LOUIS ROSSEL
Louis Nathaniel Rossel è nato
a Saint-Brieuc[1] il 9
settembre 1844, ed è stato un militare francese. È stato l'unico alto ufficiale
dell'esercito francese ad aver aderito alla Comune di
Parigi nel 1871 (dal 19
marzo) e svolse un ruolo importante come delegato alla guerra. Louis
Nathaniel Rossel è stato un personaggio atipico della Comune,
una figura chiave che purtroppo, come tutti i Comunardi
e, fuori dalla Francia, la Comune
stessa, non ha mai avuto un posto nei libri di storia. Il fatto che un
ufficiale brillante dell'esercito regolare si unisca ai ribelli della Comune è
il tipo di atto che il potere, qualsiasi potere, di qualsiasi nazione, non
vuole trasmettere. Rossel aveva deciso di seguire la sua coscienza piuttosto
che obbedire ad alcuni uomini. Oggi è ancora un esempio da seguire: rimanere
onesto con se stesso e la sua coscienza, non andare fuori strada per
l'interesse di alcuni contro l'interesse generale. “Nemico delle
rivoluzioni, le circostanze mi hanno gettato dentro una rivoluzione; ho odiato
la guerra civile, e sono stato volontario durante la guerra civile".
Questa frase di Louis Nathaniel Rossel ben riflette a priori il carattere
paradossale dell’adesione di quel giovane ufficiale, rigoroso protestante, alla
Comune di
Parigi.
Figlio di Louis Rossel e Sarah
Campbell (scozzese), Louis Nathaniel crebbe a Nîmes[2]
in una famiglia borghese, protestante e repubblicana. Suo padre, un ufficiale,
colonnello della Legione d'Onore, rifiutò di giurare fedeltà a Napoleone
III.
Studiò nelle città di Saint-Brieuc[3],
Mâcon[4],
Nîmes[5],
poi al collegio militare di La Flèche[6]
e infine all'École polytechnique di Parigi.
Ha avuto una
lunga corrispondenza con sua sorella Bella. In quel momento in cui le ragazze erano considerate inferiori
ai loro fratelli, Louis Nathaniel trattò sua sorella da pari a pari e lo
sostenne finanziariamente per i suoi studi.
Nel 1867 strinse amicizia con
Jean Macé[7]
creatore della Lega dell’Istruzione. Rossel, sostenitore dell'educazione della
classe operaia, iniziò corsi d’insegnamento di grammatica per le classi
svantaggiate e s’impegnò nella scuola laica. Qui ebbe il suo primo vero
contatto con la classe operaia.
Appassionato di strategia militare, Rossel scrisse
molti articoli e libri sull'arte della guerra, sotto lo pseudonimo di
«Randall», e dimostrò nel 1869 che i libri di strategia allora pubblicati e
attribuiti a Napoleone I non erano autentici.
Dopo aver scelto il genio,
tornò alla scuola di applicazione di Metz[8]
da dove uscì col grado di tenente. Nel luglio del 1870 quando venne a sapere
che è stata dichiarata la guerra
contro la Prussia, Rossel andò a Parigi per il servizio attivo, ma i suoi
sforzi non ebbero successo.
Alla notizia dei primi
disastri, Rossel escogitò un piano di difesa, che inviò il resoconto al giornale Le Temps. ll suo scritto era molto chiaro ed
era pieno di preannunci.
Sul piano strategico, fu un appello alle armi a tutto il paese, e
organizzare un enorme arruolamento in piccole bande che agirono separatamente,
per fare da supporto all'azione dei corpi dell’esercito regolare.
A Metz[8], prima che questa città capitolasse, fu nominato capitano
del genio e combatté con coraggio alla battaglia di Reichshoffen. Carattere
pieno e deciso, profondamente patriottico, Rossel non poté vedere senza
un’esasperazione profonda come François Achille Bazaine[9]
conduceva le operazioni militari. Presto si convinse che, sia per inettitudine,
sia per il tradimento dei suoi capi, l'esercito di Metz, e tutta la Francia,
andavano verso la sconfitta.
