L’ASSEDIO DI PARIGI (1870-1871)
Dopo la distruzione
dell'armata di Chalons nella battaglia
di Sedan, il generale prussiano Helmuth Karl Bernhard von Moltke ordinò alla
terza armata e all'armata della Mosa, forti di 150.000 uomini, di marciare in
direzione di Parigi per iniziare l'assedio della città.
Nella Capitale, le notizie
arrivarono nel pomeriggio del 3 settembre. Durante una riunione notturna
dell'Assemblea, Jules
Favre presentò una mozione che dichiarava la decadenza di Napoleone
III.
La decisione fu posticipata al giorno successivo. Il 4
settembre, la folla e la Guardia
Nazionale invasero il Palazzo
Borbone e richiesero il decadimento della dinastia. Mentre l'imperatrice
Eugenia e il conte di Palikao andavano in esilio, Jules
Favre trascinava i deputati repubblicani al municipio
e istituì un Governo
di Difesa nazionale. Il generale Jules
Trochu, governatore di Parigi, venne portato alla presidenza e diede la
sicurezza dell'esercito al movimento repubblicano borghese che temeva una
sollevazione dei rossi (i rivoluzionari).
L'esecutivo post-napoleonico si divise subito in due
fazioni, una moderata, che chiedeva di arrivare ad un compromesso di pace con i
prussiani, ed una radicale, che sostenne invece la guerre à outrance
(guerra a oltranza). Le proclamazioni ufficiali di Trochu
e Favre
andavano nella direzione di una resistenza ad oltranza contro l'invasore.
A questo punto cominciò ad
affacciarsi nelle menti dei protagonisti la memoria storica della 1ª
Repubblica: la Francia, invasa nel 1792 dalle armate prussiane e austriache,
era riuscita a ricacciare il nemico e a passare all'offensiva. Era stata,
quella, la Francia della Rivoluzione, e ora i democratici neo-giacobini
sognavano di ripetere l'esperienza, confortati dal generale sentimento di
patriottismo presente nella popolazione. Per far questo essi avrebbero però
dovuto liberarsi dell'attuale governo provvisorio, che a parole sosteneva di
voler continuare la guerra, ma non voleva armare la popolazione, temendo la trasformazione
della guerra in corso in guerra rivoluzionaria. Lo scopo del governo e delle
forze reazionarie e moderate consisteva in realtà nell'ottenere la pace con la
Prussia alle migliori condizioni possibili, per poi regolare i conti con le
forze rivoluzionarie e confermare una Repubblica moderata o anche, come sperava
il Thiers,
rimettere sul trono gli Orléans.
Nelle settimane successive
alla proclamazione
della Repubblica, dopo il fallimento dei tentativi di giungere ad un
armistizio che potesse evitare il prosieguo del conflitto, le forze armate
tedesche procedettero alle operazioni di conquista della capitale, simbolo
della resistenza francese, le truppe prussiane e i loro alleati continuavano la
loro avanzata sul territorio senza molta opposizione. Von Moltke assieme alla
terza e alla quarta armata prese la strada di Parigi dando avvio all'ultima e
fatidica tappa nella marcia verso l'annientamento del nemico.
Il generale Louis-Jules
Trochu scelse di riportare nella capitale l'esercito di Vinoy di 40.000
uomini con considerazioni forse più politiche che militari, e intanto preparava
la difesa della capitale, chiusa all'interno di una cintura di 16 forti
disposti all'esterno dell'anello di mura, e organizzando una forza di difesa di
circa 500.000 uomini. Una parte del Governo
di Difesa nazionale fu spostato a Tours[1],
nel dipartimento Indre e Loira nella regione Centro-Valle della Loira, per
coordinare l'azione nella provincia sotto gli ordini di Adolphe Crémieux,
ministro della Giustizia, accompagnato da Glais-Bizoin (uno dei fondatori del
quotidiano La Tribune e cooperante
del Governo
di Difesa nazionale) e dall'ammiraglio Fourichon. (Leon
Gambetta raggiunse la città in mongolfiera), mentre i principali membri del
governo, tra cui Trochu,
rimasero a Parigi.
Le forze popolari,
intenzionate a resistere all'invasione e a dare un contenuto rivoluzionario
alla nuova situazione politica, cercarono di organizzarsi fin dal 5 settembre:
pecore e bestiame vennero collocate nel centro della città, che si preparava a
razionare le derrate, cosa che non evitò il decesso di numerosi civili per la
carenza di cibo, specie verso la conclusione dell'assedio. Il legname fu
approntato per realizzare barricate.
7 ottobre 1870 partenza dell'Armand Barbès |
Quella sera si riunirono nella
scuola di rue au Maire alcune centinaia di rappresentanti delle sezioni dell'Internazionale,
dei sindacati e dei club[2]
rivoluzionari parigini.
Diffidando della sincerità dei
membri del governo, «indubbiamente capaci di ogni sorta di vigliaccherie, se on
fossero stati seriamente sorvegliati», fu deciso di istituire in ciascuno dei
venti arrondissement
di Parigi un comitato di vigilanza per controllare le azioni delle nuove
amministrazioni municipali.
“[...] Nei comitati si raccoglievano
persone incontestabilmente devote alla rivoluzione, quasi votate
anticipatamente alla morte [...] Tutti arrivavano verso le 5 o le 6,
riassumevano il lavoro compiuto durante la giornata, deliberavano quello che si
doveva fare l'indomani [...] alle otto, ognuno se ne andava nel suo club (Louise
Michel)".
