L’INTERNAZIONALE ANTIAUTORITARIA
L'Internazionale antiautoritaria (o Internazionale
anarchica) è stata un'organizzazione anarchica internazionalista costituitasi
nel 1872 a Saint-Imier (Svizzera) grazie all'impegno dei partecipanti alla Federazione
anarchica del Giura. Fu la conseguenza dei conflitti tra marxisti e
anarchici nell'Internazionale, che provocò l'espulsione degli
anarchici dalla stessa e la convocazione del Congresso di S. Imier da cui
scaturì la costituzione di una nuova Internazionale: l'Internazionale
antiautoritaria.
Il movimento operaio si era diretto, spinto da profonde forze
storiche, verso gli stessi tipi di organizzazione che gli anarchici
aborriscono; sindacati legalitari, partiti
social-democratici. L’organizzazione unitaria e blanda tentata dall’A.l.L.
fallì; l’esempio della Germania
dimostrò che i socialisti potevano entrare nei parlamenti, quello dell'Inghilterra che i
sindacati potevano diventare interlocutori riconosciuti. Queste tendenze
apparvero non unicamente tra i «marxisti», ma in alcuni casi anche nei ranghi dell’Internazionale anti-autoritaria; le opposizioni scoppieranno al congresso
del 1876.
Gli
italiani, che nel 1874 avevano rifiutato di
inviare delegati a Bruxelles dichiarando che “il tempo non è più
dei congressi, ma dell’azione” parteciparono questa volta numerosi: dovevano sia
difendere le azioni condotte in Italia sia sostenere le posiziona anarchiche contro le tendenze centraliste dell’Internazionale. Il dibattito in effetti si
pose tra Stato e anarchia.
Il Congresso di Saint Imier (15 – 16 settembre 1872)
Gli anarchici della Federazione
del Giura il 15 settembre 1872 convocarono un'assemblea a Saint Imier, in
Svizzera, come un Congresso straordinario dell'Internazionale
operaia e si dedicarono ad organizzare, secondo la formula di Kropotkin[1]:
“la rivolta permanente mediante la parola, lo scritto, il pugnale, il
fucile, la dinamite”.
Furono presenti i delegati del Giura, dell'Italia,
degli Stati Uniti, e anche alcuni delegati francesi e spagnoli, mentre non si
presentarono i tedeschi, gli inglesi, i belgi. Tra i delegati Bakunin,
Carlo Cafiero[2], Errico Malatesta[3],
Andrea Costa[4], Giuseppe Fanelli[5],
James Guillaume[6], i Comunardi
Jean-Louis
Pindy e Gustave
Lefrançais e Adhémar Schwitzguébel[7].
Il Congresso internazionale riunitosi a Saint-Imier[8]
il 15 e 16 settembre 1872 segnò la definitiva divisione in due tronconi dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori. Venne convocato dalla corrente bakuninista (antiautoritaria)
della Prima Internazionale che rifiutava la legittimità del congresso riunitosi dal 2 al 7 settembre 1872 a L'Aja. Il congresso si proclamò
legittimo rappresentante dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori disconoscendo la validità del congresso dell'Aja (che aveva appunto sancito l'espulsione degli anarchici)
giudicandolo non-valido in quanto manipolato dai marxisti e di conseguenza ne
convocarono un altro a Ginevra (1-6 settembre 1873). Venne condannata la
partecipazione all'attività politica e la concezione marxista di uno Stato
operaio e venne stabilito che lo scopo da raggiungere era "la creazione
di un'organizzazione economica assolutamente libera e di un regime federativo
basato sul lavoro e sull'eguaglianza e del tutto indipendente da ogni governo
politico" di conseguenza, proclamò il congresso: "la
distruzione di qualsiasi tipo di potere politico è il primo compito del
proletariato".
Nel corso del 1871-1872 i contrasti tra l'ala
bakuninista e quella marxista in seno alla Prima Internazionale andarono approfondendosi. Nel novembre 1871 i delegati della
Fédération
Jurassienne e alcuni espatriati residenti a Ginevra si riunirono a
Sonvilier (l'incontro è noto come Conferenza di Sonvilier) e vi
approvarono una circolare in cui accusavano Marx di
voler "introdurre nell'Internazionale
lo spirito autoritario" attraverso una rigida centralizzazione,
rivendicavano il mantenimento del "principio dell'autonomia delle
sezioni" ed un'organizzazione di stampo federalista. La circolare ottenne
adesioni non solo nelle federazioni italiana e spagnola (già vicine a Bakunin)
ma anche in Belgio, Olanda e Inghilterra.
La Federazione italiana si riunì dal 4 al 6 agosto
1872 nella Conferenza di Rimini; qui vennero condannate aspramente le posizioni
di Marx e il Consiglio generale dell'Internazionale venne accusato di aver scelto deliberatamente
per il successivo congresso internazionale (2-7 settembre 1872) la sede decentrata dell'Aja allo scopo
di ostacolare la partecipazione delle sezioni vicine a Bakunin.
La Federazione italiana decise quindi di non partecipare al congresso
dell'Aja proponendo la convocazione di un "Congresso generale
antiautoritario" a Neuchatel in Svizzera.
In queste condizioni il congresso dell'Aja vide una ridotta partecipazione degli antiautoritari, Marx
poté agevolmente imporre le proprie posizioni, Bakunin
e Guillaume[6] vennero espulsi e la sede dell'Internazionale
venne trasferita a New York.
Nasceva così quella che verrà poi definita Internazionale
antiautoritaria o Internazionale di Saint-Imier o Internazionale
anarchica, grazie all'impegno dei partecipanti alla Federazione
anarchica del Giura. Mentre il troncone marxista si dissolse rapidamente
l'Internazionale di Saint-Imier riuscì ad acquisire progressivamente anche
l'adesione delle sezioni belga, olandese, dei lassalliani tedeschi e la
partecipazione della sezione inglese.
l'Internazionale antiautoritaria celebrò altri
quattro congressi:
Congresso di Ginevra, (Svizzera), dal 1 al 6
settembre 1873.
Congresso di Bruxelles, (Belgio), dal 7 al 12
settembre 1874.
Congresso di Berna, (Svizzera), dal 26 al 29 ottobre
1876.
Congresso di Verviers, (Svizzera), dal 6 all'8
settembre 1877.
La forte repressione a cui furono
sottoposte le federazioni italiana, spagnola e francese e i dissidi tra
anarchici e riformisti (belgi di Cesar de Paepe, lassalliani e inglesi)
portarono progressivamente alla dissoluzione anche questo troncone della Prima Internazionale.
Le risoluzioni adottate dal Congresso di Saint-Imier
riassumono i punti fondamentali dei principi per i quali Bakunin ei suoi compagni avevano combattuto contro gli "autoritari
marxisti"; esse sono una vera e propria carta dei lavoratori anarchici,
prodotto dell'antagonismo tra lavoro e capitale, come terreno privilegiato per
preparare l'emancipazione del proletariato.
PRIMA RISOLUZIONE
Atteggiamento delle Federazioni riunite in Congresso a
Saint-Imier, in riferimento alle risoluzioni del Congresso de L'Aia e del
Consiglio generale
Considerando,
che l'autonomia e l'indipendenza delle Federazioni e delle Sezioni
operaie sono la prima condizione dell'emancipazione dei lavoratori;
che qualsiasi potere legislativo e risolutivo accordati ad un
Congresso sarebbe una violazione flagrante di questa autonomia e libertà;
Questo Congresso nega in principio il diritto legislativo di tutti
i Congressi, siano generali o regionali; non riconosce ad essi altra missione
che quella di mettere in presenza le aspirazioni, i bisogni e le idee del
proletariato delle differenti località o paesi, al fine che la loro
armonizzazione si operi il più possibile; afferma che in nessun caso la
maggioranza di un Congresso potrà imporre soluzioni alla minoranza. Il
Congresso delle Federazioni presenti a Saint Imier dichiara di respingere tutte
le risoluzioni dei Congresso dell'Aja, e di non riconoscere nessun potere al
nuovo Consiglio Generale, e per salvare la libertà delle Federazioni nazionali
e mantenere i principi della 1° Internazionale dei lavoratori i delegati
gettano le basi di un progetto di Patto di solidarietà fra le Federazioni.
