PËTR LAVROVIČ LAVROV
Lavrovič Lavrov (Melechovo, 14 luglio 1823 –
Parigi, 6 febbraio 1900) è stato un pubblicista, filosofo e rivoluzionario
russo.
Lavrov ebbe origini nobili. Suo padre era un
colonnello d'artiglieria in pensione, la madre proveniva da una famiglia
svedese. Dal 1837 al 1842 studiò nella Scuola di artiglieria di San
Pietroburgo, mostrando grande attitudine per la matematica ma interessandosi
anche di scienze sociali, con un particolare interesse per i socialisti
utopisti. Dal 1844 insegnò matematica nella stessa scuola nella quale si era
laureato. Sposò nel 1847 una vedova con due bambini, dalla quale ebbe quattro
figli. La necessità di guadagnare per mantenere la sua numerosa famiglia lo
portarono a insegnare anche all'Accademia di artiglieria e alla Scuola militare
di San Pietroburgo, oltre che a collaborare con l'«Аrtillijskogo žurnala».
Pubblicò anche poesie, collaborò al Dizionario enciclopedico russo, fu membro
del Comitato del fondo letterario, del Circolo degli scacchi - presto sciolto
dalla polizia - e della Società per il lavoro femminile. La morte di Nicola I gli fece sperare che le cose in
Russia potessero presto cambiare, anche se, come scrisse ad Herzen[1]
nel 1856, si mostrò timoroso che le riforme annunciate dall'alto potessero
rovinare la piccola nobiltà, la classe che era all'origine dell'intelligencija,
compromettendo lo sviluppo della cultura russa. D'altra parte, si esprimeva per
una reale liberazione dei contadini, che evitasse che venissero «sfruttati in
futuro dai funzionari e dal kulak[2]».
Nel 1859 pubblicò il Saggio sulla teoria della personalità, apparso in due
puntate sull'«Otečestvennye zapiski» e ristampato nel 1860 con il titolo
Saggio sui problemi della filosofia pratica e dedicato a Herzen[1] e a Proudhon.
Era un tentativo di dedurre dalla filosofia hegeliana princìpi di
comportamento, che Černyševski[3]j
liquidò come eclettismo. Quando nel 1861 la liberazione dei servi divenne
legge, si convinse che occorresse un rinnovamento generale della società russa,
e che le riforme graduali fossero improponibili: «A poco a poco matura la
coscienza sociale; quando però s'è risvegliata, allora non più passo passo, ma
tutt'insieme rivolge la propria critica mordace su tutti i punti che può
raggiungere, e ovunque nasce un'insopprimibile esigenza di rinnovamento e di
sviluppo». La figlia Marija Petrovna Lavrov fu una delle vittime della
repressione seguita all'attentato contro Alessandro II compiuto da Karakozov[4]
il 16 aprile 1866. Il 27 aprile fu arrestato e benché non risultasse alcun
elemento di un suo coinvolgimento nell'attentato, né di una sua appartenenza al
gruppo di Išutin, ma soltanto di una sua corrispondenza con Herzen[1] e
Černyševskij[3], dopo nove mesi di carcere fu confinato nel governatorato di
Vologda, prima nel villaggio di Tot'ma e poi in quello di Kadnikov. Entrò così
in contatto diretto con il gruppo di avversari del regime lì confinati: vi
erano Šelgunov, Sażin, lo scrittore Girs e diversi studenti seguaci di
Černyševskij[3] e ammiratori di Pisarev[5]
e di Feuerbach[6]. A Kadnikov scrisse le
Lettere storiche, che furono pubblicate a puntate, dal 1868 al 1869, sulla
rivista «Nedelja» (La settimana) e poi in volume, con lo pseudonimo di
P. Mirtov, nel 1870. Le Lettere storiche produssero un'«enorme impressione»,
come se dessero «un'immensa sete di vivere per delle idee generose e di morire
per loro», e furono definite «il vangelo rivoluzionario, la filosofia della
rivoluzione». Rivolgendosi all'intelligencija russa, Lavrov la invitava a
mettersi dalla parte del popolo, per pagare il «debito» che essa aveva
contratto con le classi popolari, che con il loro lavoro non riconosciuto
permettevano il progresso delle società e mantenevano le classi privilegiate.
