venerdì 6 settembre 2019

04-01-B8 – Auguste BLANQUI

AUGUSTE BLANQUI

“Chi ha del ferro ha del pane“ (Motto rivoluzionario di Blanqui)

Anche se non ha partecipato attivamente alla Comune perché in prigione dal 17 marzo 1871 al 1879, possiamo considerare Blanqui comunardo ad honorem non solo perché molti parigini, attivisti rivoluzionari si ispirarono riferimento a lui in quei 72 giorni meravigliosi dal marzo al maggio del 1871, ma anche perché, pur recluso nelle patrie galere, venne eletto al Consiglio della Comune alle elezioni del 26 marzo. 
Louis-Auguste Blanqui è nato a Puget-Théniers[1] l’8 febbraio del 1805 ed è stato un attivista rivoluzionario socialista non marxista. Lo storico Michel Winock lo classificò come uno dei fondatori dell'ultra-sinistra francese che si oppose alle elezioni democratiche, che vedeva come «borghesi» e che aspirava alla «vera uguaglianza sociale».
Per aver trascorso, dal 1831 al 1879, complessivamente trentasei anni e cinque mesi in prigione, ci si riferisce a lui come all'Enfermé (il Recluso).
La sua visione politica influenzò fortemente il pensiero operaio, quello socialista e quello comunista dell'Ottocento, al cui interno si sarebbe sviluppata una vera e propria corrente ispirata al pensiero di Blanqui (ossia il blanquismo).
Uomo d'azione più che elaboratore di teorie, egli era convinto che il proletariato potesse creare una società di liberi e di uguali solo mediante un'insurrezione armata guidata da una piccola minoranza ben organizzata e decisa ad imporre la propria dittatura. Blanqui dedicò la sua intera esistenza a questa causa, senza lasciarsi scoraggiare né dall'esilio né dalle pene carcerarie cui fu ripetutamente condannato.


Permanentemente insorto

Nacque da una famiglia benestante (il padre Jean-Dominique era il sotto-prefetto di Puget-Théniers) che gli diede l'opportunità, all'età di tredici anni, di essere trasferito a Parigi. dove frequentò il liceo e di studiare legge e medicina. Iniziò molto presto a fare politica, propagando il repubblicanesimo rivoluzionario durante il regno di Carlo X, di Luigi Filippo e poi sotto Napoleone III. Le sue opinioni da giovane erano marcati dall’ostilità alla restaurazione, e di conseguenza dal bonapartismo, la corrente repubblicana in quel periodo era in netta minoranza. Diventò ateo. A diciassette anni partecipò attivamente ad una campagna contro il processo ai «quattro sergenti di La Rochelle», Bories, Goubin, Pommier e Raoulx del 45° reggimento di fanteria, condannati a morte per aver aderito alla società segreta della carboneria e fomentato disordini nella loro reggimento.