Riunione di un club in una chiesa di Parigi |
Il 15 settembre, Adolphe
Thiers ebbe il mandato e fu inviato in missione nelle capitali europee per
cercare sostegno nella speranza, che si rivelò inutile, per far pressione sulle
richieste prussiane.
In nessun momento fu
immaginata la sconfitta degli eserciti francesi. Fu quindi con la fretta che la
città di Parigi venne organizzata la difesa.
In un momento in cui l'assedio
di Parigi sembrava inevitabile, il governo
intraprese un immenso sforzo per la difesa che ha reso, in poche settimane, una
città ritenuta incapace di difendersi, in un luogo davvero inespugnabile. I militari
del genio, l'artiglieria, il ministero dei lavori pubblici, ausiliari del genio
e dell’artiglieria, gareggiavano tra loro in efficienza.
Le mura della città furono
divise in nove settori, con un numero di fortificazioni che non furono
completate, come quelle sulle alture di Montretout e di Chatillon, poi
abbandonate dalle truppe sul posto. Questi abbandoni costarono caro ai
francesi. Infatti, l'assunzione dell’altipiano di Châtillon da parte dei
tedeschi fu un fallimento per la difesa francese che lasciarono loro un punto
strategico. I prussiani installarono lì il grosso della loro artiglieria, con
cui bombardarono Parigi nel dicembre 1870 e nel gennaio 1871, distruggendo i forti e la capitale.
Per contrastare, per quanto
possibile, la marcia dei Prussiani verso Parigi, otto reggimenti di cavalleria,
comandati dai generali Gustave Coste de Champéron e Jean-Henry Reyau furono
inviati verso Meaux con l'ordine di contrastare il nemico.
Il 17 settembre il Comitato
Centrale pubblicò un manifesto programmatico, ampliando e precisando
richieste già avanzate giorni prima. Tra le varie cose si chiedeva: la
soppressione della polizia, che «in tutti i governi monarchici aveva servito
la causa dell'asservimento dei cittadini e non la causa della sua difesa»,
le sue funzioni dovevano essere trasferite ai municipi, che avrebbero eletto
funzionari appositi, e i suoi compiti sarebbero stati svolti dalle guardie
nazionali; ogni legge limitativa della libertà di stampa, di associazione e di
riunione doveva essere abrogata; stante la situazione di guerra, tutti i
cittadini dovevano essere armati, ogni strumento necessario alla difesa
requisito; tutti i prodotti alimentari di prima necessità espropriati, pagando
i commercianti alla fine della guerra, la distribuzione ai cittadini dei generi
alimentari assicurata dai municipi.
Due giorni dopo, il 19
settembre, i prussiani, battuti i francesi a Châtillon, a pochi chilometri da
Parigi, cinsero d'assedio la capitale e Parigi venne tagliata fuori dal resto
del paese.
Le possibilità di vittoria
francesi apparvero ridotte a causa delle forze esigue e della vulnerabilità
delle fortificazioni, risalenti al 1842, rispetto alle potenti artiglierie
nemiche. Le forze francesi rimaste chiuse a Strasburgo, intanto, subirono un
assedio di due mesi, dal 9 agosto fino alla loro resa il 28 settembre. Stessa
sorte toccò a Metz,
che cadde il 27 ottobre e a Verdun, il cui assedio si protrasse fino all'8
novembre. Orléans cadde il 10 ottobre nelle mani delle truppe del generale
Ludwig von der Tann (in seguito verrà ripresa dai francesi e infine
riconquistata definitivamente dai prussiani il 5 dicembre).
Foto di Adolphe Braun che mostra Rue de l'Église dopo i bombardamenti prussiani |
Gli elementi nuovi,
determinati dall'assedio, furono la realizzazione dell'armamento della Guardia
Nazionale, un Comitato di vigilanza in ognuno dei venti quartieri di Parigi
e una rappresentanza unitaria in un Comitato
Centrale dei venti arrondissement. In questa organizzazione si rintraccia
l'esempio della Comune insurrezionale del 1792 e il nucleo della prossima
Comune proletaria: gestione degli affari svolti in prima persona dai cittadini,
assoluta libertà di stampa, libertà di associazione, di riunione e di
discussione nei numerosi che sorgevano in tutti i quartieri di Parigi.
Per l’occasione Louise
Michel affermò: “Si chiedevano
armi, e il governo
li rifiutava, forse mancavano per davvero; si viveva di promesse”. Il
effetti molti ufficiali si opposero all’armamento della «plebe» e
particolarmente all’armamento degli operai.
Il 20 settembre un'assemblea
di migliaia di persone riunite a Belleville
votò una risoluzione che chiedeva la soppressione della prefettura,
l'eleggibilità degli ufficiali, l'arresto dei bonapartisti e «l'immediata
designazione dei membri della Comune rivoluzionaria da parte dei cittadini dei venti
arrondissement».
Ai primi di ottobre il Comitato
Centrale lanciò un appello alla cittadinanza: «Nelle vostre assemblee
pubbliche, nei vostri comitati rionali, nei battaglioni della Guardia
Nazionale eleggete immediatamente le persone che ritenete più degne di
essere vostre rappresentanti all'Hôtel
de Ville [...] Il popolo
parigino ha il dovere e l'obbligo di dirigere da sé, con la massima attenzione,
la liberazione della patria dall'aggressione straniera e la liberazione della
repubblica contro ogni pericolo da parte della reazione».
