LOUIS BLANC
Louis Jean Joseph Charles
Blanc è stato uno storico e politico francese.
Nato a Madrid, il 29 ottobre
1811, dove il padre era ispettore generale delle finanze sotto il regno di
Giuseppe Bonaparte, durante l'occupazione francese. Fuggito Giuseppe da Madrid
dopo la disfatta di Arapiles e, definitivamente, il 13 giugno 1813, la famiglia
Blanc dovette rientrare in Francia.
Alcuni anni più tardi Blanc
era a Parigi, in povertà: aveva chiesto aiuto al prozio materno, il corso Carlo
Andrea Pozzo di Borgo[1],
che glielo rifiutò. Terminò comunque gli studi di legge.
Prese, quindi, a collaborare
con diversi giornali sino a che fondò la Revue
du progrès. Qui, nel 1839, pubblicò il suo studio L'Organizzazione del lavoro, il testo
base del suo pensiero politico e che avrebbe segnato l'intera sua carriera.
Con una visione decisamente
anti-liberista, egli attribuì i mali della società moderna alla pressione
competitiva del mercato, che spinge da parte i più deboli. Proclamava, quindi,
la parificazione dei salari e l'unione degli interessi personali in un più
generale bene comune, secondo la famosa formula "a ciascuno secondo i suoi
bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità". La sede per la
realizzazione di tali ambiziosi programmi sarebbero stati i cosiddetti
"laboratori sociali" (Ateliers Sociaux), una vera e propria nuova
organizzazione sociale, che avrebbe consentito la proprietà comune dei mezzi di
produzione. In pratica una sorta di minotauro, metà cooperativa e metà
sindacato, ove i lavoratori avrebbero unito i propri sforzi per il bene comune.
Assai giovane, si arruolò
nella Società Segreta dei Diritti dell'Uomo (insieme a François[2]
ed Étienne Arago[3], Ledru-Rollin[4],
Victor Schoelcher[5], Louis
Auguste Blanqui): essa tentò, il 15 aprile 1834 una insurrezione a Parigi:
come d'abitudine sorsero in città numerose barricate, stroncate con il famoso
massacro della rue Transnonain[6].
Nel 1841 pubblicò una Storia
del decennio 1830-1840, che ebbe quattro edizioni in quattro anni. L'opera,
allora molto celebre, rappresentava una feroce critica alla Monarchia
di Luglio.
Vennero poi la rivoluzione
di febbraio e la caduta di Luigi
Filippo, a seguito della quale Blanc divenne membro del governo
provvisorio.
Certamente si trattava di un
governo notevolmente spostato a sinistra, con il Ledru-Rollin alla
importantissima carica di ministro degli interni. Ma l'incarico dimostra anche
il prestigio guadagnato dal Blanc nei lunghi anni di giornalismo e lotta
politica.
Qui ebbe, finalmente, la
opportunità di mettere alla prova le sue, allora in gran voga, teorie
economiche. Fu su sua proposta che, il 25 febbraio, il governo deliberò di
"garantire l'esistenza dei lavoratori attraverso il lavoro" e permise
l'istituzione dei "laboratori nazionali" (Ateliers Nationaux)[7],
attuazione pratica dei "laboratori sociali". L'esperimento ebbe esiti
disastrosi, anche per il malcontento creatosi presso il ceto contadino, sul
quale ricaddero gli oneri del finanziamento dei "laboratori". Lui
stesso lo rinnegò, in un pamphlet pubblicato a Londra, circa un anno più tardi
(Appel aux hommes gens, 1849), con la
speciosa motivazione, avanzata da tutti i teorici, che l'esperimento fosse
fallito non per come era disegnato, ma per come era stato implementato.
