NAPOLÉON
LA CÉCILIA
Se la prima parte dell'esistenza di Napoléon La
Cécilia è ricca di prodezze bellicose, dal suo matrimonio con Marie
David, è impossibile trattare separatamente le vite di questi due esseri
poiché hanno partecipato agli stessi tragici eventi e condiviso lo stesso
ideale.
Napoléon La Cécilia è stato un uomo del calibro di
quegli eroi cavallereschi che, durante il diciannovesimo secolo, non temevano
di affrontare tutti i pericoli per difendere la libertà ovunque fosse
minacciata.
Napoléon-François-Paul-Thomas La Cecilia, è nato il
13 settembre 1835 a Tours[1]. Il padre, Giovanni, storico, era di
origine italiana, sua madre è nata in Corsica.
Dopo aver studiato al College di Ajaccio, si trasferì
a Parigi nel 1855. Matematico e filologo, la sua conoscenza delle lingue
antiche e moderne era notevole. Nella capitale francese collaborò con la Revue
philosophique (Rivista filosofica) di Renouvier, di cui ne divenne il
discepolo. Nel 1856 diventò professore di matematica presso l'Università di
Iéna, in Germania.
Rifiutò di servire il Secondo
Impero e nel 1860 fu attivo nel Risorgimento italiano al fianco di Giuseppe
Garibaldi partecipando alla spedizione dei Mille con il grado di capitano
del genio, prima di assumere le funzioni di capo di stato maggiore del generale
Avezzana. Si distinse a Marsala e Palermo.
Ardente republicano, non accettò di essere mantenuto
nel suo grado di colonnello nel regio esercito italiano; abbandonò queste
funzioni nel 1861 per mantenere la nazionalità francese. Trasferitosi a Napoli,
insegnò sanscrito presso il college asiatico dal 1861 al 1869. E quando l’istituto venne restituito ai
gesuiti, si rifiutò di continuare la professare e si trasferì ad Ulm, in
Germania, dove per un po' di tempo insegnò matematica.
Decise, in seguito, di andare a Parigi. Collaborò con
il quotidiano repubblicano «Le Rappel».
Lì incontrò il giornalista Edgar
Monteil che diventerà suo amico e lo ritroverà al tempo della Comune.
Unitosi con l'opposizione repubblicana alla fine del Secondo
Impero, si arruolò dopo il 4
settembre 1870, dopo la
sconfitta di Sedan e la proclamazione
della Repubblica, nell’armata della Loira, partecipando alla difesa di
Châteaudun e alle battaglie di Coulmiers e di Alençon e divenne, verso la fine
della guerra, colonnello del primo battaglione dei Franchi-tiratori[2] di Pargi.del generale Joseph Antoine
Ernest Lipowski.
Venne nominato sottotenente poi tenente e capitano
dopo il combattimento di Milly-sur-Oise. Il suo battaglione si mise in evidenza
a Barneville, Chateaudin, Varize e Alençon. La Cecilia venne nominato
comandante dopo la battaglia di Nogent-le-Rotrou e tenente colonnello per il
suo eroico contributo alla vittoria di Coulmiers (Loiret). Nel gennaio 1871
divenne colonnello.
Nonostante questa attività traboccante, Napoléon La
Cécilia trovò il tempo per sposare Marie
David.
Il 15 marzo 1871, La Cécilia si unì al Comitato
centrale della Guardia Nazionale federata, e dopo la
rivolta del 18 marzo 1871, è diventato capo di stato maggiore del generale Émile
Eudes.
Il 24
aprile, venne nominato generale della piazza di Parigi, e prese il comando
dell'armata della Comune che operava tra la riva sinistra della Senna e la
Bievre[3].
Il suo stato maggiore era situato prima in place
Vendôme, successivamente all'Ecole militaire. Prese con se il suo amico
giornalista de «Le Rappel»,
Edgar
Monteil, come ufficiale d’ordinanza. Quest'ultimo, nel suo libro dei
ricordi, ci dà il ritratto del generale: "Era un uomo piccolo, magro, che
camminava veloce, nervoso, la sua faccia era vuota, segnata dal vaiolo, il
labbro sottile e stretto senza barba, un po' di baffi, molto miope, portava
degli occhiali con lenti spesse”.
Edgar
Monteil, senza valide ragioni, attribuì alla moglie
di La Cecilia i cambiamenti di carattere del marito che da energico era
diventato indeciso e fiacco. Louis
Rossel, che sapeva apprezzare gli ufficiali competenti, affidò a La Cecilia
il comando dell'esercito del centro della Comune
(tra la Senna e la riva sinistra della Bievre). Dal 1°
maggio 1871, ha fermamente diretto le operazioni per liberare Fort Issy.
Lottò fino all'ultima ora con notevole coraggio, come affermò persino un
rapporto della polizia versagliese.
Dopo la sconfitta comunarda, il generale La Cecilia
andò in fuga. Come egli stesso raccontò a Victor
Hugo, fu salvato da una donna, una sarta, che lo conosceva a malapena. La
donna lo nascose a casa sua per cinquantadue giorni; durante una ricerca verso
le quattro del mattino, lo fece mettere sul letto e lo coprì con piumini e
vestiti, gli uomini della pattuglia cercarono nella stanza e trascurano il letto
dove La Cecilia era nascosto.
