giovedì 22 novembre 2018

01-11 - L’assedio di Parigi (1870-1871)

L’ASSEDIO DI PARIGI (1870-1871)



Dopo la distruzione dell'armata di Chalons nella battaglia di Sedan, il generale prussiano Helmuth Karl Bernhard von Moltke ordinò alla terza armata e all'armata della Mosa, forti di 150.000 uomini, di marciare in direzione di Parigi per iniziare l'assedio della città.
Nella Capitale, le notizie arrivarono nel pomeriggio del 3 settembre. Durante una riunione notturna dell'Assemblea, Jules Favre presentò una mozione che dichiarava la decadenza di Napoleone III. La decisione fu posticipata al giorno successivo. Il 4 settembre, la folla e la Guardia Nazionale invasero il Palazzo Borbone e richiesero il decadimento della dinastia. Mentre l'imperatrice Eugenia e il conte di Palikao andavano in esilio, Jules Favre trascinava i deputati repubblicani al municipio e istituì un Governo di Difesa nazionale. Il generale Jules Trochu, governatore di Parigi, venne portato alla presidenza e diede la sicurezza dell'esercito al movimento repubblicano borghese che temeva una sollevazione dei rossi (i rivoluzionari).
L'esecutivo post-napoleonico si divise subito in due fazioni, una moderata, che chiedeva di arrivare ad un compromesso di pace con i prussiani, ed una radicale, che sostenne invece la guerre à outrance (guerra a oltranza). Le proclamazioni ufficiali di Trochu e Favre andavano nella direzione di una resistenza ad oltranza contro l'invasore.
A questo punto cominciò ad affacciarsi nelle menti dei protagonisti la memoria storica della 1ª Repubblica: la Francia, invasa nel 1792 dalle armate prussiane e austriache, era riuscita a ricacciare il nemico e a passare all'offensiva. Era stata, quella, la Francia della Rivoluzione, e ora i democratici neo-giacobini sognavano di ripetere l'esperienza, confortati dal generale sentimento di patriottismo presente nella popolazione. Per far questo essi avrebbero però dovuto liberarsi dell'attuale governo provvisorio, che a parole sosteneva di voler continuare la guerra, ma non voleva armare la popolazione, temendo la trasformazione della guerra in corso in guerra rivoluzionaria. Lo scopo del governo e delle forze reazionarie e moderate consisteva in realtà nell'ottenere la pace con la Prussia alle migliori condizioni possibili, per poi regolare i conti con le forze rivoluzionarie e confermare una Repubblica moderata o anche, come sperava il Thiers, rimettere sul trono gli Orléans.
Nelle settimane successive alla proclamazione della Repubblica, dopo il fallimento dei tentativi di giungere ad un armistizio che potesse evitare il prosieguo del conflitto, le forze armate tedesche procedettero alle operazioni di conquista della capitale, simbolo della resistenza francese, le truppe prussiane e i loro alleati continuavano la loro avanzata sul territorio senza molta opposizione. Von Moltke assieme alla terza e alla quarta armata prese la strada di Parigi dando avvio all'ultima e fatidica tappa nella marcia verso l'annientamento del nemico.
Il generale Louis-Jules Trochu scelse di riportare nella capitale l'esercito di Vinoy di 40.000 uomini con considerazioni forse più politiche che militari, e intanto preparava la difesa della capitale, chiusa all'interno di una cintura di 16 forti disposti all'esterno dell'anello di mura, e organizzando una forza di difesa di circa 500.000 uomini. Una parte del Governo di Difesa nazionale fu spostato a Tours[1], nel dipartimento Indre e Loira nella regione Centro-Valle della Loira, per coordinare l'azione nella provincia sotto gli ordini di Adolphe Crémieux, ministro della Giustizia, accompagnato da Glais-Bizoin (uno dei fondatori del quotidiano La Tribune e cooperante del Governo di Difesa nazionale) e dall'ammiraglio Fourichon. (Leon Gambetta raggiunse la città in mongolfiera), mentre i principali membri del governo, tra cui Trochu, rimasero a Parigi.
Le forze popolari, intenzionate a resistere all'invasione e a dare un contenuto rivoluzionario alla nuova situazione politica, cercarono di organizzarsi fin dal 5 settembre: pecore e bestiame vennero collocate nel centro della città, che si preparava a razionare le derrate, cosa che non evitò il decesso di numerosi civili per la carenza di cibo, specie verso la conclusione dell'assedio. Il legname fu approntato per realizzare barricate.
7 ottobre 1870 partenza dell'Armand Barbès
Quella sera si riunirono nella scuola di rue au Maire alcune centinaia di rappresentanti delle sezioni dell'Internazionale, dei sindacati e dei club[2] rivoluzionari parigini.
Diffidando della sincerità dei membri del governo, «indubbiamente capaci di ogni sorta di vigliaccherie, se on fossero stati seriamente sorvegliati», fu deciso di istituire in ciascuno dei venti arrondissement di Parigi un comitato di vigilanza per controllare le azioni delle nuove amministrazioni municipali.
 “[...] Nei comitati si raccoglievano persone incontestabilmente devote alla rivoluzione, quasi votate anticipatamente alla morte [...] Tutti arrivavano verso le 5 o le 6, riassumevano il lavoro compiuto durante la giornata, deliberavano quello che si doveva fare l'indomani [...] alle otto, ognuno se ne andava nel suo club (Louise Michel)".
Riunione di un club in una chiesa di Parigi
Il 15 settembre, Adolphe Thiers ebbe il mandato e fu inviato in missione nelle capitali europee per cercare sostegno nella speranza, che si rivelò inutile, per far pressione sulle richieste prussiane.
In nessun momento fu immaginata la sconfitta degli eserciti francesi. Fu quindi con la fretta che la città di Parigi venne organizzata la difesa.
In un momento in cui l'assedio di Parigi sembrava inevitabile, il governo intraprese un immenso sforzo per la difesa che ha reso, in poche settimane, una città ritenuta incapace di difendersi, in un luogo davvero inespugnabile. I militari del genio, l'artiglieria, il ministero dei lavori pubblici, ausiliari del genio e dell’artiglieria, gareggiavano tra loro in efficienza.
Le mura della città furono divise in nove settori, con un numero di fortificazioni che non furono completate, come quelle sulle alture di Montretout e di Chatillon, poi abbandonate dalle truppe sul posto. Questi abbandoni costarono caro ai francesi. Infatti, l'assunzione dell’altipiano di Châtillon da parte dei tedeschi fu un fallimento per la difesa francese che lasciarono loro un punto strategico. I prussiani installarono lì il grosso della loro artiglieria, con cui bombardarono Parigi nel dicembre 1870 e nel gennaio 1871, distruggendo i forti e la capitale.
Per contrastare, per quanto possibile, la marcia dei Prussiani verso Parigi, otto reggimenti di cavalleria, comandati dai generali Gustave Coste de Champéron e Jean-Henry Reyau furono inviati verso Meaux con l'ordine di contrastare il nemico.
Il 17 settembre il Comitato Centrale pubblicò un manifesto programmatico, ampliando e precisando richieste già avanzate giorni prima. Tra le varie cose si chiedeva: la soppressione della polizia, che «in tutti i governi monarchici aveva servito la causa dell'asservimento dei cittadini e non la causa della sua difesa», le sue funzioni dovevano essere trasferite ai municipi, che avrebbero eletto funzionari appositi, e i suoi compiti sarebbero stati svolti dalle guardie nazionali; ogni legge limitativa della libertà di stampa, di associazione e di riunione doveva essere abrogata; stante la situazione di guerra, tutti i cittadini dovevano essere armati, ogni strumento necessario alla difesa requisito; tutti i prodotti alimentari di prima necessità espropriati, pagando i commercianti alla fine della guerra, la distribuzione ai cittadini dei generi alimentari assicurata dai municipi.
Due giorni dopo, il 19 settembre, i prussiani, battuti i francesi a Châtillon, a pochi chilometri da Parigi, cinsero d'assedio la capitale e Parigi venne tagliata fuori dal resto del paese.