SECONDA RISOLUZIONE
Patto di amicizia, solidarietà e reciproca difesa tra
le libere Federazioni
Considerando,
che la grande
unità dell'Internazionale non è fondata sull'organizzazione artificiale e
sempre nefasta d'un potere centralizzatone qualsiasi, bensì sull'identità reale
:degl'interessi e delle aspirazioni del proletariato di tutti i paesi e
sull'associazione spontanea e libera delle Federazioni e delle Sezioni del
mondo intero;
Considerando,
che in seno
all'Internazionale esiste, apertamente manifestatasi al Congresso dell'Aja, una
tendenza della parte autoritaria che è quella stessa del Partito comunista
tedesco che sostituì la sua dominazione e il potere dei suoi capi al libero
sviluppo e all'organizzazione spontanea e libera del proletariato;
Considerando,
che la
maggioranza del Congresso dell'Aja, al fine di soddisfare le ambizioni del
Partito suddetto e dei suoi capi, ha cinicamente sacrificato i principi
dell'Internazionale;
che il nuovo
Consiglio nominato da quella maggioranza, e da essa investito di poteri ancora
più grandi di quelli che avrebbe desiderato arrogarsi per mezzo della
Conferenza di Londra, minaccia di distruggere l'unità dell'Internazionale ed
ogni libertà;
I delegati
delle Federazioni e Sezioni spagnole, italiane, giurassiane, olandesi,
francesi, americane, riunite in questo Congresso, hanno concluso (salvo la loro
accettazione e conferma definitiva) il seguente patto d'amicizia, di
solidarietà e di mutua difesa:
1. Le
Federazioni su nominate e quelle altre che vorranno aderire a questo patto
avranno fra di loro delle corrispondenze e comunicazioni dirette e regolari,
indipendenti da qualsiasi controllo centrale.
2. Quando una
di queste Federazioni o Sezioni si troverà attaccata nella sua libertà sia
dalla maggioranza di un Congresso, sia dal Governo, sia dal Consiglio Generale
creato al Congresso dell'Aja, tutte le altre Federazioni si proclameranno
assolutamente solidali con essa. Le Federazioni proclamano altamente che la
conclusione di questo patto ha per scopo principale l'unione
dell'Internazionale minacciata dalle ambizioni dei capi del Partito autoritario
comunista.
TERZA RISOLUZIONE
Natura dell'azione politica del proletariato
Considerando,
che il volere imporre al proletariato una linea di condotta o un
programma politico uniforme, come l'unica via che possa condurlo alla sua
emancipazione sociale, è una pretesa assurda e reazionaria;
Considerando,
che nessuno ha il diritto di privare le Federazioni autonome della
facoltà di determinare e seguire la linea di condotta che credono la migliore;
e che ogni tentativo intrapreso in questo senso condurrebbe al più rivoltante
dogmatismo;
Considerando,
che le aspirazioni del proletariato non possono avere altro fine
che quello di stabilire una organizzazione e una federazione economica libere,
basate sul lavoro e l'eguaglianza di tutti, ed assolutamente indipendenti da
ogni potere politico, organizzazione e federazione che saranno soltanto il
risultato dell'azione spontanea del proletariato, dei corpi di mestiere e delle
comuni autonome;
Considerando,
che ogni organizzazione politica non può essere che
l'organizzazione del dominio d'una classe a detrimento delle masse, e che
quando il proletariato s'impadronisse del potere si trasformerebbe a sua volta
in classe dominante e sfruttatrice;
il
Congresso di Saint Imier dichiara:
1. Che la distruzione d'ogni potere
politico è il primo dovere del proletariato;
2. Che l'organizzazione
d'un potere politico provvisorio sedicente rivoluzionario e capace d'accelerare
la distruzione dello Stato, non può essere che un inganno di più e sarebbe
tanto pericolosa come i governi oggi esistenti;
3. Che respingendo
ogni compromesso al fine di attuare la rivoluzione sociale, i proletari d'ogni
paese devono stabilire, al di fuori di ogni politica borghese, la solidarietà
dell'azione rivoluzionaria.
QUARTA RISOLUZIONE
Organizzazione della resistenza del lavoro -
Statistiche
La libertà e il
lavoro sono la base della morale, della forza, della vita e della ricchezza
dell'avvenire. Ma il lavoro se non è liberamente organizzato si trasforma in
oppressione e per evitare ciò l'organizzazione libera del lavoro è una
condizione indispensabile della vera e completa emancipazione del proletariato.
Il libero
esercizio del lavoro necessita il possesso della materie prime e del capitale
sociale. E' impossibile organizzare il lavoro se l'operaio, emancipandosi della
tirannia politica ed economica, non conquista il diritto di svilupparsi
completamente in tutte le sue facoltà. Ogni stato, ogni governo ed ogni
amministrazione delle masse popolari, sono necessariamente fondate sulla
burocrazia, sull'esercito, sullo spionaggio, sulla chiesa, ed è per questa
ragione che non potranno mai realizzare una società basata sul lavoro e sulla
giustizia. L'organismo statale per sua natura è necessariamente spinto a negare
la giustizia e ad opprimere il lavoro. L'operaio non potrà mai emanciparsi
dall'oppressione secolare, se allo stato assorbente e demoralizzante non
sostituirà la libera federazione dei gruppi produttori fondati sull'eguaglianza
e la solidarietà.
Infatti, nei
diversi luoghi ove si è tentato di organizzare il lavoro per migliorare la
condizione del proletariato, il minimo benessere ben presto è stato assorbito
dalla classe dei privilegiati, che tende continuamente a sfruttare la classe
operaia. Ciò non esclude che l'organizzazione sia un fattore di forza tale che
anche nelle condizioni attuali non si può rinunciarvi. In essa il proletariato
fraternizza nella comunità d'interessi, si esercita alla vita collettiva, si
prepara alla lotta suprema.
All'organismo
privilegiato e autoritario dello Stato si dovrà sostituire l'organizzazione
libera e spontanea del lavoro, che sarà una garanzia permanente del
mantenimento dell'organismo economico contro quello politico. Lasciando alla
pratica della rivoluzione sociale i dettagli dell'organizzazione positiva, noi
intendiamo perciò organizzare solidamente la resistenza su larga scala.
Lo sciopero
sarà per noi un mezzo prezioso di lotta, benché non ci facciamo illusioni sul
suoi risultati economici. Noi l'accettiamo come un prodotto dell'antagonismo
fra lavoro e capitale. In questo antagonismo gli operai diventeranno sempre più
coscienti dell'abisso che esiste fra la borghesia e il proletariato. Attraverso
le piccole lotte economiche il proletariato si prepara alla grande lotta
rivoluzionaria che distruggerà tutti i privilegi e le classi e darà all'operaio
il diritto di godere del prodotto integrale del suo lavoro e con questo gli
procurerà i mezzi di sviluppare tutta la sua forza materiale e intellettuale e
morale.
La Commissione
propone al Congresso di nominare una commissione che dovrà presentare al
prossimo Congresso un progetto di organizzazione universale di resistenza, e
delle tavole esauriente sulle statistiche del lavoro nelle quali questa lotta
attingerà qualche indicazione. Essa raccomanda l’organizzazione spagnola come
la migliore attualmente.
RISOLUZIONE FINALE
Il Congresso propone di inviare copia di tutte le
risoluzioni del Congresso, e del Patto di amicizia, solidarietà e reciproca
difesa, a tutte le federazioni operaie del mondo, e di accordarsi con esse sui
problemi che sono di interesse generale per tutte le federazioni libere.
Il Congresso
invita tutte le federazioni che hanno concluso tra di loro questo patto di
amicizia, solidarietà e reciproco appoggio, di mettersi d’accordo
immediatamente con tutte le federazioni o sezioni che vorranno accettare questo
patto, per determinare la natura e la data del loro Congresso internazionale,
esprimendo il desiderio che esso si tenga durante i prossimi sei mesi.
I partecipanti al Congresso di Saint-Imier (15 delegati)
6
delegati delle sezioni italiane
Michail
Bakunin, Carlo Cafiero[2], Andrea Costa[4], Errico Malatesta[3], Giuseppe
Fanelli[5], Ludovico Nabruzzi[9]
4
delegati delle sezioni spagnole
Charles
(Carlos) Alerini, Rafael Farga-Pellicer[10],
Nicolas Alonso Marselau[11], Tomàs Gonzáles Morago[12].
2
delegati delle sezioni francesi
2 delegati della fédération jurassienne
James Guillaume[6], Adhémar Schwitzguébe[7].
1
delegato di due sezioni americane
«Le decisioni
del Congresso Generale saranno obbligatorie solo per le federazioni che le
accettano». (Congresso
di Ginevra, 1873)
Il congresso di Ginevra si svolse nella prima
settimana di settembre del 1873. Questo fu indicato come il sesto dell'Internazionale
(in quanto essi si ritenevano i veri esponenti dell'Internazionale dei Lavoratori), anche se i delegati erano soltanto anarchici. Esso sciolse
il Consiglio Generale di New York, riaffermando il principio del federalismo
delle organizzazioni autonome contro la centralizzazione marxista, e a validità
dello sciopero generale rivoluzionario, contro il legalitarismo sindacale e
politico dei marxisti.
Gli anarchici tennero un altro Congresso a Bruxelles
nel 1874, il settimo dell'Internazionale,
in cui si prese atto delle difficoltà del movimento spagnolo e, al contrario,
del crescente sviluppo dell'anarchismo italiano.
I delegati provenivano dall'Italia, dalla Spagna,
dalla Svizzera, dal Belgio, dalla Francia, dagli Stati Uniti; era presente una
delegazione di populisti russi, vicini all'anarchismo bakuninista, che apriva
nuovi orizzonti al movimento.
Malatesta[4] definì
chiaramente la posizione: “Per noi, lo
Stato è l’organizzazione dell’autorità, è un potere che, qualunque sia la sua origine, esiste al di fuori
del popolo e, di conseguenza, necessariamente contro il popolo. ... Per noi lo Stato non dipende dall’estensione geografica di
un dato organismo sociale, ma dalla sua essenza; noi crediamo che possa
esistere uno Stato pure in una Comune o in
un’associazione”.