Karl Marx
dichiarò che il dovere più immediato degli operai doveva essere quello di
difendere la repubblica, che ormai non si trattava di combattere per i
Bonaparte e le sue aspirazioni territoriali contro Bismarck,
ma difendere la repubblica dai prussiani, i quali avevano svelato i propri fini
e trasformato una guerra da loro iniziata come difensiva in guerra apertamente
predatoria ed imperialista. Un’azione liberatoria della classe operaia, per Marx,
si sarebbe potuta sviluppare solo dopo aver permesso che i borghesi avessero la
pace con i prussiani. Anche Engels aveva la certezza che la classe operaia
avrebbe avuto bisogno di tempo per organizzarsi. Quindi sia Marx
che Engels esortavano gli operai ad astenersi da qualsiasi azione prima della
fine della guerra, bloccando qualsiasi intenzione di abbattere il governo
provvisorio.
Michele
Bakunin invece si adoperava a fare l’opposto, considerando la caduta del governo
come il compito più urgente; egli non credeva che il popolo parigino e francese
tutto avrebbe dovuto aspettare la fine della guerra per tentare la rivoluzione,
così facendo si sarebbe permesso alla borghesia di passare indenne per quel
periodo che la vedeva maggiormente indebolita a causa della guerra e per la
perdita del suo supporto tradizionale: l’impero. Con la fine della guerra la
borghesia avrebbe potuto organizzarsi e prendere in pugno la situazione,
ricostituire un esercito regolare facendo liberare i prigionieri dei prussiani,
e quindi spezzare il tentativo insurrezionale operaio. Se invece la rivoluzione
si fosse estesa rapidamente in tutta la Francia, i prussiani sarebbero potuti
essere cacciati via più facilmente; la sola possibilità di salvezza era quella
di trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria.
Una guardia nazionale |
Quando si seppe della caduta
dell’Impero,
il 28 settembre, Bakunin
con alcuni anarchici occuparono l’Hôtel de Ville di Lione
proclamando la Comune rivoluzionaria, il cui primo articolo diceva: “La
macchina amministrativa e governativa dello stato, diventata impotente, è
abolita. Il popolo di Francia rientra in pieno possesso di se stesso”. Ma
purtroppo l’iniziativa fallì per l’intervento dell’esercito regolare.
L'"anello di ferro"
attorno a Parigi intanto veniva completato dalle forze prussiane e il quartier
generale reale di Guglielmo I fu stabilito nella reggia di Versailles.
Mentre la capitale era cinta d'assedio, nel corso dei quattro mesi che seguirono,
fino alla fine di gennaio, i vertici militari francesi riuscirono a
riorganizzare delle forze numericamente sufficienti (circa 700.000 uomini per
un totale di 36 divisioni) a sfidare i prussiani, i quali ebbero a contrastare
la lotta del popolo francese anche e soprattutto fuori dalle mura della Ville
Lumière. La resistenza dei parigini non fu meno tenace. Tutto l'arco
dell'assedio fu speso, da parte francese, nella riorganizzazione dell'esercito
e in attacchi diretti a sfondare l'anello di accerchiamento tedesco, mentre da
parte prussiana la strategia si imperniò su un atteggiamento essenzialmente
difensivo. Quest'ultimo fu mirato il più delle volte a rintuzzare i tentativi
nemici di violare le difese e solo verso la fine di gennaio sarà mutato in un
piano di attacco caratterizzato dall'uso di artiglierie.
La città, divisa in 20
arrondissement, aveva per ciascun distretto una propria rappresentanza
politica e procedette, in ciascun arrondissement
a reclutare la propria Guardia
Nazionale e a eleggere i propri ufficiali. Nei quartieri più poveri della
città, tra i battaglioni delle classi operaie assurgevano a ruolo di tribuni
demagoghi radicali e virtuali rivoluzionari che avevano passato molti anni
nelle galere.
Le sortite lanciate contro le
linee prussiane intanto ottenevano scarsi risultati. Un attacco lanciato contro
il villaggio di Le Bourget a nord-est di Parigi ebbe successo e la guarnigione
prussiana venne sbaragliata. Quando ancora però si festeggiava la vittoria, un
contrattacco prussiano, il 30 ottobre, riprese la città provocando 1.200 morti
tra i francesi. Uno dei più importanti tentativi di rompere l'assedio prussiano
fu progettato in novembre. Trochu
ordinò al generale Auguste Ducrot di lanciare una sortita il 28 novembre, che
dette vita una battaglia di tre giorni nella parte orientale della città. Oltre
che a coincidere con un attacco di Luis d'Aurelle su Orleans, questa sortita
doveva avere l'effetto di portare scompiglio nell'organizzazione logistica
tedesca.
Con l'uso di ponti messi in
posizione nel tardo 28 novembrele truppe di Ducrot avrebbero dovuto irrompere
attraverso la Marna, a Joinville, Neuilly e Bry, facendo abbandonare ai
prussiani Champigny e Villiers e ponendo i francesi in diretta comunicazione
tra il quartier generale di Versailles
e Lagny, che costituiva il maggiore punto di collegamento con la Germania.
Qualora tutto questo fosse avvenuto, Trochu
avrebbe avuto modo di ricongiungersi, con buona probabilità, con l'armata della
Loira e di rimandare il progetto del bombardamento della capitale da parte dei
prussiani. Gli ingegneri francesi non riuscirono a collocare i ponti in
posizione il 28 novembre e l'intero corpo francese fu lasciato sulla sponda
sbagliata della Marna. Una diversione delle garde mobiles verso
Malmaison non riuscì a distogliere i prussiani dal fronte di Champigny e
Villiers, dove erano state condotte in massa le riserve da Von Moltke.