Le possibilità di vittoria francesi apparvero ridotte a causa delle forze esigue e della vulnerabilità delle fortificazioni, risalenti al 1842, rispetto alle potenti artiglierie nemiche. Le forze francesi rimaste chiuse a Strasburgo, intanto, subirono un assedio di due mesi, dal 9 agosto fino alla loro resa il 28 settembre. Stessa sorte toccò a Metz, che cadde il 27 ottobre e a Verdun, il cui assedio si protrasse fino all'8 novembre. Orléans cadde il 10 ottobre nelle mani delle truppe del generale Ludwig von der Tann (in seguito verrà ripresa dai francesi e infine riconquistata definitivamente dai prussiani il 5 dicembre).
Foto di Adolphe Braun che mostra Rue de l'Église dopo i bombardamenti prussiani
Gli elementi nuovi, determinati dall'assedio, furono la realizzazione dell'armamento della Guardia Nazionale, un Comitato di vigilanza in ognuno dei venti quartieri di Parigi e una rappresentanza unitaria in un Comitato Centrale dei venti arrondissement. In questa organizzazione si rintraccia l'esempio della Comune insurrezionale del 1792 e il nucleo della prossima Comune proletaria: gestione degli affari svolti in prima persona dai cittadini, assoluta libertà di stampa, libertà di associazione, di riunione e di discussione nei numerosi che sorgevano in tutti i quartieri di Parigi.
Per l’occasione Louise Michel affermò: “Si chiedevano armi, e il governo li rifiutava, forse mancavano per davvero; si viveva di promesse”. Il effetti molti ufficiali si opposero all’armamento della «plebe» e particolarmente all’armamento degli operai.
Il 20 settembre un'assemblea di migliaia di persone riunite a Belleville votò una risoluzione che chiedeva la soppressione della prefettura, l'eleggibilità degli ufficiali, l'arresto dei bonapartisti e «l'immediata designazione dei membri della Comune rivoluzionaria da parte dei cittadini dei venti arrondissement».
Ai primi di ottobre il Comitato Centrale lanciò un appello alla cittadinanza: «Nelle vostre assemblee pubbliche, nei vostri comitati rionali, nei battaglioni della Guardia Nazionale eleggete immediatamente le persone che ritenete più degne di essere vostre rappresentanti all'Hôtel de Ville [...] Il popolo parigino ha il dovere e l'obbligo di dirigere da sé, con la massima attenzione, la liberazione della patria dall'aggressione straniera e la liberazione della repubblica contro ogni pericolo da parte della reazione».
Karl Marx dichiarò che il dovere più immediato degli operai doveva essere quello di difendere la repubblica, che ormai non si trattava di combattere per i Bonaparte e le sue aspirazioni territoriali contro Bismarck, ma difendere la repubblica dai prussiani, i quali avevano svelato i propri fini e trasformato una guerra da loro iniziata come difensiva in guerra apertamente predatoria ed imperialista. Un’azione liberatoria della classe operaia, per Marx, si sarebbe potuta sviluppare solo dopo aver permesso che i borghesi avessero la pace con i prussiani. Anche Engels aveva la certezza che la classe operaia avrebbe avuto bisogno di tempo per organizzarsi. Quindi sia Marx che Engels esortavano gli operai ad astenersi da qualsiasi azione prima della fine della guerra, bloccando qualsiasi intenzione di abbattere il governo provvisorio.
Michele Bakunin invece si adoperava a fare l’opposto, considerando la caduta del governo come il compito più urgente; egli non credeva che il popolo parigino e francese tutto avrebbe dovuto aspettare la fine della guerra per tentare la rivoluzione, così facendo si sarebbe permesso alla borghesia di passare indenne per quel periodo che la vedeva maggiormente indebolita a causa della guerra e per la perdita del suo supporto tradizionale: l’impero. Con la fine della guerra la borghesia avrebbe potuto organizzarsi e prendere in pugno la situazione, ricostituire un esercito regolare facendo liberare i prigionieri dei prussiani, e quindi spezzare il tentativo insurrezionale operaio. Se invece la rivoluzione si fosse estesa rapidamente in tutta la Francia, i prussiani sarebbero potuti essere cacciati via più facilmente; la sola possibilità di salvezza era quella di trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria.
Una guardia nazionale
Quando si seppe della caduta dell’Impero, il 28 settembre, Bakunin con alcuni anarchici occuparono l’Hôtel de Ville di Lione proclamando la Comune rivoluzionaria, il cui primo articolo diceva: “La macchina amministrativa e governativa dello stato, diventata impotente, è abolita. Il popolo di Francia rientra in pieno possesso di se stesso”. Ma purtroppo l’iniziativa fallì per l’intervento dell’esercito regolare.
L'"anello di ferro" attorno a Parigi intanto veniva completato dalle forze prussiane e il quartier generale reale di Guglielmo I fu stabilito nella reggia di Versailles. Mentre la capitale era cinta d'assedio, nel corso dei quattro mesi che seguirono, fino alla fine di gennaio, i vertici militari francesi riuscirono a riorganizzare delle forze numericamente sufficienti (circa 700.000 uomini per un totale di 36 divisioni) a sfidare i prussiani, i quali ebbero a contrastare la lotta del popolo francese anche e soprattutto fuori dalle mura della Ville Lumière. La resistenza dei parigini non fu meno tenace. Tutto l'arco dell'assedio fu speso, da parte francese, nella riorganizzazione dell'esercito e in attacchi diretti a sfondare l'anello di accerchiamento tedesco, mentre da parte prussiana la strategia si imperniò su un atteggiamento essenzialmente difensivo. Quest'ultimo fu mirato il più delle volte a rintuzzare i tentativi nemici di violare le difese e solo verso la fine di gennaio sarà mutato in un piano di attacco caratterizzato dall'uso di artiglierie.
La città, divisa in 20 arrondissement, aveva per ciascun distretto una propria rappresentanza politica e procedette, in ciascun arrondissement a reclutare la propria Guardia Nazionale e a eleggere i propri ufficiali. Nei quartieri più poveri della città, tra i battaglioni delle classi operaie assurgevano a ruolo di tribuni demagoghi radicali e virtuali rivoluzionari che avevano passato molti anni nelle galere.
Le sortite lanciate contro le linee prussiane intanto ottenevano scarsi risultati. Un attacco lanciato contro il villaggio di Le Bourget a nord-est di Parigi ebbe successo e la guarnigione prussiana venne sbaragliata. Quando ancora però si festeggiava la vittoria, un contrattacco prussiano, il 30 ottobre, riprese la città provocando 1.200 morti tra i francesi. Uno dei più importanti tentativi di rompere l'assedio prussiano fu progettato in novembre. Trochu ordinò al generale Auguste Ducrot di lanciare una sortita il 28 novembre, che dette vita una battaglia di tre giorni nella parte orientale della città. Oltre che a coincidere con un attacco di Luis d'Aurelle su Orleans, questa sortita doveva avere l'effetto di portare scompiglio nell'organizzazione logistica tedesca.
Con l'uso di ponti messi in posizione nel tardo 28 novembrele truppe di Ducrot avrebbero dovuto irrompere attraverso la Marna, a Joinville, Neuilly e Bry, facendo abbandonare ai prussiani Champigny e Villiers e ponendo i francesi in diretta comunicazione tra il quartier generale di Versailles e Lagny, che costituiva il maggiore punto di collegamento con la Germania. Qualora tutto questo fosse avvenuto, Trochu avrebbe avuto modo di ricongiungersi, con buona probabilità, con l'armata della Loira e di rimandare il progetto del bombardamento della capitale da parte dei prussiani. Gli ingegneri francesi non riuscirono a collocare i ponti in posizione il 28 novembre e l'intero corpo francese fu lasciato sulla sponda sbagliata della Marna. Una diversione delle garde mobiles verso Malmaison non riuscì a distogliere i prussiani dal fronte di Champigny e Villiers, dove erano state condotte in massa le riserve da Von Moltke. L'attacco dovette concludersi il 3 dicembre con la ritirata attraverso la Marna dei francesi e la perdita di 12.000 soldati.
Con la caduta di Metz e le voci su una possibile capitolazione sotto la spinta delle pressioni dei tedeschi, una crisi politica investì i responsabili della difesa della capitale. Nel "lunedì nero" del 31 ottobre Trochu e i vertici della Guardia Nazionale si riunirono all'Hôtel de Ville per trattare sulla possibile riesumazione dell'istituzione comunarda sul modello di quella andata in scena tra il 1792 e il 1794. Dopo iniziali trattative, l'intervento delle truppe fedeli alla repubblica consentì il giorno dopo di trarre in arresto i rivoluzionari.


