mercoledì 25 settembre 2019

04-07-08 - Internazionale antiautoritaria

L’INTERNAZIONALE ANTIAUTORITARIA


L'Internazionale antiautoritaria (o Internazionale anarchica) è stata un'organizzazione anarchica internazionalista costituitasi nel 1872 a Saint-Imier (Svizzera) grazie all'impegno dei partecipanti alla Federazione anarchica del Giura. Fu la conseguenza dei conflitti tra marxisti e anarchici nell'Internazionale, che provocò l'espulsione degli anarchici dalla stessa e la convocazione del Congresso di S. Imier da cui scaturì la costituzione di una nuova Internazionale: l'Internazionale antiautoritaria.
Il movimento operaio si era diretto, spinto da profonde forze storiche, verso gli stessi tipi di organizzazione che gli anarchici aborriscono; sindacati legalitari, partiti social-democratici. L’organizzazione unitaria e blanda tentata dall’A.l.L. fallì; l’esempio della Germania dimostrò che i socialisti potevano entrare nei parlamenti, quello dell'Inghilterra che i sindacati potevano diventare interlocutori riconosciuti. Queste tendenze apparvero non unicamente tra i «marxisti», ma in alcuni casi anche nei ranghi dell’Internazionale anti-autoritaria; le opposizioni scoppieranno al congresso del 1876.
Gli italiani, che nel 1874 avevano rifiutato di inviare delegati a Bruxelles dichiarando che “il tempo non è più dei congressi, ma dell’azione” parteciparono questa volta numerosi: dovevano sia difendere le azioni condotte in Italia sia sostenere le posiziona anarchiche contro le tendenze centraliste dell’Internazionale. Il dibattito in effetti si pose tra Stato e anarchia.


Il Congresso di Saint Imier (15 – 16 settembre 1872)

Gli anarchici della Federazione del Giura il 15 settembre 1872 convocarono un'assemblea a Saint Imier, in Svizzera, come un Congresso straordinario dell'Internazionale operaia e si dedicarono ad organizzare, secondo la formula di Kropotkin[1]: “la rivolta permanente mediante la parola, lo scritto, il pugnale, il fucile, la dinamite”.
Furono presenti i delegati del Giura, dell'Italia, degli Stati Uniti, e anche alcuni delegati francesi e spagnoli, mentre non si presentarono i tedeschi, gli inglesi, i belgi. Tra i delegati Bakunin, Carlo Cafiero[2], Errico Malatesta[3], Andrea Costa[4], Giuseppe Fanelli[5], James Guillaume[6], i Comunardi Jean-Louis Pindy e Gustave Lefrançais e Adhémar Schwitzguébel[7].
Il Congresso internazionale riunitosi a Saint-Imier[8] il 15 e 16 settembre 1872 segnò la definitiva divisione in due tronconi dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori. Venne convocato dalla corrente bakuninista (antiautoritaria) della Prima Internazionale che rifiutava la legittimità del congresso riunitosi dal 2 al 7 settembre 1872 a L'Aja. Il congresso si proclamò legittimo rappresentante dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori disconoscendo la validità del congresso dell'Aja (che aveva appunto sancito l'espulsione degli anarchici) giudicandolo non-valido in quanto manipolato dai marxisti e di conseguenza ne convocarono un altro a Ginevra (1-6 settembre 1873). Venne condannata la partecipazione all'attività politica e la concezione marxista di uno Stato operaio e venne stabilito che lo scopo da raggiungere era "la creazione di un'organizzazione economica assolutamente libera e di un regime federativo basato sul lavoro e sull'eguaglianza e del tutto indipendente da ogni governo politico" di conseguenza, proclamò il congresso: "la distruzione di qualsiasi tipo di potere politico è il primo compito del proletariato".
Nel corso del 1871-1872 i contrasti tra l'ala bakuninista e quella marxista in seno alla Prima Internazionale andarono approfondendosi. Nel novembre 1871 i delegati della Fédération Jurassienne e alcuni espatriati residenti a Ginevra si riunirono a Sonvilier (l'incontro è noto come Conferenza di Sonvilier) e vi approvarono una circolare in cui accusavano Marx di voler "introdurre nell'Internazionale lo spirito autoritario" attraverso una rigida centralizzazione, rivendicavano il mantenimento del "principio dell'autonomia delle sezioni" ed un'organizzazione di stampo federalista. La circolare ottenne adesioni non solo nelle federazioni italiana e spagnola (già vicine a Bakunin) ma anche in Belgio, Olanda e Inghilterra.
La Federazione italiana si riunì dal 4 al 6 agosto 1872 nella Conferenza di Rimini; qui vennero condannate aspramente le posizioni di Marx e il Consiglio generale dell'Internazionale venne accusato di aver scelto deliberatamente per il successivo congresso internazionale (2-7 settembre 1872) la sede decentrata dell'Aja allo scopo di ostacolare la partecipazione delle sezioni vicine a Bakunin. La Federazione italiana decise quindi di non partecipare al congresso dell'Aja proponendo la convocazione di un "Congresso generale antiautoritario" a Neuchatel in Svizzera.
In queste condizioni il congresso dell'Aja vide una ridotta partecipazione degli antiautoritari, Marx poté agevolmente imporre le proprie posizioni, Bakunin e Guillaume[6] vennero espulsi e la sede dell'Internazionale venne trasferita a New York.


L'Internazionale antiautoritaria

Nasceva così quella che verrà poi definita Internazionale antiautoritaria o Internazionale di Saint-Imier o Internazionale anarchica, grazie all'impegno dei partecipanti alla Federazione anarchica del Giura. Mentre il troncone marxista si dissolse rapidamente l'Internazionale di Saint-Imier riuscì ad acquisire progressivamente anche l'adesione delle sezioni belga, olandese, dei lassalliani tedeschi e la partecipazione della sezione inglese.
l'Internazionale antiautoritaria celebrò altri quattro congressi:
Congresso di Ginevra, (Svizzera), dal 1 al 6 settembre 1873.
Congresso di Bruxelles, (Belgio), dal 7 al 12 settembre 1874.
Congresso di Berna, (Svizzera), dal 26 al 29 ottobre 1876.
Congresso di Verviers, (Svizzera), dal 6 all'8 settembre 1877.
La forte repressione a cui furono sottoposte le federazioni italiana, spagnola e francese e i dissidi tra anarchici e riformisti (belgi di Cesar de Paepe, lassalliani e inglesi) portarono progressivamente alla dissoluzione anche questo troncone della Prima Internazionale.


Risoluzioni del Congresso di Saint Imier

Le risoluzioni adottate dal Congresso di Saint-Imier riassumono i punti fondamentali dei principi per i quali Bakunin ei suoi compagni avevano combattuto contro gli "autoritari marxisti"; esse sono una vera e propria carta dei lavoratori anarchici, prodotto dell'antagonismo tra lavoro e capitale, come terreno privilegiato per preparare l'emancipazione del proletariato.

PRIMA RISOLUZIONE
Atteggiamento delle Federazioni riunite in Congresso a Saint-Imier, in riferimento alle risoluzioni del Congresso de L'Aia e del Consiglio generale

Considerando,
che l'autonomia e l'indipendenza delle Federazioni e delle Sezioni operaie sono la prima condizione dell'emancipazione dei lavoratori;
che qualsiasi potere legislativo e risolutivo accordati ad un Congresso sarebbe una violazione flagrante di questa autonomia e libertà;
Questo Congresso nega in principio il diritto legislativo di tutti i Congressi, siano generali o regionali; non riconosce ad essi altra missione che quella di mettere in presenza le aspirazioni, i bisogni e le idee del proletariato delle differenti località o paesi, al fine che la loro armonizzazione si operi il più possibile; afferma che in nessun caso la maggioranza di un Congresso potrà imporre soluzioni alla minoranza. Il Congresso delle Federazioni presenti a Saint Imier dichiara di respingere tutte le risoluzioni dei Congresso dell'Aja, e di non riconoscere nessun potere al nuovo Consiglio Generale, e per salvare la libertà delle Federazioni nazionali e mantenere i principi della 1° Internazionale dei lavoratori i delegati gettano le basi di un progetto di Patto di solidarietà fra le Federazioni.