Carbonaro dal 1824, Blanqui lottò dentro questa organizzazione segreta contro la restaurazione monarchica, e fu coinvolto in tutte le cospirazioni repubblicane del suo tempo.
Nel 1827, venne ferito tre volte durante manifestazioni studentesche nel Quartiere latino.
Nel 1828, progettò una spedizione in Morea per andare ad aiutare la Grecia insorta[2]. Partì con il suo amico e compagno di studi Alexander Plocque. Il viaggio si concluse a Puget-Théniers, per colpa del passaporto non valido.
Blanqui nel 1840
Iniziò a lavorare nel giornale d'opposizione liberale di Pierre Leroux[3] Le Globe (Il Globo) alla fine del 1829. Nel 1830, era nelle file dell'associazione repubblicana più sediziosa, conosciuta con il nome di Conspiration La Fayette, che svolse un ruolo importante nel preparazione della Rivoluzione di luglio del 1830 che causò la cacciata del re Carlo X di Francia, ed in cui Blanqui partecipò attivamente. Dopo la rivoluzione, aderì alla Société des amis du peuple (Società degli Amici del popolo); si unì con altri oppositori del regime orleanista: Buonarroti[4], Raspail[5] e Barbès[6], tra gli altri.
Nel gennaio 1831 con il nome di «Comité des Écoles (Comitato delle Scuole)», ha scritto un proclama minaccioso. In seguito a delle manifestazioni, fu imprigionato nella prigione parigina Grande Force per tre settimane. Ma, recidivo e predicando sempre la rivolta, fu stato nuovamente arrestato con l'accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato. Alla fine del 1831 si tenne un processo in cui lui e quattordici suoi compagni furono accusati di reati di stampa. Al processo Blanqui mostrò la sua natura rivoluzionaria, reclamando il suffragio universale, dichiarandosi proletario accusò i borghesi di essere "privilegiati". Utilizzò una formula che rifletteva il suo ideale socialista: "Tassare il necessario è rubare, tassare il superfluo e restituire", e dichiarò che "Ogni rivoluzione è un progresso". Con il suo atteggiamento aggravò la sua posizione davanti ai giudici, che lo condannarono ad un anno di prigione.
"Sì, signori, questa è una guerra tra ricchi e poveri: i ricchi hanno voluto così; loro sono in effetti gli aggressori. Solo che loro vedono come una azione dannosa il fatto che i poveri soppongono una resistenza. Loro dicono naturalmente, parlando del popolo, che questo animale è così feroce che combatte quando viene attaccato” (Estratto dalla difesa di Auguste Blanqui in Corte d'Assise 1832).
Dopo un nuovo periodo in prigione, con l'amnistia del 1836 riuscì a tornare in attività e diventando nel frattempo socialista, riprese le sue attività rivoluzionarie nella «Société des familles (Società delle famiglie)» che continuò nel 1837 nella «Société des saisons (Società delle stagioni)».
Il 6 marzo 1836, venne arrestato, e si fece otto mesi di prigione, poi venne messo in libertà vigilata a Pontoise[7].
Il 12 maggio 1839, tornò a Parigi con Armand Barbes e Martin Bernard, partecipò alla rivolta che si impadronì del Palazzo di Giustizia, fallendo l’occupazione della Prefettura della polizia e occupando per un istante l'Hôtel de Ville. Si conteranno 50 morti e 190 feriti. Dopo il fallimento della rivolta, restò nascosto cinque mesi, ma venne arrestato il 14 ottobre. Il 14 gennaio 1840 fu condannato a morte. La sua pena venne commutata in ergastolo, è fu incarcerato al Mont-Saint-Michel. 
Nel 1844, a causa della sua condizione di salute, venne trasferito all'ospedale della prigione di Tours, dove rime fino all’aprile del 1847. A seguito di un appello per la liberazione di Blanqui fatta dal quotidiano La Réforme (alla quale parteciparono dei repubblicani e dei socialisti, come Louis Blanc, Arago[8], Cavaignac[9], Pierre Leroux[10], ecc), Luigi Filippo graziò Blanqui. Blanqui rifiutò il suo rilascio: chiedendo che fosse "rivendicata tutta la solidarietà con i [suoi] complici"; la lettera di rifiuto venne pubblicata ne La Réforme.



Una volta rilasciato, partecipò a tutti gli eventi parigini da marzo a maggio durante la Revoluzione del 1848, che diede vita alla Seconda Repubblica. Ebbe una grande delusione del regime repubblicano che si instaurò. Voleva un governo rivoluzionario e, anche se alcune misure quali il riconoscimento del diritto al lavoro come voleva lui, si rese conto del carattere conservatore dei governanti. Condannò le idee di Lamartine[11], trovando assurdo mantenere il tricolore che rappresentava la Repubblica e l'Impero, ma è stato screditato per il suo impiego come simbolo della monarchia di luglio. Si chiese l'adozione della bandiera rossa, simbolo del "sangue generoso versato dal popolo e dalla Guardia Nazionale". Chiese a Raspail[5] e specialmente a Caussidière[12] di fare tutto il possibile per impedire che si conduca una politica reazionaria. Chiese anche che la data delle elezioni programmate fosse spostata più avanti, interpellando per questa richiesta il governo Lamartine[11] il 7 marzo 1848. Blanqui voleva che ci fosse, un paio di mesi prima delle elezioni, una campagna di persuasione per il popolo francese, affinché acquisisse le idee rivoluzionarie. Ma Lamartine[11] non volle più prolungare l'esercizio del suo potere ottenuto senza voto popolare e lasciò invariata la data. Blanqui cercò di formare un gruppo di pressione con Louis Blanc e Cabet[13]. Con le manifestazioni del 17 marzo, Lamartine[11] diede un contentino a Blanqui: le elezioni dal 9 aprile furono spostate al 23 aprile. Il ricorso alla violenza della Società repubblicana centrale, che fondò per chiedere un cambio di governo, lo portò in conflitto con i repubblicani moderati. Arrestato dopo il 26 maggio, dopo il suo discorso al Corpo legislativo con i manifestanti che invasero la stanza per difendere la causa polacca[14], fu rinchiuso nelle carceri di Vincennes. Il processo iniziò davanti l’Alta Corte di giustizia di Bourges[15] il 7 marzo 1849. Blanqui fu condannato a dieci anni di prigione e mandato a Doullens[16]. A causa delle sue cattive condizioni di salute nel mese di ottobre del 1850 venne trasferimento a Belle-Île-en-Mer[17]; nel mese di dicembre 1857 a Corte[18]; poi, nel 1859, il suo tour delle galere finisca a Mascara in Algeria, fino a 16 agosto 1859 data della sua uscita.