Nataniele Rosel, scriveva a suo
padre la lettera
seguente, conservata nei suoi scritti postumi:
«Io
ho avuto dal principiar della guerra, delle avventure strane e numerose: ma una
cosa che ti farà meravigliare è questa, che non sono mai stato mandato alla
carica. Ci sono stato, sì, qualche volta; ma per mio piacere, e con minimo
pericolo.
A
Metz, io non ho tardato a riconoscere l'incapacità dei nostri comandanti,
generali e stato maggiore: incapacità senza rimedio, confessata da tutta l'armata;
e siccome io ho l'abitudine di spingere le mie deduzioni fino all'estremo,
pensavo, prima ancora del 14, ai mezzi di sbarazzare tutta questa massa
d'ignoranti.
Io
ne avevo immaginati alcuni per questo, che non sarebbero poi così difficili. Mi
ricordo che una sera, in compagnia del mio commilitone X, spirito generoso e
risoluto, e che era tutto convinto delle mie idee, noi passeggiavamo davanti a
questi alloggi magnifici della via Clercs, pieni di cavalli, di vetture,
d'intendenti gallonati, e messo sossopra dal solito tumulto d'uno stato
maggiore insolente e buontempone.
«Esaminavamo
le porte, come erano situate e come con cinquanta uomini risoluti si potevano
toglier di mezzo quegli spacconi; e cercavamo questi cinquanta uomini, e non ne
abbiamo trovati che dieci!...
Il
14 agosto, verso sera, noi vedemmo dall'alto dei bastioni l'orizzonte da Saint
Julien a Quenlen rischiarato dai fuochi di battaglia,
Il
16 l'armata aveva guadata la Mosella e trovava il nemico a faccia a faccia.
Appena sbarazzato del mio servizio, i convogli di feriti, che giungevano,
annunciavano una grande battaglia. Corsi a cavallo attraverso Moulin e Ghatel
fino alla pianura di Gravelotte, dove potei assistere ad una parte dello
scontro al fianco di una batteria di mitragliatrici comandata
meravigliosamente.
Io
ho rivisto una volta ancora, il giorno della capitolazione, il capitano di
questa batteria.
Il
18 andai ancora, la sera, ad assistere alla battaglia, ed incontrai il generale
Grenier: se ne tornava, dopo aver perso, con 1a sua divisione che si ritirava
tranquillamente, avendo combattuto sette ore di seguito senza essere
sostituita. Il giorno dopo il blocco era completo.
«d
io non continuai neppure a cercare dei nemici per questi generali incapaci.
Il
31 agosto e il primo di settembre, tentarono di dar battaglia, e non sapevano
neppure come impegnare le truppe.
Il
disgraziato Leboef, cercò, si disse, di farsi uccidere sul campo, e riuscì solo
a far uccidere scioccamente molti giovani valorosi.
Andai
la sera del 31 a vedere la battaglia al forte di Saint-Julien, e il giorno
dopo, 1 settembre, sul campo di battaglia incontrai certo Saillard, divenuto
capo squadrone, che attendeva ancora con due batterie, il momento di entrare in
azione.
Io
ho provato raramente un più grande stringimento di cuore, vedendo le ultime
probabilità che ci restavano, abbandonate così vergognosamente; chè ogni volta
che ci si batteva, sentivo rinascere la fiducia.» (Scritti postumi di Rossel,
raccolti da Giulio Amigues).
Convinto che la guerra potesse essere ancora vinta se
solo i capi politici e militari avessero veramente voluto combatterla, vide
nella resa della Francia, firmata il 29 ottobre, un autentico tradimento. Egli
ritenne che la ragione di questa "abdicazione" nasceva dal desiderio
di alcuni politici, come Adolphe
Thiers, e marescialli, come Bazaine[9], di ristabilire l'ordine morale,
conservatore e persino monarchico, e per prevenire emergere di una repubblica
moderna, la migliore forma di sistema politico per Rossel.