SECONDA RISOLUZIONE
Patto di amicizia, solidarietà e reciproca difesa tra le libere Federazioni

Considerando,
che la grande unità dell'Internazionale non è fondata sull'organizzazione artificiale e sempre nefasta d'un potere centralizzatone qualsiasi, bensì sull'identità reale :degl'interessi e delle aspirazioni del proletariato di tutti i paesi e sull'associazione spontanea e libera delle Federazioni e delle Sezioni del mondo intero;
Considerando,
che in seno all'Internazionale esiste, apertamente manifestatasi al Congresso dell'Aja, una tendenza della parte autoritaria che è quella stessa del Partito comunista tedesco che sostituì la sua dominazione e il potere dei suoi capi al libero sviluppo e all'organizzazione spontanea e libera del proletariato;
Considerando,
che la maggioranza del Congresso dell'Aja, al fine di soddisfare le ambizioni del Partito suddetto e dei suoi capi, ha cinicamente sacrificato i principi dell'Internazionale;
che il nuovo Consiglio nominato da quella maggioranza, e da essa investito di poteri ancora più grandi di quelli che avrebbe desiderato arrogarsi per mezzo della Conferenza di Londra, minaccia di distruggere l'unità dell'Internazionale ed ogni libertà;
I delegati delle Federazioni e Sezioni spagnole, italiane, giurassiane, olandesi, francesi, americane, riunite in questo Congresso, hanno concluso (salvo la loro accettazione e conferma definitiva) il seguente patto d'amicizia, di solidarietà e di mutua difesa:
1. Le Federazioni su nominate e quelle altre che vorranno aderire a questo patto avranno fra di loro delle corrispondenze e comunicazioni dirette e regolari, indipendenti da qualsiasi controllo centrale.
2. Quando una di queste Federazioni o Sezioni si troverà attaccata nella sua libertà sia dalla maggioranza di un Congresso, sia dal Governo, sia dal Consiglio Generale creato al Congresso dell'Aja, tutte le altre Federazioni si proclameranno assolutamente solidali con essa. Le Federazioni proclamano altamente che la conclusione di questo patto ha per scopo principale l'unione dell'Internazionale minacciata dalle ambizioni dei capi del Partito autoritario comunista.

TERZA RISOLUZIONE
Natura dell'azione politica del proletariato

Considerando,
che il volere imporre al proletariato una linea di condotta o un programma politico uniforme, come l'unica via che possa condurlo alla sua emancipazione sociale, è una pretesa assurda e reazionaria;
Considerando,
che nessuno ha il diritto di privare le Federazioni autonome della facoltà di determinare e seguire la linea di condotta che credono la migliore; e che ogni tentativo intrapreso in questo senso condurrebbe al più rivoltante dogmatismo;
Considerando,
che le aspirazioni del proletariato non possono avere altro fine che quello di stabilire una organizzazione e una federazione economica libere, basate sul lavoro e l'eguaglianza di tutti, ed assolutamente indipendenti da ogni potere politico, organizzazione e federazione che saranno soltanto il risultato dell'azione spontanea del proletariato, dei corpi di mestiere e delle comuni autonome;
Considerando,
che ogni organizzazione politica non può essere che l'organizzazione del dominio d'una classe a detrimento delle masse, e che quando il proletariato s'impadronisse del potere si trasformerebbe a sua volta in classe dominante e sfruttatrice;
il Congresso di Saint Imier dichiara:
1. Che la distruzione d'ogni potere politico è il primo dovere del proletariato;
2. Che l'organizzazione d'un potere politico provvisorio sedicente rivoluzionario e capace d'accelerare la distruzione dello Stato, non può essere che un inganno di più e sarebbe tanto pericolosa come i governi oggi esistenti;
3. Che respingendo ogni compromesso al fine di attuare la rivoluzione sociale, i proletari d'ogni paese devono stabilire, al di fuori di ogni politica borghese, la solidarietà dell'azione rivoluzionaria.

QUARTA RISOLUZIONE
Organizzazione della resistenza del lavoro - Statistiche

La libertà e il lavoro sono la base della morale, della forza, della vita e della ricchezza dell'avvenire. Ma il lavoro se non è liberamente organizzato si trasforma in oppressione e per evitare ciò l'organizzazione libera del lavoro è una condizione indispensabile della vera e completa emancipazione del proletariato.
Il libero esercizio del lavoro necessita il possesso della materie prime e del capitale sociale. E' impossibile organizzare il lavoro se l'operaio, emancipandosi della tirannia politica ed economica, non conquista il diritto di svilupparsi completamente in tutte le sue facoltà. Ogni stato, ogni governo ed ogni amministrazione delle masse popolari, sono necessariamente fondate sulla burocrazia, sull'esercito, sullo spionaggio, sulla chiesa, ed è per questa ragione che non potranno mai realizzare una società basata sul lavoro e sulla giustizia. L'organismo statale per sua natura è necessariamente spinto a negare la giustizia e ad opprimere il lavoro. L'operaio non potrà mai emanciparsi dall'oppressione secolare, se allo stato assorbente e demoralizzante non sostituirà la libera federazione dei gruppi produttori fondati sull'eguaglianza e la solidarietà.
Infatti, nei diversi luoghi ove si è tentato di organizzare il lavoro per migliorare la condizione del proletariato, il minimo benessere ben presto è stato assorbito dalla classe dei privilegiati, che tende continuamente a sfruttare la classe operaia. Ciò non esclude che l'organizzazione sia un fattore di forza tale che anche nelle condizioni attuali non si può rinunciarvi. In essa il proletariato fraternizza nella comunità d'interessi, si esercita alla vita collettiva, si prepara alla lotta suprema.
All'organismo privilegiato e autoritario dello Stato si dovrà sostituire l'organizzazione libera e spontanea del lavoro, che sarà una garanzia permanente del mantenimento dell'organismo economico contro quello politico. Lasciando alla pratica della rivoluzione sociale i dettagli dell'organizzazione positiva, noi intendiamo perciò organizzare solidamente la resistenza su larga scala.
Lo sciopero sarà per noi un mezzo prezioso di lotta, benché non ci facciamo illusioni sul suoi risultati economici. Noi l'accettiamo come un prodotto dell'antagonismo fra lavoro e capitale. In questo antagonismo gli operai diventeranno sempre più coscienti dell'abisso che esiste fra la borghesia e il proletariato. Attraverso le piccole lotte economiche il proletariato si prepara alla grande lotta rivoluzionaria che distruggerà tutti i privilegi e le classi e darà all'operaio il diritto di godere del prodotto integrale del suo lavoro e con questo gli procurerà i mezzi di sviluppare tutta la sua forza materiale e intellettuale e morale.
La Commissione propone al Congresso di nominare una commissione che dovrà presentare al prossimo Congresso un progetto di organizzazione universale di resistenza, e delle tavole esauriente sulle statistiche del lavoro nelle quali questa lotta attingerà qualche indicazione. Essa raccomanda l’organizzazione spagnola come la migliore attualmente.

RISOLUZIONE FINALE

Il Congresso propone di inviare copia di tutte le risoluzioni del Congresso, e del Patto di amicizia, solidarietà e reciproca difesa, a tutte le federazioni operaie del mondo, e di accordarsi con esse sui problemi che sono di interesse generale per tutte le federazioni libere.
Il Congresso invita tutte le federazioni che hanno concluso tra di loro questo patto di amicizia, solidarietà e reciproco appoggio, di mettersi d’accordo immediatamente con tutte le federazioni o sezioni che vorranno accettare questo patto, per determinare la natura e la data del loro Congresso internazionale, esprimendo il desiderio che esso si tenga durante i prossimi sei mesi.


I partecipanti al Congresso di Saint-Imier (15 delegati)

6 delegati delle sezioni italiane
Michail Bakunin, Carlo Cafiero[2], Andrea Costa[4], Errico Malatesta[3], Giuseppe Fanelli[5], Ludovico Nabruzzi[9]

4 delegati delle sezioni spagnole
Charles (Carlos) Alerini, Rafael Farga-Pellicer[10], Nicolas Alonso Marselau[11], Tomàs Gonzáles Morago[12].

2 delegati delle sezioni francesi

2 delegati della fédération jurassienne
James Guillaume[6], Adhémar Schwitzguébe[7].

1 delegato di due sezioni americane


Il Congresso di Ginevra (1873)

«Le decisioni del Congresso Generale saranno obbligatorie solo per le federazioni che le accettano». (Congresso di Ginevra, 1873)
Il congresso di Ginevra si svolse nella prima settimana di settembre del 1873. Questo fu indicato come il sesto dell'Internazionale (in quanto essi si ritenevano i veri esponenti dell'Internazionale dei Lavoratori), anche se i delegati erano soltanto anarchici. Esso sciolse il Consiglio Generale di New York, riaffermando il principio del federalismo delle organizzazioni autonome contro la centralizzazione marxista, e a validità dello sciopero generale rivoluzionario, contro il legalitarismo sindacale e politico dei marxisti.