L'attacco dovette concludersi il 3 dicembre con la ritirata attraverso la Marna
dei francesi e la perdita di 12.000 soldati.
Con la caduta
di Metz
e le voci su una possibile capitolazione sotto la spinta delle pressioni dei
tedeschi, una crisi politica investì i responsabili della difesa della
capitale. Nel "lunedì nero" del 31
ottobre Trochu
e i vertici della Guardia
Nazionale si riunirono all'Hôtel
de Ville per trattare sulla possibile riesumazione dell'istituzione
comunarda sul modello di quella andata in scena tra il 1792 e il 1794. Dopo
iniziali trattative, l'intervento delle truppe fedeli alla repubblica consentì
il giorno dopo di trarre in arresto i rivoluzionari.
Tagliata fuori dal resto del
paese, la Capitale subì rapidamente l'eccezionale rigore dell'inverno (picchi a
-12 °C
a dicembre) mentre i bombardamenti tedeschi aggravavano la situazione dal
gennaio 1871.
All'inizio dell'assedio Trochu
stimò che il cibo a disposizione nella città sarebbe stato sufficiente per i
successivi 80 giorni, fino a metà novembre. Il razionamento del cibo venne
organizzato con ritardo, le code si allungavano prima che i negozi alimentari
fossero letteralmente presi d'assalto. I prezzi della carne, delle conserve,
del pane e dei generi alimentari erano in aumento. I panettieri vendevano pane
nero di composizione sconosciuta.
Vendita di topi nelle macellerie di Parigi |
A gennaio le condizioni della
popolazione erano critiche. La borghesia cominciò a massacrare i muli e i
cavalli, che fino ad allora erano stati i soli poveri a consumarli. Ma anche la
carne equina cominciò a scarseggiare, così come la legna da ardere e comprare
un pollo o delle scorte di legname era diventato un affare per ricchi. La gente
per riscaldarsi giunse a utilizzare i letti e il mobilio delle proprie
abitazioni. Verso la fine dell'assedio le scorte disponibili, infatti, erano
già da tempo terminate e furono necessari gli animali degli zoo per sfamare i
parigini, anche i benestanti. Nei ristoranti di lusso, infatti, si usarono
antilopi, cammelli, elefanti (gli animali dello zoo Jardin des plantes
vennero sacrificati), mentre il popolo mangiava anche gatti, cani, topi ...
Menu del 25 dicembre 1870 - Café Voisin, 261 rue Saint-Honoré |
Un allievo degli Ospedali di
Parigi scrisse il 25 dicembre 1870: "Ho
mangiato tutto, cavallo, mulo, gatto, cane, topo e ho trovato tutto molto
buono. Prometto a me stesso (...) di farvi mangiare eccellenti salmì di topi
d'acqua ... ". Il 30 dicembre fu il turno di Castore e Polluce, i due
elefanti del Jardin des Plantes, ad
essere macellati e i macellai vendevano la proboscide di elefante di prima
scelta a 40 franchi per libbra.
In Choses vues (Cose
viste, pubblicato nel 1887), il 30 dicembre 1870, Victor
Hugo notava: "Non è nemmeno più il cavallo che mangiamo. Forse è il
cane? Forse è un topo? Sto iniziando a soffrire di mal di stomaco. Mangiamo
l'ignoto”. Il 18 gennaio successivo, annotò: “Sbriciolo alle galline il
nostro pane nero. Loro non lo vogliono".
Gli abitanti erano privati di legna e
carbone e, senza gas, le strade erano immerse nell'oscurità non appena scendeva
la notte.
Queste privazioni colpirono
soprattutto le classi popolari, già ridotte alla miseria dalla cessazione delle
attività economiche. Il tasso di mortalità raddoppiò in pochi mesi (soprattutto
a causa di malattie polmonari dovute a freddo e malnutrizione), ma non ci
furono vere epidemie; i casi di colera rimasero rari.
I club
rivoluzionari, dove si discuteva del paese in pericolo e dove si faceva
rivivere la memoria del 1789-1793, si andavano moltiplicando. Il 31
ottobre e il 22
gennaio scoppiarono due grandi manifestazioni per chiedere la Comune e la
sollevazione di massa. Queste dimostrazioni vennero represse.
Versailles: proclamazione dell'Impero tedesco |
Presso lo stato maggiore
tedesco l'assedio della capitale era vissuto in un clima di forte tensione. Von
Moltke e Bismarck
furono in disaccordo su tutto dopo Sedan e le
relazioni tra i due apparvero «gelide come l'inverno di gennaio». Quando nel
novembre del 1870 la Russia ricominciò a costruire basi militari sul Mar Nero,
violando i termini del trattato che aveva posto fine alla guerra di Crimea, la
reazione inglese fu immediata e vi fu l'esplicita richiesta di Londra di porre
fine il più rapidamente possibile all'invasione prussiana per garantire una più
celere ripresa della Francia come alleato perché si opponesse ai nuovi abusi
messi in atto da San Pietroburgo. Per guadagnare tempo, Bismarck
convocò una conferenza delle grandi potenze il 3 gennaio 1871 e auspicò una
fine quanto più rapida possibile dell'assedio della capitale francese. Reagì in
modo furioso contro von Moltke quando seppe che questi stava intavolando
discussioni segrete con Trochu
a sua insaputa per ottenerne la resa, mentre le armate prussiane non riuscivano
ad ottenere risultati decisivi contro i francesi.