La presa di coscienza che la società si divideva in una maggioranza di
sfruttati e in una minoranza di sfruttatori imponeva l'obbligo morale di
schierarsi dalla parte dei primi. Lavrov stesso aveva deciso di dedicarsi
attivamente alla propaganda delle sue idee. Con l'aiuto di un gruppo di
rivoluzionari dei quali facevano parte la figlia Marija e il genero Michail
Negreskul, il 27 febbraio 1870 fuggì dal confino, riuscì ad espatriare e a
raggiungere Parigi. Qui assistette alla nascita
della Repubblica, s'iscrisse all'Internazionale
e si fece amico di Eugène
Varlin e di Leó
Frankel. Si recò anche a Bruxelles, dove conobbe César De Paepe[7].
Pochi giorni dopo il suo ritorno nella capitale francese, l'insurrezione
del 18 marzo 1871 dava origine alla Comune
nella quale Lavrov vide il primo esempio di potere politico operaio. Scriveva
il 28
marzo che gli avvenimenti in corso a Parigi dimostravano che «questa
società borghese che sfrutta e demoralizza il proletario non ha alcuna ragione
di esistere. Essa non ha dalla sua parte né il diritto morale, né la forza dei
numeri e nemmeno la capacità, l'abitudine, l'attività sociale, l'influenza
delle concezioni larghe e ben condotte, essa ha dalla sua parte solo la
routine». In maggio era a Londra, dove conobbe Marx ed
Engels[8],
per cercare aiuti dal Consiglio generale dell'Internazionale a favore della Comune.
Questa cadde in quelle settimane sotto la repressione dell'esercito di Mac-Mahon
e Lavrov tornò a Parigi per contribuire a favorire la fuga degli ultimi Comunardi
rimasti nella capitale. All'esperienza della Comune Lavrov
dedicò nel 1879 un opuscolo, La Comune parigina del 18 marzo 1871.
Partendo dal presupposto che essa aveva dimostrato «la possibilità di un governo
di operai», egli era altresì convinto che «i socialisti non fossero ancora
pronti» a prendere nelle loro mani il potere politico. Vi era stata una scarsa
organizzazione e si oscillò tra l'adozione di un programma autenticamente
socialista e un programma democratico: «la mancanza di un programma economico
fece sì che gli elementi realmente socialisti della Comune si
lasciassero dominare dalle forze tradizionali, soprattutto dai routiniers del
giacobinismo del 1793». La lezione lasciata dalla Comune era
proprio questa, secondo Lavrov: «non c'è terreno, né religioso, né nazionale,
né politico, sul quale gli operai proletari abbiano o possano avere il diritto
morale di seguire le orme delle classi dominanti o d'una frazione qualsiasi di
esse», perché se i dirigenti socialisti ondeggiano non seguendo il loro
programma, la massa finirà per seguire «le tradizioni passate» e non sarà più
possibile «evitare il ritorno al male antico». Nel 1872 si trasferì a Zurigo
per proseguire, tra la colonia di emigrati russi, l'approfondimento politico e
culturale delle idee che stava elaborando. Ai più giovani diede delle lezioni su
argomenti storici e scientifici, e venne in contatto con intellettuali già
formati, provenienti per lo più dall'Ucraina, come Ivan Vasil'evič Lučickij,
futuro storico della Rivoluzione francese, il prossimo marxista Nikolaj
Ivanovič Ziber, l'economista Čechanoveckij, il maestro di Tugan-Baranovskij. Ma
questi tornarono presto in patria. Lavrov trattò con Bakunin il progetto di una
rivista comune, che non andò in porto per il rifiuto di quest'ultimo di