Il Congresso di Bruxelles (7 – 12 settembre 1874)

Gli anarchici tennero un altro Congresso a Bruxelles nel 1874, il settimo dell'Internazionale, in cui si prese atto delle difficoltà del movimento spagnolo e, al contrario, del crescente sviluppo dell'anarchismo italiano.
I delegati provenivano dall'Italia, dalla Spagna, dalla Svizzera, dal Belgio, dalla Francia, dagli Stati Uniti; era presente una delegazione di populisti russi, vicini all'anarchismo bakuninista, che apriva nuovi orizzonti al movimento.
Malatesta[4] definì chiaramente la posizione: Per noi, lo Stato è l’organizzazione dell’autorità, è un potere che, qualunque sia la sua origine, esiste al di fuori del popolo e, di conseguenza, necessariamente contro il popolo. ... Per noi lo Stato non dipende dall’estensione geografica di un dato organismo sociale, ma dalla sua essenza; noi crediamo che possa esistere uno Stato pure in una Comune o in un’associazione.
I belgi proposero la convocazione, per l’anno seguente, di un congresso socialista universale che esprimesse la solidarietà delle diverse organizzazioni. Solo gli italiani e gli spagnoli rifiutarono questo progetto. Queste due federazioni avevano altri progetti e non credevano affatto ai congressi. Il tempo dell’azione era giunto e, poiché la pazienza e la dolcezza non sono state riconosciute, occorre utilizzare mezzi duri e, se necessario, perfino le stesse armi violente della borghesia.


Il Congresso di Berna (26-29 ottobre 1876)

Finita l'esperienza del’Internazionale marxista, quasi a risposta, gli anarchici tennero un altro Congresso a Berna, l'ottavo della serie (se si contano anche quelli della Prima Internazionale). Congresso di un’associazione che, da dieci anni, aveva i suoi giornali, le sue sezioni, le sue riunioni; un’associazione che dal primo giorno aveva salutato e sostenuto la gloriosa Comune di Parigi e di cui facevano parte ancora numerosi protagonisti; una associazione che era sopravvissuta nonostante i conflitti interni e la repressione degli Stati e i cui membri non temevano né la prigione né la diffamazione. Fu questa associazione che i socialisti dai quattro angoli della terra salutavano: lettere e telegrammi provenivano da Parigi, da Londra e dall’Inghilterra, dalla Danimarca, dal Portogallo, dalla Grecia, dall’Uruguay. In questo modo è riconosciuta l’importanza storica di una simile riunione, che a causa della cattiva volontà degli albergatori e della polizia fu costretta a ritirarsi al Schwellen-Màlteli, sulla riva destra dell’Aar che si attraversava con un traghetto. Comunque la bandiera rossa sventolava coraggiosamente sull’albergo[13].
A Berna gli anarchici constatarono una certa crisi del movimento: le Federazioni belghe si erano ritirate dall'Internazionale anarchica, quelle spagnole erano indebolite, in Francia gli ex-Comunardi Malon e Guesde si erano allontanati, trascinando con sé molti militanti, gli anarchici Italiani erano indeboliti dalla sconfitta del tentativo insurrezionale del 1874 di Bologna*. Anche i delegati russi non furono tanti, essendo il movimento populista preso dalla preparazione della lotta armata che si manifesterà due anni dopo.
Il raggruppamento più attivo era quella della Federazione anarchica del Giura, ma questa non poteva bastare per tenere in piedi un organismo con pretese internazionali, e così a Verviers (Belgio) si tenne il nono, Congresso dell'Internazionale anarchica, il 6-8 settembre 1877: il Congresso decise lo scioglimento dell'Internazionale.
Ma inalberare la bandiera rossa nelle vie di Berna poteva essere pericoloso. Il 18 marzo 1876 gli anarchici che avevano voluto commemorare l’anniversario della Comune di Parigi, erano stati attaccati da provocatori a colpi di bastone e la loro bella bandiera rossa - confezionata per l’occasione con l’acquisto di 20 metri di calicò a 55 centesimi il metro da un fornitore della città - lacerata. Nello stesso momento una cerimonia riunì dei proscritti della Comune e un gran numero di operai a Losanna; il comizio previsto è stato proibito dal sindaco, ma venne comunque improvvisato in ragione del folto pubblico.
L’Internazionale dovette rispondere vigorosamente.
Di conseguenza il 18 marzo dell’anno seguente, tutti i membri della Federazione del Giura furono chiamati per recarsi a Berna. Questa volta non si sentivano molto pacifisti; l’officina cooperativa degli incisori aveva trascurato un poco il suo lavoro abituale per fabbricare tirapugni; i bastoni erano solidi e il cuore saldo. Un gruppo di giovani si trovò il 18 marzo 1877, una domenica, a Berna; la sfilata era autorizzata dal prefetto, e tutto sembrava tranquillo; fu Schwitzguébel[7] che ebbe l’onore di portare la bandiera rossa.
All’arrivo di un gruppo di Zurighesi che inalberavano un’altra bandiera, l’entusiasmo era al colmo; il corteo si mise in moto. Ma appena arrivato sulla piazza della stazione venne ostacolato da una barricata della polizia e due gendarmi s’impadronirono della bandiera di Schwitzguébel[7]; la zuffa fu breve e sanguinosa, i gendarmi con la sciabola, gli. operai con i bastoni; il tafferuglio sarà considerato come una delle prime manifestazioni della propaganda del fatto, i suoi protagonisti, nell'ambiente rivoluzionario svizzero, furono considerati degli eroi.
Appena un mese dopo la rissa di Berna, (3-12 aprile 1877), un gruppo di internazionalisti italiani mise infine in esecuzione un piano da tempo concertato: un movimento insurrezionale nei villaggi nei pressi di Benevento, in una regione montagnosa all’est di Napoli. Una piccola banda armata guidata tra gli altri da Cafiero[3] e Malatesta[4], arrivò improvvisamente in un villaggio, annunciando che il mondo sarebbe cambiato, che occorreva abolire lo Stato e la proprietà nel comune. Accolti favorevolmente dalla popolazione, con il curato in testa, gli internazionalisti occuparono il Municipio, incendiarono sulla piazza gli archivi e i titoli di proprietà, distrussero infine l’imposta sul grano del mulino comunale. Dopo alcuni discorsi continuarono la loro strada e i villaggi riservarono loro sempre un’accoglienza favorevole - anche se senza eccessivo entusiasmo - sempre con il curato in prima fila.
Ma l’esercito - avvertito da una soffiata - seguì le mosse e dopo aver arrestato alcuni rivoluzionari prima della partenza, non tardò ad inseguirli sulle montagne.
Nevicava, in quel mese di aprile, la montagna non era familiare, l’equipaggiamento era pesante e la polvere dei fucili bagnata. Rifugiata in una stalla, la banda, sfinita e intirizzita, venne catturata. L’epopea comunque non terminò, poiché il processo avrà luogo dieci mesi più tardi: in prigione gli internazionalisti riuniti ricostituirono una sezione, La Banda del Matese (dal nome delle montagne dove avevano operato), e Costa[3] la rappresenterà al congresso del 1877.
Gli Italiani sono comparsi numerose volte davanti ai tribunali e ogni volta hanno difeso, senza timore per la pena, le teorie dell’Internazionale antiautoritaria e l’insurrezione come mezzo di azione.
La Federazione anarchica del Giura, essendo contraria allo scioglimento dell’Internazionale, cercò di rilanciarla negli anni seguenti (ultimo Congresso a La Chaux-des-Fonds - Cantone di Neuchâtel - nell'ottobre 1880), ma senza risultati rilevanti, e per questo molti anarchici abbracciarono l'idea dell'azione diretta.


Ultimi tentativi organizzativi

Gli anarchici cercarono, ancora una volta, di rientrare nell'A.I.L. del 1896 (la cosiddetta II Internazionale), ma ne furono nuovamente espulsi. Successivamente, durante il Congresso di Amsterdam (1907), gli esponenti libertari tentarono nuovamente la costituzione di una nuova Internazionale anarchica, effettivamente libertaria e libera dall'egemonia marxista.


Incontri commemorativi

A Saint-Imier si sono tenuti periodicamente degli incontri anarchici internazionali per commemorare il congresso del 1872:
·         15-16 settembre 1922. Parteciparono un centinaio di militanti provenienti da tutta Europa tra cui Errico Malatesta[4] unico superstite del congresso del 1872.
·         17 settembre 1972.
·         Dal 8 al 12 agosto 2012 si è tenuto un Incontro anarchico internazionale a St-Imier per la commemorazione dei 140 anni dal congresso dell'Internazionale Antiautoritaria.


Bakunin e l'Internazionale antiautoritaria

Premessa

Da un punto di vista psicologico la reazione del lavoratore nei confronti dello sfruttamento é ambivalente.
Da una parte, potrebbe desiderarne l'abolizione e questo nella misura in cui abbia una presa di coscienza radicale, capace cioè di cogliere in profondità gli aspetti della sua alienazione, ritrovando il lavoro alienato, come frutto della perversione dell'ambiente e della coscienza.
Dall'altra, potrebbe "segretamente" aspirare a sostituire lo sfruttatore e quindi a riprodurre un modo di produzione e un sistema organizzativo fondamentalmente analogo a quello borghese. Questo potrebbe avvenire, tra l'altro, in concomitanza con la propria liberazione, nel momento in cui l'antagonismo di classe sia già a vantaggio della classe subalterna.
Così un riadattamento dello sfruttamento troverebbe buona parte della sua giustificazione proprio nello sfruttato che ciclicamente ne sarebbe sempre l'ottuso strumento.
Quest'ultima operazione, come per il nevrotico, é così forte che, in un primo tempo, si cerca di non riconoscere i motivi reali che giustificano l'abolizione del lavoro e poi, con un'immediata rimozione, viene confinato nell'inconscio ogni desiderio autoritario e ogni tendenza allo sfruttamento del proprio simile.
L'operazione diventa così profonda che sfugge tanto a se stessi quanto a chi osserva, se non fosse che già in molti atteggiamenti, affatto normali, di vita quotidiana, si manifesti, quello che nel capovolgimento della rivoluzione finisce per dimostrarsi nella sua interezza.