Il generale Ducrot, mentre tra
i prussiani si discuteva dell'opportunità del bombardamento della capitale,
lanciò una nuova offensiva il 21 dicembre verso Le Bourget. Ducrot sperava di
riuscire a riunire le proprie forze con i 35.000 uomini dell'armata del Nord
del comandante Louis Faidherbe. Quando i pezzi d'artiglieria furono finalmente
in postazione Moltke poté iniziare il bombardamento dei forti intorno alla
capitale colpendo Mont Avron il 27 e 28 dicembre e successivamente Vanves, Issy
e Montrouge il 5 gennaio. I colpi di cannone raggiunsero il centro della
capitale, distrussero edifici, uccisero civili inermi, tra cui donne e bambini.
Solo a metà gennaio 189 civili erano rimasti feriti o avevano trovato la morte
sotto le bombe. Per la fame e il freddo morirono, durante il mese di gennaio,
il più duro di tutto l'assedio, tra i 3.000 e i 4.000 parigini. Alla fine di
gennaio Trochou
rifiutò di lanciare i 400.000 uomini della guarnigione in un ultimo disperato
tentativo di rompere il blocco, che avrebbe comportato l'inutile morte di altri
francesi.
L'assedio di Parigi segnò
definitivamente la caduta del regime imperiale di Napoleone
III.
La gente parigina già provata dalle conseguenze dell'assedio, ebbe a soffrire
ancor di più alla proclamazione dell'impero tedesco, celebrata nel Palazzo di Versailles,
sede del quartier generale reale. La cerimonia, svoltasi il 18 gennaio, fu
calcolata per provocare l'umiliazione dei francesi.
La Battaglia di Buzenval, dipinto di Alphonse-Marie-Adolphe de Neuville |
Trochu
rimase presidente della Repubblica, anche se Gambetta,
di fatto, esercitò le sue stesse funzioni da Bordeaux. Il 22
gennaio la Guardia
Nazionale rivoluzionaria sparò ancora verso l'edificio governativo, nel
centro di Parigi vicino l'Hotel
de Ville, in una simbolica manifestazione di insoddisfazione verso la
gestione dell'assedio condotta dai vertici repubblicani. Dopo la firma e il
cessate il fuoco 26 gennaio 1871 alle 20:40, alla mezzanotte del 27 gennaio,
dopo che Jules
Favre accettò i termini di resa avanzati da Bismarck,
entrò in vigore l'armistizio che pose termine all'assedio e sancì la fine alla
guerra.
I preliminari di pace
continuano a febbraio. Gli eserciti tedeschi otterranno da Thiers
un'occupazione simbolica degli Champs-Elysées dal 1° al 3 marzo. L'assemblea
nazionale si trasferì a Versailles
per evitare pressioni dalla Guardia mobile di Parigi in uno stato di quasi
insurrezione. Infine, il giorno 18
marzo portò all'istituzione della Comune di
Parigi e al secondo assedio guidato da eserciti regolari francesi contro
gli insorti parigini.
Nel febbraio 1871, Victor
Hugo disse: "Parigi fu vittima della difesa tanto quanto
dell'attacco".
Compagnia della guardia nazionale mobile di Parigi |
Una sfera di Moulins, piena della sua corrispondenza. Museo Postale di Francia (Parigi) |
Durante l’assedio, la città di
Parigi era isolata dal resto della Francia, i parigini e gli abitanti del resto
del paese cercarono in tutti i modi di comunicare tra loro.
Per le comunicazioni
dall’esterno all’interno della città, si è provato ad usare le sfere di
Moulins, nome preso della città di Moulins situata lontano dai
combattimenti dove veniva centralizzata la posta per essere inviata con questo
mezzo. La posta era collocata in strette sfere di metallo sigillate che, per
contrastare la sorveglianza degli assedianti e dei dispositivi che avevano
sparso sulla superficie della Senna delle reti, le sfere non dovevano
galleggiare secondo il principio della bottiglia al mare, ma immerse nel fiume
seguivano la corrente rotolando sul fondo. Venivano immerse in gran parte a
monte di Parigi, da Bray-sur-Seine a Samois-sur-Seine, e dovevano attraversare
le linee degli assedianti e delle reti, giù fino al fondo del letto della
Senna, allungate dietro le linee nemiche al Port à l'Anglais di Alfortville
dovevano recuperarle. Il processo si rivelò un fallimento totale, poiché
nessuna delle 55 sfere di Moulins, inviate da 4
a 29 gennaio 1871,
raggiunse Parigi prima della fine dell'assedio, alcune rimasero intrappolate
nel ghiaccio o nella vegetazione, altre, più della metà, passate attraverso la
rete rotta da cubetti di ghiaccio, furono
recuperate a Seine-et-Marne alla foce dalla Senna. Alcune sfere, tuttavia,
furono trovate dopo la fine dell'assedio: la prima è stata recuperata nel marzo
1871 ad Andelys. Alla fine furono trovate circa 25-30
sfere, la maggior parte prima del 1910. Una nel 1942, un'altra nel 1952. Più
recentemente, una sfera fu trovata dal conducente di un dispositivo di
dragaggio a Saint-Wandrille (Seine-Maritime), l’8 agosto 1968. Un’altra è stata
recuperata a Vatteville-la-Rue (Seine-Maritime) nel 1982, poi un'altra nel
1988. Ogni volta, l'amministrazione postale
cercò di consegnare le lettere ai discendenti dei destinatari originari in base
al principio che «la missione di consegna della
posta non ha limiti di tempo. La posta affidata a
La Poste deve arrivare a tutti i costi». Su 55 sfere inventate, una ventina di loro rimangono impantanate sul fondo della
Senna e potrebbero riemergere nei prossimi anni.