La-patrie en danger numero 5 del 9 settembre 1870
Blanqui venne rilasciato dopo l'amnistia del 1859, ma rimase sotto sorveglianza; riprese la sua lotta contro l'Impero e il 14 Giugno 1861, venne nuovamente arrestato, condannato a quattro anni di carcere, e confinato a Sainte-Pélagie[19]. Fuggì in agosto 1865 per il Belgio, dove continuò incessantemente la propria azione di propaganda politica contro il governo, fondando i periodici "Candide" e "La patrie en danger[20]", fino all’amnistia generale nel 1869 che gli permise di tornare in Francia.
Fu durante questi anni che nacque il partito blanquista e si organizzò in sezioni. Blanqui acquisì alcuni discepoli; aveva in particolare una forte influenza nei giovani studenti. Tra blanquisti troviamo Paul Lafargue e Charles Longuet (entrambi socialisti francesi, futuri generi di Marx) e Georges Clemenceau.
La propensione di Blanqui per l’azione violenta si evince nel 1870 con due tentativi di insurrezione abortiti: il primo 12 gennaio al funerale di Victor Noir (giornalista ucciso dal principe Pierre Bonaparte, nipote di Napoleone I e cugino di Napoleone III); il secondo il 14 agosto, quando tentò di impadronirsi di un deposito di armi in una stazione dei pompieri, nel quartiere popolare di La Villette con un centinaio di uomini. Questo accade dopo le dimissioni del Primo ministro francese Ollivier a seguito della sconfitta militare della Francia contro la Prussia nel 1870; Blanqui era deluso dal fatto che la Repubblica non è stata istituita e voleva destituire l'imperatrice reggente, contava sulla mobilitazione del popolo, ma non riuscì a radunare i parigini alla sua causa. Capì quindi che doveva affrontare le forze dell’ordine con pochi uomini. Deluso, rassegnato, fece disperdere il piccolo gruppo di insorti. Alcuni di loro furono arrestati, Blanqui riuscì a salvarsi. I repubblicani moderati, tra cui Léon Gambetta e Jules Favre, condannarono questo tentativo di insurrezione. Aiutato dalla scrittrice George Sand[21], dallo storico Jules Michelet[22], dal giornalista Arthur Ranc e da Gambetta, Blanqui ottenne una condanna con la condizionale, emessa con la proclamazione della Repubblica.