Già come membro del governo
provvisorio avanzò la proposta, allora rivoluzionaria, di istituire un
"ministero del lavoro". Esse venne respinta, con la motivazione che
un simile provvedimento fosse al di là delle competenze di un governo
provvisorio. Tuttavia Blanc ottenne di essere nominato presidente di una
commissione governativa per i lavoratori, in effetti
una commissione di inchiesta, istituita al palazzo
del Luxembourg per una indagine sulla condizione del lavoro.
Ancora il 10 maggio,
all’Assemblea Nazionale, ripropose la istituzione di un ministero del lavoro.
Ma l'Assemblea, al contrario del governo provvisorio, era a maggioranza
monarchica o liberale e la proposta venne, ancora una volta, respinta.
La sua carriera politica venne
travolta dalla insurrezione del 15 maggio, che segnò la vittoria del partito
moderato, che già controllava l'Assemblea Nazionale, contro le folle radicali
di Parigi. Blanc non prese la guida della abortita rivoluzione, né la combatté.
Ragion per cui venne travolto dagli eventi e rischiò di venire ucciso.
Salvato in circostanza
fortunose, fuggì in Belgio con un falso passaporto e, di lì, a Londra. Venne,
quindi, condannato in contumacia da un tribunale di Bourges, addirittura alla
deportazione. Non sparì, tuttavia, dalla scena politica francese, conservando
la direzione della rivista Nouveau Monde, che continuava ad essere
pubblicata a Parigi. Qui uscì una serie di suoi articoli, ove difese il proprio
ruolo nel 1848, poi raccolti nel volume Pagine della storia della rivoluzione
del 1848, uscito a Bruxelles nel 1850.
La permanenza a Londra,
tuttavia, era destinata a durare oltre i due decenni: già nel 1839 Blanc si era
pronunciato con veemenza contro ogni ipotesi di restaurazione napoleonica,
prevedendo un "dispotismo senza gloria", un "Impero senza Imperatore".
Ciò spiega perché egli rimase
in esilio dopo la trasformazione
della Seconda Repubblica nel Secondo Impero di Napoleone
III.
In ogni caso Blanc era
tutt'altro che isolato, tanto da essere iniziato in Massoneria nella loggia
«Les sectateurs de Ménés», a Londra. Nel 1854 sarà portato al 93º grado del
Rito di Memphis e Misraim ed eletto Oratore del Sovrano Consiglio di questo
grado. Nel 1882 sarà poi membro attivo della Loggia «Humanité de la Drôme» a
Valence e membro d'onore della Loggia «Les libres penseurs du Pecq» e sarà pure
membro attivo della loggia dei Filadelfi del Rito di Memphis e Misraim.
Ebbe anche il tempo e le
risorse per dedicarsi ad una enorme raccolta di materiale documentale (oggi
conservato al British Museum), che gli permisero di completare i dodici volumi
della sua Storia della rivoluzione francese (intesa come la Grande Rivoluzione
del 1789), che seguivano il primo volume del 1847 pubblicato a Parigi e vennero
completati nel 1862.
Nel 1858 uscì un volume opera
di Lord Normanby intitolato Un anno di rivoluzione a Parigi, cui Blanc dovette
replicare con una sua Storia della rivoluzione del 1848, uscito in due volumi,
nel 1870 e nel 1880. I quegli anni uscirono anche le Lettere sull'Inghilterra
(1866-1867).
Rimase a Londra sino alla caduta
del Secondo Impero, segnata dalla resa
di Luigi
Napoleone a Sedan, il 2 settembre 1870 e dalla proclamazione, il successivo
4
settembre della Terza
Repubblica.
Già la sera del 5 settembre,
Louis Blanc andò a Parigi e apprese la formazione del governo provvisorio da Gambetta.
Rimase molto popolare
nonostante più di vent’anni di esilio. Il suo nome viene scritto nella lista
del governo, carica che lui rifiutò. Seguirono le elezioni generali dell'8
febbraio 1871, durante l'armistizio, e Blanc venne rieletto alla Assemblea
Nazionale e sedette nei banchi della sinistra, venne eletto deputato con un
numero di voti che superava anche quello di Victor
Hugo o di Gambetta.