Corso delle sfere di Moulins.
Luoghi di immersione delle palle
Posizione della rete di recupero
Posizioni conosciute del ripescaggio
Vennero usate anche piccole sfere di vetro, con un foro attraverso il quale era stata introdotta la spedizione. Queste sfere sembravano bolle d'acqua ed erano abbastanza piccole da passare attraverso le maglie delle reti prussiane. Ma, col freddo, in alcune parti la Senna cominciò a congelarsi e queste sfere rimasero bloccate nel ghiaccio.
Si pensò di entrare a Parigi
tramite dei sommozzatori che avrebbero seguito il fondo della Senna con
mute subacquee. I sommozzatori lasciarono la città in mongolfiera, ma questa,
dal nome Général Chanzy, atterrò in Baviera. I prussiani presero le mute
da sub e fecero dei trofei esibiti in Prussia.
L'amministrazione postale
propose di usare i cani come messaggeri utilizzando i loro collari. Nel
gennaio 1870, la mongolfiera Général Faidherbe li depositò nelle
province, ma nessuno dei cani tornò a Parigi.
Il modo più sicuro e meno costoso fu
l'uso dei piccioni viaggiatori. Il microfilm su pellicola di collodio
poteva contenere 40.000 messaggi. I tedeschi portarono dei falchi dalla
Germania per combattere questi messaggeri volanti. Anche i piccioni lasciarono
Parigi con le mongolfiere e poi tornarono in città con i messaggi. Molti
piccioni non arrivarono a destinazione.
Anche per le comunicazioni tra
Parigi e la provincia, vennero utilizzati vari sistemi.
Numerosi piccioni
viaggiatori furono portati da Roubaix e Tourcoing, importanti città
industriali dell'epoca, per inviare posta a queste città.
Si usarono palloncini a modo
di piccole mongolfiere, a cui erano appesi messaggi (questi ultimi
chiamati «di Gravilliers» dal nome della strada del 3°
arrondissement da cui erano partiti).
I palloncini «Ballons de Gravilliers» rilasciati durante l'assedio di Parigi |
Autoritratto di Nadar in un aerostato |
Due cavi telegrafici furono
installati prima dell'assedio di Parigi. Uno verso Rouen nel letto della Senna
ma venne scoperto dall'esercito prussiano, per colpa di due residenti: avevano
dragato la Senna tra Saint-Germain-en-Laye e Bougival, il cavo venne agganciato
e tranciato. L'altro è stato involontariamente isolato facendo saltare un
ponte.
Su iniziativa del fotografo Nadar,
appassionato di aerostatica, dei trasporti di persone avvenne per mezzo di palloni
aerostatici. Il primo a decollare fu Le Neptuneil, il 24 settembre, con a bordo l’ingegnere Jules Duruof. Erano
pieni di gas per l'illuminazione. Alcuni arrivarono in Norvegia, in Germania o
caddero nell'Atlantico, ma la maggior parte sbarcò nelle province. Durante
l'assedio, 65 mongolfiere trasportarono 164 passeggeri, 381 piccioni, 5 cani e
circa 2 o 3 milioni di lettere. Era il 7 ottobre alle 11, quando Léon
Gambetta volò sull’Armand Barbès. Atterrò alle 3 del pomeriggio nella
foresta di Favières (nell’Oise), si unì alla delegazione di Tours il 9 ottobre
da Montdidier e Rouen.
Azioni militari e trattative
· 17 settembre: L'esercito
prussiano avanzava verso Parigi in due colonne. Ci furono primi combattimenti a
Montmesly tra le truppe della difesa nazionale e l'avanguardia dell’esercito
tedesco. La presenza della cavalleria prussiana intorno a Parigi era segnalata
ovunque.
· 18 settembre: Jules
Favre chiese un incontro a Otto
von Bismarck, incontro che si svolse il 19 e 20 settembre a Ferrières. Il
generale Trochu,
governatore di Parigi, ordinò al generale Auguste-Alexandre Ducrot di
abbandonare la fortificazione di Chatillon. La sera, la città di Versailles
venne circondata. L'accerchiamento di Parigi venne fatto da sud, da ovest e da
nord durante il giorno di quella domenica, 18 settembre. Gli ultimi mezzi di
comunicazione tra Parigi e la provincia furono interrotti nel pomeriggio.
· 19 settembre: la mattina
presto, Versailles
venne presa senza alcuna resistenza. Lo stato maggiore prese possesso del
castello nel pomeriggio del 19,
l 'alto comando prussiano, tra cui Bismarck,
si trasferì nella residenza dei Rothschild al castello di Ferriere-en-Brie. Nel
frattempo Ducrot convinse un scettico Trochu
a prendere ai prussiani la fortificazione di Châtillon posta sull’altopiano di Montretout-Châtillon, una
posizione strategica che dominava i forti di Vanves e Issy. I
mezzi impegnati erano insufficienti, la battaglia divene rapidamente
insostenibile e Ducrot dovette ritirarsi nel pomeriggio sull'ordine formale di Trochu.
L'accerchiamento di Parigi e dei forti esterni fu completato la sera, dopo
questa prima "Battaglia di Chatillon". Gli eserciti nemici si
trovavano sempre entro un raggio di 10-12 chilometri . Questo
fu il primo giorno dell’«assedio di Parigi».
· 22 settembre: l'altopiano
di Villejuif venne ripreso e mantenuto nonostante una replica dell'artiglieria
tedesca.
