venerdì 6 settembre 2019

04-01-B7 – Louis BLANC

LOUIS BLANC
  


Louis Jean Joseph Charles Blanc è stato uno storico e politico francese.
Nato a Madrid, il 29 ottobre 1811, dove il padre era ispettore generale delle finanze sotto il regno di Giuseppe Bonaparte, durante l'occupazione francese. Fuggito Giuseppe da Madrid dopo la disfatta di Arapiles e, definitivamente, il 13 giugno 1813, la famiglia Blanc dovette rientrare in Francia.
Alcuni anni più tardi Blanc era a Parigi, in povertà: aveva chiesto aiuto al prozio materno, il corso Carlo Andrea Pozzo di Borgo[1], che glielo rifiutò. Terminò comunque gli studi di legge.
Prese, quindi, a collaborare con diversi giornali sino a che fondò la Revue du progrès. Qui, nel 1839, pubblicò il suo studio L'Organizzazione del lavoro, il testo base del suo pensiero politico e che avrebbe segnato l'intera sua carriera.
Con una visione decisamente anti-liberista, egli attribuì i mali della società moderna alla pressione competitiva del mercato, che spinge da parte i più deboli. Proclamava, quindi, la parificazione dei salari e l'unione degli interessi personali in un più generale bene comune, secondo la famosa formula "a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità". La sede per la realizzazione di tali ambiziosi programmi sarebbero stati i cosiddetti "laboratori sociali" (Ateliers Sociaux), una vera e propria nuova organizzazione sociale, che avrebbe consentito la proprietà comune dei mezzi di produzione. In pratica una sorta di minotauro, metà cooperativa e metà sindacato, ove i lavoratori avrebbero unito i propri sforzi per il bene comune.
Assai giovane, si arruolò nella Società Segreta dei Diritti dell'Uomo (insieme a François[2] ed Étienne Arago[3], Ledru-Rollin[4], Victor Schoelcher[5], Louis Auguste Blanqui): essa tentò, il 15 aprile 1834 una insurrezione a Parigi: come d'abitudine sorsero in città numerose barricate, stroncate con il famoso massacro della rue Transnonain[6].
Nel 1841 pubblicò una Storia del decennio 1830-1840, che ebbe quattro edizioni in quattro anni. L'opera, allora molto celebre, rappresentava una feroce critica alla Monarchia di Luglio.
Vennero poi la rivoluzione di febbraio e la caduta di Luigi Filippo, a seguito della quale Blanc divenne membro del governo provvisorio.
Certamente si trattava di un governo notevolmente spostato a sinistra, con il Ledru-Rollin alla importantissima carica di ministro degli interni. Ma l'incarico dimostra anche il prestigio guadagnato dal Blanc nei lunghi anni di giornalismo e lotta politica.
Qui ebbe, finalmente, la opportunità di mettere alla prova le sue, allora in gran voga, teorie economiche. Fu su sua proposta che, il 25 febbraio, il governo deliberò di "garantire l'esistenza dei lavoratori attraverso il lavoro" e permise l'istituzione dei "laboratori nazionali" (Ateliers Nationaux)[7], attuazione pratica dei "laboratori sociali". L'esperimento ebbe esiti disastrosi, anche per il malcontento creatosi presso il ceto contadino, sul quale ricaddero gli oneri del finanziamento dei "laboratori". Lui stesso lo rinnegò, in un pamphlet pubblicato a Londra, circa un anno più tardi (Appel aux hommes gens, 1849), con la speciosa motivazione, avanzata da tutti i teorici, che l'esperimento fosse fallito non per come era disegnato, ma per come era stato implementato.
Già come membro del governo provvisorio avanzò la proposta, allora rivoluzionaria, di istituire un "ministero del lavoro". Esse venne respinta, con la motivazione che un simile provvedimento fosse al di là delle competenze di un governo provvisorio. Tuttavia Blanc ottenne di essere nominato presidente di una commissione governativa per i lavoratori, in effetti una commissione di inchiesta, istituita al palazzo del Luxembourg per una indagine sulla condizione del lavoro.
Ancora il 10 maggio, all’Assemblea Nazionale, ripropose la istituzione di un ministero del lavoro. Ma l'Assemblea, al contrario del governo provvisorio, era a maggioranza monarchica o liberale e la proposta venne, ancora una volta, respinta.
La sua carriera politica venne travolta dalla insurrezione del 15 maggio, che segnò la vittoria del partito moderato, che già controllava l'Assemblea Nazionale, contro le folle radicali di Parigi. Blanc non prese la guida della abortita rivoluzione, né la combatté. Ragion per cui venne travolto dagli eventi e rischiò di venire ucciso.
Salvato in circostanza fortunose, fuggì in Belgio con un falso passaporto e, di lì, a Londra. Venne, quindi, condannato in contumacia da un tribunale di Bourges, addirittura alla deportazione. Non sparì, tuttavia, dalla scena politica francese, conservando la direzione della rivista Nouveau Monde, che continuava ad essere pubblicata a Parigi. Qui uscì una serie di suoi articoli, ove difese il proprio ruolo nel 1848, poi raccolti nel volume Pagine della storia della rivoluzione del 1848, uscito a Bruxelles nel 1850.