Il quotidiano

Tagliata fuori dal resto del paese, la Capitale subì rapidamente l'eccezionale rigore dell'inverno (picchi a -12 °C a dicembre) mentre i bombardamenti tedeschi aggravavano la situazione dal gennaio 1871.
All'inizio dell'assedio Trochu stimò che il cibo a disposizione nella città sarebbe stato sufficiente per i successivi 80 giorni, fino a metà novembre. Il razionamento del cibo venne organizzato con ritardo, le code si allungavano prima che i negozi alimentari fossero letteralmente presi d'assalto. I prezzi della carne, delle conserve, del pane e dei generi alimentari erano in aumento. I panettieri vendevano pane nero di composizione sconosciuta.
Vendita di topi nelle macellerie di Parigi
A gennaio le condizioni della popolazione erano critiche. La borghesia cominciò a massacrare i muli e i cavalli, che fino ad allora erano stati i soli poveri a consumarli. Ma anche la carne equina cominciò a scarseggiare, così come la legna da ardere e comprare un pollo o delle scorte di legname era diventato un affare per ricchi. La gente per riscaldarsi giunse a utilizzare i letti e il mobilio delle proprie abitazioni. Verso la fine dell'assedio le scorte disponibili, infatti, erano già da tempo terminate e furono necessari gli animali degli zoo per sfamare i parigini, anche i benestanti. Nei ristoranti di lusso, infatti, si usarono antilopi, cammelli, elefanti (gli animali dello zoo Jardin des plantes vennero sacrificati), mentre il popolo mangiava anche gatti, cani, topi ...
Menu del 25 dicembre 1870 - Café Voisin, 261 rue Saint-Honoré
Un allievo degli Ospedali di Parigi scrisse il 25 dicembre 1870: "Ho mangiato tutto, cavallo, mulo, gatto, cane, topo e ho trovato tutto molto buono. Prometto a me stesso (...) di farvi mangiare eccellenti salmì di topi d'acqua ... ". Il 30 dicembre fu il turno di Castore e Polluce, i due elefanti del Jardin des Plantes, ad essere macellati e i macellai vendevano la proboscide di elefante di prima scelta a 40 franchi per libbra.
In Choses vues (Cose viste, pubblicato nel 1887), il 30 dicembre 1870, Victor Hugo notava: "Non è nemmeno più il cavallo che mangiamo. Forse è il cane? Forse è un topo? Sto iniziando a soffrire di mal di stomaco. Mangiamo l'ignoto”. Il 18 gennaio successivo, annotò: “Sbriciolo alle galline il nostro pane nero. Loro non lo vogliono".
Gli abitanti erano privati di legna e carbone e, senza gas, le strade erano immerse nell'oscurità non appena scendeva la notte.
Queste privazioni colpirono soprattutto le classi popolari, già ridotte alla miseria dalla cessazione delle attività economiche. Il tasso di mortalità raddoppiò in pochi mesi (soprattutto a causa di malattie polmonari dovute a freddo e malnutrizione), ma non ci furono vere epidemie; i casi di colera rimasero rari.
I club rivoluzionari, dove si discuteva del paese in pericolo e dove si faceva rivivere la memoria del 1789-1793, si andavano moltiplicando. Il 31 ottobre e il 22 gennaio scoppiarono due grandi manifestazioni per chiedere la Comune e la sollevazione di massa. Queste dimostrazioni vennero represse.


Fase finale

Versailles: proclamazione dell'Impero tedesco
Nel quartier generale prussiano si affermava il convincimento che per poter spingere i francesi ad accettare i termini della resa fosse necessario intensificare gli attacchi sulla città e esercitare pressione sulla popolazione civile, colpendo le strade, le case delle persone e innescando un clima di paura che spingesse Trochu a prendere atto della situazione. Von Moltke era dell'idea di proseguire l'assedio senza compiere atti di forza particolari, anche perché, secondo le sue previsioni, l'artiglieria non sarebbe stata disponibile fino a gennaio del 1871 e fino a questo tempo i parigini sarebbero stati sottoposti ai tormenti della fame. Il generale Albrecht von Blumenthal affermava a gennaio: "Lasciamoli morire come cani impazziti".
Presso lo stato maggiore tedesco l'assedio della capitale era vissuto in un clima di forte tensione. Von Moltke e Bismarck furono in disaccordo su tutto dopo Sedan e le relazioni tra i due apparvero «gelide come l'inverno di gennaio». Quando nel novembre del 1870 la Russia ricominciò a costruire basi militari sul Mar Nero, violando i termini del trattato che aveva posto fine alla guerra di Crimea, la reazione inglese fu immediata e vi fu l'esplicita richiesta di Londra di porre fine il più rapidamente possibile all'invasione prussiana per garantire una più celere ripresa della Francia come alleato perché si opponesse ai nuovi abusi messi in atto da San Pietroburgo. Per guadagnare tempo, Bismarck convocò una conferenza delle grandi potenze il 3 gennaio 1871 e auspicò una fine quanto più rapida possibile dell'assedio della capitale francese. Reagì in modo furioso contro von Moltke quando seppe che questi stava intavolando discussioni segrete con Trochu a sua insaputa per ottenerne la resa, mentre le armate prussiane non riuscivano ad ottenere risultati decisivi contro i francesi.
Il generale Ducrot, mentre tra i prussiani si discuteva dell'opportunità del bombardamento della capitale, lanciò una nuova offensiva il 21 dicembre verso Le Bourget. Ducrot sperava di riuscire a riunire le proprie forze con i 35.000 uomini dell'armata del Nord del comandante Louis Faidherbe. Quando i pezzi d'artiglieria furono finalmente in postazione Moltke poté iniziare il bombardamento dei forti intorno alla capitale colpendo Mont Avron il 27 e 28 dicembre e successivamente Vanves, Issy e Montrouge il 5 gennaio. I colpi di cannone raggiunsero il centro della capitale, distrussero edifici, uccisero civili inermi, tra cui donne e bambini. Solo a metà gennaio 189 civili erano rimasti feriti o avevano trovato la morte sotto le bombe. Per la fame e il freddo morirono, durante il mese di gennaio, il più duro di tutto l'assedio, tra i 3.000 e i 4.000 parigini. Alla fine di gennaio Trochou rifiutò di lanciare i 400.000 uomini della guarnigione in un ultimo disperato tentativo di rompere il blocco, che avrebbe comportato l'inutile morte di altri francesi.
L'assedio di Parigi segnò definitivamente la caduta del regime imperiale di Napoleone III. La gente parigina già provata dalle conseguenze dell'assedio, ebbe a soffrire ancor di più alla proclamazione dell'impero tedesco, celebrata nel Palazzo di Versailles, sede del quartier generale reale. La cerimonia, svoltasi il 18 gennaio, fu calcolata per provocare l'umiliazione dei francesi.
La Battaglia di Buzenval, dipinto di Alphonse-Marie-Adolphe de Neuville
Il 19 gennaio, un'offensiva fra St. Cloud e Buzenval, in direzione di Versailles, avrebbe potuto rovinare i festeggiamenti per la nascita dell'impero, ma i francesi raccolti tra St. Cloud e Buzenval, colpiti dal fuoco dell'artiglieria, dovettero indietreggiare di fronte alla pressione dei prussiani. Ducrot, che guidò l'attacco, ritornò mestamente a Parigi per l'ultima volta lasciando il comando a Joseph Vinoy, mentre i suoi soldati in preda alla disperazione cercarono scampo dal bombardamento e molti altri si dettero a cercare resti di cibo tra i rifiuti delle derrate tedesche. Alla fine si contarono 8.000 morti tra le file francesi, sedici volte più numerosi dei caduti prussiani.
Trochu rimase presidente della Repubblica, anche se Gambetta, di fatto, esercitò le sue stesse funzioni da Bordeaux. Il 22 gennaio la Guardia Nazionale rivoluzionaria sparò ancora verso l'edificio governativo, nel centro di Parigi vicino l'Hotel de Ville, in una simbolica manifestazione di insoddisfazione verso la gestione dell'assedio condotta dai vertici repubblicani. Dopo la firma e il cessate il fuoco 26 gennaio 1871 alle 20:40, alla mezzanotte del 27 gennaio, dopo che Jules Favre accettò i termini di resa avanzati da Bismarck, entrò in vigore l'armistizio che pose termine all'assedio e sancì la fine alla guerra.
I preliminari di pace continuano a febbraio. Gli eserciti tedeschi otterranno da Thiers un'occupazione simbolica degli Champs-Elysées dal 1° al 3 marzo. L'assemblea nazionale si trasferì a Versailles per evitare pressioni dalla Guardia mobile di Parigi in uno stato di quasi insurrezione. Infine, il giorno 18 marzo portò all'istituzione della Comune di Parigi e al secondo assedio guidato da eserciti regolari francesi contro gli insorti parigini.
Nel febbraio 1871, Victor Hugo disse: "Parigi fu vittima della difesa tanto quanto dell'attacco".
Compagnia della guardia nazionale mobile di Parigi