I belgi proposero la convocazione, per l’anno
seguente, di un congresso socialista universale che esprimesse la solidarietà
delle diverse organizzazioni. Solo gli
italiani e gli spagnoli rifiutarono questo progetto. Queste due federazioni
avevano altri progetti e non credevano
affatto ai congressi. Il tempo dell’azione era giunto e, poiché la pazienza e la dolcezza non sono state
riconosciute, occorre utilizzare mezzi
duri e, se necessario, perfino le stesse armi violente della borghesia.
Finita l'esperienza del’Internazionale
marxista, quasi a risposta, gli anarchici tennero un altro Congresso a Berna,
l'ottavo della serie (se si contano anche quelli della Prima Internazionale). Congresso di un’associazione
che, da dieci anni, aveva i suoi giornali, le sue sezioni, le sue riunioni; un’associazione che dal primo giorno
aveva salutato e sostenuto la gloriosa Comune
di Parigi e di cui facevano parte ancora numerosi protagonisti; una
associazione che era sopravvissuta nonostante i conflitti interni e la repressione degli Stati e i cui membri non temevano né la
prigione né la diffamazione. Fu questa associazione che i socialisti dai
quattro angoli della terra salutavano: lettere e telegrammi provenivano da
Parigi, da Londra e dall’Inghilterra, dalla
Danimarca, dal Portogallo, dalla Grecia, dall’Uruguay. In questo modo è
riconosciuta l’importanza storica di una simile riunione, che a causa della
cattiva volontà degli albergatori e della
polizia fu costretta a ritirarsi al Schwellen-Màlteli,
sulla riva destra dell’Aar che si attraversava con un traghetto.
Comunque la bandiera
rossa sventolava coraggiosamente sull’albergo[13].
A Berna gli anarchici
constatarono una certa crisi del movimento: le Federazioni belghe si erano
ritirate dall'Internazionale anarchica, quelle spagnole erano indebolite, in
Francia gli ex-Comunardi
Malon
e Guesde
si erano allontanati, trascinando con sé molti militanti, gli anarchici
Italiani erano indeboliti dalla sconfitta del tentativo insurrezionale del 1874
di Bologna*. Anche i delegati russi non furono tanti, essendo il movimento
populista preso dalla preparazione della lotta armata che si manifesterà due
anni dopo.
Il raggruppamento più attivo
era quella della Federazione
anarchica del Giura, ma questa non poteva bastare per tenere in piedi un
organismo con pretese internazionali, e così a Verviers (Belgio) si tenne il
nono, Congresso dell'Internazionale anarchica, il 6-8 settembre 1877: il
Congresso decise lo scioglimento dell'Internazionale.
Ma inalberare la bandiera
rossa nelle vie di Berna poteva essere pericoloso. Il 18 marzo 1876 gli
anarchici che avevano voluto commemorare l’anniversario della Comune
di Parigi, erano stati attaccati da provocatori a colpi di
bastone e la loro bella bandiera
rossa - confezionata per l’occasione con l’acquisto di 20 metri di calicò a
55 centesimi il metro da un fornitore della città - lacerata. Nello stesso momento una cerimonia riunì dei proscritti
della Comune
e un gran numero di operai a Losanna; il comizio previsto è stato proibito dal
sindaco, ma venne comunque improvvisato in
ragione del folto pubblico.
L’Internazionale
dovette rispondere vigorosamente.
Di conseguenza il 18 marzo dell’anno seguente, tutti i
membri della Federazione del Giura furono chiamati per recarsi a Berna. Questa volta non si sentivano
molto pacifisti; l’officina cooperativa degli incisori aveva trascurato un poco il suo
lavoro abituale per fabbricare tirapugni; i bastoni erano solidi e il cuore
saldo. Un gruppo di giovani si trovò il 18 marzo 1877, una domenica, a Berna; la sfilata era autorizzata dal
prefetto, e tutto sembrava tranquillo; fu Schwitzguébel[7] che ebbe l’onore di
portare la bandiera
rossa.
All’arrivo di un gruppo di
Zurighesi che inalberavano un’altra bandiera, l’entusiasmo era al colmo; il
corteo si mise in moto. Ma appena arrivato
sulla piazza della stazione venne ostacolato da una barricata della polizia
e due gendarmi s’impadronirono della bandiera di Schwitzguébel[7]; la zuffa fu breve e sanguinosa, i gendarmi con la sciabola, gli. operai con i bastoni; il tafferuglio sarà
considerato come una delle prime manifestazioni della propaganda del fatto, i suoi
protagonisti, nell'ambiente rivoluzionario svizzero, furono considerati degli
eroi.
Appena un mese dopo la rissa di
Berna, (3-12 aprile 1877), un gruppo di internazionalisti italiani
mise infine in esecuzione un piano da tempo concertato: un movimento
insurrezionale nei villaggi nei pressi di Benevento, in una regione montagnosa
all’est di Napoli. Una piccola banda armata guidata tra gli altri da Cafiero[3]
e Malatesta[4], arrivò improvvisamente in un villaggio, annunciando che il mondo
sarebbe cambiato, che occorreva abolire lo Stato e la proprietà
nel comune. Accolti favorevolmente dalla
popolazione, con il curato in testa, gli internazionalisti occuparono il Municipio, incendiarono sulla piazza gli
archivi e i titoli di proprietà, distrussero infine l’imposta sul grano del mulino comunale. Dopo alcuni discorsi
continuarono la loro strada e i villaggi
riservarono loro sempre un’accoglienza favorevole - anche se senza eccessivo
entusiasmo - sempre con il curato in prima fila.
Ma l’esercito -
avvertito da una soffiata - seguì le mosse e
dopo aver arrestato alcuni rivoluzionari
prima della partenza, non tardò ad inseguirli sulle montagne.
Nevicava, in quel mese di aprile, la
montagna non era familiare, l’equipaggiamento era pesante e la polvere dei
fucili bagnata. Rifugiata in una stalla, la banda, sfinita e intirizzita, venne
catturata. L’epopea comunque non terminò, poiché il processo avrà luogo dieci
mesi più tardi: in prigione gli internazionalisti riuniti
ricostituirono una sezione, La
Banda del Matese (dal nome delle
montagne dove avevano operato), e Costa[3] la rappresenterà al congresso del 1877.
Gli Italiani sono comparsi
numerose volte davanti ai tribunali e ogni volta hanno difeso, senza timore per la pena, le teorie dell’Internazionale antiautoritaria e
l’insurrezione come mezzo di azione.
La Federazione
anarchica del Giura, essendo contraria allo scioglimento dell’Internazionale,
cercò di rilanciarla negli anni seguenti (ultimo Congresso a La Chaux-des-Fonds
- Cantone di Neuchâtel - nell'ottobre 1880), ma senza risultati rilevanti, e per
questo molti anarchici abbracciarono l'idea dell'azione diretta.
Gli anarchici cercarono, ancora una volta, di
rientrare nell'A.I.L.
del 1896 (la cosiddetta II Internazionale), ma ne furono nuovamente espulsi.
Successivamente, durante il Congresso di Amsterdam (1907), gli esponenti
libertari tentarono nuovamente la costituzione di una nuova Internazionale
anarchica, effettivamente libertaria e libera dall'egemonia marxista.
A
Saint-Imier si sono tenuti periodicamente degli incontri anarchici
internazionali per commemorare il congresso del 1872:
·
15-16 settembre 1922. Parteciparono un centinaio di militanti
provenienti da tutta Europa tra cui Errico Malatesta[4] unico superstite del
congresso del 1872.
·
Dal 8 al 12 agosto 2012 si è tenuto un Incontro anarchico
internazionale a St-Imier per la commemorazione dei 140 anni dal congresso dell'Internazionale
Antiautoritaria.
Bakunin e l'Internazionale antiautoritaria
Premessa
Da un punto di vista psicologico la reazione del
lavoratore nei confronti dello sfruttamento é ambivalente.
Da una parte, potrebbe
desiderarne l'abolizione e questo nella misura in cui abbia una presa di
coscienza radicale, capace cioè di cogliere in profondità gli aspetti della sua
alienazione, ritrovando il lavoro alienato, come frutto della perversione
dell'ambiente e della coscienza.
Dall'altra, potrebbe
"segretamente" aspirare a sostituire lo sfruttatore e quindi a
riprodurre un modo di produzione e un sistema organizzativo fondamentalmente
analogo a quello borghese. Questo potrebbe avvenire, tra l'altro, in
concomitanza con la propria liberazione, nel momento in cui l'antagonismo di
classe sia già a vantaggio della classe subalterna.
Così un riadattamento dello
sfruttamento troverebbe buona parte della sua giustificazione proprio nello
sfruttato che ciclicamente ne sarebbe sempre l'ottuso strumento.
Quest'ultima operazione, come
per il nevrotico, é così forte che, in un primo tempo, si cerca di non
riconoscere i motivi reali che giustificano l'abolizione del lavoro e poi, con
un'immediata rimozione, viene confinato nell'inconscio ogni desiderio
autoritario e ogni tendenza allo sfruttamento del proprio simile.