Bloccato a Metz[8] con una gran parte dell'esercito
francese, cercò di sollevare gli ufficiali patriottici per rovesciare il
maresciallo Bazaine[9]. Egli fallì all'ultimo momento, sfuggì, riuscendo ad attraversare
le linee tedesche, travestito da contadino, mentre Bazaine[9] capitolava dando
un intero esercito intatto al nemico. Rossel passò per il Lussemburgo, poi
Belgio (dove tramite il giornale l’Indépendance
belge, protestò contro la condotta di Bazaine[9] attraverso due
articoli) e infine raggiunse l’Inghilterra. Dall'Inghilterra, andò a Tours[10] per
mettersi a disposizione di Gambetta,
allora Ministro della Guerra. Per prima cosa, denunciò il tradimento di
Bazaine, poi grazie ad un amico del politecnico, Rossel ebbe un incontro con Léon
Gambetta, dove, per cercare di convincerlo a proseguire la resistenza, gli consegnò un serio rapporto che suggeriva
l'opportunità di riprendere i combattimenti. Léon
Gambetta, che oltre ad aver ricevuto dal governo provvisorio la funzione di
ministro della Guerra aveva anche le funzioni di ministro dell'Interno, era già
favorevole alla resistenza, ma fu messo in minoranza all’interno del suo
governo.
Gambetta
organizzò allora un incontro tra Louis Rossel e il delegato del ministro della
guerra, Charles de Freycinet[11],
protestante come lui. Quest'ultimo, nell’incapacità di inquadrare e di
coordinare le armate francesi, assegnò a Louis Rossel il compito di prendersi cura delle armate del
Nord e di istruirne gli ufficiali. Louis Nathaniel Rossel andò nei luoghi
assegnati e ne tornò dopo due settimane, dicendo che la sua missione non era
necessaria. Rossel rivide nuovamente Léon
Gambetta redigendo un rapporto in cui proponeva la ripresa dei
combattimenti. Ma Léon
Gambetta non era più influente, tanto che si dimise il 6 febbraio 1871.
Louis Nathaniel Rossel venne inviato, da un generale di campo, nella
guarnigione di Nevers, con il grado di colonnello. Rifiutò la decorazione della
Legion d'onore.
A quel tempo, i colloqui di
pace tra Francia e Prussia vennero intrapresi dal governo di Thiers.
Rossel non apprezzò questo atteggiamento e aspettò solo un'occasione per
dimostrarlo. Il 18
marzo 1871 Parigi insorse, proclamò la Comune e
costrinse il governo di Adolphe
Thiers a fuggire a Versailles
con l'esercito regolare. Per Louis Rossel, Adolphe
Thiers aveva fatto un patto con il nemico abbandonando il popolo, così,
appena ricevette la notizia dell’insurrezione, come i 107 parlamentari che
hanno votato contro le condizioni di pace, vale a dire la sinistra, Rossel non
accettò la sconfitta, né il governo reazionario, quindi raggiunse subito
Parigi, il 19 marzo, decidendo di aderire alla Comune. Il
giorno dopo Rossel scelse il suo campo di battaglia, spiegandolo in una lettera
al ministro della guerra: “Generale, ho
l'onore di informarvi che vado a Parigi per mettermi a disposizione delle forze
governative che s’istituiranno. Informato da un dispaccio di Versailles reso pubblico oggi, ci sono due
parti in lotta nel paese, mi metto senza esitazione dalla parte di chi non ha
firmato la pace e non dalla parte dei colpevoli della capitolazione generale”.
Appena arrivato, si mise in
contatto con i membri del Comitato del 17°
arrondissement, si presentò al Comitato
Centrale la cui sede era all’Hôtel
de Ville e subito Benoit
Malon lo nominò, il 22
marzo, comandante superiore della legione del
17°
arrondissement.
Il 30
marzo, al Pont de Neuilly, l'esercito di Versailles
attaccò Parigi. Rossel provò a riprendere la
posizione. Fallì e tornò nella capitale e venne incarcerato. Cluseret,
delegato alla guerra, lo fece liberare e gli affidò il suo staff. Cluseret
venne licenziato alla fine di aprile delle sue funzioni e Rossel lo sostituì.
