CHARLES
BESLAY
Charles Beslay, eletto dal 6°
arrondissement e membro più anziano della Comune di
Parigi, è stato membro del Comitato finanziario. È stato designato come
delegato della Comune
alla Banca di Francia ed è stato, in questa funzione, molto rispettoso dell'istituzione
di cui ne sostenne l’indipendenza e ne garantì la conservazione.
Charles Victor Beslay è nato a Dinan[1] il 5 luglio 1795; Beslay aveva 75 anni
al tempo della Comune e,
come scritto prima, ne fu il membro più anziano.
Figlio di un avvocato e deputato (il padre Charles
Hélène Bernardin Beslay, era un politico che percorse tutte le legislature,
dall'Impero napoleonico alla Restaurazione fino alla monarchia di Luigi
Filippo), venne inviato in giovane età a Londra per imparare il senso degli
affari, prima di essere un candidato per l'offerta pubblica della prima linea
ferrovia, testa di ponte del trionfante capitalismo. Nel 1830 fu ingegnere e
consigliere generale del Morbihan[2]. Completò parte della costruzione del
canale da Nantes[3] a Brest[4], nel corso della quale fece calmare una
insurrezione dei lavoratori, che gli permise di essere eletto nel 1830.
Conobbe Proudhon
e ne divenne amico e seguace. Questa amicizia lo portò a sviluppare i suoi
progetti sociali: era già stato un partigiano dell’associazione dei lavoratori
dipendenti della sua impresa; si impegnò a creare una banca di sconti a
beneficio delle piccole imprese e dei lavoratori.
Eletto deputato nel 1831 e nel 1834, non rieletto nel
1837, si trasferì da Pontivy[5], dove viveva, a Parigi, e con la fortuna
economica accumulata, fondò un’officina per la costruzione di caldaie per
locomotive a vapore in rue Popincourt dove ebbe fino a duecento operai alle sue
dipendenze, e dove cercò di applicare le idee di Proudhon
sull'associazione di capitale e lavoro.
Con la Rivoluzione del 1848
il governo provvisorio lo nominò Commissario della Repubblica nel Morbihan[6] e venne eletto all'Assemblea
costituente, dove tenne una posizione conservatrice, votando contro
l'abolizione della pena di morte, contro l'imposta progressiva e contro il
diritto al lavoro, mentre fu favorevole alla repressione della rivolta operaia
del giugno 1848.
Non rieletto nel 1849, sotto il Secondo
Impero fondò una banca di sconto che fallì. Nel 1866 aderì alla 1ª Internazionale.
Beslay era certamente un borghese, ma si dedicò alla Comune. Si
appassionò alla questione sociale, era un repubblicano che militò per dare più
spazio alla classe operaia e diseredato si indirizzò, passo dopo passo, verso
il socialismo. Durante l'assedio
di Parigi del 1870 da parte dei prussiani (settembre 1870 - marzo 1871), fu
delegato del Comitato
centrale dei venti arrondissement ed ha firmato il testo dell’Affiche
rouge (il Manifesto rosso) a Parigi il 6 Gennaio 1871 per chiedere
l'istituzione della Comune di
Parigi. Il patriarca pronunciò, privilegio dell'età, il discorso inaugurale
della Comune
all’Hôtel
de Ville e fu eletto, il 26
marzo, al Consiglio
della Comune di Parigi nel 6°
arrondissement, senza essere un candidato, come membro della commissione
finanze e delegato alla Banca di Francia.
L'ex padrone d’industria, Beslay, era ben posizionato
per supportare Jourde
e Varlin
nel Consiglio delle Finanze.
Charles Beslay al tempo della Comune |
Poche persone tra i Comunardi,
conoscevano il sistema bancario come il bretone che aveva consigliato, su degli
investimenti, molti associazioni dei lavoratori sotto l'Impero,
ed anche se, dopo il fallimento della sua fabbrica nel 1851 Beslay, cercò senza
successo di creare una banca di sconto applicando le teorie di Proudhon.