Nell'ambito del movimento socialista, le due reazioni diventarono facilmente due correnti e quello che salta immediatamente agli occhi é la constatazione del tentativo di razionalizzare, di trovare ogni sorta di giustificazione al travestimento autoritario, che é sempre e in ogni caso spiegato da considerazioni obiettive, che, alla fine dei conti, sfumano in un realismo superficiale proprio perché ignorano le ragioni profonde che sono effettivamente la "realtà".
La premessa di rendere al lavoratore la padronanza del proprio destino costituì la ragione per cui l'Internazionale raccolse le più disparate categorie ideologiche del mondo operaio. Infatti, la proposizione secondo cui l'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori medesimi espresse per ogni sfruttato, in tutta la sua incisività e chiarezza, le condizioni imprescindibili dell'emancipazione proletaria. In questo senso l'Internazionale fu effettivamente lo spettro che aggirandosi nei sogni della borghesia li trasformò in continui incubi.
L'opera dell'Internazionale rimane enorme; i suoi meriti incalcolabili. Ma essa, organizzazione umana, si portava in seno l'ambivalenza di ogni sfruttato. Anzi, combattuta interiormente, ne fu distrutta.
La reazione autoritaria, al principio in contrasto latente con le esigenze della liberazione totale e, dopo, sempre più apertamente, fu in ogni caso la componente che si insinuò nel multiforme spontaneismo internazionalista per prepararne la distruzione e approdare sterile e senza forze, ma col proprio narcisismo, a New York.

Marx e Bakunin
Marx, con la sua influenza e in relazione alle sue caratteristiche personali, é stato storicamente l'affossatore dell'Internazionale antiautoritaria e disgraziatamente ciò viene inteso un grande merito e un progresso "scientifico".
Bakunin che, nonostante la sua intemperanza, aveva intravisto e combattuto fin dall'inizio tale pericolo, riuscì almeno al momento della scissione ad illudersi che la classe operaia avanzasse verso una coscienza antiautoritaria.
Le vicende sono note e spiacevoli per essere ricordate.
C'é tuttavia da credere, proprio per quanto precedentemente considerato e in concomitanza della trasformazione dei due personaggi in simboli, che al di là del dissidio personale, il contrasto sia di un'oggettiva ed estesa dimensione, per cui di fatto, la lotta può logicamente essere presentata come un fenomeno principalmente di massa.
Si può insomma dire in tutta tranquillità che, pur se non fossero esistiti Marx e Bakunin, il contrasto ci sarebbe stato ugualmente e che, se essi ebbero una funzione, fu certamente importante, ma non determinante.


Congresso di Rimini
L'azione politica che fa individuare nel contrasto un fenomeno di massa é senza dubbio da ritrovarsi nel Congresso di Rimini (4 agosto 1872) col quale storicamente il movimento operaio italiano si assunse il compito di dare una risposta aperta alla polemica marxista-bakuniana. E a Rimini questo avvenne al di fuori di ogni diretta influenza di Bakunin; così come precedentemente era accaduto per il Congresso di Sonvillier.
Di fatto il Congresso di Rimini anticipò, con la sua presa di coscienza e un'azione consequenziaria, quello che prima o poi doveva necessariamente accadere. In ogni caso, con una potenzialità organizzativa non indifferente, il Congresso, come dice Nettlau[14] promosse «una delle più belle federazioni dell'Internazionale», tanto più bella perché per quasi un decennio impresse un indirizzo antiautoritario al socialismo italiano. Inoltre dimostrò che quella presa di posizione apparentemente locale, di fatto non poteva prescindere da un contributo globale che vedesse tutta l'Internazionale interessata in prima persona a spingersi alla decomposizione di ogni atteggiamento autoritario.
La reazione socialista autoritaria che si identifica immediatamente col «comunismo autoritario tedesco» e che voleva vincolare tutto il movimento alla sua tendenza accentratrice, fu l'accusata principale, fu l'antagonista nascosto della quinta seduta e sostanzialmente di tutto il Congresso.
Si disse che il Consiglio Generale, prevaricate le sue funzioni amministrative, avesse usato, e in primo luogo Marx, «mezzi indegni» a sostegno di una prassi da identificarsi ormai col «partito comunista tedesco», che aveva imposto a tutta l'Associazione Internazionale il proprio indirizzo.
Si riformularono e riaffermarono tutte le tesi che caratterizzavano la corrente antiautoritaria, contro l'accentramento, contro ogni sistema gerarchico, contro ogni dittatura, dal momento che essa é la negazione del sentimento rivoluzionario e allontana irrimediabilmente la possibilità d'una reale emancipazione. Fu postulato e messo in pratica il potere di tutti i componenti.
La federazione italiana (che pur era stata l'ultima in ordine di fondazione della vecchia Internazionale) assunse di conseguenza una drastica posizione nei confronti del Consiglio Generale tanto da sconfessare praticamente il Congresso dell'Aia, ormai delineatosi succube delle mire di Marx e, anticipando il Congresso di Saint-Imier, che storicamente confermò definitivamente la creazione dell'Internazionale antiautoritaria, si definì inequivocabilmente anarchica.

Conclusione
Si può, in conclusione, dire che tutto questo processo dalle radici psicologiche e ambientali, ebbe politicamente attraverso il Congresso di Rimini uno sbocco positivo che tese a definire in maniera sempre più determinata il campo d'azione della borghesia.
La "dittatura" del proletariato, come ibrido e sostanzialmente ipocrita travestimento di nuove repressioni, era smascherato chiaramente dalla decisione imprescindibile che socialismo e libertà, che autogestione e potere dal basso, rappresentassero l'unico e insostituibile presupposto per l'emancipazione del proletariato.
L'Internazionale antiautoritaria espresse, con la propria scissione, non solo la volontà di non lasciarsi irretire da nuove formule repressive ma anche la disperazione di aver trovato nell'ambito stesso del proletariato e in alcuni dei suoi migliori difensori un nemico ed un ostacolo per la sofferta liberazione.
C'é una lettera di quel periodo che, forse, più di ogni discorso, può dare l'esempio dello stato diffuso dell'internazionalista. È la lettera di Anselmo Lorenzo[15] rievocante la Conferenza di Londra:
«Il Consiglio Generale e la maggioranza dei delegati erano preoccupati soprattutto dalla questione del comando. Non si trattava di costituire una forza rivoluzionaria e di dare ad essa un'organizzazione adottando una linea di condotta che porti direttamente allo scopo, ma di mettere una grande riunione d'uomini al servizio di un capo.
Io mi vidi solo nei miei sentimenti e nei miei pensieri; o giudicai, forse in un moto di orgoglio che ero il solo internazionalista presente e mi sentii incapace di fare qualcosa di più utile; e quando espressi con qualche parola, la mia delusione e il mio dispiacere, mi si ascoltò come si ascolta cadere la pioggia, ed io non feci alcuna impressione.
Me ne ritornai in Spagna convinto di questa idea: il nostro ideale era più distante di quanto io non lo avessi creduto, e molti dei suoi propagandisti erano suoi nemici».
Bakunin vide chiaramente come possa autodistruggersi la lotta per l'emancipazione; indicò, nel singolo come nel movimento, la radice della degenerazione:"il male si nasconde nella libidine di potenza, nell'amore del comando e nella sete di autorità".
Ci si potrebbe chiedere a questo punto perché l'Internazionale antiautoritaria sia andata disperdendosi; perché la «scientificità» dell'autoritarismo socialista sia rimasta egemone delle lotte e della «teoria».
Le risposte potrebbero essere tante; dalle più ovvie: la conquista del potere in molti paesi, la sua multiforme presenza mista di compromessi e rinunce.
Si potrebbe dire che un simile socialismo partecipi alla razionalizzazione del capitale, secondo la stessa pretesa borghese, avviandosi a costruire un sistema burocratico mondiale al di fuori delle divisioni «ideologiche».
Si potrebbe dire che per molti il passaggio da borghese a socialista non sia altro che la continuazione dell'educazione borghese e dei suoi rapporti produttivi, spesso anche potenziati.
Si potrebbe anche dire, tra le altre ragioni, che forse l'uomo si avvia alla propria distruzione più facilmente che alla propria liberazione.


Resoconto gustoso ed insolito dell’incontro anarchico di Saint Imier del 1872.