accettare l'impostazione del periodico data da Lavrov: «Nel programma si parla
troppo della necessità di una preparazione scientifica» - scrisse l'anarchico
russo - «Bella cosa senza dubbio, ma non è affar nostro. Che la diriga pure il
colonnello Lavrov, io intanto m'occuperò della causa rivoluzionaria». Rotti i
rapporti con Bakunin e i suoi seguaci, avvalendosi della tipografia dello
studente Smirnov e di pochi altri collaboratori Lavrov fondò una propria
rivista, il «Vperëd» (Avanti), il cui primo numero uscì a Zurigo nell'agosto
del 1873. Definitasi «radical-socialista», la rivista s'impegnava in un'opera
di preparazione culturale della gioventù intellettuale russa, destinata a porsi
alla testa del movimento rivoluzionario, essendo «il sapere la forza
fondamentale della rivoluzione che si prepara, la forza essenziale per
realizzarla». Istruendo preliminarmente se stessa, l'intelligencija sarebbe
stata in grado d'istruire il popolo, senza la cui partecipazione nessuna
rivoluzione sarebbe stata possibile. Il suo appello fu generalmente frainteso
in Russia, dove apparve un invito a non intraprendere azioni politiche. Nikolaj
Čajkovskij si fece interprete del disagio suscitato dai suoi articoli scrivendo
al «Vperëd» che la maggioranza della gioventù russa aveva «imparato a conoscere
la vita dai romanzi di Rešetnikov, dai racconti di Uspenskij, dalle satire di
Ščedrin», viveva di «sogni astratti» e, credendo nella verità dei propri
ideali, era pronta a metterli in atto. Era perciò necessario non ostacolarla,
ma esortarla, dimostrando «che essa è moralmente tenuta a portare nella vita
ciò che ha già elaborato in sé». Fra le sue opere si ricorda il Saggio
sulla storia del pensiero del tempo moderno, 1888-1894. Si cimentò anche nella
critica letteraria e scrisse su Shakespeare, Dickens, Zola e fu tra i primi ad
apprezzare la poesia di Walt Whitman.
[1] Aleksandr Ivanovič Gercen, spesso
traslitterato Herzen (Mosca, 6 aprile 1812 – Parigi, 21 gennaio 1870), stato uno scrittore e filosofo russo, tra i più grandi
intellettuali russi dell'Ottocento.
[2] Il
contadino russo dell'epoca zarista e dei primi anni della Repubblica sovietica,
che lavorava la terra di sua proprietà facendo ricorso all'impiego di
braccianti.
[3] Nikolaj
Gavrilovič Černyševskij, (Saratov, 24
luglio 1828 – Saratov, 29 ottobre 1889), è stato un filosofo, scrittore,
lessicografo, giornalista e politico russo; guida spirituale degli
intellettuali progressisti e uno tra i leader del movimento rivoluzionario
democratico degli anni sessanta dell'Ottocento.
[4] Dmitrij
Vladimirovič Karakozov (Kostroma, 4
novembre 1840 – San Pietroburgo, 15 settembre 1866), è stato un
rivoluzionario russo. Membro del gruppo clandestino Organizzazione, attentò
alla vita di Alessandro II e, benché l'imperatore rimanesse illeso, fu
condannato a morte.
[5] Dmitrij
Ivanovič Pisarev (Znamenskoe, 14
ottobre 1840 – Golfo di Riga, 16 luglio 1868) è stato un saggista e giornalista
russo.
[6] Ludwig Andreas Feuerbach (Landshut,
28 luglio 1804 – Rechenberg, 13 settembre 1872) è
stato un filosofo tedesco tra i più influenti critici della religione ed
esponente della sinistra hegeliana.
[7] Cesar De Paepe (Ostenda il 12
luglio 1841 - Cannes 19 dicembre 1890) era un politico, sociologo e dottore in
medicina belga. Uomo d’opera, era anche un attivista del razionalismo e del
libero pensiero.