Poi andò a Bordeaux dove si
dichiarò, come un poco tutti, favorevole alla continuazione del conflitto
(sostenuta, in primis, dal nuovo ministro della guerra Gambetta)
e fece il gesto di arruolarsi nella Guardia
Nazionale. Le sue speranze vennero, tuttavia, deluse con la sconfitta del
Bourbaki[8]
e il fallimento della disperata impresa di liberare Parigi dall'assedio
prussiano. Questi si concluse solo il 18 gennaio 1871, con la resa della
Francia ed una mini-parata trionfale dei vincitori sin sotto l'Arco di Trionfo,
senza osar andare più oltre, nella enorme città chiaramente ostile.
Louis Blanc aveva poca
influenza su i suoi colleghi e i moderati vedevano in lui, erroneamente, il
pericoloso rivoluzionario del 1848: l'uomo degli Ateliers nationaux (laboratori
nazionali)[7]. Nel campo repubblicano, le sue idee di associazione sotto
l'egida dello Stato erano superate a causa dell'influenza di Proudhon
e Marx,
che vedevano lo Stato come una sovrastruttura borghese ostile al popolo.
Inoltre, l'idea dell'Union des classes (l'unione delle classi) a causa delle
loro interdipendenze (a causa che del lavoro dell'uno dipendeva dalla vita
dell'altro, quindi dalla necessità di una equa condivisione dei profitti) era
in concorrenza con l’idea della lotta di classe. L'evoluzione del dibattito è
percepibile nel Manifesto della Comune,
a cui Louis Blanc era ostile perché sopprimeva tutta la politica centralizzata.
Anche se rifiutò di prendere
parte alla Comune
perché ne condannava l'ideologia, difese il movimento dopo la sconfitta. Si
oppose agli eccessi della repressione
e già nel settembre 1871 introdusse una proposta di amnistia per reati
politici. Rinnovò la sua richiesta nel 1872 e di nuovo nel 1873. La sua età e
il suo lungo esilio attenuarono la sua influenza. Il suo ultimo significativo
contributo politico venne nel gennaio 1879, quando propose alla Assemblea ed
ottenne un provvedimento di amnistia
per i Comunardi.
Fu rieletto nel 1881.
Tuttavia, a causa della sua salute delicata, lasciava spesso Clemenceau
alla difesa delle loro idee comuni. Si ritirò a Cannes per riposarsi, dove
morì per le conseguenze di un raffreddamento il 6 dicembre 1882, all'età di 71
anni. Venne sepolto con funerale di stato e sepolto al cimitero del Père-Lachaise
(67a divisione).
[1] Carlo
Andrea Pozzo di Borgo, anche noto come conte Pozzo di Borgo (Alata, 8 marzo
1764 – Parigi, 15 febbraio 1842), è stato un diplomatico e politico italiano, una delle figure più importanti dell'Impero
Russo, acerrimo nemico di Napoleone e sostenitore di Pasquale Paoli
nell'indipendenza della Corsica.
[2] François Jean Dominique Arago (Estagel, 26
febbraio 1786 – Parigi, 2
ottobre 1853) è stato un matematico, fisico,
astronomo e uomo politico francese.
[3] Étienne Arago (Perpignano, 9
febbraio 1802 – Parigi, 7 marzo
1892) è stato un politico e commediografo francese.
[4] Alexandre-Auguste Ledru-Rollin (Parigi, 2
febbraio 1807 – Fontenay-aux-Roses, 31 dicembre 1874) è stato
un avvocato e politicofrancese, di parte democratica e repubblicana.
[5] Victor Schoelcher (Parigi, 22
luglio 1804 – Houilles, 25
dicembre 1893) è stato un politico e imprenditore
francese.