Gli inizi disastrosi della Terza Repubblica nella guerra contro la Prussia

I blanquisti contribuirono a fondare la Repubblica il 4 settembre 1870; insistevano che la Francia, grazie alla Repubblica poteva vincere la guerra. Blanqui era in disaccordo con i leader repubblicani come Ferry[23], Favre, Gambetta, Arago[8], Garnier-Pagès[24], ma sosteneva, voleva l'unità nazionale dei repubblicani contro la Prussia. Blanqui si rese conto che il Presidente del Governo della Difesa nazionale, il generale Trochu, ex orleanista, non era così sicuro della vittoria francese. Trochu pur di non armare il popolo, che avrebbe resistito e lottato a denti stretti contro l’esercito prussiano, preferì lasciare le armi all'esercito regolare. Egli voleva trattare la capitolazione, mentre Blanqui non voleva che "la commedia della guerra" portasse ad "una pace ignominiosa". Il sospetto di Blanqui si rivelò esatto. Si fece eleggere capo del 169° battaglione con il supporto di Georges Clemenceau. I capi dei battaglioni formarono una delegazione, tra cui faceva parte anche Blanqui, a l'Hôtel de Ville. Vallés disse. "Ho visto, una mattina, tutto il governo di Difesa nazionale annaspare nella stupidità e nella menzogna sotto il chiaro occhio di Blanqui. Con un filo di voce, con dei gesti calmi, mostrò loro il pericolo, indicò loro il rimedio, fece loro un corso di strategia politica e militare. E Garnier-Pagès, nella sua camicia dal collare alto, Ferry tra i suoi basettoni, Pelletan[25] nel profondo della sua barba, sembravano scolari impreparati colti in flagranza". l'unione sacra si ruppe, i blanquisti contestarono i repubblicani moderati. Blanqui fu insultato. Trochu fece per nuove elezioni al 169° battaglione. Non fu lasciato a Blanqui il diritto di dare le sue spiegazioni al battaglione, così perse la sua posizione di ufficiale eletto. Clemenceau, così come Blanqui e Gambetta, si rifiutò di prendere in considerazione la resa: il sindaco del XVIII arrondissement di Parigi, fece affiggere dei manifesti in cui dichiarava che "il governo non può accettare un armistizio senza tradimento. I parigini, i borghesi come gli operai, rifiutano di stipulare un armistizio".
Il 31 Ottobre 1870, Flourens chiese l'istituzione di un comitato ad interim per sostituire il governo di Difesa nazionale, prima dello svolgimento delle elezioni. In questo comitato, chiedeva che vi facessero parte, tra gli altri, Victor Hugo, Blanqui, Dorian[26] (un industriale abbastanza popolare), Henri Rochefort (giornalista di sinistra oppositore al Secondo Impero, partecipante al governo di difesa nazionale), Louis Blanc, Ledru-Rollin[27], Raspail[5] (tutti e tre ex candidati della sinistra esclusi nelle elezioni presidenziali contro Luigi Napoleone). Erano personalità della sinistra, ostili alla resa di fronte alla Prussia. La folla parigina acclamò i nomi dei candidati, tra cui Blanqui. Quest'ultimo si recò all'Hôtel de Ville, in attesa di prendere un posto nel governo. Sembrava che Crisenoy, un conservatore comandante del 17° battaglione fucilieri cercasse di arrestare Blanqui, ma ci rinunciò, temendo la reazione delle guardie nazionali, nella quale Blanqui era popolare. Le guardie nazionali favorevoli al comitato occuparono l’Hôtel de Ville di Parigi. Il comitato esistente conciliò con i pochi ostaggi del governo della difesa nazionale, che in quel momento si trovavano nel Municipio tra cui Favre, per tenere le elezioni il 2 novembre. Ma tutto il governo di Difesa nazionale non era presente (in particolare era assente il capo del governo, Trochu), la decisione presa dagli ostaggi e dal Comitato non convinceva Blanqui che voleva che tutti i membri del governo della Difesa firmassero l’accordo. Durante il tentativo di ottenere le firme, le forze dell’ordine della guardia mobile intervennero contro le guardie nazionali blanquiste. Il Comitato e il governo di Difesa nazionale quindi decisero di prendere una soluzione pacifica, lasciando l'edificio e cercando un accordo. Blanqui rimase al governo solo dieci ore.
Il governo di Difesa nazionale non rispettò i suoi impegni col comitato provvisorio. Prese delle misure conservatrici, e nominò un reazionario a capo della Guardia Nazionale; Rochefort allora, infastidito, si dimise. Con un plebiscito si chiese ai parigini di accettare e mantenere il governo di Difesa nazionale, e questi furono d'accordo (557.976 votarono SI contro 68.638 che votarono NO). Furono quindi contrari a Blanqui, che prevedeva che il voto SI avrebbe portato alla capitolazione. Thiers negoziò i termini della resa della Francia con Otto von Bismarck, il cancelliere prussiano. Blanqui nel suo giornale La Patrie en danger, continuò a scrivere furiosamente per denunciare gli atti del governo. Protestò il fatto che fosse stato scelto Trochu per organizzare la difesa di Parigi; ma Blanqui non disponeva di risorse sufficienti per produrre il suo giornale, e ben presto, l'8 dicembre si vide costretto ad abbandonare il giornale: La Patrie en danger cessò di vivere.
La carestia era elevata a Parigi, dove i cittadini erano spinti a mangiare cavalli, gatti, cani e persino topi. Il 5 gennaio 1871 il prussiani bombardarono la riva sinistra della Senna. Ma i parigini erano tenaci: determinati, la maggior parte di loro non voleva arrendersi, mentre il governo lo faceva. Il governo, al fine di convincere la popolazione che la resa era inevitabile, fece fare all'esercito una sortita disastrosa, la battaglia di Buzenval del 19 gennaio 1871 che si è concluse con un fallimento. Le guardie nazionali di Parigi il 21 gennaio rilasciarono i prigionieri politici rinchiusi a Mazas e questi, appena usciti, volevano conquistare l'Hôtel de Ville il 22 gennaio. Blanqui cercò di dissuadere i ribelli che cercavano di prendere Municipio, credendo in un loro fallimento, ma capì che questi erano risoluti, si unì a loro partecipando a questa azione rivoluzionaria, anche se continuava a pensare che fosse destinata al fallimento. E così fu, la guardia mobile soppresse nel sangue l’azione rivoluzionaria. Jules Favre, vice presidente e ministro degli Esteri, volle negoziare un armistizio di 21 giorni con Bismarck, dopo di che un’Assemblea nazionale neoeletta avrebbe deciso la pace o la guerra. Gambetta, ministro degli interni, non era d'accordo con Favre, avrebbe voluto continuare la guerra. Ma si dimise perché i prefetti di molti dipartimenti erano a favore della capitolazione. L’8 febbraio 1871, venne eletta l'Assemblea Nazionale; Blanqui non fu eletto. Egli accusò, in un opuscolo intitolato Un dernier mot (Un ultima parola), il governo (definendolo il dittatore dell'Hôtel de Ville) di "alto tradimento e cospirazione contro l'esistenza stessa della nazione".