La permanenza a Londra, tuttavia, era destinata a durare oltre i due decenni: già nel 1839 Blanc si era pronunciato con veemenza contro ogni ipotesi di restaurazione napoleonica, prevedendo un "dispotismo senza gloria", un "Impero senza Imperatore".
Ciò spiega perché egli rimase in esilio dopo la trasformazione della Seconda Repubblica nel Secondo Impero di Napoleone III.
In ogni caso Blanc era tutt'altro che isolato, tanto da essere iniziato in Massoneria nella loggia «Les sectateurs de Ménés», a Londra. Nel 1854 sarà portato al 93º grado del Rito di Memphis e Misraim ed eletto Oratore del Sovrano Consiglio di questo grado. Nel 1882 sarà poi membro attivo della Loggia «Humanité de la Drôme» a Valence e membro d'onore della Loggia «Les libres penseurs du Pecq» e sarà pure membro attivo della loggia dei Filadelfi del Rito di Memphis e Misraim.
Ebbe anche il tempo e le risorse per dedicarsi ad una enorme raccolta di materiale documentale (oggi conservato al British Museum), che gli permisero di completare i dodici volumi della sua Storia della rivoluzione francese (intesa come la Grande Rivoluzione del 1789), che seguivano il primo volume del 1847 pubblicato a Parigi e vennero completati nel 1862.
Nel 1858 uscì un volume opera di Lord Normanby intitolato Un anno di rivoluzione a Parigi, cui Blanc dovette replicare con una sua Storia della rivoluzione del 1848, uscito in due volumi, nel 1870 e nel 1880. I quegli anni uscirono anche le Lettere sull'Inghilterra (1866-1867).
Rimase a Londra sino alla caduta del Secondo Impero, segnata dalla resa di Luigi Napoleone a Sedan, il 2 settembre 1870 e dalla proclamazione, il successivo 4 settembre della Terza Repubblica.
Già la sera del 5 settembre, Louis Blanc andò a Parigi e apprese la formazione del governo provvisorio da Gambetta.
Rimase molto popolare nonostante più di vent’anni di esilio. Il suo nome viene scritto nella lista del governo, carica che lui rifiutò. Seguirono le elezioni generali dell'8 febbraio 1871, durante l'armistizio, e Blanc venne rieletto alla Assemblea Nazionale e sedette nei banchi della sinistra, venne eletto deputato con un numero di voti che superava anche quello di Victor Hugo o di Gambetta.
Poi andò a Bordeaux dove si dichiarò, come un poco tutti, favorevole alla continuazione del conflitto (sostenuta, in primis, dal nuovo ministro della guerra Gambetta) e fece il gesto di arruolarsi nella Guardia Nazionale. Le sue speranze vennero, tuttavia, deluse con la sconfitta del Bourbaki[8] e il fallimento della disperata impresa di liberare Parigi dall'assedio prussiano. Questi si concluse solo il 18 gennaio 1871, con la resa della Francia ed una mini-parata trionfale dei vincitori sin sotto l'Arco di Trionfo, senza osar andare più oltre, nella enorme città chiaramente ostile.
Louis Blanc aveva poca influenza su i suoi colleghi e i moderati vedevano in lui, erroneamente, il pericoloso rivoluzionario del 1848: l'uomo degli Ateliers nationaux (laboratori nazionali)[7]. Nel campo repubblicano, le sue idee di associazione sotto l'egida dello Stato erano superate a causa dell'influenza di Proudhon e Marx, che vedevano lo Stato come una sovrastruttura borghese ostile al popolo. Inoltre, l'idea dell'Union des classes (l'unione delle classi) a causa delle loro interdipendenze (a causa che del lavoro dell'uno dipendeva dalla vita dell'altro, quindi dalla necessità di una equa condivisione dei profitti) era in concorrenza con l’idea della lotta di classe. L'evoluzione del dibattito è percepibile nel Manifesto della Comune, a cui Louis Blanc era ostile perché sopprimeva tutta la politica centralizzata.
Anche se rifiutò di prendere parte alla Comune perché ne condannava l'ideologia, difese il movimento dopo la sconfitta. Si oppose agli eccessi della repressione e già nel settembre 1871 introdusse una proposta di amnistia per reati politici. Rinnovò la sua richiesta nel 1872 e di nuovo nel 1873. La sua età e il suo lungo esilio attenuarono la sua influenza. Il suo ultimo significativo contributo politico venne nel gennaio 1879, quando propose alla Assemblea ed ottenne un provvedimento di amnistia per i Comunardi.
Fu rieletto nel 1881. Tuttavia, a causa della sua salute delicata, lasciava spesso Clemenceau alla difesa delle loro idee comuni. Si ritirò a Cannes per riposarsi, dove morì per le conseguenze di un raffreddamento il 6 dicembre 1882, all'età di 71 anni. Venne sepolto con funerale di stato e sepolto al cimitero del Père-Lachaise (67a divisione).