L'operazione diventa così
profonda che sfugge tanto a se stessi quanto a chi osserva, se non fosse che
già in molti atteggiamenti, affatto normali, di vita quotidiana, si manifesti,
quello che nel capovolgimento della rivoluzione finisce per dimostrarsi nella
sua interezza.
Nell'ambito del movimento
socialista, le due reazioni diventarono facilmente due correnti e quello che
salta immediatamente agli occhi é la constatazione del tentativo di
razionalizzare, di trovare ogni sorta di giustificazione al travestimento
autoritario, che é sempre e in ogni caso spiegato da considerazioni obiettive,
che, alla fine dei conti, sfumano in un realismo superficiale proprio perché
ignorano le ragioni profonde che sono effettivamente la "realtà".
La premessa di rendere al
lavoratore la padronanza del proprio destino costituì la ragione per cui l'Internazionale
raccolse le più disparate categorie ideologiche del mondo operaio. Infatti, la
proposizione secondo cui l'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei
lavoratori medesimi espresse per ogni sfruttato, in tutta la sua incisività e
chiarezza, le condizioni imprescindibili dell'emancipazione proletaria. In
questo senso l'Internazionale
fu effettivamente lo spettro che aggirandosi nei sogni della borghesia li
trasformò in continui incubi.
L'opera dell'Internazionale
rimane enorme; i suoi meriti incalcolabili. Ma essa, organizzazione umana, si
portava in seno l'ambivalenza di ogni sfruttato. Anzi, combattuta
interiormente, ne fu distrutta.
La reazione autoritaria, al
principio in contrasto latente con le esigenze della liberazione totale e,
dopo, sempre più apertamente, fu in ogni caso la componente che si insinuò nel
multiforme spontaneismo internazionalista per prepararne la distruzione e
approdare sterile e senza forze, ma col proprio narcisismo, a New York.
Marx e Bakunin
Marx,
con la sua influenza e in relazione alle sue caratteristiche personali, é stato
storicamente l'affossatore dell'Internazionale antiautoritaria e
disgraziatamente ciò viene inteso un grande merito e un progresso
"scientifico".
Bakunin
che, nonostante la sua intemperanza, aveva intravisto e combattuto fin
dall'inizio tale pericolo, riuscì almeno al momento della scissione ad
illudersi che la classe operaia avanzasse verso una coscienza antiautoritaria.
Le vicende sono note e
spiacevoli per essere ricordate.
C'é tuttavia da credere,
proprio per quanto precedentemente considerato e in concomitanza della trasformazione
dei due personaggi in simboli, che al di là del dissidio personale, il
contrasto sia di un'oggettiva ed estesa dimensione, per cui di fatto, la lotta
può logicamente essere presentata come un fenomeno principalmente di massa.
Si può insomma dire in tutta
tranquillità che, pur se non fossero esistiti Marx e Bakunin,
il contrasto ci sarebbe stato ugualmente e che, se essi ebbero una funzione, fu
certamente importante, ma non determinante.
Congresso
di Rimini
L'azione politica che fa individuare nel contrasto un
fenomeno di massa é senza dubbio da ritrovarsi nel Congresso di Rimini (4 agosto
1872) col quale storicamente il movimento operaio italiano si assunse il
compito di dare una risposta aperta alla polemica marxista-bakuniana. E a
Rimini questo avvenne al di fuori di ogni diretta influenza di Bakunin;
così come precedentemente era accaduto per il Congresso di Sonvillier.
Di fatto il Congresso di Rimini anticipò, con la sua
presa di coscienza e un'azione consequenziaria, quello che prima o poi doveva
necessariamente accadere. In ogni caso, con una potenzialità organizzativa non
indifferente, il Congresso, come dice Nettlau[14]
promosse «una delle più belle federazioni dell'Internazionale»,
tanto più bella perché per quasi un decennio impresse un indirizzo
antiautoritario al socialismo italiano. Inoltre dimostrò che quella presa di
posizione apparentemente locale, di fatto non poteva prescindere da un
contributo globale che vedesse tutta l'Internazionale
interessata in prima persona a spingersi alla decomposizione di ogni
atteggiamento autoritario.
La reazione socialista autoritaria che si identifica
immediatamente col «comunismo autoritario tedesco» e che voleva vincolare tutto
il movimento alla sua tendenza accentratrice, fu l'accusata principale, fu
l'antagonista nascosto della quinta seduta e sostanzialmente di tutto il
Congresso.
Si disse che il Consiglio
Generale, prevaricate le sue funzioni amministrative, avesse usato, e in
primo luogo Marx, «mezzi
indegni» a sostegno di una prassi da identificarsi ormai col «partito comunista
tedesco», che aveva imposto a tutta l'Associazione Internazionale il proprio indirizzo.
Si riformularono e riaffermarono tutte le tesi che
caratterizzavano la corrente antiautoritaria, contro l'accentramento, contro
ogni sistema gerarchico, contro ogni dittatura, dal momento che essa é la
negazione del sentimento rivoluzionario e allontana irrimediabilmente la
possibilità d'una reale emancipazione. Fu postulato e messo in pratica il
potere di tutti i componenti.
La federazione italiana (che pur era stata l'ultima
in ordine di fondazione della vecchia Internazionale)
assunse di conseguenza una drastica posizione nei confronti del Consiglio
Generale tanto da sconfessare praticamente il Congresso dell'Aia, ormai delineatosi succube delle mire di Marx e,
anticipando il Congresso di Saint-Imier, che storicamente confermò
definitivamente la creazione dell'Internazionale antiautoritaria, si definì
inequivocabilmente anarchica.
Conclusione
Si può, in conclusione, dire che tutto questo
processo dalle radici psicologiche e ambientali, ebbe politicamente attraverso
il Congresso di Rimini uno sbocco positivo che tese a definire in maniera
sempre più determinata il campo d'azione della borghesia.
La "dittatura" del proletariato, come
ibrido e sostanzialmente ipocrita travestimento di nuove repressioni, era
smascherato chiaramente dalla decisione imprescindibile che socialismo e
libertà, che autogestione e potere dal basso, rappresentassero l'unico e
insostituibile presupposto per l'emancipazione del proletariato.
L'Internazionale antiautoritaria espresse, con la
propria scissione, non solo la volontà di non lasciarsi irretire da nuove
formule repressive ma anche la disperazione di aver trovato nell'ambito stesso
del proletariato e in alcuni dei suoi migliori difensori un nemico ed un
ostacolo per la sofferta liberazione.
C'é una lettera di quel periodo che, forse, più di
ogni discorso, può dare l'esempio dello stato diffuso dell'internazionalista. È
la lettera di Anselmo Lorenzo[15]
rievocante la Conferenza di Londra:
«Il Consiglio Generale e la maggioranza dei delegati erano
preoccupati soprattutto dalla questione del comando. Non si trattava di
costituire una forza rivoluzionaria e di dare ad essa un'organizzazione
adottando una linea di condotta che porti direttamente allo scopo, ma di
mettere una grande riunione d'uomini al servizio di un capo.
Io mi vidi solo nei miei sentimenti e nei miei pensieri; o
giudicai, forse in un moto di orgoglio che ero il solo internazionalista
presente e mi sentii incapace di fare qualcosa di più utile; e quando espressi
con qualche parola, la mia delusione e il mio dispiacere, mi si ascoltò come si
ascolta cadere la pioggia, ed io non feci alcuna impressione.
Me ne ritornai in Spagna convinto di questa idea: il nostro
ideale era più distante di quanto io non lo avessi creduto, e molti dei suoi
propagandisti erano suoi nemici».
Bakunin
vide chiaramente come possa autodistruggersi la lotta per l'emancipazione;
indicò, nel singolo come nel movimento, la radice della degenerazione:"il
male si nasconde nella libidine di potenza, nell'amore del comando e nella sete
di autorità".
Ci si potrebbe chiedere a questo punto perché
l'Internazionale antiautoritaria sia andata disperdendosi; perché la «scientificità»
dell'autoritarismo socialista sia rimasta egemone delle lotte e della «teoria».
Le risposte potrebbero essere tante; dalle più ovvie:
la conquista del potere in molti paesi, la sua multiforme presenza mista di
compromessi e rinunce.
Si potrebbe dire che un simile socialismo partecipi
alla razionalizzazione del capitale, secondo la stessa pretesa borghese,
avviandosi a costruire un sistema burocratico mondiale al di fuori delle
divisioni «ideologiche».
Si potrebbe dire che per molti il passaggio da
borghese a socialista non sia altro che la continuazione dell'educazione
borghese e dei suoi rapporti produttivi, spesso anche potenziati.
Si potrebbe anche dire, tra le altre ragioni, che
forse l'uomo si avvia alla propria distruzione più facilmente che alla propria
liberazione.
Resoconto gustoso ed insolito dell’incontro anarchico di Saint Imier del 1872.