Blanqui lasciò Parigi per Bordeaux, e poi per Loulié. Il 9 marzo fu condannato a morte in contumacia. Adolphe Thiers, capo del governo, consapevole dell'influenza di Blanqui sul movimento sociale di Parigi, lo fece arrestare il 17 Marzo 1871 (ironia della sorte il giorno prima della nascita della Comune), quando, malato, si riposava a casa di un suo amico medico di Bretenoux, nel dipartimento di Lot nella regione del Midi-Pirenei. Venne portato all'ospedale di Figeac, sede di sottoprefettura situata nel dipartimento di Lot, e di là nel capoluogo dello stesso dipartimento, a Cahors. Egli non poteva comunicare con nessuno, a quanto pare, e nemmeno essere portato a conoscenza di eventi che si stavano succedendo. Con la proclamazione della Comune di Parigi, Blanqui venne eletto come capo lista nel 18° e nel 19° arrondissement, mentre era ancora detenuto fuori Parigi. La maggior parte dei "Comunardi" si riconoscevano in Blanqui. Inoltre, gli eletti nella Comune (di 92 consiglieri, 44 sono neo-giacobini e blanquisti) volevano il ritorno di Blanqui. Flotte, un vecchio amico di Blanqui, chiese a Monsignor Darboy, tenuto in ostaggio, di appoggiare la richiesta di libertà di Blanqui, in cambio i Comunardi avrebbero liberato gli ostaggi (i religiosi e un senatore). L’abate Lagarde venne inviato come emissario del vescovo Darboy da Thiers per ottenere questa transazione. Thiers si rifiutò di accettare questa proposta. Lagarde, nonostante il suo impegno a tornare e costituirsi come ostaggio se lo scambio non fosse riuscito, non tornò a Parigi. Il vescovo Darboy, assicuratosi che Flotte era un uomo onesto e che era in grado di negoziare lo scambio, riuscì ad organizzare un incontro tra Flotte e Thiers. Flotte disse alla fine dell’incontro che affinché non fossero uccisi i 74 ostaggi, dovevano consegnargli Blanqui e porre fine abusi dei generali versaigliesi nei confronti dei Comunardi. Thiers persistette nel rifiuto, e rese inevitabile l'uccisione degli ostaggi. Il 21 maggio iniziò la Settimana sanguinante, la sanguinosa repressione subita dai Comunardi fatta dai versaigliesi. Il 22 maggio Blanqui uscì dal carcere per essere trasferito a Morlaix[28] il 24 maggio nelle carceri del castello Taureau, dove le condizioni di vita furono deplorevoli (monitoraggio continuo, la solitudine, rumore incessante, etc.). Cominciò ad interessarsi di astronomia (li scrisse L'Éternité par les astres).
Maschera mortuaria di Auguste Blanqui, scultura di Félix Bracquemond
I funerali di Blanqui
Riportato a Parigi, venne processato il 15 febbraio 1872, e condannato (per le sue azioni del 31 ottobre 1870) con gli altri Comunardi, alla deportazione, pena che, visto il suo stato di salute, venne commutata in ergastolo. Per difendersi, Blanqui dichiarò al giudice: "Io rappresento la Repubblica, trascinato alla barra del vostro tribunale dalla monarchia. Signor Commissario del Governo voi condannate la Rivoluzione del 1789, quella del 1830, quella del 1848 e quella del 4 settembre [1870] questo in nome delle idee monarchiche, la vecchia legge in opposizione alla nuova legge, io che ho lottato contro la monarchia, sono giudicato sotto la repubblica, e sarò condannato". Venne internato a Clairvaux, una vecchia abbazia, situata nell'odierna Ville-sous-la-Ferté[29], trasformata in prigione. Era terribilmente malato (gonfiore del cuore) nel 1877, ma, nonostante la prognosi medica, riuscì a sopravvivere un paio di mesi. Molte voci (tra cui il giornale L'Égalité) si sollevarono contro la sua incarcerazione, unendosi a quella della signora Antoine, una delle sue sorelle, che disse: "Oggi è ancora sequestrato nelle carceri della Repubblica dopo aver dedicato la sua vita a fondarla e difenderla". Clemenceau il 21 febbraio 1879, intervenne ad un’assemblea che chiedeva l'amnistia, dicendo che Blanqui era un "convinto repubblicano". Blanqui gliene fu grato. Il suo nome fu presentato in diverse elezioni; dopo vari fallimenti, riuscì a farsi eleggere il 20 Aprile 1879 come deputato a Bordeaux (Garibaldi lanciò un appello affinché venisse votato, definendolo il "martire eroico dell’umana libertà"). Si pose la questione sulla sua eleggibilità; a sinistra, Louis Blanc e Clemenceau sostenevano la tesi della validità delle elezioni e la necessità di rilasciare Blanqui. Ma la sua elezione fu invalidata il 1° giugno. Blanqui venne comunque rilasciato il 10 giugno, graziato con un decreto presidenziale. Iniziò a dedicarsi alla lotta per l'amnistia per i suoi compagni Comunardi; fece un giro per la Francia diffondendo le sue idee nel suo giornale Ni Dieu ni maître potente organo di estrema sinistra, dal titolo esplicitamente programmatico ("Né Dio né padrone") tanto da diventare un motto di alcuni rivoluzionari. Scioccato dal fatto che fossero i repubblicani ad essere deportati e imprigionati e che monarchici e bonapartisti vivessero indisturbati, radunò folle, soprattutto a Lione, per riprendere la causa dell'amnistia. La sua campagna diede i suoi frutti, l’11 Luglio 1880 fu emanata la legge per l'amnistia dei Comunardi. Il 27 dicembre, mentre discuteva con un suo discepolo, Ernest Granger, Blanqui si avviava lentamente alla morte. Morì la sera del 1° gennaio 1881. Il suo funerale vide la partecipazione di un centinaio di migliaia di persone. Venne sepolto a Parigi nel cimitero di Père-Lachaise. Il suo discepolo Eudes, e Louise Michel gli resero omaggio alla sua tomba, quel 1º gennaio del 1881.