Una sfera di Moulins, piena della sua corrispondenza.
Museo Postale di Francia (Parigi)
Le comunicazioni dalla provincia a Parigi e viceversa

Durante l’assedio, la città di Parigi era isolata dal resto della Francia, i parigini e gli abitanti del resto del paese cercarono in tutti i modi di comunicare tra loro.
Per le comunicazioni dall’esterno all’interno della città, si è provato ad usare le sfere di Moulins, nome preso della città di Moulins situata lontano dai combattimenti dove veniva centralizzata la posta per essere inviata con questo mezzo. La posta era collocata in strette sfere di metallo sigillate che, per contrastare la sorveglianza degli assedianti e dei dispositivi che avevano sparso sulla superficie della Senna delle reti, le sfere non dovevano galleggiare secondo il principio della bottiglia al mare, ma immerse nel fiume seguivano la corrente rotolando sul fondo. Venivano immerse in gran parte a monte di Parigi, da Bray-sur-Seine a Samois-sur-Seine, e dovevano attraversare le linee degli assedianti e delle reti, giù fino al fondo del letto della Senna, allungate dietro le linee nemiche al Port à l'Anglais di Alfortville dovevano recuperarle. Il processo si rivelò un fallimento totale, poiché nessuna delle 55 sfere di Moulins, inviate da 4 a 29 gennaio 1871, raggiunse Parigi prima della fine dell'assedio, alcune rimasero intrappolate nel ghiaccio o nella vegetazione, altre, più della metà, passate attraverso la rete rotta da cubetti di ghiaccio, furono recuperate a Seine-et-Marne alla foce dalla Senna. Alcune sfere, tuttavia, furono trovate dopo la fine dell'assedio: la prima è stata recuperata nel marzo 1871 ad Andelys. Alla fine furono trovate circa 25-30 sfere, la maggior parte prima del 1910. Una nel 1942, un'altra nel 1952. Più recentemente, una sfera fu trovata dal conducente di un dispositivo di dragaggio a Saint-Wandrille (Seine-Maritime), l’8 agosto 1968. Un’altra è stata recuperata a Vatteville-la-Rue (Seine-Maritime) nel 1982, poi un'altra nel 1988. Ogni volta, l'amministrazione postale cercò di consegnare le lettere ai discendenti dei destinatari originari in base al principio che «la missione di consegna della posta non ha limiti di tempo. La posta affidata a La Poste deve arrivare a tutti i costi». Su 55 sfere inventate, una ventina di loro rimangono impantanate sul fondo della Senna e potrebbero riemergere nei prossimi anni.
Corso delle sfere di Moulins.
     Luoghi di immersione delle palle
     Posizione della rete di recupero
     Posizioni conosciute del ripescaggio