Arrivammo alla spicciolata: Malatesta[3], Cafiero[2] e Bakunin giunsero a destinazione grazie al passaggio di alcuni compagni del Ticino che avevano affittato una carrozza, mentre io, Fanelli, Labruzzi e Costa[3] ce la facemmo a piedi. Niente di male, sennonché per arrivare in tempo siamo partiti da Dogliani il 15 di agosto. Un caldo infame prima e grandi escursioni termiche poi. Fortuna che portavo meco del buon vino dolcetto, mentre Costa[3] e Labruzzi avevano comprato delle tume di pecora e capra di Langa e dei ghërsin robatà (grissini). Fanelli[5], come al solito, non aveva niente con (d’altronde è amico di Bakunin, che mangia sempre a sbafo) e poi è anziano (infatti è del 1827). Ma lasciamo perdere, ci rifaremo la prossima estate quando andremo a trovarlo a Napoli. Il viaggio, benché faticoso, è stato appagante: abbiamo fatto tappa in diversi posti, abbiamo assaporato innumerevoli cucine locali e, talora, ci siamo prodotti in eccessi, come quella volta che dopo una breve sosta a Milano (credo che fosse il 28 di agosto o giù di lì), siamo andati a mangiare da una zia di James Guillaume[6] che abita in provincia di Como. E lei, vecchietta arzilla e simpatica, non ha pensato bene di cucinarci una versione comasca della cassoeula!!! Come sapete la cassoeula, pur nelle molte versioni in cui si presenta, è composta dalle verze e dalle parti meno nobili del maiale come cotenne, costine con l’aggiunta nelle versioni più elaborate di piedini, verzini (salamini) e testina. Nella versione comasca non si usano i piedini, ma bensì la testa di maiale. Carlo Cafiero[2] si rifocillò come un disperato: sembrava che non mangiasse dal periodo in cui faceva parte della Carboneria. Poi gli è venuta una dissenteria che lasciamo perdere! Ma in fondo non ci è andata così male: dopo aver approfittato ancora delle generosità della zia di Guillaume[6], ci siamo dati ai tuffi e alle lunghe nuotate rinfrescanti nel Lago di Como. Il Nabruzzi[9] ci ha davvero impressionato: si produsse, addirittura, in un tuffo rovesciato con avvitamento! Davvero emozionante: ci disse che sono cose che lui, rivierasco ravennate, aveva imparato da giovincello e che aveva usato per impressionare prima Mazzini e poi Garibaldi, che risultò talmente entusiasta da inviarlo come rappresentante alla Conferenza di Rimini[16] del mese appena trascorso. A pochi chilometri da saint Imier ci siamo incontrati con la delegazione spagnola: tra di loro c’era anche il corso Charles Alerini. La sera, dopo aver gozzovigliato a dovere, è partita una discussione improbabile su quali fossero i migliori pecorini se quelli italiani, ispanici o corsi. C’è mancato poco che Costa[3] non si azzuffasse con Nicolas Alonso Marselau[11], mentre il vecchio Fanelli[5] aveva preso per il fiocco (alla lavallière) Tomàs Gonzáles Morago[12] con tale forza che aveva arrischiato di strozzarlo. Ho cercato in tutti i modi di far da paciere, ma ce n’ho messo parecchio (tra anarchici è dura). Per fortuna che è intervenuto l’oste portandoci un ottimo Dôle du Valais (pinot e gamay) della Svizzera Vallese che ha riappacificato i cuori esacerbati al canto de l’Internazionale. Siamo arrivati la sera del 14 settembre, in ora tarda: ho fatto appena in tempo a vedere Bakunin con il suo pigiamone di lana che sorseggiava una pessima vodka (me l’ha fatta assaggiare la sera dopo) fatta arrivare direttamente da Mosca. Non vi sto a raccontare il Congresso perché ci sono tutti i documenti scritti, che potrete consultare quando vi pare e piace. Vorrei invece soffermarmi sul dopocena della sera del 15 settembre: dopo una suntuosa cena a base di capunus, un piatto tradizionale grigionese, a base di un impasto (farina e uova cui vengono generalmente aggiunti pezzetti di affettato tagliato a dadini come carne secca, landjäger, prosciutto cotto, andutgel o salsiz) avvolto in una foglia di costa (o di bietola da taglio), bolliti nel latte e nel brodo e poi serviti con un pizzico di speck, formaggio e cipolle, di spätzle, gnocchetti di forma irregolare a base di farina di grano tenero, uova e acqua con cacciagione e delle trecce al burro come dessert (il vino, un riesling renano della casa, non era sicuramente all’altezza del cibo), tutte le delegazioni si sono riunite intorno ad un tavolo circolare (con due rappresentanti per delegazione). I delegati erano stati chiamati a competere, in una degustazione “alla cieca” (coperta), per scoprire il vino nella sua tipologia, denominazione, composizione ed annata. Per la delegazione italiana c’eravamo io e Malatesta[3]; per quella spagnola Nicolas Alonso Marselau[11] eTomàs Gonzáles Morago[12]; per quella francese Camille Camet e Jean-Louis Pindy; per la federazione jurassienne James Guillaume[6] e Adhémar Schwitzguébel[7], mentre il delegato delle sezioni americane, Gustave Lefrançais, aveva declinato l’invito perché asserì che, da quando stava in America, aveva bevuto solo del pessimo cabernet e non era in grado di partecipare ad una disputa di alto livello. Bakunin si era talmente innervosito perché non era stato scelto per la delegazione dei degustatori di lingua italiana da sostenere il fatto che, in realtà, eravamo dei nazionalisti sotto mentite spoglie. Proseguì, poi, proferendo insulti della peggior tradizione slava conditi da imprecazioni napoletane ed abruzzesi. Malatesta[3] gli rispose per le rime, dichiarando pubblicamente che non era stato scelto unicamente perché non capiva assolutamente alcunché in fatto di vino. A quel punto Bakunin, risentito come non mai, se ne andò in camera da letto dove sembra che abbia composto, spinto alcune golate di vodka, il famoso aforisma: “la rivoluzione è sempre per tre quarti fantasia e per un quarto realtà”. Intanto la giuria aveva deciso testarci con un vino francese: Errico Malatesta[3] era assai edotto sui vini francesi (sarà stato l’innamoramento per la Comune), mentre io su quelli italiani (e per fortuna che non ci sono capitati quelli svizzeri o spagnoli perché avremmo fatto una figura davvero barbina). E così fu: vincemmo a man bassa. Non fu un problema scoprire che quel vino era un Château Latour di Paulliac della regione di Bordeaux, mentre indovinammo tre delle quattro annate (quella del 1868 era stata altresì piovosa da rendere irriconoscibile il vino). Il cabernet sauvignon era molto evidente e talmente predominante, con quel suo colore profondo e intenso, da esibire tannini tanto esuberanti quanto ben amalgamati: forte nei profumi vegetali caldi e maturi concedeva una buona compattezza selvatica e terrosa. Quindi il merlot, caldo ed avvolgente, comparve a mitigarne gli aspetti più duri. Ma è sul finire che si compì il capolavoro malatestiano: egli individuò sia la presenza del cabernet franc , ma ancor di più dell’impercepibile petit verdot (sarà stato l’1% del totale). Una vittoria sublime! Senza dubbio il contributo del giovane Malatesta[3] alla stesura della Prima risoluzione dell’Internazionale di Saint Imier la dobbiamo anche a questo. Chissà se qualcuno troverà questo scritto, per dare conto del vero a futura memoria.

Il delegato della sezione di Torino, Langa, Genova.
Saint Imier, 15  e 16 settembre 1872