[1] Carlo Andrea Pozzo di Borgo, anche noto come conte Pozzo di Borgo (Alata, 8 marzo 1764 – Parigi, 15 febbraio 1842), è stato un diplomatico e politico italiano, una delle figure più importanti dell'Impero Russo, acerrimo nemico di Napoleone e sostenitore di Pasquale Paoli nell'indipendenza della Corsica.
[2] François Jean Dominique Arago (Estagel, 26 febbraio 1786Parigi, 2 ottobre 1853) è stato un matematico, fisico, astronomo e uomo politico francese.
[3] Étienne Arago (Perpignano, 9 febbraio 1802Parigi, 7 marzo 1892) è stato un politico e commediografo francese.
[4] Alexandre-Auguste Ledru-Rollin (Parigi, 2 febbraio 1807Fontenay-aux-Roses, 31 dicembre 1874) è stato un avvocato e politicofrancese, di parte democratica e repubblicana.
[5] Victor Schoelcher (Parigi, 22 luglio 1804Houilles, 25 dicembre 1893) è stato un politico e imprenditore francese.
[6] Il cosiddetto massacro della rue Transnonain fu perpetrato a Parigi il 15 aprile 1834 dalla truppa che reprimeva una rivolta repubblicana contro il regime del re Luigi Filippo di Francia. I moti del 15 aprile 1834 a Parigi ebbero a motivo l'adozione di un provvedimento di interdizione delle associazioni e vennero attribuiti alla Società Segreta dei Diritti dell'Uomo. Come al solito sorsero in città numerose barricate. Un distaccamento dell'esercito, mentre si preparava ad attaccare una di queste barricate, in rue Transnonain, venne fatto oggetto di colpi dal tetto del numero 12 che uccisero un ufficiale. Venne allora dato l'ordine di «spazzare via la teppaglia»: le porte degli appartamenti vennero allora sfondate, e gli abitanti (uomini, donne, bambini) massacrati a colpi di baionetta. Un vicino edificio venne distrutto a colpi di cannone, con i suoi abitanti. La rivolta venne schiacciata, poi le leggi del settembre 1835 vietarono ogni critica alla persona del re, ogni assembramento pubblico ed imposero la censura preventiva ad ogni oggetto stampato, sotto pena di incarcerazione al bagno penale.
[7] I laboratori nazionali (in francese Ateliers nationaux) erano degli stabilimenti istituiti a Parigi il 27 febbraio 1848, che avrebbero dovuto, nei piani del loro ideatore Louis Blanc, assorbire la manodopera disoccupata e garantire il diritto al lavoro durante la Seconda Repubblica Francese istituita dopo la rivoluzione del 1848. Sovvenzionati dallo stato e organizzati su strutture egualitarie, si dimostrarono economicamente poco utili e inadeguati dal punto di vista sociale, rimanendo in funzione per soli tre mesi (da marzo a giugno del 1848). Il 22 giugno 1848, il governo a maggioranza repubblicana decise di chiudere gli Ateliers Nationaux per alleggerire la pressione fiscale che gravava sulle campagne e per riconquistare i consensi perduti nelle aree rurali.
[8] Charles Denis Sauter Bourbaki (Pau, 22 aprile 1816Bayonne, 22 settembre 1897) è stato un generale francese, offrì i suoi servizi al nuovo ministro della guerra, Léon Gambetta, e ricevette il comando dell'Armata del Nord. Destituito il 10 novembre, fu trasferito all'Armata della Loira. Obiettivo strategico dell'azione di entrambe le armate era liberare Parigi dall'assedio al quale era stata sottoposta dai prussiani e dai loro alleati, sin dal 19 settembre, 17 giorni dopo la capitolazione di Napoleone III a Sedan. Nel frattempo veniva concepito un ambizioso piano per liberare Parigi prendendo a tergo le truppe nemiche, attraverso un vasto movimento strategico da Bourges all'Alsazia passando per Belfort. Tale improba azione era affidata all'Armata dell'Est, il cui comando venne affidato al Bourbaki. All'iniziativa doveva partecipare Giuseppe Garibaldi, con i suoi corpi di volontari che agivano nella regione di Digione (battaglia di Digione). L'esercito che il governo provvisorio della neonata Repubblica francese aveva messo a disposizione del Bourbaki era mal equipaggiato e peggio addestrato. Ma seppe cogliere una prima vittoria il 9 gennaio (battaglia di Villersexel), procedendo poi a tentare di soccorrere la guarnigione di Belfort, al comando del Pierre Philippe Denfert-Rochereau, assediata sin dal 3 novembre. Il 16 gennaio Bourbaki comanda l'assalto alle posizioni tedesche intorno a Belfort. L'assalto costringe il nemico a rinserrarsi verso le mura della città, quando il generale ordina di recuperare le posizioni iniziali. Il 17 gennaio viene respinto un contrattacco portato da un reggimento del Baden. Il 18 Bourbaki ordina la ritirata, senza nemmeno aver impiegato per intero le forze a propria disposizione.