     Vennero usate anche piccole sfere di vetro, con un foro attraverso il quale era stata introdotta la spedizione. Queste sfere sembravano bolle d'acqua ed erano abbastanza piccole da passare attraverso le maglie delle reti prussiane. Ma, col freddo, in alcune parti la Senna cominciò a congelarsi e queste sfere rimasero bloccate nel ghiaccio.
Si pensò di entrare a Parigi tramite dei sommozzatori che avrebbero seguito il fondo della Senna con mute subacquee. I sommozzatori lasciarono la città in mongolfiera, ma questa, dal nome Général Chanzy, atterrò in Baviera. I prussiani presero le mute da sub e fecero dei trofei esibiti in Prussia.
L'amministrazione postale propose di usare i cani come messaggeri utilizzando i loro collari. Nel gennaio 1870, la mongolfiera Général Faidherbe li depositò nelle province, ma nessuno dei cani tornò a Parigi.
Il modo più sicuro e meno costoso fu l'uso dei piccioni viaggiatori. Il microfilm su pellicola di collodio poteva contenere 40.000 messaggi. I tedeschi portarono dei falchi dalla Germania per combattere questi messaggeri volanti. Anche i piccioni lasciarono Parigi con le mongolfiere e poi tornarono in città con i messaggi. Molti piccioni non arrivarono a destinazione.
Anche per le comunicazioni tra Parigi e la provincia, vennero utilizzati vari sistemi.
Numerosi piccioni viaggiatori furono portati da Roubaix e Tourcoing, importanti città industriali dell'epoca, per inviare posta a queste città.
Si usarono palloncini a modo di piccole mongolfiere, a cui erano appesi messaggi (questi ultimi chiamati «di Gravilliers» dal nome della strada del 3° arrondissement da cui erano partiti).
I palloncini «Ballons de Gravilliers» rilasciati durante l'assedio di Parigi
Autoritratto di Nadar in un aerostato
Ci fu un tentativo di trasmettere energia elettrica attraverso la Senna fatto sotto la direzione del fisico Paul Desains, ma senza risultati concreti. D'altra parte, questo esperimento in seguito diede origine all'emissione di onde radio.
Due cavi telegrafici furono installati prima dell'assedio di Parigi. Uno verso Rouen nel letto della Senna ma venne scoperto dall'esercito prussiano, per colpa di due residenti: avevano dragato la Senna tra Saint-Germain-en-Laye e Bougival, il cavo venne agganciato e tranciato. L'altro è stato involontariamente isolato facendo saltare un ponte.
Su iniziativa del fotografo Nadar, appassionato di aerostatica, dei trasporti di persone avvenne per mezzo di palloni aerostatici. Il primo a decollare fu Le Neptuneil, il 24 settembre, con a bordo l’ingegnere Jules Duruof. Erano pieni di gas per l'illuminazione. Alcuni arrivarono in Norvegia, in Germania o caddero nell'Atlantico, ma la maggior parte sbarcò nelle province. Durante l'assedio, 65 mongolfiere trasportarono 164 passeggeri, 381 piccioni, 5 cani e circa 2 o 3 milioni di lettere. Era il 7 ottobre alle 11, quando Léon Gambetta volò sull’Armand Barbès. Atterrò alle 3 del pomeriggio nella foresta di Favières (nell’Oise), si unì alla delegazione di Tours il 9 ottobre da Montdidier e Rouen.