[6] Il cosiddetto massacro della rue
Transnonain fu perpetrato a Parigi il 15 aprile 1834
dalla truppa che reprimeva una rivolta repubblicana contro il regime del re Luigi
Filippo di Francia. I moti del 15 aprile 1834 a Parigi ebbero a motivo l'adozione di un
provvedimento di interdizione delle associazioni e vennero attribuiti alla Società
Segreta dei Diritti dell'Uomo. Come al solito sorsero in città numerose barricate. Un distaccamento dell'esercito,
mentre si preparava ad attaccare una di queste barricate, in rue Transnonain,
venne fatto oggetto di colpi dal tetto del numero 12 che uccisero un ufficiale.
Venne allora dato l'ordine di «spazzare via la teppaglia»: le porte degli
appartamenti vennero allora sfondate, e gli abitanti (uomini, donne, bambini)
massacrati a colpi di baionetta. Un vicino edificio venne distrutto a colpi di
cannone, con i suoi abitanti. La rivolta venne schiacciata, poi le leggi del
settembre 1835 vietarono ogni critica
alla persona del re, ogni assembramento pubblico ed imposero la censura
preventiva ad ogni oggetto stampato, sotto pena di incarcerazione al bagno
penale.
[7] I laboratori nazionali (in francese
Ateliers nationaux) erano degli stabilimenti istituiti a Parigi il 27
febbraio 1848, che avrebbero dovuto, nei piani del loro ideatore Louis Blanc,
assorbire la manodopera disoccupata e garantire il diritto al lavoro durante la
Seconda
Repubblica Francese istituita dopo la rivoluzione
del 1848. Sovvenzionati dallo stato e organizzati su strutture egualitarie,
si dimostrarono economicamente poco utili e inadeguati dal punto di vista
sociale, rimanendo in funzione per soli tre mesi (da marzo
a giugno del 1848). Il 22
giugno 1848, il governo a maggioranza repubblicana decise di chiudere gli
Ateliers Nationaux per alleggerire la pressione fiscale che gravava sulle
campagne e per riconquistare i consensi perduti nelle aree rurali.
[8] Charles Denis Sauter Bourbaki (Pau, 22 aprile
1816 – Bayonne,
22 settembre 1897) è stato un generale francese, offrì i suoi servizi al nuovo
ministro della guerra, Léon Gambetta, e ricevette il comando dell'Armata del
Nord. Destituito il 10 novembre, fu trasferito all'Armata della Loira.
Obiettivo strategico dell'azione di entrambe le armate era liberare Parigi
dall'assedio al quale era stata sottoposta dai prussiani e dai loro alleati,
sin dal 19 settembre, 17 giorni dopo la capitolazione di Napoleone III a Sedan.
Nel frattempo veniva concepito un ambizioso piano per liberare Parigi prendendo
a tergo le truppe nemiche, attraverso un vasto movimento strategico da Bourges
all'Alsazia passando per Belfort. Tale improba azione era affidata all'Armata dell'Est,
il cui comando venne affidato al Bourbaki. All'iniziativa doveva partecipare
Giuseppe Garibaldi, con i suoi corpi di volontari che agivano nella regione di
Digione (battaglia di Digione). L'esercito che il governo provvisorio della
neonata Repubblica francese aveva messo a disposizione del Bourbaki era mal
equipaggiato e peggio addestrato. Ma seppe cogliere una prima vittoria il 9
gennaio (battaglia di Villersexel), procedendo poi a tentare di soccorrere la
guarnigione di Belfort, al comando del Pierre Philippe Denfert-Rochereau,
assediata sin dal 3 novembre. Il 16 gennaio Bourbaki comanda l'assalto alle
posizioni tedesche intorno a Belfort. L'assalto costringe il nemico a
rinserrarsi verso le mura della città, quando il generale ordina di recuperare
le posizioni iniziali. Il 17 gennaio viene respinto un contrattacco portato da
un reggimento del Baden. Il 18 Bourbaki ordina la ritirata, senza nemmeno aver
impiegato per intero le forze a propria disposizione.