“Arrivammo alla spicciolata: Malatesta[3], Cafiero[2] e Bakunin giunsero a destinazione grazie al passaggio di alcuni compagni del Ticino che avevano affittato una carrozza, mentre io, Fanelli, Labruzzi e Costa[3] ce la facemmo a piedi. Niente di male, sennonché per arrivare in tempo siamo partiti da Dogliani il 15 di agosto. Un caldo infame prima e grandi escursioni termiche poi. Fortuna che portavo meco del buon vino dolcetto, mentre Costa[3] e Labruzzi avevano comprato delle tume di pecora e capra di Langa e dei ghërsin robatà (grissini). Fanelli[5], come al solito, non aveva niente con sé (d’altronde è amico di Bakunin, che mangia sempre a sbafo) e poi è anziano (infatti è del 1827). Ma lasciamo perdere, ci rifaremo la prossima estate quando andremo a trovarlo a Napoli. Il viaggio, benché faticoso, è stato appagante: abbiamo fatto tappa in diversi posti, abbiamo assaporato innumerevoli cucine locali e, talora, ci siamo prodotti in eccessi, come quella volta che dopo una breve sosta a Milano (credo che fosse il 28 di agosto o giù di lì), siamo andati a mangiare da una zia di James Guillaume[6] che abita in provincia di Como. E lei, vecchietta arzilla e simpatica, non ha pensato bene di cucinarci una versione comasca della cassoeula!!! Come sapete la cassoeula, pur nelle molte versioni in cui si presenta, è composta dalle verze e dalle parti meno nobili del maiale come cotenne, costine con l’aggiunta nelle versioni più elaborate di piedini, verzini (salamini) e testina. Nella versione comasca non si usano i piedini, ma bensì la testa di maiale. Carlo Cafiero[2] si rifocillò come un disperato: sembrava che non mangiasse dal periodo in cui faceva parte della Carboneria. Poi gli è venuta una dissenteria che lasciamo perdere! Ma in fondo non ci è andata così male: dopo aver approfittato ancora delle generosità della zia di Guillaume[6], ci siamo dati ai tuffi e alle lunghe nuotate rinfrescanti nel Lago di Como. Il Nabruzzi[9] ci ha davvero impressionato: si produsse, addirittura, in un tuffo rovesciato con avvitamento! Davvero emozionante: ci disse che sono cose che lui, rivierasco ravennate, aveva imparato da giovincello e che aveva usato per impressionare prima Mazzini e poi Garibaldi, che risultò talmente entusiasta da inviarlo come rappresentante alla Conferenza di Rimini[16] del mese appena trascorso. A pochi chilometri da saint Imier ci siamo incontrati con la delegazione spagnola: tra di loro c’era anche il corso Charles
Alerini. La sera, dopo aver gozzovigliato a dovere, è partita una discussione improbabile su quali fossero i migliori pecorini se quelli italiani, ispanici o corsi. C’è mancato poco che Costa[3] non si azzuffasse con Nicolas Alonso Marselau[11], mentre il vecchio Fanelli[5] aveva preso per il fiocco (alla lavallière) Tomàs Gonzáles Morago[12] con tale forza che aveva arrischiato di strozzarlo. Ho cercato in tutti i modi di far da paciere, ma ce n’ho messo parecchio (tra anarchici è dura). Per fortuna che è intervenuto l’oste portandoci un ottimo Dôle du Valais (pinot e gamay) della Svizzera Vallese che ha riappacificato i cuori esacerbati al canto de l’Internazionale. Siamo arrivati la sera del 14 settembre, in ora tarda: ho fatto appena in tempo a vedere Bakunin con il suo pigiamone di lana che sorseggiava una pessima vodka (me l’ha fatta assaggiare la sera dopo) fatta arrivare direttamente da Mosca. Non vi sto a raccontare il Congresso perché ci sono tutti i documenti scritti, che potrete consultare quando vi pare e piace. Vorrei invece soffermarmi sul dopocena della sera del 15 settembre: dopo una suntuosa cena a base di capunus, un piatto tradizionale grigionese, a base di un impasto (farina e uova cui vengono generalmente aggiunti pezzetti di affettato tagliato a dadini come carne secca, landjäger, prosciutto cotto, andutgel o salsiz) avvolto in una foglia di costa (o di bietola da taglio), bolliti nel latte e nel brodo e poi serviti con un pizzico di speck, formaggio e cipolle, di spätzle, gnocchetti di forma irregolare a base di farina di grano tenero, uova e acqua con cacciagione e delle trecce al burro come dessert (il vino, un riesling renano della casa, non era sicuramente all’altezza del cibo), tutte le delegazioni si sono riunite intorno ad un tavolo circolare (con due rappresentanti per delegazione). I delegati erano stati chiamati a competere, in una degustazione “alla cieca” (coperta), per scoprire il vino nella sua tipologia, denominazione, composizione ed annata. Per la delegazione italiana c’eravamo io e Malatesta[3]; per quella spagnola Nicolas Alonso Marselau[11] eTomàs Gonzáles Morago[12]; per quella francese Camille
Camet e Jean-Louis
Pindy; per la federazione jurassienne James Guillaume[6] e Adhémar Schwitzguébel[7], mentre il delegato delle sezioni americane, Gustave Lefrançais, aveva declinato l’invito perché asserì che, da quando stava in America, aveva bevuto solo del pessimo cabernet e non era in grado di partecipare ad una disputa di alto livello. Bakunin si era talmente innervosito perché non era stato scelto per la delegazione dei degustatori di lingua italiana da sostenere il fatto che, in realtà, eravamo dei nazionalisti sotto mentite spoglie. Proseguì, poi, proferendo insulti della peggior tradizione slava conditi da imprecazioni napoletane ed abruzzesi. Malatesta[3] gli rispose per le rime, dichiarando pubblicamente che non era stato scelto unicamente perché non capiva assolutamente alcunché in fatto di vino. A quel punto Bakunin, risentito come non mai, se ne andò in camera da letto dove sembra che abbia composto, spinto alcune golate di vodka, il famoso aforisma: “la rivoluzione è sempre per tre quarti fantasia e per un quarto realtà”. Intanto la giuria aveva deciso testarci con un vino francese: Errico Malatesta[3] era assai edotto sui vini francesi (sarà stato l’innamoramento per la Comune), mentre io su quelli italiani (e per fortuna che non ci sono capitati quelli svizzeri o spagnoli perché avremmo fatto una figura davvero barbina). E così fu: vincemmo a man bassa. Non fu un problema scoprire che quel vino era un Château Latour di Paulliac della regione di Bordeaux, mentre indovinammo tre delle quattro annate (quella del 1868 era stata altresì piovosa da rendere irriconoscibile il vino). Il cabernet sauvignon era molto evidente e talmente predominante, con quel suo colore profondo e intenso, da esibire tannini tanto esuberanti quanto ben amalgamati: forte nei profumi vegetali caldi e maturi concedeva una buona compattezza selvatica e terrosa. Quindi il merlot, caldo ed avvolgente, comparve a mitigarne gli aspetti più duri. Ma è sul finire che si compì il capolavoro malatestiano: egli individuò sia la presenza del cabernet franc , ma ancor di più dell’impercepibile petit verdot (sarà stato l’1% del totale). Una vittoria sublime! Senza dubbio il contributo del giovane Malatesta[3] alla stesura della Prima risoluzione dell’Internazionale di Saint Imier la dobbiamo anche a questo. Chissà se qualcuno troverà questo scritto, per dare conto del vero a futura memoria.
Il delegato della sezione di Torino, Langa, Genova.
Saint Imier, 15 e 16 settembre 1872”
[1] Pëtr
Alekseevic Kropotkin (Mosca, 9 dicembre 1842 - Dmitrov, 8 febbraio
1921), è stato un militante e teorico dell'anarchia, fautore della "propaganda col fatto", ed uno dei primi
sostenitori dell'anarco-comunismo. Per Kropotkin il
comunismo è l'unico sistema privo di contraddizioni sociali, poiché, secondo il
principio «da ognuno secondo le sue forze, ad ognuno secondo i suoi bisogni», abolisce la
schiavitù del salario e la dipendenza dal bisogno, mediante la spontanea azione
delle masse. Kropotkin, nella sua visione deterministica, è contrario alla
rivoluzione, tuttavia la ritiene fondamentale in certe epoche, in quanto mezzo
di accelerazione del processo evolutivo (Come già sottolineato la visione
meccanicista di Kropotkin non è schematica e rigida. Egli ritiene che è
l'azione cosciente delle masse a determinare i fini). Il comunismo kropotkiniano
vuole abolire non solo la differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale
(come Bakunin)
ma anche quella tra città e campagna. Il comunismo anarchico è il «comunismo senza
governo, quello degli uomini liberi, è la sintesi dei due scopi ai quali mira
l'umanità attraverso i tempi: la libertà
economica e la libertà politica» ed è anche il completamento dell'anarchia, ovvero l'uguaglianza
che completa la libertà. Il comunismo
anarchico è per l'anarchico russo l'opposto dell'individualismo
esattamente come il mutuo appoggio è l'esatto contrario della lotta per
l'esistenza.