Azioni militari e trattative

·   17 settembre: L'esercito prussiano avanzava verso Parigi in due colonne. Ci furono primi combattimenti a Montmesly tra le truppe della difesa nazionale e l'avanguardia dell’esercito tedesco. La presenza della cavalleria prussiana intorno a Parigi era segnalata ovunque.
·    18 settembre: Jules Favre chiese un incontro a Otto von Bismarck, incontro che si svolse il 19 e 20 settembre a Ferrières. Il generale Trochu, governatore di Parigi, ordinò al generale Auguste-Alexandre Ducrot di abbandonare la fortificazione di Chatillon. La sera, la città di Versailles venne circondata. L'accerchiamento di Parigi venne fatto da sud, da ovest e da nord durante il giorno di quella domenica, 18 settembre. Gli ultimi mezzi di comunicazione tra Parigi e la provincia furono interrotti nel pomeriggio.
·    19 settembre: la mattina presto, Versailles venne presa senza alcuna resistenza. Lo stato maggiore prese possesso del castello nel pomeriggio del 19, l'alto comando prussiano, tra cui Bismarck, si trasferì nella residenza dei Rothschild al castello di Ferriere-en-Brie. Nel frattempo Ducrot convinse un scettico Trochu a prendere ai prussiani la fortificazione di Châtillon posta  sull’altopiano di Montretout-Châtillon, una posizione strategica che dominava i forti di Vanves e Issy. I mezzi impegnati erano insufficienti, la battaglia divene rapidamente insostenibile e Ducrot dovette ritirarsi nel pomeriggio sull'ordine formale di Trochu. L'accerchiamento di Parigi e dei forti esterni fu completato la sera, dopo questa prima "Battaglia di Chatillon". Gli eserciti nemici si trovavano sempre entro un raggio di 10-12 chilometri. Questo fu il primo giorno dell’«assedio di Parigi».
·    22 settembre: l'altopiano di Villejuif venne ripreso e mantenuto nonostante una replica dell'artiglieria tedesca.
·     30 settembre: ricognizione verso Chevilly e Thiais, nonostante l’avanzata senza aver lottato, la ritirata venne suonata prima dell'arrivo dei rinforzi tedeschi.
·    7 ottobre: Léon Gambetta, come precedentemente avevano fatto gli altri esponenti del Governo di “Difesa Nazionale”, abbandonava Parigi per raggiungere Tours a bordo del pallone aerostatico L'Armand Barbès.
·      9 ottobre: combattimenti a Malmaison e Chevilly.
·    13 ottobre: seconda battaglia di Chatillon. Il governatore Louis Jules Trochu decise di lanciare una ricognizione offensiva, con le truppe assediate a Parigi, nei villaggi di Bagneux e Chatillon, per riprendere l'altopiano di Clamart. Dopo i combattimenti a Fontenay-aux-Roses e Clamart, le case di Chatillon furono riprese una ad una. Nonostante il successo e le basse perdite sul versante francese, venne suonata la ritirata.
13 Ottobre 1870 Saint-Cloud dopo i bombardamenti francesi e prussiani
Reggimento tedesco a Le Bourget il 30 ottobre 1870, dipinto di Carl Röchling
·    21 ottobre: prima battaglia di Buzenval. Durante questo episodio, le truppe assediate a Parigi, per ordine del generale Trochu, fecero un'uscita verso Versailles e le alture vicine. Raggiunsero Saint-Cucufa e La Malmaison; i prussiani, respinti, iniziarono a prendere in considerazione il ritiro dello stato maggiore di Versailles. Poi la controffensiva prussiana ebbe la meglio sulle truppe della difesa nazionale, facendo suonare la ritirata.
·       22 ottobre: gli abitanti del villaggio di Buzenval sono stati fatti oggetto di una rappresaglia, 18 di loro sono stati condotti ad una corte marziale per aver aiutato le truppe francesi, due sono stati deportati in Germania, altri tre fucilati davanti agli abitanti. Il villaggio è stato evacuato subito dopo dai prussiani.
·    28 - 30 ottobre: prima battaglia di Le Bourget. Il 28 ottobre, il generale de Bellemare, comandante a Saint-Denis, mandò, senza l'autorizzazione del generale Trochu, l'ufficiale comandante Roland con 300 francs-tireurs (cecchini) a stabilirsi a Le Bourget. L'ammiraglio Saisset aveva inviato a Drancy un battaglione di fanteria della marina per occupare il villaggio, rafforzarlo e sostenere così Le Bourget. La guarnigione tedesca venne quindi cacciata dal villaggio. Il generale de Bellemare chiese rinforzi al comandante in capo di Parigi, generale Trochu, ma questa richiesta venne respinta.
Le Bourget, 30 ottobre 1870 di Alphone de Neuville, rappresenta la chiesa di Saint Nicolas
·    30 ottobre: Il 30 ottobre i tedeschi contrattaccano con un diluvio di artiglieria mentre la fanteria prussiana avanzava da tre lati. Stretti a nord, est e sud-est, molti soldati francesi fuggirono verso La Courneuve e Aubervilliers, a sud-ovest. I tedeschi tagliarono quindi la strada per La Courneuve. Solo i comandanti Brasseur e Baroche con le loro truppe rimasero a Le Bourget a difendere la città. L'ultima piazza francese ripiegò nella chiesa di Saint Nicolas, trovandosi senza munizioni. Alle 13, tutto era finito, i tedeschi hanno recuperato il posto lasciando le truppe francesi in grande disordine. La notizia della sconfitta di Le Bourget arrivò a Parigi contemporaneamente a quella della capitolazione di Metz il 27 ottobre. Queste notizie causano, il 31 ottobre, una rivolta a Parigi Adolphe Thiers ritornò a Parigi, con un salvacondotto prussiano, per discutere i termini di un armistizio.
·        31 ottobre: insurrezione e tentativo di proclamazione della Comune a Parigi.
·     3 novembre: plebiscito a favore del governo, che chiedeva il sostegno del popolo di Parigi. Questo gli viene concesso (più di 320.000 civili e 236.000 soldati votano il suo sostegno, contro 52.000 civili e 9.000 soldati che votarono contro).
·        5 novembre: elezioni dei sindaci dei 20 arrondissement.