[1] Pëtr Alekseevic Kropotkin (Mosca, 9 dicembre 1842 - Dmitrov, 8 febbraio 1921), è stato un militante e teorico dell'anarchia, fautore della "propaganda col fatto", ed uno dei primi sostenitori dell'anarco-comunismo. Per Kropotkin il comunismo è l'unico sistema privo di contraddizioni sociali, poiché, secondo il principio «da ognuno secondo le sue forze, ad ognuno secondo i suoi bisogni», abolisce la schiavitù del salario e la dipendenza dal bisogno, mediante la spontanea azione delle masse. Kropotkin, nella sua visione deterministica, è contrario alla rivoluzione, tuttavia la ritiene fondamentale in certe epoche, in quanto mezzo di accelerazione del processo evolutivo (Come già sottolineato la visione meccanicista di Kropotkin non è schematica e rigida. Egli ritiene che è l'azione cosciente delle masse a determinare i fini). Il comunismo kropotkiniano vuole abolire non solo la differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale (come Bakunin) ma anche quella tra città e campagna. Il comunismo anarchico è il «comunismo senza governo, quello degli uomini liberi, è la sintesi dei due scopi ai quali mira l'umanità attraverso i tempi: la libertà economica e la libertà politica» ed è anche il completamento dell'anarchia, ovvero l'uguaglianza che completa la libertà. Il comunismo anarchico è per l'anarchico russo l'opposto dell'individualismo esattamente come il mutuo appoggio è l'esatto contrario della lotta per l'esistenza.
[2] Carlo Cafiero (Barletta 1° settembre 1846 - Nocera Inferiore, Salerno, 17 luglio 1892) è stato pensatore e uomo d'azione anarchico. È conosciuto come esponente della corrente comunista-anarchica ed è l'autore del Compendio del Capitale. Dopo un breve periodo in Francia (1870), ospite del pittore Giuseppe De Nittis, si trasferì a Londra, dove, dopo aver visto con i propri occhi la penosa condizione in cui versava la classe operaia londinese, si "convert’" alle idee socialiste. A Londra incontrò personalmente Friedrich Engels e abbracciò le idee marxiste. Engels lo invitò a recarsi in Italia per contrastare l'influenza di Giuseppe Mazzini e Michail Bakunin nelle sezioni italiane dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Partito da Londra nel maggio 1871, si stabilìe inizialmente a Firenze, entrò in contatto con i vari circoli democratici della città toscana e conobbe Luigi Castellazzo, presidente di una Società Democratica Internazionale, impegnatissima in quei giorni nel sostenere la Comune di Parigi. Inizialmente neutrale di fronte alla disputa tra bakunisti e marxisti, durante i primi mesi del 1872 si schierò apertamente con la fazione anarchica pro-Bakunin. Si recò allora in Svizzera per incontrare personalmente Bakunin, grazie al quale consolidò ancor più la sua scelta collettivista-anarchica. In questo periodo inviò una lettera ad Engels, nel quale gli illustrò la sua posizione in favore dell'anarchismo. Divenne così uno dei militanti più attivi del movimento anarchico italiano. Diventato uno degli anarchici più intransigenti, Cafiero si recò a Zurigo per incontrare Bakunin e partecipare con lui al convegno di Saint-Imier indetto dalla Federazione anarchica del Giura. Questo congresso sancì la nascita dell'Internazionale antiautoritaria (16-17 settembre 1872). Seguendo i principi organizzativi di Bakunin, insieme ad Andrea Costa[5], Giuseppe Fanelli[6], Errico Malatesta[4] e Lodovico Nabruzzi, entrò a far parte dell'Alleanza Internazionale dei Socialisti Democratici.
[3] Errico Malatesta (S.Maria Capua Vetere, Caserta, 14 dicembre 1853 - Roma, 22 luglio 1932) è stato il teorico e il rivoluzionario anarchico italiano più importante della storia dell'anarchismo. Insieme a Pierre-Joseph Proudhon, Michail Bakunin, Benjamin Tucker e Petr Kropotkin[2] è in assoluto uno degli anarchici che hanno più di tutti diffuso nel mondo gli ideali dell'anarchia. In giovanissima età abbracciò gli ideali repubblicani di Giuseppe Mazzini. Il 25 marzo 1868 venne convocato dalla questura di Napoli a causa di una lettera di carattere sovversivo scritta a Vittorio Emanuele II; il 19 marzo 1870, non ancora diciottenne, subì il primo di quella che sarebbe stata una lunga serie di arresti, a seguito di una sommossa organizzata da un circolo studentesco repubblicano dell'Università di Napoli. Nel 1871, dopo la Comune di Parigi, abbandonò le idee repubblicane per abbracciare l'ideale anarchico; nello stesso anno, insieme ad Andrea Costa[5], Carlo Cafiero[3] Tino Zanardelli, Celso Ceretti e Saverio Friscia, è tra i fondatori della federazione napoletana dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Il 5 settembre 1872 giunse in Svizzera per partecipare al Congresso di Saint-Imier; in quell'occasione divenne amico di , Michail Bakunin. Dopo il congresso iniziò un periodo di intensa attività sovversiva: nel 1873 fu arrestato a Bologna; nel 1874 partecipò con un piccolo gruppo ad un fallito tentativo di insurrezione a Bologna*; venne arrestato poco dopo a Pesaro. Il processo conseguente si risolse con l'assoluzione di tutti gli imputati, risultando in una notevole popolarità per gli insorti e per Malatesta in particolare. Nel 1875 visitò Bakunin a Lugano. Fu delegato della Federazione italiana al Congresso dell'Internazionale antiautoritaria di Berna del 26-29 ottobre 1876, Il 5 aprile 1877, formando insieme a Carlo Cafiero[2] ed altri ventiquattro esponenti dell'anarchismo italiano la Banda del Matese**, partì dalle pendici del Massiccio del Matese con l'obbiettivo di dare il via ad un'insurrezione. Dopo alcuni giorni di resistenza, visto l'imponente spiegamento di forze da parte del Regno d'Italia, gli insorti furono arrestati e processati.
[4] Andrea Costa (Imola, 30 novembre 1851 – Imola, 19 gennaio 1910) è stato inizialmente anarchico protagonista di numerose iniziative insurrezionali in Italia (Bologna*, Banda del Matese** ecc.), successivamente passò al socialismo parlamentare diventando il primo deputato socialista della storia d'Italia. Si mise in evidenza durante il congresso di Rimini (1872) della sezione dell'Internazionaledei lavoratori e nel 1873 fu arrestato e trattenuto nel carcere di Bologna per quattro mesi. Il 1 settembre 1873 divenne presidente del IV congresso dell'Internazionale anarchica di Ginevra e si scagliò contro tutte le fazioni moderate che si opponevano alle agitazioni per il carovita. Partecipò all'insurrezione rivoluzionaria di Bologna*, insieme ad Errico Malatesta[4] e Michail Bakunin, e a quella della cosiddetta Banda del Matese**. Nel 1878 Costa espatriò in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni repressive orchestrate contro gli anarchici, successivamente si trasferì a Parigi dove fu arrestato e condannato a 2 anni di prigione. Il 5 giugno 1879 Costa fu espulso dalla Francia e ritornò in Svizzera dove si legò sentimentalmente ad Anna Kuliscioff***. Nello stesso anno sulla «Plebe», del 3 agosto, Andrea Costa, in una lettera intitolata «Ai miei amici di Romagna», criticò duramente l'impostazione insurrezionalista e settaria data alla attività dell'Internazionale in Italia. In pratica abbandonò il movimento anarchico a favore del socialismo parlamentarista, suscitando un vero e proprio vespaio di polemiche tra gli'anarchici italiani.
*L'insurrezione di Bologna, avvenuta nel 1874, è stata una storica tappa dell'anarchismo insurrezionalista italiano. Fu il primo tentativo -il secondo fu quello operato dalla Banda del Matese**- di un certo rilievo per far scoccare la scintilla rivoluzionaria che poi si sarebbe dovuta estendere nel resto d'Italia.