Marie
La Cécilia, sua moglie, fuggì in Belgio. Suo marito si unì a lei e, il 20
luglio 1871, riuscirono ad arrivare in Lussemburgo, a Vianden, dove si
trovavano Victor
Hugo e la sua famiglia espulsi dal Belgio, che è coerente con le
informazioni fornite da Le Radical il 14 giugno 1872 (rimase nascosto
cinquantadue giorni da una sarta).
Il poeta raccontò il suo incontro con la coppia:
"Il borgomastro [di Vianden] entrò nel giardino dove si trovava un nostro
tavolo e mi disse: -Vi presento due compatrioti-. Mi disse i nomi. Arrivavano
da Parigi. Erano arrivati cinque giorni prima. Lui si chiamava Monsieur
Lacombe. Il signore e Madame Meurice mi sembrava di conoscerli. Li ho fatti
sedere. Il borgomastro se ne andò. Allora Monsieur Lacombe mi disse: -Io sono
il generale La Cecilia-".
La Cecilia venne espressamente a Vianden per
giustificare la sua condotta durante l'esecuzione di una spia versaigliese che
non era un bambino come sosteneva la stampa reazionaria. Victor
Hugo, in «L’année terrible (L’anno terribile)», aveva scritto "Johannard
è crudele e Sérizier
infame".
È necessario ristabilire i fatti nella loro rigida
realtà. Il 18
maggio 1871, alle Hautes Bruyères, un giovane, perfettamente consapevole
delle sue azioni, fu arrestato dai Federati
per aver fornito ai pianificatori di Versailles le posizioni dei Comunardi
e aver ricevuto 20 franchi come ricompensa per il suo tradimento. Fu condannato
a morte da un Consiglio di guerra composto dal generale La Cécilia, comandante
del corpo dell'esercito, Johannard,
delegato della Comune e
da tutti i capi battaglione della zona.
Lissagaray
ha commentato così l'evento: "Questo fatto odiosamente mascherato ha
fornito a Victor
Hugo, che era scarsamente informato su tutta la guerra civile, lo spunto
per un versetto di «L’année terrible» tanto ingiusto con La Cécilia e Johannard
quanto per uno dei fucilatori di Satory, Sérizier".
Victor
Hugo, convinto dalle spiegazioni di La Cécilia, diede il suo apprezzamento
al suo visitatore: "È un uomo distinto, con un viso molto dolce. Lui è
coraggioso”.
La Cecilia e sua
moglie sono riusciti a trasferirsi in Germania, dove l'ex generale fu uno
dei fondatori della scuola francese destinata ai bambini dei rifugiati.
Dopo si recarono in Inghilterra, dove lavorò per
giornali socialisti, insegnò francese presso la «Royal Navy School» di New
Cross, a sud-est di Londra, e divenne un membro della Società Filologica
d'Inghilterra. La sua cultura e conoscenza di molte lingue antiche e moderne
giustifica la sua appartenenza alla Philosogical Society of England. Non
appartenne a nessuna formazione politica, ma aveva affinità con i blanquisti.
Collaborò ai giornali di Vermersch
e quando apprese l'esecuzione di Rossel
e Ferré,
scrisse il 29 novembre 1871, sul «Qui vive» di Londra, un articolo elegiaco
intitolato «I Martiri»: “(...) Loro sono il coraggio! Rossel
e Ferré
non ci sono più. Rossel,
l'ardente patriota, il fiero soldato, il più intelligente, il più capace. Ferré,
l'uomo con la volontà indomabile, l'incarnazione delle idee rivoluzionarie
della Comune!
(...)".
Le preoccupazioni dell'amministrazione scolastica dei
bambini rifugiati, i conflitti personali e gli estenuanti orari della sua vita
professionale stavano rovinando la sua salute. Doveva partire di casa alle sei
del mattino per insegnare al college navale, e tornare alle sei di sera per
insegnare di nuovo ai bambini dei rifugiati. La sua forza si esaurì, i suoi
polmoni erano fragili e il clima dell'Inghilterra non gli andava bene. Il 23
ottobre 1872, Napoléon La Cécilia fu condannato in contumacia dal 17° Consiglio
di Guerra alla deportazione in un carcere fortificato. Nel frattempo, il 7
luglio 1872, a Napoléon e Marie,
nacque un figlio.
All'inizio del 1877, Napoleone La Cécilia, molto
malato, dovette abbandonare l'amministrazione della scuola dei bambini dei
proscritti e, insieme alla moglie,
decisero di lasciare l'Inghilterra per l'Egitto, dove sperava di trovare un
clima più favorevole alla sua salute. Ma era già troppo tardi. Morì di tisi
polmonare a Ramleh vicino ad Alessandria il 25 novembre 1878. Aveva solo 43 anni.
[2] L'espressione Francs-tireurs
si trova nei resoconti giornalistici della
guerra franco-prussiana, usata per definire un "combattente o piccolo
gruppo di combattenti che pratica azioni di guerra contro truppe regolari per
evitare l'occupazione o l'evacuazione di centri abitati", in poche parole
“cecchini”.
[3] La Bièvre è un fiume che nasce a Guyancourt e dopo 34,6 km si getta
nel principale collettore fognario di Parigi. La Bièvre una volta confluiva nella Senna a Parigi (all'altezza della stazione ferroviaria di Parigi-Austerlitz).