colonnello Delpeck, la terza da Menotti
Garibaldi, la quarta brigata era sotto il comando da Ricciotti
Garibaldi. Il capo di stato maggiore per l'esercito dei Vosgi era il generale
Bordone[2]. Tra le altre cose, Bordone[2] era incaricato di procurare tutte le
forniture di cui l’Armata aveva bisogno. Quando il governo francese,
alla fine del mese di gennaio, si arrese all'esercito prussiano, l’Armata dei
Vosgi, il 10 marzo, si sciolse.
(*) I Vosgi sono una catena montuosa dell'Europa centro-occidentale, che si estende lungo il lato occidentale della valle del Reno in direzione nord-ovest, da Belfort a Magonza.
[5] Nel
dipartimento del Giura nella regione della Borgogna-Franca Contea,
[6] Nel
dipartimento della Saona e Loira nella regione della Borgogna-Franca Contea.
[7] Capoluogo
del dipartimento della Côte-d'Or, nella storica regione della Borgogna.
[8] I Vespri nizzardi furono tre giorni
di sollevazione popolare degli abitanti di Nizza nel 1871, promossi da Giuseppe
Garibaldi a favore dell'unione della contea di Nizza con il Regno d'Italia
[vedi nota 1]. Nel 1871, con la proclamazione della Terza Repubblica in
Francia, nelle elezioni politiche tenutesi l'8 febbraio, Giuseppe Garibaldi
venne eletto all'Assemblea Nazionale di Bordeaux, insieme ai nizzardi Luigi
Piccon e Costantino Bergondi, con il preciso mandato di far abrogare il
Trattato di Torino del 1860 con cui la Contea di Nizza era stata ceduta a Napoleone
III.
Nelle elezioni politiche le liste
filo-italiane ebbero 26.534 voti su 29.428 voti espressi. «Appena conosciuto
il risultato del voto, una folla immensa si partì dal palazzo municipale ed al
grido di Viva Nizza, Viva Garibaldi, attraversò il Ponte Nuovo, si fermò sulla
piazza Massena, imboccò la via Gioffredo, si trattenne per poco dinanzi al consolato
italiano e, ritornata sui suoi passi, si fermò sotto le finestre dei candidati
che arringarono il popolo, e furono entusiasticamente applauditi. Verso la
mezzanotte e mezzo la moltitudine, ebbra di gioia e d’entusiasmo per la
vittoria ottenuta, percorreva ancora le vie (Giuseppe Andrè, citato da Giulio Vignoli in: Storie
e letterature italiane di Nizza e del Nizzardo)». In risposta, il Governo repubblicano francese
inviò nel nizzardo 10.000 soldati. Essi chiusero il giornale pro-italiano Il
Diritto ed incarcerarono molti irredentisti italiani di Nizza. Subito la
popolazione del nizzardo reagì e dall'8 al 10 febbraio si sollevò, ma ebbe la
peggio nei confronti delle truppe francesi. Si ebbero molti imprigionati e
feriti, secondo lo storico Giulio Vignoli. Il 13 febbraio 1871, al deputato
Garibaldi fu impedito di parlare davanti all'Assemblea Nazionale e presentò le
dimissioni.