 La scultura di Auguste Blanqui sdraiato sulla sua tomba


Il giornale Ni Dieu ni maître 
Copia del numero 1 di Né Dio né padrone, 23 maggio 1885
La Patrie en danger, numero datato 2 novembre 1870

Al giornale fondato nel 1880 da Auguste Blanqui Ni Dieu ni maître (Né Dio né padrone) collaborarono Émile Eudes, Ernest Granger, Louis-Auguste Rogeard e Édouard Vaillant.
Il primo numero di Né Dio né padrone è datato 20 novembre del 1880. Venne pubblicato giornalmente fino al numero 24, datato13 dicembre dello stesso anno; dal 19 dicembre col numero 25, continuò come settimanale. Dopo la morte di Blanqui la sua pubblicazione continuò fino al numero 71, pubblicato il 6 novembre 1981. Dopo una pausa di un anno, riprese ad essere stampato il 5 novembre 1882 (numero 72) e diventò annuale. Uscirono solamente altri tre numeri: il 4 novembre 1883 (numero 72), il 2 novembre 1884 (numero 72b) e infine il 1° novembre 1885 (numero 72 c) .
Nel 1888, il quotidiano cattolico La Croix scrisse "Il giornale Né Dio né padrone ci ha ispirato un profondo disgusto; egli non aveva neppure un mese di vita quando il decano dei rivoluzionari, Blanqui, venne nella sala Ragache pronunciare un discorso violento contro Dio e la società, rivendicando la bandiera rossa e il sangue degli altri. Dopo un po’, fu colto da paralisi e morì improvvisamente. [...] il giornale Né Dio né padrone fu sepolto con il suo padrone che era sfuggito tante volte alla pena di morte, per essere colpito molto probabilmente dalla mano di Dio, dopo un ultimo avvertimento”.
La frase Né Dio né padrone è diventata il motto e un punto di riferimento del movimento anarchico.