Il 3
aprile divenne capo di Stato maggiore della Comune e
vide la necessità di una migliore organizzazione delle forze militari parigine
e di una maggiore disciplina nel conflitto con Versailles
(in effetti, la maggior parte disertava o rifiutava persino di combattere
mentre l'esercito di Versailles,
molto disciplinato, si trovava alle porte della capitale). Rossel era sostenuto
da gran parte dell'opinione pubblica; quell’ufficiale di 27 anni gettò la
maschera interrompendo la sua carriera militare per gettarsi dentro la Parigi
rivoluzionaria; la sua reputazione di integrità, i ricordi della sua
cospirazione contro Bazaine e la sua fuga da Metz piacquero.
Il 16
aprile, divenne presidente della corte marziale ma si dimise il 24
aprile, urtato dalla mancanza di risorse e di ascolto.
Sin dalle prime battaglie con Versailles,
il Comitato
centrale della Comune si rese conto rapidamente che doveva cercare di
organizzare un esercito. I Comunardi
erano coraggiosi ma inesperti e molto sensibili alle tensioni politiche tra le
varie correnti della Comune.
Questo esercito formato dalla Guardia
Nazionale era poco equipaggiato e obbediva soprattutto ai capi eletti per
la loro appartenenza politica che per la loro competenza. Il generale Cluseret,
che era il comandante dell’esercito all’inizio della Comune,
era un incapace e un megalomane che fu sostituito fin dai primi combattimenti.
Nella notte dal 29
al 30
aprile, dopo l'evacuazione del Fort Issy, che fu la conseguenza di un
attacco delle truppe versagliesi del generale Faron, la Comune
destituì il generale Cluseret,
che sembrò incapace e decise di sostituirlo al Ministero della guerra. Fu a
questo punto che il Comitato
centrale fece un appello a Rossel per provare in un paio di giorni a dare
coraggio ad un esercito che cedeva progressivamente quartieri di Parigi
all'esercito versaglieise. Rossel, il 30
aprile, venne nominato delegato per la Guerra, posizione che tenne fino al 10
maggio, e incaricato di avviare e dirigere le operazioni militari, mentre
il Comitato
centrale della Guardia Nazionale si occupò dei diversi reparti
dell'amministrazione della guerra. Tuttavia, gli mancavano i mezzi e l'esercito
dei Comunardi
era stato appena formato per combattere. Dei 200.000 uomini che formavano
ufficialmente la Guardia
Nazionale, solo alcuni avevano partecipato a delle battaglie.
Rossel diede alla resistenza
contro l'esercito di Versailles
un vero e proprio impulso e per non trascurare alcuna energia, fece appello
alle donne che lo ringraziano per il suo atteggiamento. Centralizzò tutti i
poteri e diede tutto la forza possibile ai combattimenti tra gli insorti e
l'esercito di Versailles.
Purtroppo, la situazione della Comune era
disperata e Rossel non era più obbedito, gli ordini che dava non venivano
eseguiti con fedeltà. Alcuni elementi della Comune non
amavano questo "tecnico patriottico". Rossel mantenne le abitudini
dell'ambiente militare da cui proveniva. Pensava che una guerra rivoluzionaria
avesse le proprie caratteristiche. Infatti, cercò di mettere un certo ordine in
quel disordine popolare.
Rossel scoprì ben presto di
essersi esposto all'ostilità di alcuni membri del Comitato
di Salute Pubblica tra cui Felix
Pyat, a causa della disciplina che volle imporre all’esercito
comunardo. Secondo Gaston
Da Costa membro della Comune e
sostenitore di Blanqui,
Rossel, ostacolato nei suoi progetti di riorganizzazione militari dalla
lentezza del parlamentarismo della Comune,
aderì ad una cospirazione per instaurare una dittatura. Secondo Rossel, questa
accusa venne diffusa dal suo avversario più aggressivo, Felix
Pyat, che non era d'accordo con le sue convinzioni personali. Sempre secondo
Da
Costa, Rossel era in trattative con Raoul
Rigault che voleva porre le basi e le condizioni per il ritorno di Blanqui
che sperava di fuggire dal carcere di Figeac[12].