**Dopo la fallita insurrezione di Bologna, il movimento anarchico italiano dovette fronteggiare una grave crisi in conseguenza della dura repressione cui fu sottoposto (persecuzioni, arresti, scioglimento di diverse organizzazioni ecc.). Nel giugno 1876, dopo il processo per i moti di Bologna*, tutti gli anarchici coinvolti ritornarono in libertà, decisi più che mai della necessità di rimettere in moto l'attività rivoluzionaria. Nell'inverno del 1876\77, subito dopo il Congresso internazionalista di Berna (26-29 ottobre 1876), soprattutto Cafiero[2] e Malatesta[4] dichiararono che la Federazione italiana era pronta ad un nuovo atto insurrezionale. Nel Matese (una regione tra Campania e Molise che nel periodo successivo al risorgimento dimostrò la propria ostilità al nuovo Stato italiano attraverso il brigantaggio) nel 1877 ci fu una insurrezione attuata tra gli altri da Errico Malatesta[4], Carlo Cafiero[3], Francesco Pezzi, Napoleone Papini e Cesare Ceccarelli. Costoro passarono alla storia con il nome di Banda del Matese.
***Anna Kuliscioff (Moskaja, Russia, 9 gennaio 1853 – Milano, 29 dicembre 1925, è stata un'anarchica, medico, femminista e rivoluzionaria russa. Conosciuta anche per essere stata compagna di Andrea Costa e di Filippo Turati, dopo l'anarchismo aderì al socialismo e fu tra principali esponenti e fondatori del Partito Socialista Italiano).
[5] Giuseppe Fanelli (Napoli, 13 ottobre 1827 - Nocera Inferiore, 5 gennaio 1877), inizialmente repubblicano rivoluzionario, partecipò ai Moti del 1848, alla spedizione dei Mille e a diverse imprese garibaldine. Fu deputato al Parlamento italiano poi anarchico, membro della Prima Internazionale e propagandista dell'anarchismo in Spagna. Aderì giovanissimo alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini: partecipò ai combattimenti per la repubblica romana (1848-49) e nel 1857 era affianco di Carlo Pisacane nel tentativo rivoluzionario intrapreso nel sud Italia. Nonostante i fallimenti non si perse d'animo e nel 1860 con Garibaldi partecipò all'impresa dei Mille. Dal 1865 al 1874 fu deputato al Parlamento italiano venendo eletto nel Collegio di Monopoli. Partecipò con Garibaldi alla terza guerra d'indipendenza del 1866 e alla spedizione a Roma del 1867. La svolta della sua vita la ebbe quando incontrò Bakunin a Ischia nel 1866, che lo portò a schierarsi con l'internazionalismo, il federalismo e l'anarchismo. . Nel 1868 assistette a Berna (Svizzera) al "Congresso della Lega della Pace" quindi partecipò alla creazione dell'"Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista". Entrò a far parte della Prima Internazionale, dove giocò un ruolo importante soprattutto nella diffusione delle concezioni anarchiche in Spagna. Nello scontro tra Marx e Bakunin prese con decisione posizione a favore del secondo partecipando attivamente alla Conferenza di Rimini e al successivo Congresso Internazionale di Saint-Imier.
[6] James Guillaume (Londra, 16 febbraio 1844 - Préfargier, 20 novembre 1916), scrittore e anarchico svizzero, è stato tra i principali esponenti dell'Internazionale anarchica fondata a Saint-Imier nel 1872 e dell'anarchismo svizzero. James Guillaume partecipa attivamente all'attività del movimento internazionalista, ma ben presto, in sintonia con la maggioranza degli internazionalisti del Giura, giunge alla conclusione che la classe operaia doveva pretendere di più che il semplice riformismo. Il congresso dell'Internazionale a Losanna e quello della Lega per la Pace e la Libertà a Ginevra, tenutosi nel 1867, convincono definitivamente l'anarchico svizzero della necessità della rivoluzione sociale. Il salto ideologico definitivo, lo compie insieme a gran parte dei militanti del Giura quando in Svizzera giunge, nel 1869, il carismatico anarchico russo Michail Bakunin. Guillaume si convince così in maniera definitiva che l'eguaglianza non può realizzarsi che in assenza di Stato. Guillaume si dedica anima e corpo all'Internazionale. dall'11 aprile 1870 diviene redattore de «La Solidarité», organo della federazione romanda dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, e poi viene anche espulso con Bakunin dall'Internazionale a causa del suo ruolo preponderante nell'ambito della Federazione del Giura. Si tratta di una prima piccola scissione interna al movimento internazionalista che anticipa quanto si concretizzerà nel 1872. James Guillaume muore il 20 novembre 1916 a Préfargier (Svizzera) e viene inumato a Parigi presso il cimitero di Montparnasse.
[7] Adhémar Schwitzguébel (Sonvilier, 15 agosto 1844 – Evilard, 23 luglio 1895) è stato un sindacalista e anarchico svizzero. Orologiaio incisore di professione, fu un organizzatore della Fédération Jurassienne e un esponente di rilievo della Prima Internazionale e del sindacalismo svizzero. Nel 1866 partecipò al congresso internazionale di Ginevra in rappresentanza della sezione di Sonvilier, che aveva contribuito a creare. Nel 1869 fu delegato al congressointernazionale di Basilea e nel 1871 partecipò alla costituzione della Fédération Jurassienne. Convinto sostenitore delle teorie di Bakunin si fece promotore di un socialismo anarchico che propugnava l'avvento di una società collettivista basata sulla libera federazione delle associazioni sindacali e delle comuni. Dopo la caduta della Comune di Parigi (1871) aiutò diversi profughi a trovare rifugio in Svizzera fornendo loro documenti falsi. Quando lo scontro tra Bakunin e Marx in seno all'Associazione Internazionale dei Lavoratori giunse al culmine Schwitzguébel fu tra i promotori della Conferenza di Sonvilier (1871) dove venne approvata una circolare in cui Marx veniva accusato di voler "introdurre nell'Internazionale lo spirito autoritario" attraverso una rigida centralizzazione, e si rivendicava il mantenimento del "principio dell'autonomia delle sezioni" ed un'organizzazione di stampo federalista. Schwitzguébel, insieme a Bakunin e a James Guillaume[6] partecipò al congresso della Prima Internazionale a L'Aja (2-7 settembre 1872). La maggioranza marxista chiese l'espulsione di tutti e tre accusandoli di appartenere segretamente all'Alleanza Internazionale per la Democrazia Socialista (una associazione che Bakunin si era impegnato a sciogliere). Bakunin e Guillaume[6] vennero effettivamente espulsi mentre Schwitzguébel evitò l'espulsione per un leggero scarto di voti. Subito dopo partecipò al Congresso Internazionale di Saint-Imier (15-16 settembre 1872) celebrato dalla componente bakuninista, in cui vennero disconosciute le deliberazioni dell'Aja e venne creata l'Internazionale antiautoritaria. Dopo il 1880, pur continuando nell'impegno sindacale e politico, si orientò progressivamente verso posizioni riformiste. Trasferitosi a Bienne (1889) dal 1891 fu aggiunto romando presso il segretariato operaio svizzero (Comité de la Fédération ouvrière suisse), l'anno successivo fu uno dei promotori della Federazione degli operai dell'industria orologiera, che costituì il primo tentativo di unire i sindacati del settore orologiero in Svizzera. Morì a 51 anni a causa di un tumore allo stomaco.
[8] Cittadina del Canton Berna nella regione del Giura Bernese.
[9] Lodovico Nabruzzi (25 giugno 1846 – 12 febbraio 1916) era un giornalista e anarchico italiano. Ha avuto un ruolo di primo piano nel dissenso tra i socialisti italiani rivoluzionari ed evoluzionisti. Ha trascorso diversi anni in esilio in Svizzera e in Francia, spesso costretto a intraprendere lavori umili e spesso in difficoltà con le autorità. Nel maggio 1870 assunse l’incarico di redattore e, successivamente, di direttore responsabile de «Il Romagnolo», edmondario repubblicano di Ravenna. Il settimanale si chiuse quando Nabruzzi e altri membri dello staff partirono per difendere la Comune di Parigi. Riprese la pubblicazione nel giugno 1871 e Nabruzzi fu in carica per alcuni mesi. Il documento si orientò agli ideali della Comune. I redattori si definirono "comunisti e internazionalisti" e respinsero l'autorità di Giuseppe Mazzini. Dopo la Comune di Parigi, Nabruzzi abbandona il partito mazziniano e si orientò politicamente in senso internazionalista. Aprì un aspro dibattito contro il partito repubblicano su «Il Romagnolo», giornale ormai allineato su posizioni socialiste. Nel novembre 1871 Nabruzzi chiese al Consiglio generale di Londra, con il quale era in corrispondenza, di affidare a qualcuno l’incarico di venire in Romagna per constatare lo sviluppo del movimento internazionalista nella regione. Contemporaneamente, entrò in rapporto epistolare anche con Michail Bakunin, sulle cui posizioni si trovò sostanzialmente allineato. Entrò nel consiglio federale della sezione Fascio operaio dell’Internazionale di Ravenna, fondata, anche con il suo contributo, il 1° gennaio 1872, e che contava, già al momento della sua costituzione, circa 200 membri. Il 23 gennaio Bakunin inviò a Nabruzzi una lettera indirizzata agli internazionalisti romagnoli, nella quale esprimeva il suo dissenso nei confronti delle deliberazioni approvate alla Conferenza di Londra e delle funzioni attribuite al Consiglio generale. Partecipò all’organizzazione del i Congresso regionale delle sezioni del Fascio operaio dell’Internazionale romagnola (Bologna, 17-21 marzo 1872), che adottò i principi dell’anarchismo. Nell’aprile successivo Nabruzzi si recò insieme con Domenico Trombetti a Caprera per convincere Garibaldi a trovare il modo di conciliare internazionalisti e mazziniani. Per fissare la linea operativa sulla quale attenersi, Nabruzzi raggiunse Bakunin a Locarno, dove ebbe la possibilità di essere ammesso nella Fratellanza internazionale. Come rappresentante di Garibaldi e come delegato della sezione di Ravenna, Nabruzzi partecipò alla Conferenza di Rimini (4-6 agosto 1872) e venne eletto alla vicepresidenza. In settembre, a Zurigo, insieme a Bakunin, Costa[4], Cafiero[2], Malatesta[3] e altri, Nabruzzi partecipò ad un convegno in cui vennero preparate le mozioni da presentare al congresso internazionale federalista di Saint-Imier (15-16 settembre 1872). Nabruzzi, così come gli altri delegati italiani al congresso, aveva il mandato imperativo di troncare le relazioni con il Consiglio generale di Londra.