[2] Carlo Cafiero (Barletta 1°
settembre 1846 - Nocera Inferiore, Salerno, 17 luglio 1892) è stato pensatore e
uomo d'azione anarchico. È conosciuto come esponente della corrente
comunista-anarchica ed è l'autore del Compendio del Capitale. Dopo un breve
periodo in Francia (1870), ospite del pittore Giuseppe De Nittis, si trasferì a
Londra, dove, dopo aver visto con i propri occhi la penosa condizione in cui
versava la classe operaia londinese, si "convert’" alle idee
socialiste. A Londra incontrò personalmente Friedrich Engels e abbracciò le
idee marxiste. Engels lo invitò a recarsi in Italia per contrastare l'influenza
di Giuseppe Mazzini e Michail
Bakunin nelle sezioni italiane dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Partito da Londra nel maggio 1871, si
stabilìe inizialmente a Firenze, entrò in contatto con i vari circoli
democratici della città toscana e conobbe Luigi Castellazzo, presidente di una
Società Democratica Internazionale, impegnatissima in quei giorni nel sostenere
la Comune
di Parigi. Inizialmente neutrale di fronte alla disputa tra bakunisti e
marxisti, durante i primi mesi del 1872 si schierò apertamente con la fazione
anarchica pro-Bakunin.
Si recò allora in Svizzera per incontrare personalmente Bakunin,
grazie al quale consolidò ancor più la sua scelta collettivista-anarchica. In
questo periodo inviò una lettera ad Engels, nel quale gli illustrò la sua
posizione in favore dell'anarchismo. Divenne così uno dei militanti più attivi
del movimento anarchico italiano. Diventato uno degli anarchici più
intransigenti, Cafiero si recò a Zurigo per incontrare Bakunin
e partecipare con lui al convegno di Saint-Imier indetto dalla Federazione
anarchica del Giura. Questo congresso sancì la nascita dell'Internazionale
antiautoritaria (16-17 settembre 1872). Seguendo i principi organizzativi
di Bakunin,
insieme ad Andrea Costa[5], Giuseppe Fanelli[6], Errico Malatesta[4] e Lodovico
Nabruzzi, entrò a far parte dell'Alleanza
Internazionale dei Socialisti Democratici.
[3] Errico Malatesta (S.Maria Capua
Vetere, Caserta, 14 dicembre 1853 - Roma, 22 luglio 1932) è stato il teorico e
il rivoluzionario anarchico italiano più importante della storia
dell'anarchismo. Insieme a Pierre-Joseph
Proudhon, Michail
Bakunin, Benjamin Tucker e Petr Kropotkin[2] è in assoluto uno degli
anarchici che hanno più di tutti diffuso nel mondo gli ideali dell'anarchia. In
giovanissima età abbracciò gli ideali repubblicani di Giuseppe Mazzini. Il 25
marzo 1868 venne convocato dalla questura di Napoli a causa di una lettera di
carattere sovversivo scritta a Vittorio Emanuele II; il 19 marzo 1870, non
ancora diciottenne, subì il primo di quella che sarebbe stata una lunga serie
di arresti, a seguito di una sommossa organizzata da un circolo studentesco
repubblicano dell'Università di Napoli. Nel 1871, dopo la Comune di
Parigi, abbandonò le idee repubblicane per abbracciare l'ideale anarchico;
nello stesso anno, insieme ad Andrea Costa[5], Carlo Cafiero[3] Tino
Zanardelli, Celso Ceretti e Saverio Friscia, è tra i fondatori della
federazione napoletana dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Il 5 settembre 1872 giunse in Svizzera per
partecipare al Congresso di Saint-Imier; in quell'occasione divenne amico di , Michail
Bakunin. Dopo il congresso iniziò un periodo di intensa attività
sovversiva: nel 1873 fu arrestato a Bologna; nel 1874 partecipò con un piccolo
gruppo ad un fallito tentativo di insurrezione a Bologna*; venne arrestato poco
dopo a Pesaro. Il processo conseguente si risolse con l'assoluzione di tutti
gli imputati, risultando in una notevole popolarità per gli insorti e per
Malatesta in particolare. Nel 1875 visitò Bakunin
a Lugano. Fu delegato della Federazione italiana al Congresso dell'Internazionale
antiautoritaria di Berna del 26-29 ottobre 1876, Il 5 aprile 1877, formando
insieme a Carlo Cafiero[2] ed altri ventiquattro esponenti dell'anarchismo
italiano la Banda del Matese**, partì dalle pendici del Massiccio del Matese
con l'obbiettivo di dare il via ad un'insurrezione. Dopo alcuni giorni di
resistenza, visto l'imponente spiegamento di forze da parte del Regno d'Italia,
gli insorti furono arrestati e processati.
[4] Andrea Costa (Imola, 30 novembre
1851 – Imola, 19 gennaio 1910) è stato inizialmente anarchico protagonista di
numerose iniziative insurrezionali in Italia (Bologna*, Banda del Matese**
ecc.), successivamente passò al socialismo parlamentare diventando il primo
deputato socialista della storia d'Italia. Si mise in evidenza durante il
congresso di Rimini (1872) della sezione dell'Internazionaledei lavoratori e nel 1873 fu arrestato e trattenuto nel carcere di Bologna
per quattro mesi. Il 1 settembre 1873 divenne presidente del IV congresso dell'Internazionale
anarchica di Ginevra e si scagliò contro tutte le fazioni moderate che si
opponevano alle agitazioni per il carovita. Partecipò all'insurrezione
rivoluzionaria di Bologna*, insieme ad Errico Malatesta[4] e Michail
Bakunin, e a quella della cosiddetta Banda del Matese**. Nel 1878 Costa
espatriò in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni repressive orchestrate
contro gli anarchici, successivamente si trasferì a Parigi dove fu arrestato e
condannato a 2 anni di prigione. Il 5 giugno 1879 Costa fu espulso dalla
Francia e ritornò in Svizzera dove si legò sentimentalmente ad Anna
Kuliscioff***. Nello stesso anno sulla «Plebe», del 3 agosto, Andrea Costa, in
una lettera intitolata «Ai miei amici di Romagna», criticò duramente
l'impostazione insurrezionalista e settaria data alla attività dell'Internazionale
in Italia. In pratica abbandonò il movimento anarchico a favore del socialismo
parlamentarista, suscitando un vero e proprio vespaio di polemiche tra
gli'anarchici italiani.
*L'insurrezione di Bologna, avvenuta nel 1874, è stata una storica tappa
dell'anarchismo insurrezionalista italiano. Fu il primo tentativo -il secondo
fu quello operato dalla Banda del Matese**- di un certo rilievo per far
scoccare la scintilla rivoluzionaria che poi si sarebbe dovuta estendere nel
resto d'Italia.
**Dopo la fallita insurrezione di Bologna, il movimento anarchico
italiano dovette fronteggiare una grave crisi in conseguenza della dura
repressione cui fu sottoposto (persecuzioni, arresti, scioglimento di diverse
organizzazioni ecc.). Nel giugno 1876, dopo il processo per i moti di Bologna*,
tutti gli anarchici coinvolti ritornarono in libertà, decisi più che mai della
necessità di rimettere in moto l'attività rivoluzionaria. Nell'inverno del
1876\77, subito dopo il Congresso internazionalista di Berna (26-29 ottobre
1876), soprattutto Cafiero[2] e Malatesta[4] dichiararono che la Federazione
italiana era pronta ad un nuovo atto insurrezionale. Nel Matese (una regione
tra Campania e Molise che nel periodo successivo al risorgimento dimostrò la
propria ostilità al nuovo Stato italiano attraverso il brigantaggio) nel 1877
ci fu una insurrezione attuata tra gli altri da Errico Malatesta[4], Carlo
Cafiero[3], Francesco Pezzi, Napoleone Papini e Cesare Ceccarelli. Costoro
passarono alla storia con il nome di Banda del Matese.
***Anna Kuliscioff (Moskaja, Russia, 9 gennaio 1853 – Milano, 29
dicembre 1925, è stata un'anarchica, medico, femminista e rivoluzionaria russa.
Conosciuta anche per essere stata compagna di Andrea Costa e di Filippo Turati,
dopo l'anarchismo aderì al socialismo e fu tra principali esponenti e fondatori
del Partito Socialista Italiano).
[5] Giuseppe Fanelli (Napoli, 13
ottobre 1827 - Nocera Inferiore, 5 gennaio 1877), inizialmente repubblicano
rivoluzionario, partecipò ai Moti del 1848, alla spedizione dei Mille e a
diverse imprese garibaldine. Fu deputato al Parlamento italiano poi anarchico,
membro della Prima Internazionale e
propagandista dell'anarchismo in Spagna. Aderì giovanissimo alla Giovine Italia
di Giuseppe Mazzini: partecipò ai combattimenti per la repubblica romana
(1848-49) e nel 1857 era affianco di Carlo Pisacane nel tentativo
rivoluzionario intrapreso nel sud Italia. Nonostante i fallimenti non si perse
d'animo e nel 1860 con Garibaldi
partecipò all'impresa dei Mille. Dal 1865 al 1874 fu deputato al Parlamento
italiano venendo eletto nel Collegio di Monopoli. Partecipò con Garibaldi
alla terza guerra d'indipendenza del 1866 e alla spedizione a Roma del 1867. La
svolta della sua vita la ebbe quando incontrò Bakunin
a Ischia nel 1866, che lo portò a schierarsi con l'internazionalismo, il
federalismo e l'anarchismo. . Nel 1868 assistette a Berna (Svizzera) al
"Congresso della Lega
della Pace" quindi partecipò alla creazione dell'"Alleanza
Internazionale della Democrazia Socialista". Entrò a far parte della Prima Internazionale, dove giocò un ruolo importante soprattutto nella diffusione
delle concezioni anarchiche in Spagna. Nello scontro tra Marx e Bakunin prese con decisione posizione a favore del secondo
partecipando attivamente alla Conferenza di Rimini e al successivo Congresso
Internazionale di Saint-Imier.