Moulin Saquet |
Dopo che l'esercito di Versailles,
l'8
maggio, prese il Moulin Saquet[13]
e il Fort
Issy, Rossel che cercò invano di organizzare i 7.000 uomini a sua
disposizione, dei circa 12.000 doveva deve avere, per difendere il forte, si
sentì preso da una rabbia violenta e scrisse un comunicato che dichiarava la
perdita del forte e che denunciava le
debolezze della Comune. Di
questo manifesto, che finiva con la frase "la
bandiera tricolore sventola su Fort Issy", ne fece
stampare immediatamente 10.000 copie che fece affiggere sui muri di Parigi, il
giorno successivo, e senza avvisare la Comune. Il
giornale
ufficiale della Comune cercò di negare questa notizia; ma la
popolazione apprese presto che Rossel aveva detto il vero.
Così venne ingiustamente propagata contro di lui la notizia di
tradimento da parte di Pyat
e Miot
che ne richiesero in vano il suo arresto, Rossel inviò alla Comune le
sue dimissioni, in una lettera in cui spiegava la situazione e gli ostacoli di
ogni genere che incontrò nello svolgimento delle sue funzioni e reclamò una cella nella prigione di Mazas: "Il mio predecessore, -si legge al
termine della lettera- ha avuto il torto di
lottare in mezzo a questa situazione assurda. Illuminato dal suo esempio, conoscendo la forza di un
rivoluzionario consiste solo nella nitidezza della situazione, io ho due linee
da seguire: rompere l’ostacolo che intralcia il mio lavoro o ritirarmi.
Non romperò l'ostacolo perché l'ostacolo
siete voi e la vostra debolezza; Non voglio attaccare la sovranità pubblica.
Mi dimetto ed ho l'onore di chiedere una cella nel carcere di Mazas".
Il 10
maggio, assistette ad una parata delle truppe in place de la Concorde. In
seguito si recò all'Hôtel
de Ville. La sua presenza sollevò una tempesta tra i delegati. La Comune voleva
mandarlo davanti alla corte marziale. Alcuni membri del Comitato
di Salute pubblica lo volevano apertamente morto, mentre altri lo vedono
come la loro unica speranza. Lo stesso giorno, Rossel venne arrestato per
ordine del Comitato
di Salute Pubblica e trasferito in una sala del municipio sotto la custodia
molto "soft" e molto amichevole di Varlin
e poi di Gérardin.
Quasi tutta la stampa si schierò a sua difesa.
Il Fort d’Issy dopo i bombardamenti del 1871 |
Secondo Da
Costa, dopo la caduta di Fort Issy e le dimissioni di Dombroswski,
Rossel sperava di approfittare dello shock per convincere le legioni dei Federati,
nel corso della parata delle truppe in place de la Concorde, a marciare sull’Hôtel
de Ville per rovesciare l’Assemblea
della Comune. In tarda mattinata, il numero di uomini delle legioni riuniti
nella piazza gli sembrò insufficiente per fare il tentativo, si recò allora
all’Hôtel
de Ville per valutare la condizione dell'Assemblea,
e davanti all’accoglienza ostile di molti delegati, si sarebbe poi dimesso.
Dopo il suo arresto, organizzò
la sua fuga con il suo amico Charles
Gérardin. Ferito a seguito di un incidente a cavallo, Rossel rimase a
Parigi, nascosto fino al 7 giugno presso l’hôtel de Montebello in boulevard
Saint-Germain. L’incidente accadutogli gli impedì di continuare a lottare per
la Comune.
Nelle stanze dell’hôtel, durante la «Settimana
sanguinante», egli scrisse parole lucide sulla Comune e
la società: "Cosa hanno fatto le
classi dominanti per i poveri? Che
cosa hanno fatto per rendere le tasse meno pesanti per coloro che guadagnano
meno, per dividere in parti uguale a tutti il grande sviluppo della ricchezza
pubblica? Non capite che
facciamo le rivoluzioni? Ditelo. Leggete alcune righe che riassumono i prodotti dei
diversi redditi del paese e vedrete come il legislatore colpisce il necessario
e risparmia il superfluo degli altri. Le Camere francesi sono state
profondamente egoiste. Hanno sempre favorito i loro parenti, i loro amici, i
loro uguali”.