Pubblicazioni



Su di lui






[1] Nel dipartimento delle Alpi Marittime nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
[2] Il Peloponneso (Morea è il toponimo veneziano medievale) è una regione della Grecia meridionale. Tra il 1821 ed il 1832 dal popolo greco combattè una guerra d'indipendenza contro l’impero ottomano; in quell’occasione lArmata francese effettuò delle operazioni militari (la Campagna di Morea) in Morea.
[3] Pierre Henri Leroux (Parigi, 7 aprile 1797 – Parigi, 12 aprile 1871) è stato un editore, filosofo e politico francese.
[4] Filippo (Philippe) Buonarroti è stato un rivoluzionario italiano naturalizzato francese, ed è stato uno dei più importanti rivoluzionari europei del primo Ottocento; era discendente della famiglia dell'artista rinascimentale Michelangelo Buonarroti.
«Si strappino i confini delle proprietà, si riconducano tutti i beni in un unico patrimonio comune, e la patria - unica signora, madre dolcissima per tutti - somministri in misura eguale ai diletti e liberi suoi figli il vitto, l'educazione e il lavoro (Filippo Buonarroti, Cospirazione per l'uguaglianza, 1828)».
[5] François Vincent Raspail è stato un politico e scienziato francese. Partecipò alla Rivoluzione del 1848 guidando, il 24 febbraio l'occupazione dell'Hôtel de Ville e proclamandovi la Repubblica. Il 27 febbraio fondò il quotidiano L'Ami du peuple e prese parte all'insurrezione del 15 maggio contro il governo conservatore. Arrestato, durante la detenzione risultò eletto, il 17 settembre, all'Assemblea Costituente, e non poté farne parte. Condannato il 2 aprile 1849a sei anni di carcere, fu liberato nel 1855 ma, esiliato, si stabilì in Belgio. Fu a Parigi durante l'assedio e la Comune, mantenendo un atteggiamento neutrale, ma per aver commemorato il comunardo Louis Charles Delescluze nel suo Almanach et calendrier météorologique de 1874, fu condannato, lui ottantenne, a un anno di prigione. Il 5 marzo 1876 fu eletto all'Assemblea Nazionale e vi propose l'amnistia per tutti i condannati politici, che fu respinta a grande maggioranza dall'Assemblea.
Fu rieletto il 14 ottobre 1877 e morì pochi mesi dopo. È sepolto nel 18º distretto del cimitero del Père-Lachaise.
[6] Armand Barbès è stato un repubblicano francese si oppone alla monarchia di Luglio. Il12 maggio 1839 Quattrocento gli insorti sono riusciti a occupare brevemente l'Assemblea, il Municipio e il Palazzo di Giustizia, ma il numero e le armi di cui hanno bisogno. Barbes è stato arrestato mentre Blanqui riesce a fuggire e nascondere un paio di mesi. Barbès viene condannato a morte e poi graziato dopo un intervento a favore di Victor Hugo. Il fallimento del 1839 colpo portato la separazione tra Barbès e Blanqui.
[7] Capoluogo del dipartimento della Val-d'Oise nella regione dell'Île-de-France.
[8] François Jean Dominique Arago (Estagel, 26 febbraio 1786 – Parigi, 2 ottobre 1853) è stato un matematico, fisico, astronomo e uomo politico francese. 
[9] Louis Eugène Cavaignac (Parigi, 15 ottobre 1802 – Castello di Ourne, 28 ottobre 1857) è stato un politico e generale francese. Figlio del convenzionale Jean-Baptiste Cavaignac, fu organizzatore della sanguinosa repressione della rivolta operaia del giugno 1848.
[10] Pierre Henri Leroux (Parigi, 7 aprile 1797 – Parigi, 12 aprile 1871) è stato un editore, filosofo e politico francese.
[11] Alphonse de Lamartine membro del governo provvisorio, fu il ministro degli esteri della Seconda Repubblica. È rimasto celebre il suo discorso del 25 febbraio in cui chiese di scegliere come bandiera nazionale il tricolore, rifiutando la bandiera rossa.
[12] Marc Caussidière è stato un rivoluzionario francese. Fu molto attivo durante la rivoluzione francese del 1848, nella quale combatté sulle barricate e assalì la sede della polizia: proprio per questo, venne nominato Prefetto delle forze dell'ordine dal governo provvisorio. In questa veste sostituì i sergenti della città con la nuova figura dei "guardiani di Parigi" e creò il corpo della "Guardia del popolo", composta da tutti elementi rivoluzionari recentemente scarcerati e formata da quattro società (La Montagnarde, Saint-Just, Febbraio e Morisset). A partire dal maggio del 1848 la commissione cercò, senza successo, di eliminare la Prefettura di polizia. Dopo il fallimento dell'invasione dell'Assemblea Nazionale (15 maggio 1848), venne licenziato dalla carica di Prefetto di polizia dalla Commissione esecutiva e per protesta egli si dimise dal suo mandato di deputato all'Assemblea Costituente