[6] James Guillaume (Londra, 16
febbraio 1844 - Préfargier, 20 novembre 1916), scrittore e anarchico svizzero,
è stato tra i principali esponenti dell'Internazionale
anarchica fondata a Saint-Imier nel 1872 e dell'anarchismo svizzero. James
Guillaume partecipa attivamente all'attività del movimento internazionalista,
ma ben presto, in sintonia con la maggioranza degli internazionalisti del
Giura, giunge alla conclusione che la classe operaia doveva pretendere di più
che il semplice riformismo. Il congresso dell'Internazionale
a Losanna e quello della Lega
per la Pace e la Libertà a Ginevra, tenutosi nel 1867, convincono
definitivamente l'anarchico svizzero della necessità della rivoluzione sociale.
Il salto ideologico definitivo, lo compie insieme a gran parte dei militanti
del Giura quando in Svizzera giunge, nel 1869, il carismatico anarchico russo Michail
Bakunin. Guillaume si convince così in maniera definitiva che l'eguaglianza
non può realizzarsi che in assenza di Stato. Guillaume si dedica anima e corpo
all'Internazionale.
dall'11 aprile 1870 diviene redattore de «La Solidarité», organo della
federazione romanda dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, e poi viene anche espulso con Bakunin
dall'Internazionale
a causa del suo ruolo preponderante nell'ambito della Federazione
del Giura. Si tratta di una prima piccola scissione interna al movimento
internazionalista che anticipa quanto si concretizzerà nel 1872. James
Guillaume muore il 20 novembre 1916
a Préfargier (Svizzera) e viene inumato a Parigi presso
il cimitero di Montparnasse.
[7] Adhémar Schwitzguébel (Sonvilier,
15 agosto 1844 – Evilard, 23 luglio 1895) è stato un sindacalista e anarchico
svizzero. Orologiaio incisore di professione, fu un organizzatore della Fédération
Jurassienne e un esponente di rilievo della Prima Internazionale e del sindacalismo svizzero. Nel 1866 partecipò al congresso
internazionale
di Ginevra in rappresentanza della sezione di Sonvilier, che aveva
contribuito a creare. Nel 1869 fu delegato al congressointernazionale di Basilea e nel 1871 partecipò alla costituzione della Fédération
Jurassienne. Convinto sostenitore delle teorie di Bakunin
si fece promotore di un socialismo anarchico che propugnava l'avvento di una
società collettivista basata sulla libera federazione delle associazioni
sindacali e delle comuni. Dopo la caduta della Comune
di Parigi (1871) aiutò diversi profughi a trovare rifugio in Svizzera
fornendo loro documenti falsi. Quando lo scontro tra Bakunin
e Marx
in seno all'Associazione Internazionale dei Lavoratori giunse al culmine Schwitzguébel fu tra i
promotori della Conferenza di Sonvilier (1871) dove venne approvata una
circolare in cui Marx
veniva accusato di voler "introdurre nell'Internazionale
lo spirito autoritario" attraverso una rigida centralizzazione, e si
rivendicava il mantenimento del "principio dell'autonomia delle
sezioni" ed un'organizzazione di stampo federalista. Schwitzguébel,
insieme a Bakunin
e a James Guillaume[6] partecipò al congresso della Prima Internazionale a L'Aja (2-7 settembre 1872). La maggioranza marxista chiese
l'espulsione di tutti e tre accusandoli di appartenere segretamente all'Alleanza
Internazionale per la Democrazia Socialista (una associazione che Bakunin
si era impegnato a sciogliere). Bakunin
e Guillaume[6] vennero effettivamente espulsi mentre Schwitzguébel evitò
l'espulsione per un leggero scarto di voti. Subito dopo partecipò al Congresso
Internazionale di Saint-Imier (15-16 settembre 1872) celebrato dalla componente
bakuninista, in cui vennero disconosciute le deliberazioni dell'Aja e venne
creata l'Internazionale
antiautoritaria. Dopo il 1880, pur continuando nell'impegno sindacale e
politico, si orientò progressivamente verso posizioni riformiste. Trasferitosi
a Bienne (1889) dal 1891 fu aggiunto romando presso il segretariato operaio
svizzero (Comité de la Fédération ouvrière suisse), l'anno successivo fu uno
dei promotori della Federazione degli operai dell'industria orologiera, che
costituì il primo tentativo di unire i sindacati del settore orologiero in
Svizzera. Morì a 51 anni a causa di un tumore allo stomaco.
[9] Lodovico Nabruzzi (25 giugno 1846 –
12 febbraio 1916) era un giornalista e anarchico italiano. Ha avuto un ruolo di
primo piano nel dissenso tra i socialisti italiani rivoluzionari ed
evoluzionisti. Ha trascorso diversi anni in esilio in Svizzera e in Francia,
spesso costretto a intraprendere lavori umili e spesso in difficoltà con le
autorità. Nel maggio 1870 assunse l’incarico di redattore e, successivamente,
di direttore responsabile de «Il Romagnolo», edmondario repubblicano di
Ravenna. Il settimanale si chiuse quando Nabruzzi e altri membri dello staff
partirono per difendere la Comune
di Parigi. Riprese la pubblicazione nel giugno 1871 e Nabruzzi fu in carica
per alcuni mesi. Il documento si orientò agli ideali della Comune.
I redattori si definirono "comunisti e internazionalisti" e
respinsero l'autorità di Giuseppe Mazzini. Dopo la Comune
di Parigi, Nabruzzi abbandona il partito mazziniano e si orientò
politicamente in senso internazionalista. Aprì un aspro dibattito contro il
partito repubblicano su «Il Romagnolo», giornale ormai allineato su posizioni
socialiste. Nel novembre 1871 Nabruzzi chiese al Consiglio generale di Londra, con il quale era in corrispondenza, di affidare a
qualcuno l’incarico di venire in Romagna per constatare lo sviluppo del
movimento internazionalista nella regione. Contemporaneamente, entrò in
rapporto epistolare anche con Michail
Bakunin, sulle cui posizioni si trovò sostanzialmente allineato. Entrò nel
consiglio federale della sezione Fascio operaio dell’Internazionale di Ravenna,
fondata, anche con il suo contributo, il 1° gennaio 1872, e che contava, già al
momento della sua costituzione, circa 200 membri. Il 23 gennaio Bakunin
inviò a Nabruzzi una lettera indirizzata agli internazionalisti romagnoli,
nella quale esprimeva il suo dissenso nei confronti delle deliberazioni
approvate alla Conferenza di Londra e delle funzioni attribuite al Consiglio generale. Partecipò all’organizzazione del i Congresso regionale delle
sezioni del Fascio operaio dell’Internazionale romagnola (Bologna, 17-21 marzo
1872), che adottò i principi dell’anarchismo. Nell’aprile successivo Nabruzzi
si recò insieme con Domenico Trombetti a Caprera per convincere Garibaldi
a trovare il modo di conciliare internazionalisti e mazziniani. Per fissare la
linea operativa sulla quale attenersi, Nabruzzi raggiunse Bakunin
a Locarno, dove ebbe la possibilità di essere ammesso nella Fratellanza
internazionale. Come rappresentante di Garibaldi
e come delegato della sezione di Ravenna, Nabruzzi partecipò alla Conferenza di
Rimini (4-6 agosto 1872) e venne eletto alla vicepresidenza. In settembre, a
Zurigo, insieme a Bakunin,
Costa[4], Cafiero[2], Malatesta[3] e altri, Nabruzzi partecipò ad un convegno
in cui vennero preparate le mozioni da presentare al congresso internazionale
federalista di Saint-Imier (15-16 settembre 1872). Nabruzzi, così come gli
altri delegati italiani al congresso, aveva il mandato imperativo di troncare le
relazioni con il Consiglio generale di Londra.