·      30 novembre - 3 dicembre: battaglia di Champigny. Dopo la sconfitta dell'esercito francese nella prima battaglia di Bourget e la notizia della capitolazione di Metz, il morale della popolazione parigina diminuì. Per rimediare a questa situazione e ridare speranza agli abitanti della capitale, il generale Louis Trochu, governatore di Parigi, decise di organizzare una sortita generale per fare breccia nelle linee prussiane. Il 30 novembre, il generale Auguste-Alexandre Ducrot condusse 80.000 uomini nei villaggi di Champigny-sur-Marne e Bry-sur-Marne, ad est della Marna. Il giorno successivo, il 1° dicembre, Ducrot chiese una sospensione della battaglia, con grande sorpresa dei prussiani che erano in difficoltà. Questa battuta d'arresto consentì a quest'ultimi di ottenere i rinforzi necessari per passare alla controffensiva il successivo 2 dicembre. L'esercito della Loira fu sconfitto nella battaglia di: Ducrot in questo modo spinse Trochu e il ministro degli Esteri Jules Favre ad avviare i colloqui di pace con la Prussia.
La chiesa di Saint Nicolas du Bourget dopo i combattimenti del 28 , 29 e 30 ottobre 1870
·      21 dicembre: seconda battaglia di Bourget. Il 16 dicembre 1870, un importante Consiglio di guerra decise un'operazione militare su vasta scala. Fu previsto di agire su due fronti: uno da Le Bourget lungo la strada delle Fiandre, l'altro dalla fattoria Groslay e Aulnay dalla strada dei Petits-Ponts a Drancy. L'operazione, inizialmente prevista per il 19 dicembre, fu rinviata al 21 dicembre. Sul primo fronte, l'attacco a Le Bourget fallì. A mezzogiorno, il generale Trochu informò il generale Ducrot a Drancy di questo fallimento. Sul secondo fronte, il generale Ducrot aveva preso posizione a Drancy con molte truppe. La loro azione operò non riuscì proteggere Le Bourget. L’offensiva fallì, e il 22 dicembre le truppe rientrarono a Parigi.
·      27 dicembre: inizio del bombardamento dei forti, prima da est, poi da sud. La città venne quindi bombardata sistematicamente, fino a gennaio, dall'altopiano di Chatillon, da dove i prussiani sparavano i loro colpi dalla "torre Biret". Il 27 dicembre, l'altopiano di Avron, e i forti di Noisy, Nogent e Rosny, furono bombardati. L'altopiano di Avron fu evacuato dall'artiglieria francese il 29 dicembre per evitare una possibile cattura dei cannoni.
·        4 gennaio: i forti dell'Oriente, tra cui Montreuil e Bondy, subirono un bombardamento.
·      5 gennaio: batterie prussiane equipaggiate con nuovi fucili Krupp e posizionate a Meudon, Saint-Cloud e Boulogne, iniziarono a bombardare Parigi: le prime granate caddero nelle strade di Assas, Feuillantines, nel cimitero di Montparnasse e nel distretto di Luxembourg.
·        6 gennaio: durante la notte tra il 5 e il 6 gennaio, il bombardamento è diventato violento, toccando il distretto di Panthéon e di Val-de-Grâce.
·       7 gennaio: La notte dal 6 al 7, fu il distretto di Grenelle che viene bombardato, e il distretto dell'Osservatorio. Il 7 gennaio, il viadotto di Auteuil servì come bersaglio, dato che l'Hotel des Invalides venne trasformato in un ospedale. l'Affiche rouge (il Manifesto rosso) venne stampato su iniziativa del Comitato centrale dei venti arrondissement. Si trattava di un'accusa contro l'inerzia del governo.
·         9 gennaio: cinquecento granate caddero dentro e intorno ai Giardini del Luxembourg.
·     12 gennaio: l'ospedale di Salpétrière fu preso di mira, nonostante la bandiera della Convenzione di Ginevra fosse visibile sui suoi tetti. Tra il 5 e il 18 gennaio, i forti di Montrouge, Vanves e Issy furono praticamente distrutti, la capitale stessa venne colpita vicino alle porta Maillot, e tra la porta d'Orléans e la porta di Saint-Cloud, come in tutti i quartieri della riva sinistra della Senna.
Battaglia di Champigny, il forno di calce (particolare), dipinto di Alphonse de Neuville
·     19 gennaio: seconda battaglia di Buzenval. Il 15 gennaio 1871, durante una riunione del consiglio dei ministri, si cominciò a discutere con preoccupazione sulla capitolazione e di tutte le conseguenze implicite e sull'idea di condurre un ultimo attacco in massa, fortemente richiesto da molte parti, nel tentativo di rompere l'assedio. Il 19 gennaio, il giorno successivo all'incoronazione di Guglielmo I di Germania ad Imperatore, il generale francese Louis-Jules Trochu attaccò gli assedianti ad est di Parigi, nel parco di Buzenval, riuscendo ad occupare la città di Saint-Cloud non troppo lontana dal nuovo quartier generale dei loro nemici, situato a Versailles. Trochu riuscì a tenere la posizione per quasi una giornata, ma l'incapacità di altre truppe a lui vicine permise al principe ereditario Federico di rigettarlo dentro la Capitale. Buzenval fu l'ultimo tentativo da parte degli assediati di rompere l'accerchiamento nemico e dimostrò che truppe poco addestrate e costituite in gran parte da volontari e mobiles, come nel caso della guarnigione parigina, non erano in grado di affrontare con successo un esercito ben organizzato e comandato come quello tedesco.
Bivacco dopo il combattimento di Le Bourget, 21 dicembre 1870
·    20 gennaio: la mattina, da Fort Mont-Valérien, Trochu chiese al governo di negoziare un armistizio di due giorni per rimuovere i feriti. Questo armistizio fu firmato come capitolazione il 26 gennaio. Nel frattempo, la sera del 21, Trochu, ritenuto responsabile del fallimento, si dimise come comandante militare, mantenendo comunque la presidenza del governo; il comando militare della città di Parigi a Joseph Vinoy, che si arrese dieci giorni dopo.
·       22 gennaio: elementi della Guardia Nazionale contrari all'armistizio tentarono una rivolta che venne repressa.
·        26 gennaio: la sera alle 20:40 si trovò l’accordo per l’armistizio e cessate il fuoco.
·        28 gennaio: firma dell’armistizio.
·     8 febbraio: Non contento e deciso a trattare con un governo legittimo, il Primo ministro prussiano Bismarck, impose ai francesi l'elezione di un'Assemblea Nazionale. Le votazioni si svolsero l'8 febbraio e il risultato fu a favore della destra conservatrice e monarchica.
·      12 febbraio: Il nuovo parlamento si riunì a Bordeaux e cinque giorni dopo elesse Thiers “capo del potere esecutivo della Repubblica francese”.
·      1 marzo: l'Assemblea confermò i preliminari della pace con la Prussia con 546 voti contro 107: la Francia cedeva al neo costituito Impero tedesco l'Alsazia e la Lorena, e s’impegnava a pagare una indennità di 5 miliardi di franchi.