· 30 settembre: ricognizione
verso Chevilly e Thiais, nonostante l’avanzata senza aver lottato, la ritirata
venne suonata prima dell'arrivo dei rinforzi tedeschi.
· 7 ottobre: Léon
Gambetta, come precedentemente avevano fatto gli altri esponenti del Governo
di “Difesa Nazionale”, abbandonava Parigi per raggiungere Tours a bordo del
pallone aerostatico L'Armand Barbès.
· 9 ottobre:
combattimenti a Malmaison e Chevilly.
· 13 ottobre: seconda
battaglia di Chatillon. Il governatore Louis
Jules Trochu decise di lanciare una ricognizione offensiva, con le truppe
assediate a Parigi, nei villaggi di Bagneux e Chatillon, per riprendere
l'altopiano di Clamart. Dopo i combattimenti a Fontenay-aux-Roses e Clamart, le
case di Chatillon furono riprese una ad una. Nonostante il successo e le basse
perdite sul versante francese, venne suonata la ritirata.
13 Ottobre 1870 Saint-Cloud dopo i bombardamenti francesi e prussiani |
Reggimento tedesco a Le Bourget il 30 ottobre 1870, dipinto di Carl Röchling |
· 22 ottobre: gli abitanti
del villaggio di Buzenval sono stati fatti oggetto di una rappresaglia, 18 di
loro sono stati condotti ad una corte marziale per aver aiutato le truppe
francesi, due sono stati deportati in Germania, altri tre fucilati davanti agli
abitanti. Il villaggio è stato evacuato subito dopo dai prussiani.
· 28 - 30 ottobre: prima
battaglia di Le Bourget. Il 28 ottobre, il generale de Bellemare, comandante a
Saint-Denis, mandò, senza l'autorizzazione del generale Trochu,
l'ufficiale comandante Roland con 300 francs-tireurs (cecchini) a stabilirsi a
Le Bourget. L'ammiraglio Saisset aveva inviato a Drancy un battaglione di
fanteria della marina per occupare il villaggio, rafforzarlo e sostenere così
Le Bourget. La guarnigione tedesca venne quindi cacciata dal villaggio. Il
generale de Bellemare chiese rinforzi al comandante in capo di Parigi, generale
Trochu,
ma questa richiesta venne respinta.
Le Bourget, 30 ottobre 1870 di Alphone de Neuville, rappresenta la chiesa di Saint Nicolas |
· 3 novembre: plebiscito a
favore del governo, che chiedeva il sostegno del popolo di Parigi. Questo gli
viene concesso (più di 320.000 civili e 236.000 soldati votano il suo sostegno,
contro 52.000 civili e 9.000 soldati che votarono contro).
· 30 novembre - 3 dicembre: battaglia di
Champigny. Dopo la sconfitta dell'esercito francese nella prima battaglia di
Bourget e la notizia della capitolazione di Metz,
il morale della popolazione parigina diminuì. Per rimediare a questa situazione
e ridare speranza agli abitanti della capitale, il generale Louis
Trochu, governatore di Parigi, decise di organizzare una sortita generale
per fare breccia nelle linee prussiane. Il 30 novembre, il generale
Auguste-Alexandre Ducrot condusse 80.000 uomini nei villaggi di
Champigny-sur-Marne e Bry-sur-Marne, ad est della Marna. Il giorno successivo,
il 1° dicembre, Ducrot chiese una sospensione della battaglia, con grande
sorpresa dei prussiani che erano in difficoltà. Questa battuta d'arresto
consentì a quest'ultimi di ottenere i rinforzi necessari per passare alla
controffensiva il successivo 2 dicembre. L'esercito della Loira fu sconfitto
nella battaglia di: Ducrot in questo modo spinse Trochu
e il ministro degli Esteri Jules
Favre ad avviare i colloqui di pace con la Prussia.
La chiesa di Saint Nicolas du Bourget dopo i combattimenti del 28 , 29 e 30 ottobre 1870 |
· 27 dicembre: inizio del
bombardamento dei forti, prima da est, poi da sud. La città venne quindi
bombardata sistematicamente, fino a gennaio, dall'altopiano di Chatillon, da
dove i prussiani sparavano i loro colpi dalla "torre Biret". Il 27
dicembre, l'altopiano di Avron, e i forti di Noisy, Nogent e Rosny, furono
bombardati. L'altopiano di Avron fu evacuato dall'artiglieria francese il 29
dicembre per evitare una possibile cattura dei cannoni.
· 4 gennaio: i forti
dell'Oriente, tra cui Montreuil e Bondy, subirono un bombardamento.
· 5 gennaio: batterie
prussiane equipaggiate con nuovi fucili Krupp e posizionate a Meudon,
Saint-Cloud e Boulogne, iniziarono a bombardare Parigi: le prime granate
caddero nelle strade di Assas, Feuillantines, nel cimitero di Montparnasse e
nel distretto di Luxembourg.
· 6 gennaio: durante la
notte tra il 5 e il 6 gennaio, il bombardamento è diventato violento, toccando
il distretto di Panthéon e di Val-de-Grâce.
· 7 gennaio: La notte dal
6 al 7, fu il distretto di Grenelle che viene bombardato, e il distretto
dell'Osservatorio. Il 7 gennaio, il viadotto di Auteuil servì come bersaglio,
dato che l'Hotel des Invalides venne trasformato in un ospedale. l'Affiche
rouge (il Manifesto rosso) venne stampato su iniziativa del Comitato
centrale dei venti arrondissement. Si trattava di un'accusa contro
l'inerzia del governo.