[13] Étienne Cabet (Digione, 1º gennaio 1788 – Saint Louis, 9 novembre 1856) è stato un politico francese. Tradizionalmente collocato fra gli utopisti, dedicò concretamente la propria vita alla lotta per la repubblica e una "società nuova". Fu il primo a utilizzare sistematicamente il termine comunismo.
[14] La sollevazione della Grande Polonia del 1848 è stata una insurrezione militare dei polacchi del Granducato di Poznań contro le forze occupanti prussiane che si svolse durante il periodo della Primavera dei popoli.
[15] Capoluogo del dipartimento dello Cher, nella regione del Centro-Valle della Loira.
[16] Nel dipartimento della Somme nella regione della Piccardia.
[17] Isola francese al largo della costa della Bretagna.
[18] Comune situato nel dipartimento dell'Alta Corsica nella regione della Corsica.
[19] Prigione parigina, attiva nel periodo compreso tra il 1790 e il 1899, anno della sua demolizione. Era situata nel V arrondissement.
[20] Gli articoli di Blanqui pubblicati su La Patrie en ranger sono stati raccolti e pubblicati, durante la Comune, da Casimir Bouis in un piccolo volume intitolato appunto La Patrie en danger.
[21] George Sand, pseudonimo di Amantine (o Amandine) Aurore Lucile Dupin (Parigi, 1º luglio 1804 – Nohant-Vic, 8 giugno 1876), è stata una scrittrice e drammaturga francese. Considerata tra le autrici più prolifiche della storia della letteratura, è autrice di numerosi romanzi, novelle e drammi teatrali. Femminista molto moderata, fu attiva nel dibattito politico e partecipò, senza assumere una posizione di primo piano, al governo provvisorio del 1848, esprimendo posizioni vicine al socialismo, che abbandonò alla fine della sua vita per un moderato repubblicanesimo.
[22] Jules Michelet (Parigi, 21 agosto 1798 – Hyères, 9 febbraio 1874) è stato uno storico francese. Attento studioso delle fonti archivistiche, scrisse una Storia di Francia in 19 volumi (1833-1867), monumentale opera incentrata sull'idea della progressiva affermazione della libertà nel sistema istituzionale francese, e una Storia della rivoluzione francese in 7 volumi (1847-1853), tema a cui dedicò un decennio di ricerche, interrogando anche testimoni oculari.
[23] Jules François Camille Ferry (Saint-Dié-des-Vosges, 5 aprile 1832 – Parigi, 17 marzo 1893) è stato un politico francese, oppositore di Napoleone III e tra le più eminenti personalità del partito repubblicano nella Terza Repubblica francese. Attraverso una serie di articoli denunciò le speculazioni finanziarie operate dal barone Haussmann per il rinnovamento urbanistico di Parigi. Grazie a questa sua iniziativa il barone venne successivamente estromesso dai poteri concessi. D'altra parte egli stesso, «avvocato squattrinato», divenuto sindaco di Parigi alla proclamazione della Repubblica nel settembre 1870, «riuscì a spremersi un patrimonio dalla carestia» della città assediata dai prussiani. Ferry, comprendendo che la Germania era troppo potente, per perseguire l'idea di acquistare un grande impero coloniale si fece promotore di una politica di collaborazione con Otto von Bismarck al fine di guadagnarne una «benevola neutralità» nel Sistema bismarckiano.
[24] Louis-Antoine Pagès, detto Garnier-Pagès (Marsiglia, 16 febbraio 1803 – Parigi, 31 ottobre 1878), è stato un politico francese.
[25] Pierre Clément Eugène Pelletan (Saint-Palais-sur-Mer, 29 ottobre 1813 – Parigi, 3 dicembre 1884) è stato un politico e scrittore francese.  Avversario di Napoleone III, fu deputato del dipartimento della Senna dal 1863 al 1870, poi delle Bouches-du-Rhône dal 1871 al 1876. Il 4 settembre 1870 fu ministro senza portafoglio del governo di difesa nazionale e finì la sua carriera politica come senatore.
[26] Pierre-Frédéric Dorian (Montbéliard, 24 gennaio 1814 – Parigi, 14 aprile 1873) è stato un politico e imprenditore francese. Fouriérista repubblicano laico e non violento; consigliere generale e deputato della Loira, ministro dei lavori pubblici del governo della Difesa nazionale (1870-1871).
[27] Alexandre-Auguste Ledru-Rollin (Parigi, 2 febbraio 1807 – Fontenay-aux-Roses, 31 dicembre 1874) è stato un avvocato e politico francese, di parte democratica e repubblicana.
[28] Nel dipartimento del Finistère nella regione della Bretagna.
[29] Nel dipartimento dell'Aube nella regione della Champagne-Ardenne.