La fucilazione
Il 7 giugno, Rossel venne
arrestato dal capo della Sûreté; diede un'altra
identità, ma fu formalmente riconosciuto.
Imprigionato
a Versailles scrisse; "Qualsiasi
governo che avrebbe potuto salvare l'onore della Francia (nella lotta contro la
Prussia) avrebbe avuto il mio sostegno".
Il 28
settembre, il 3°
Consiglio di guerra lo condannò alla pena di morte ma Rossel, aiutato dalla
sua famiglia e dal suo avvocato Maitre Joly, fece annullare per un
cavillo quel giudizio. Un
nuovo processo ebbe luogo il 7 ottobre 1871. Rossel comparve davanti al 4°
Consiglio di Guerra, che lo condannò di nuovo alla morte, all'unanimità.
Petizioni da Nimes, da Metz,
da Montauban, dagli studenti parigini, dalle dame della Legione d'Onore, gli
appelli del colonnello Denfert-Rochereau - eroe di guerra -, di Victor
Hugo, del generale Vergnes e degli ufficiali del campo Nevers, di tutti i
notabili protestanti, la richiesta del Consiglio Generale della Senna,
l’incontro del padre di Louis-Nathaniel con Adolphe
Thiers non furono sufficienti a cambiare la sentenza e di ottenere il suo
perdono dalla commissione delle grazie.
Adolphe
Thiers propose a Louis Rossel la grazie se avesse accettato l’esilio a
vita. Rossel si rifiutò, assumendosi le sue responsabilità, non volendo tradire
il suo paese e le sue convinzioni o «alleviare la coscienza» di Thiers.
La morte di Rossel
La mattina dell'esecuzione, il
28 novembre 1871, Rossel chiamò il suo pastore protestante e amico, Passa,
consegnandogli una lettera che era suo testamento politico: "Ti scongiuro nel caso in cui le parti che ho
sostenuto arrivino al potere e minaccino i loro avversari di vendetta, fai
uso di questa lettera per dire loro che nella mia ultima ora, esorto coloro che
hanno l’onore a difendere la libertà, di non vendicare le loro vittime. Sarebbe
indegno per libertà e per noi che siamo morti per questa. Il tuo devoto amico,
Louis Nathaniel Rossel".
Executione di Rossel,Bourgeois e Ferré a Satory |
Alle otto del mattino fu
portato sull'altopiano di Satory[14]
insieme all'ex delegato alla sicurezza generale Théophile
Ferré e ad un ex sergente Pierre
Bourgeois, condannati alla stessa pena, e caddero sotto i proiettili di un
plotone di esecuzione scelto dal suo reggimento....
Secondo
l’avvocato e politico francese Elie Peyron[15],
nel
suo articolo «La mort de Rossel», apparso in La Revue Socialiste
nel 1902, da un punto di vista giuridico, la sentenza emessi su Rossel fu
illegale e costituì un aborto spontaneo della giustizia. La sua esecuzione fu,
da Adolphe
Thiers, motivata politicamente: "Abbiamo dovuto dare un esempio".
Questo coraggioso e competente
ufficiale della Comune è
stato spesso dimenticato dagli storici conservatori o progressisti. Dalle
origini borghesi, Rossel si trovato al fianco del popolo non per l'ideale
rivoluzionario, ma perché pensava che l'esercito della Comune potesse
ritornare, dopo la vittoria, contro l'invasore prussiano. Questa motivazione
non gli impedì di condividere il destino tragico dei dirigenti della Comune insieme
ai quali venne fucilato.
Alla vigilia della sua
esecuzione, scrisse le sue memorie, un lucido ritratto della Comune.