[10] Rafael Farga i Pellicer
(Barcellona, 12 agosto 1844 - 14 agosto 1890 ), era un tipografo, vignettista
politico, pittore, sindacalista, anarchico e giornalista catalano. Era
membro dell'Ateneo della classe operaia ed fu uno dei fondatori e segretario
della direzione centrale dalla 1ª Internazionale di Barcellona nell'ottobre 1868. Ha partecipato
all'organizzazione del congresso dei lavoratori di Barcellona nel dicembre
1868, che ha presieduto. Nel settembre 1869 partecipò al quarto congresso della Prima Internazionale a Basilea, per conto del Consiglio
federale dell’Internazionale
di Barcellona. Era un membro dell'Alleanza
Internazionale della Democrazia Socialista creando un gruppo spagnolo
autonomo. Fu uno degli organizzatori del congresso dei lavoratori di Barcellona
nel 1870, costituendo la Federació Regional
Espanyola dell'A.I.T.
che presiedette anche. Ha preso parte al congresso di Cordova nel dicembre 1872
e ai congressi dell'A.I.T. a L'Aia (settembre 1872) e Ginevra (settembre 1873). Sotto lo
pseudonimo di J. Gómez, partecipò al congresso A.I.T. (organizzato dai
Bakuninisti) a Bruxelles nel settembre 1874. Sui resti della Federació Regional Espanyola promosse la
fondazione della Federació de Treballadors de la
Regió Espanyola (1881).
[11] Nicolás Alonso Marselau (Granada,
??? - Bordeaux ???) era un operaio, scrittore, politico, militante spagnolo. Ha
vissuto le grandi trasformazioni sociali e culturali della seconda metà del XIX
secolo. Seminarista in gioventù, finì per
allontanarsi dalla Chiesa e divenne un repubblicano federale. Perseguitato, dovette andare in esilio prima a Gibilterra e
poi in Francia e Inghilterra. Partecipò alla Conferenza di Valencia per conto degli
ispanici federati l prestigio che ottenne nei primi momenti operai spagnoli è
dato dal fatto che fu eletto delegato al congresso dell’Internazionale de L'Aia (1872) e Saint Imier (1872). Si unì al
corrente bakuniniana e apparentemente all'Alleanza
Internazionale della Democrazia Socialista. È stato arrestato in varie
occasioni per il contenuto dei suoi articoli di stampa. Dopo l'arresto che subì
nel settembre 1873, lasciò la Spagna e si stabilì in Francia. Ancora una volta
la sua vita prese una svolta spettacolare, che non sarebbe stata l'ultima. Nel
1874 si recò a Roma, abiurò delle sue idee sociali e tornò alla Chiesa
cattolica entrando in un convento a La Trappe. Tuttavia, la sua permanenza nel
monachesimo fu di breve durata. Nel mezzo della guerra carlista, si presentò al
quartier generale del pretendente al trono Carlos a Tolosa. Davanti a Carlos,
ha ribadito il rifiuto dei suoi errori passati e si è unito ai ranghi carlisti.
Quando i questi furono sconfitti, tornò in Francia e, per la seconda volta,
entrò in un convento, a Bordeaux.
[12] Tomás González Morago (nato a
Madrid in una data sconosciuta, morto a Granada nel 1885) era un militante
anarchico spagnolo della Prima Internazionale. Di professione incisore, era proprietario di un laboratorio
in Calle Caballero de Gracia a Madrid, che serviva anche da centro per incontri
politici. Alla fine del 1869 intervenne in una manifestazione repubblicana,
dove iniziò i contatti per la creazione di una sezione a Madrid dell'Associazione Internazionale dei lavoratori. Morago era incaricato di preparare il famoso
incontro con Giuseppe Fanelli - l'italiano inviato da Bakunin
per contattare coloro che avrebbero avviatola sezione spagnola della Prima Internazionale. Il compito di Morago nell'organizzazione fu immenso negli
anni '70: prese parte a riunioni e conferenze a Madrid, Barcellona e Malaga
(1871), mostrandosi come un grande improvvisatore. e oratore di talento;
partecipò al Congresso dei lavoratori di Barcellona del giugno 1870, dove fu
eletto al Consiglio federale. Fu membro dell'Alleanza
Internazionale della Democrazia Socialista e dal novembre 1869 gli
corrispondeva con lo pseudonimo di Paulo. Nell'anno (1871) a causa delle
persecuzioni del governo di Sagasta contro le sezioni costituite della Federació Regional Espanyola, il Consiglio
federale di cui Morago prese parte a una riunione del 3 giugno 1871, decise di
recarsi a Lisbona, in Portogallo, dove si trasferì insieme ad Anselmo Lorenzo e
Francisco Mora. In quella città Morago si separò dai suoi due compagni
dall'agosto 1871, rassegnando le dimissioni contemporaneamente alla sua
posizione nel Consiglio Federale. Rimase a Lisbona, rifiutando di partecipare
al Consiglio Federale, e contattò Antero Tarquínio de Quental e José Fontana,
che aiutò decisamente a fondare la sezione portoghese dell'A.I.T..
Nel 1872, tornato nella regione spagnola, partecipò al Congresso di Saragozza
come delegato di Jerez, Costantina e Arahal, dove attaccò con forza
l'autoritarismo degli statuti dell’A.I.T.,
distinguendosi come un forte baluardo contro le manovre marxiste. Fu scelto per
referendum per partecipare al Congresso dell'Aia del 1872, dove si oppose alle tattiche anti-bakuniniste. Ha anche
partecipato alle riunioni di Saint-Imier, i cui accordi ha difeso al Congresso
dei lavoratori di Cordova. Negli anni seguenti mise in evidenza la sua
opposizione ai repubblicani e ai marxisti. Nel febbraio 1872 fondò il
quotidiano El Condenado, chiaramente di natura bakuniana.
[13] La classica bandiera nera anarchica
venne proposta il 18 marzo 1882. durante
una riunione nella Salle Favié di Parigi, da Louise
Michel che chiese che gli anarchici adottassero a proprio emblema la
bandiera nera, per dissociarsi senza ambiguità dai socialisti 'autoritari' e
parlamentaristi: “Basta con la bandiera rossa bagnata del sangue dei
nostri soldati. Io inalbererò la bandiera nera, che porta il lutto dei nostri
morti e delle nostre illusioni”. Louise
Michel, con l’anarchico Émile Pouget organizzò, il 9 marzo 1883, una
manifestazione di disoccupati, dove
predissero l‘immediata espropriazione dei capitalisti, e in cui
riuscirono a far partecipare circa 15.000
persone negli Invalides di Parigi.
L’imponente manifestazione all’aperto venne interrotta dalla polizia e circa
500 manifestanti, con Michel in testa che sventolava la sua bandiera nera (si trattava in realtà di una vecchia sottana nera
attaccata a un manico di scopa), urlavano: “Pane, lavoro o piombo!”, marciando lungo
boulevard Saint Germain. La folla saccheggiò tre panetterie prima di venire
attaccata dalla polizia. Quella fu la prima volta che gli anarchici
sventolarono una bandiera/drappo nero.
[14] Max
Nettalau (Neuwaldeg, oggi un quartiere di Vienna-Austria, 30 aprile 1865 - Amsterdam, 23 luglio 1944) è stato un
anarchico e un importantissimo storico dell'anarchismo e dei movimenti sociali
in genere.
[15] Anselmo
Lorenzo (Toledo, 21 aprile 1841 - Barcellona, 30 novembre 1914), conosciuto
anche come «il nonno dell'anarchismo spagnolo», è stato uno dei primi anarchici
spagnoli. Fu molto attivo nel movimento anarchico per tutta la sua vita, sin
dal suo incontro con l'italiano Giuseppe Fanelli[5] nel 1868 a Madrid,
spedito da Bakunin
per fare proselitismo in favore della Prima Internazionale (Fanelli[5] fu
raggiunto, nel novembre del 1868, da altri anarchici di primo piano come Alfred
Nacquet, Élisée
Reclus e Aristide Rey), Anselmo Lorenzo abbracciò immediatamente e con entusiasmo
le idee anarchiche. E da allora la dottrina anarchica si diffuse in tutta la
Spagna. Incoraggiati dalle idee di Giuseppe Fanelli[5], nel 1870 si unirono ad
Ansemo Lorenzo anche Francisco Mora e Tomás González Morago[12], fondando la
sezione spagnola dell'A.I.T.,
dove i suoi aderenti parteciparono l'anno successivo alla Conferenza di Londra, dichiarandosi favorevoli ai seguaci di Bakunin
e non a quelli di Marx.
Si trasferì in esilio a Parigi dopo i fatti di Montjuic e relativo processo
(1896-1897), dove si dedicò alla scrittura di vari testi (tra cui Huelga
General). Ritornò a Barcellona e collaborò con Francisco Ferrer alla sua
Escuela Moderna. Espulso nuovamente dopo i fatti della Settimana Tragica del
1909, rientrò in Spagna l'anno seguente, partecipando alla conferenza di
Barcellona del 1910 e alla fondazione della Confederazione Nazionale del Lavoro
(C.N.T.). Ancora oggi una fondazione della C.N.T. è a lui dedicata.
[16] Dal 4 al 6 agosto del 1972 si
riunisce a Rimini la conferenza dei delegati di 21 sezioni internazionaliste,
in maggioranza romagnole e marchigiane. La conferenza presieduta da Cafiero[2]
costituisce la “Federazione delle sezioni italiane dell’Internazionale”.
In settembre, al congresso dell’A.I.L. (Associazione Internazionale dei Lavoratori) viene deciso di spostare la
sede del «Consiglio generale» da Londra a New York.