[10] Rafael Farga i Pellicer (Barcellona, 12 agosto 1844 - 14 agosto 1890 ), era un tipografo, vignettista politico, pittore, sindacalista, anarchico e giornalista catalano. Era membro dell'Ateneo della classe operaia ed fu uno dei fondatori e segretario della direzione centrale dalla 1ª Internazionale di Barcellona nell'ottobre 1868. Ha partecipato all'organizzazione del congresso dei lavoratori di Barcellona nel dicembre 1868, che ha presieduto. Nel settembre 1869 partecipò al quarto congresso della Prima Internazionale a Basilea, per conto del Consiglio federale dell’Internazionale di Barcellona. Era un membro dell'Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista creando un gruppo spagnolo autonomo. Fu uno degli organizzatori del congresso dei lavoratori di Barcellona nel 1870, costituendo la Federació Regional Espanyola dell'A.I.T. che presiedette anche. Ha preso parte al congresso di Cordova nel dicembre 1872 e ai congressi dell'A.I.T. a L'Aia (settembre 1872) e Ginevra (settembre 1873). Sotto lo pseudonimo di J. Gómez, partecipò al congresso A.I.T. (organizzato dai Bakuninisti) a Bruxelles nel settembre 1874. Sui resti della Federació Regional Espanyola promosse la fondazione della Federació de Treballadors de la Regió Espanyola (1881).
[11] Nicolás Alonso Marselau (Granada, ??? - Bordeaux ???) era un operaio, scrittore, politico, militante spagnolo. Ha vissuto le grandi trasformazioni sociali e culturali della seconda metà del XIX secolo. Seminarista in gioventù, finì per allontanarsi dalla Chiesa e divenne un repubblicano federale. Perseguitato, dovette andare in esilio prima a Gibilterra e poi in Francia e Inghilterra. Partecipò alla Conferenza di Valencia per conto degli ispanici federati l prestigio che ottenne nei primi momenti operai spagnoli è dato dal fatto che fu eletto delegato al congresso dell’Internazionale de L'Aia (1872) e Saint Imier (1872). Si unì al corrente bakuniniana e apparentemente all'Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista. È stato arrestato in varie occasioni per il contenuto dei suoi articoli di stampa. Dopo l'arresto che subì nel settembre 1873, lasciò la Spagna e si stabilì in Francia. Ancora una volta la sua vita prese una svolta spettacolare, che non sarebbe stata l'ultima. Nel 1874 si recò a Roma, abiurò delle sue idee sociali e tornò alla Chiesa cattolica entrando in un convento a La Trappe. Tuttavia, la sua permanenza nel monachesimo fu di breve durata. Nel mezzo della guerra carlista, si presentò al quartier generale del pretendente al trono Carlos a Tolosa. Davanti a Carlos, ha ribadito il rifiuto dei suoi errori passati e si è unito ai ranghi carlisti. Quando i questi furono sconfitti, tornò in Francia e, per la seconda volta, entrò in un convento, a Bordeaux.
[12] Tomás González Morago (nato a Madrid in una data sconosciuta, morto a Granada nel 1885) era un militante anarchico spagnolo della Prima Internazionale. Di professione incisore, era proprietario di un laboratorio in Calle Caballero de Gracia a Madrid, che serviva anche da centro per incontri politici. Alla fine del 1869 intervenne in una manifestazione repubblicana, dove iniziò i contatti per la creazione di una sezione a Madrid dell'Associazione Internazionale dei lavoratori. Morago era incaricato di preparare il famoso incontro con Giuseppe Fanelli - l'italiano inviato da Bakunin per contattare coloro che avrebbero avviatola sezione spagnola della Prima Internazionale. Il compito di Morago nell'organizzazione fu immenso negli anni '70: prese parte a riunioni e conferenze a Madrid, Barcellona e Malaga (1871), mostrandosi come un grande improvvisatore. e oratore di talento; partecipò al Congresso dei lavoratori di Barcellona del giugno 1870, dove fu eletto al Consiglio federale. Fu membro dell'Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista e dal novembre 1869 gli corrispondeva con lo pseudonimo di Paulo. Nell'anno (1871) a causa delle persecuzioni del governo di Sagasta contro le sezioni costituite della Federació Regional Espanyola, il Consiglio federale di cui Morago prese parte a una riunione del 3 giugno 1871, decise di recarsi a Lisbona, in Portogallo, dove si trasferì insieme ad Anselmo Lorenzo e Francisco Mora. In quella città Morago si separò dai suoi due compagni dall'agosto 1871, rassegnando le dimissioni contemporaneamente alla sua posizione nel Consiglio Federale. Rimase a Lisbona, rifiutando di partecipare al Consiglio Federale, e contattò Antero Tarquínio de Quental e José Fontana, che aiutò decisamente a fondare la sezione portoghese dell'A.I.T.. Nel 1872, tornato nella regione spagnola, partecipò al Congresso di Saragozza come delegato di Jerez, Costantina e Arahal, dove attaccò con forza l'autoritarismo degli statuti dell’A.I.T., distinguendosi come un forte baluardo contro le manovre marxiste. Fu scelto per referendum per partecipare al Congresso dell'Aia del 1872, dove si oppose alle tattiche anti-bakuniniste. Ha anche partecipato alle riunioni di Saint-Imier, i cui accordi ha difeso al Congresso dei lavoratori di Cordova. Negli anni seguenti mise in evidenza la sua opposizione ai repubblicani e ai marxisti. Nel febbraio 1872 fondò il quotidiano El Condenado, chiaramente di natura bakuniana.
[13] La classica bandiera nera anarchica venne proposta il 18 marzo 1882. durante una riunione nella Salle Favié di Parigi, da Louise Michel che chiese che gli anarchici adottassero a proprio emblema la bandiera nera, per dissociarsi senza ambiguità dai socialisti 'autoritari' e parlamentaristi: Basta con la bandiera rossa bagnata del sangue dei nostri soldati. Io inalbererò la bandiera nera, che porta il lutto dei nostri morti e delle nostre illusioni”. Louise Michel, con l’anarchico Émile Pouget organizzò, il 9 marzo 1883, una manifestazione di disoccupati, dove predissero l‘immediata espropriazione dei capitalisti, e in cui riuscirono a far partecipare circa 15.000 persone negli Invalides di Parigi. L’imponente manifestazione all’aperto venne interrotta dalla polizia e circa 500 manifestanti, con Michel in testa che sventolava la sua bandiera nera (si trattava in realtà di una vecchia sottana nera attaccata a un manico di scopa), urlavano: “Pane, lavoro o piombo!”, marciando lungo boulevard Saint Germain. La folla saccheggiò tre panetterie prima di venire attaccata dalla polizia. Quella fu la prima volta che gli anarchici sventolarono una bandiera/drappo nero.
[14] Max Nettalau (Neuwaldeg, oggi un quartiere di Vienna-Austria, 30 aprile 1865 - Amsterdam, 23 luglio 1944) è stato un anarchico e un importantissimo storico dell'anarchismo e dei movimenti sociali in genere.
[15] Anselmo Lorenzo (Toledo, 21 aprile 1841 - Barcellona, 30 novembre 1914), conosciuto anche come «il nonno dell'anarchismo spagnolo», è stato uno dei primi anarchici spagnoli. Fu molto attivo nel movimento anarchico per tutta la sua vita, sin dal suo incontro con l'italiano Giuseppe Fanelli[5] nel 1868 a Madrid, spedito da Bakunin per fare proselitismo in favore della Prima Internazionale (Fanelli[5] fu raggiunto, nel novembre del 1868, da altri anarchici di primo piano come Alfred Nacquet, Élisée Reclus e Aristide Rey), Anselmo Lorenzo abbracciò immediatamente e con entusiasmo le idee anarchiche. E da allora la dottrina anarchica si diffuse in tutta la Spagna. Incoraggiati dalle idee di Giuseppe Fanelli[5], nel 1870 si unirono ad Ansemo Lorenzo anche Francisco Mora e Tomás González Morago[12], fondando la sezione spagnola dell'A.I.T., dove i suoi aderenti parteciparono l'anno successivo alla Conferenza di Londra, dichiarandosi favorevoli ai seguaci di Bakunin e non a quelli di Marx. Si trasferì in esilio a Parigi dopo i fatti di Montjuic e relativo processo (1896-1897), dove si dedicò alla scrittura di vari testi (tra cui Huelga General). Ritornò a Barcellona e collaborò con Francisco Ferrer alla sua Escuela Moderna. Espulso nuovamente dopo i fatti della Settimana Tragica del 1909, rientrò in Spagna l'anno seguente, partecipando alla conferenza di Barcellona del 1910 e alla fondazione della Confederazione Nazionale del Lavoro (C.N.T.). Ancora oggi una fondazione della C.N.T. è a lui dedicata.
[16] Dal 4 al 6 agosto del 1972 si riunisce a Rimini la conferenza dei delegati di 21 sezioni internazionaliste, in maggioranza romagnole e marchigiane. La conferenza presieduta da Cafiero[2] costituisce la “Federazione delle sezioni italiane dell’Internazionale”. In settembre, al congresso dell’A.I.L. (Associazione Internazionale dei Lavoratori) viene deciso di spostare la sede del «Consiglio generale» da Londra a New York.