"Stavo cercando
patrioti, e trovai persone che avrebbero consegnato forti prussiani, piuttosto
che sottomettersi all'Assemblea
[…] Ero alla ricerca di uguaglianza, e trovai la complessa gerarchia della
federazione […] Il feudalismo degli ignari funzionari che ha detenevano tutte
le forze vitali
di Parigi […] C'è un punto sul quale io considero la Comune come
un esperimento completo: è l'insufficienza della classe operaia verso il
governo. È necessario che fino ad un nuovo ordine l'esercizio delle funzioni
governative restino nelle mani della borghesia finché il popolo non sia
sufficientemente istruito".
Questo giudizio duro spiega
perché i grandi ammiratori della Comune, in
particolare Marx,
quasi ignorarono completamente il delegato alla guerra Rossel. Eppure è stato
lui ad organizzare meglio la resistenza popolare delle armate della Comune.
Come i suoi predecessori del
genio, Vauban o Carnot, il Colonnello Rossel era a conoscenza della sorte e dei
destini della gente semplice, cercò di mettere la sua convinzione ed efficacia
al servizio di una causa che pensava giusta. A differenza dei suoi compagni di
sventura che hanno presentato la rivolta come rivoluzione unicamente dei
lavoratori, col senno di poi possiamo affermare oggi che il colonnello Rossel
ha agito principalmente per patriottismo. Questo ufficiale del genio non ha mai
accettato la sconfitta del 1870 e ha cercato con tutti i mezzi, tra cui la
ribellione, di rifiutare la resa.
Louis Nathaniel Rossel fu
sepolto con discrezione e di notte, al cimitero protestante di Nîmes, accanto a
sua sorella e ai suoi genitori.
Sulla sua vita sono stati
girati due film per la televisione francese (Le Destin de Rossel nel
1966 con Sami Frey, e Rossel et la Commune de Paris nel 1977 con André
Dussollier).
I suoi
numerosi scritti durante la sua prigionia illuminano la sua personalità. Sua sorella Bella ha dedicato
la sua vita a far conoscere questi testi.
Edith
Thomas[16], nella sua biografia di Rossel [Rossel, NRF, Paris,
1967] scrive che il commissario della polizia centrale di Versailles
ha partecipato il 28 novembre 1871 all'esecuzione di Ferré,
Bourgeois
e Rossel che così ne trascrisse:
«Sebbene
la voce di questa triplice esecuzione
fosse diffusa, la popolazione era quasi indifferente al tragico evento che
stava per svolgersi, e difficilmente qualche curioso cercò di partecipare a
questa cerimonia lugubre. Alle 5 di quella mattina i detenuti vennero avvertiti
che l'ora fatale per loro stava arrivando. Alle 7 il corteo funebre lasciò la
prigione, preceduto da un plotone di corazzieri e scortato dalla Gendarmeria a
cavallo, per rue St Pierre, l’avenue de Paris, l’avenue de la
Nairie, l’avenue de Sceau e l’avenue du Camp. I tre
condannati erano in un'auto da trasporto militare in cui avevano avuto preso
posto monsignor. Passat, pastore protestante e dall’abate Follet, cappellano
della prigione. Arrivarono alle 7 e 20 sull'altopiano Satory[14] dove erano riuniti il reggimento del Genio e i
distaccamenti dei diversi corpi dell'esercito di Versailles.
Rossel scese per primo dall’auto e immediatamente andò, accompagnato dal.
Pastore protestante, sul luogo dell'esecuzione e posto al picchetto cui era
destinato e di fronte al quale si trovava il plotone di esecuzione, Bourgeois
venne assistito dall'abate Follet, quindi Ferré
solo tra due gendarmi. Erano appena riusciti a sentire un rullo di tamburi, e
pochi secondi dopo i fuochi dei tre plotoni annunciarono che era stata fatta
giustizia. Rossel cadde per primo, la morte fu istantanea, sette proiettili, due dei quali erano passati attraverso il
cuore, lo avevano raggiunto al petto; Bourgeois
e Ferré
vennero meno mirati; solo tre proiettili, le cui
ferite non furono letali, avevano colpito entrambi e dovettero ricevere il
colpo mortale per portare loro la morte. I volto
di questi tre disgraziati erano fieri; non
avevano dato segno di debolezza. Rossel, soprattutto, tenne un'ammirevole
comportamento, se possiamo usare questa espressione detta dai testimoni più
vicini al momento dell'esecuzione. Tutti e tre inizialmente si erano rifiutati
di essere bendati, ma dopo un’insistenza fatta a loro Rossel e Bourgeois
hanno accettarono la benda. Solo Ferré
dato che non avevamo tre bende, è stato colpito senza avere gli occhi coperti.