· 12 gennaio: l'ospedale
di Salpétrière fu preso di mira, nonostante la bandiera della Convenzione di
Ginevra fosse visibile sui suoi tetti. Tra il 5 e il 18 gennaio, i forti di
Montrouge, Vanves e Issy furono praticamente distrutti, la capitale stessa
venne colpita vicino alle porta Maillot, e tra la porta d'Orléans e la porta di
Saint-Cloud, come in tutti i quartieri della riva sinistra della Senna.
Battaglia di Champigny, il forno di calce (particolare), dipinto di Alphonse de Neuville |
· 19 gennaio: seconda
battaglia di Buzenval. Il 15 gennaio 1871, durante una riunione del consiglio
dei ministri, si cominciò a discutere con preoccupazione sulla capitolazione e
di tutte le conseguenze implicite e sull'idea di condurre un ultimo attacco in
massa, fortemente richiesto da molte parti, nel tentativo di rompere l'assedio.
Il 19 gennaio, il giorno successivo all'incoronazione di Guglielmo I di Germania
ad Imperatore, il generale francese Louis-Jules Trochu
attaccò gli assedianti ad est di Parigi, nel parco di Buzenval, riuscendo ad
occupare la città di Saint-Cloud non troppo lontana dal nuovo quartier generale
dei loro nemici, situato a Versailles.
Trochu
riuscì a tenere la posizione per quasi una giornata, ma l'incapacità di altre
truppe a lui vicine permise al principe ereditario Federico di rigettarlo
dentro la Capitale. Buzenval fu l'ultimo
tentativo da parte degli assediati di rompere l'accerchiamento nemico e
dimostrò che truppe poco addestrate e costituite in gran parte da volontari e mobiles,
come nel caso della guarnigione parigina, non erano in grado di affrontare con
successo un esercito ben organizzato e comandato come quello tedesco.
Bivacco dopo il combattimento di Le Bourget, 21 dicembre 1870 |
· 20 gennaio: la mattina,
da Fort Mont-Valérien, Trochu
chiese al governo
di negoziare un armistizio di due giorni per rimuovere i feriti. Questo
armistizio fu firmato come capitolazione il 26 gennaio. Nel frattempo, la sera
del 21, Trochu,
ritenuto responsabile del fallimento, si dimise come comandante militare,
mantenendo comunque la presidenza del governo; il comando militare della città
di Parigi a Joseph Vinoy, che si arrese dieci giorni dopo.
· 22
gennaio: elementi della Guardia
Nazionale contrari all'armistizio tentarono una rivolta che venne repressa.
· 26 gennaio: la sera alle
20:40 si trovò l’accordo per l’armistizio e cessate il fuoco.
· 28 gennaio: firma
dell’armistizio.
· 8 febbraio: Non contento
e deciso a trattare con un governo legittimo, il Primo ministro prussiano Bismarck,
impose ai francesi l'elezione di un'Assemblea Nazionale. Le votazioni si
svolsero l'8 febbraio e il risultato fu a favore della destra conservatrice e
monarchica.
· 12 febbraio: Il nuovo
parlamento si riunì a Bordeaux e cinque giorni dopo elesse Thiers
“capo del potere esecutivo della Repubblica francese”.
· 1 marzo: l'Assemblea
confermò i preliminari della pace con la Prussia con 546 voti contro 107: la
Francia cedeva al neo costituito Impero tedesco l'Alsazia e la Lorena, e s’impegnava
a pagare una indennità di 5 miliardi di franchi.
[1] Situato nella Francia centro-occidentale, è il
capoluogo del dipartimento Indre e Loira nella regione Centro - Val della Loira.
[2] I Club
costituivano la struttura politica di base della popolazione parigina. Nati
alla caduta dell'Impero soprattutto nelle periferie della città, prendendo il
nome dal luogo nel quale si riunivano, hanno svolto una continua critica
all'operato del governo provvisorio e hanno organizzato i tentativi
rivoluzionari del 31 ottobre del 1870 e del 23 gennaio dell’anno seguente.
Durante la Comune il loro numero aumentò e si formarono fino nei quartieri
centrali (se ne contarono fino a trentasei col maggior numero nei quartieri
operai). I pochi circoli dei quartieri borghesi chiusero ben presto per
mancanza di argomenti e di oratori. I club
avevano la loro sede in vari locali pubblici, dai caffè-concerto ai teatri,
alle scuole e persino nelle chiese: «i
preti vi potranno officiare durante il giorno, e il popolo vi verrà istruito la
sera», e gli oratori intervenivano dal pulpito e si cantavano canzoni
patriottiche accompagnati dall'organo. Nei circoli si commentavano i fatti del
giorno, si poneva un problema all'ordine del giorno, lo si discuteva e alla
fine si votavano le mozioni. I temi erano vari: da quelli di stretta attualità
politica, nei quali si valutava l'operato della Comune, a quelli per la
diffusione delle arti e della cultura. Ciascun club
aveva un proprio programma politico, si partecipava pagando dieci centesimi, si
tenevano pubbliche riunioni, si eleggeva mensilmente un ufficio con un
presidente e due vice-presidenti. L'ufficio convocava le assemblee fissando gli
argomenti e coordinando gli interventi degli oratori, che erano tenuti a
rispettare la linea politica del club.
Per esempio, il club
di Batignolles aveva per esplicito programma la difesa della Repubblica e la
lotta contro la reazione, quello di Clignancourt chiedeva ai suoi aderenti di
essere repubblicani, socialisti e rivoluzionari.
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