Batteria di artiglieria servita dalle guardie nazionali durante l'assedio di Parigi
L'assedio di Parigi in un olio su tela di Ernest Meissonier
La difesa di Parigi - Gli studenti vanno alle barricate (Illustrated London News , 1 ottobre 1870)
Rue Lemanoi dopo bombardamento prussiano
Annuncio della creazione di battaglioni femminili a Parigi
Battaglia di Champigny di Édouard Detaille
 Il castello di Ladoucette a Drancy nel 1871,
in gran parte distrutto dai combattimenti
Edifici sventrati nella piazza di St. Cloud
Mappa di Parigi 1870
Batteria di cannoni prussiani
Rue de Lille dopo bombardamento prussiano
Rue du Bac dopo bombardamento prussiano
 
Edifici sventrati nella piazza di St. Cloud

[1] Situato nella Francia centro-occidentale, è il capoluogo del dipartimento Indre e Loira nella regione Centro - Val della Loira.
[2] I Club costituivano la struttura politica di base della popolazione parigina. Nati alla caduta dell'Impero soprattutto nelle periferie della città, prendendo il nome dal luogo nel quale si riunivano, hanno svolto una continua critica all'operato del governo provvisorio e hanno organizzato i tentativi rivoluzionari del 31 ottobre del 1870 e del 23 gennaio dell’anno seguente. Durante la Comune il loro numero aumentò e si formarono fino nei quartieri centrali (se ne contarono fino a trentasei col maggior numero nei quartieri operai). I pochi circoli dei quartieri borghesi chiusero ben presto per mancanza di argomenti e di oratori. I club avevano la loro sede in vari locali pubblici, dai caffè-concerto ai teatri, alle scuole e persino nelle chiese: «i preti vi potranno officiare durante il giorno, e il popolo vi verrà istruito la sera», e gli oratori intervenivano dal pulpito e si cantavano canzoni patriottiche accompagnati dall'organo. Nei circoli si commentavano i fatti del giorno, si poneva un problema all'ordine del giorno, lo si discuteva e alla fine si votavano le mozioni. I temi erano vari: da quelli di stretta attualità politica, nei quali si valutava l'operato della Comune, a quelli per la diffusione delle arti e della cultura. Ciascun club aveva un proprio programma politico, si partecipava pagando dieci centesimi, si tenevano pubbliche riunioni, si eleggeva mensilmente un ufficio con un presidente e due vice-presidenti. L'ufficio convocava le assemblee fissando gli argomenti e coordinando gli interventi degli oratori, che erano tenuti a rispettare la linea politica del club. Per esempio, il club di Batignolles aveva per esplicito programma la difesa della Repubblica e la lotta contro la reazione, quello di Clignancourt chiedeva ai suoi aderenti di essere repubblicani, socialisti e rivoluzionari.


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