Prima di ricevere il fuoco dal plotone del Genio che aveva la dolorosa missione
di sparargli, Rossel espresse il desiderio di salutare uno dei suoi
commilitoni, il Capitano del Genio, che era stato uno dei suoi Giudici al
Consiglio di Guerra - questo Ufficiale fu incapace di andare da lui, Rossel ha
aggiunto: "ditegli che ha fatto solo il suo dovere condannandomi e che mi
dispiace di non essere riuscito a stringergli la mano prima di morire".
Dopo la sfilata delle truppe, misi nelle bare i tre cadaveri che furono
immediatamente trasportati al cimitero di St. Louis, dove furono sepolti in una
fossa separata. Durante la mia assenza, il padre di Rossel era venuto nel mio
ufficio per rivendicare il corpo di suo figlio e allora ha ottenuto il permesso
di farlo trasportare all'ospedale militare per l'imbalsamazione e portarlo a
Nismes[17].
Il Commissario Centrale
firma: illeggibile».
[1] Capoluogo
del dipartimento delle Côtes-d'Armor, in Bretagna,
[2] Capoluogo
del dipartimento del Gard nella regione dell'Occitania.
[3] Capoluogo
del dipartimento delle Côtes-d'Armor, in Bretagna, che si affaccia sul golfo di
Saint-Malo.
[4] Capoluogo
del dipartimento francese della Saona e Loira nella regione Borgogna-Franca
Contea.
[5] Capoluogo
del dipartimento del Gard nella regione dell'Occitania.
[6] Nel
dipartimento della Sarthe nella regione dei Paesi della Loira.
[7] Jean Macé (Parigi, 22 agosto 1815 – Monthiers, 13 dicembre 1894) pedagogo, insegnante,
giornalista e politico francese creando
così la Lega dell’Istruzione nel 1866 che
combatte per l'istituzione di un scuola libera, obbligatoria e laica.
[9] François
Achille Bazaine (Versailles, 13 febbraio 1811 – Madrid, 23
settembre 1888) è stato un generale francese, maresciallo di Francia dal 1864.
[11] Charles Louis de Saulces de
Freycinet è stato un politico e ingegnere francese. Divenne collaboratore di Gambetta come
delegato alla guerra nel governo
di difesa nazionale del 1870–1871, durante la guerra
franco-prussiana, e sostenne, per quanto era nel suo ruolo, il
giovane ufficiale Louis Rossel nell'opporsi all'armistizio con
la Prussia. Fu
nominato ufficiale della Legion d'onore nel 1870.
[12] Nel
dipartimento del Lot nella regione dell'Occitania.
[13] La Redoute du Moulin de Saquet, a
volte chiamato Redoute Moulin Saquet o semplicemente Moulin Saquet era una
delle opere complementari della prima cintura di forti a Parigi.
[15] Elie Scipion
Peyron (Nîmes 21 dicembre 1857 - Crest 25 giugno 1941) è stato un politico
francese, avvocato presso la Corte d'appello di Nîmes, consigliere del
distretto di Nîmes e vice deputato S.F.I.O. del Gard.
[16] Edith
Thomas (23 gennaio 1909, Montrouge - 7 dicembre 1970, Parigi) era un romanziere, archivista, storico e giornalista
francese. Pioniera bisessuale della storia delle donne, si dice abbia ispirato
un personaggio del romanzo erotico Story of O.
[17] Nismes (è una sezione del comune di
Viroinval situata nella regione vallona nella provincia di Namur (Belgio).