Il suo ruolo da marzo a maggio 1871 comunque, è stato
controverso. Troppo liberale o troppo borghese per immaginare che fosse
necessario che la Comune
prendesse il controllo della Banca, egli funse da cuscinetto tra l’Hôtel
de Ville e la Banca di Francia, si preoccupò soltanto d'intrattenere buoni
rapporti con il vice-governatore della banca, il marchese Alexandre de Plœuc[7], sempre agli ordini di Versailles,
esortandolo solamente per ottenere il denaro necessario per pagare i servizi
della città di Parigi e al pagamento di quanto era dovuto ai battaglioni della Guardia
Nazionale.
Condivise le opinioni di de Plœuc, sulla necessità di
preservare l'integrità della Banca di Francia: una garanzia di fiducia nel
franco francese, perno della stabilità economica di cui avrebbero potuto godere
tutti i francesi. Beslay fu tutt'altro che l'unico a pensare questo. Per molti
altri, anche all'interno della Comune, la
Banque de France era percepita come un'istituzione indispensabile per il
corretto funzionamento dell'economia. Indebolirla avrebbe indebolito la
Francia, inclusa Parigi! La Banca era intoccabile perché apparteneva, in un
certo senso, al regno del sacro.
Rifiutò che la banca si privasse del battaglione
speciale assegnato ad essa e si oppose, sciarpa rossa di eletto
alla Comune a tracolla, alla perquisizione della banca che, secondo il
delegato alla guerra, Paschal
Grousset, "nasconde un deposito clandestino di armi da fuoco rapido ed
è la vera sede della reazione, nel cuore della Comune”.
"Era necessario a tutti i costi che la banca rimase in piedi",
scrisse nel suo libro Vérité
sur la Commune. Si impadronì degli 889 milioni rimasti nelle casseforti che
sarebbero serviti, secondo lui, per la stampa di nuove banconote per Versailles
e avrebbero trasformato quelle di Parigi in banconote senza valore.
Da qui la diatriba di Lissagaray
indirizzata a Charles Beslay. "La roccaforte capitalista non aveva a Versailles
i suoi difensori accaniti, ma nella Comune di
Parigi. I membri del Consiglio
nel loro comportamento infantile non videro come reali ostaggi …[versagliesi]…
quello che avevano sotto gli occhi: la banca, l’ufficio del registro delle
proprietà e la Cassa dei depositi et delle consegne. Con questo, avremmo potuto
tenere la borghesia per le «palle», si poteva ridere alle sue esperienze, dei
sui cannoni senza esporre un uomo". Nella sua lettera a Kugelmann[8], Marx
non fu meno tenero "Solo con la requisizione della Banca di Francia si
poteva porre una fine decisiva alle spacconerie di Versailles".
Fu sempre contrario alle misure rivoluzionarie della Comune. Il
vice governatore de Plœuc lottò per far fuggire Beslay alla repressione
violenta che cadde sui Comunardi.
La condanna più terribile di Charles Beslay fu la «non condanna» di Versailles.
Alla caduta della Comune ottenne
un salvacondotto, Adolphe
Thiers lo ricompensò, permettendogli di lasciare indisturbato la Francia,
per aver salvato la banca. Il Consiglio di guerra, incaricato di perseguire
tutti coloro che avevano partecipato a vario titolo alla Comune,
con il 17°
processo della Corte marziale il 9 dicembre 1872 dichiarò il non-luogo a
procedere contro Beslay «perché l'inchiesta che era stata avviata non sollevò
accuse sufficienti». Lo stesso de Plœuc, successivamente, accompagnò Beslay a
Neufchâtel.
Colpevole della sconfitta dell'insurrezione, diventò
ufficialmente un traditore della Comune.
Continuando, comunque a proclamarsene fedele, Charles Beslay si rifiutò di
tornare in Francia, e rimase in "esilio volontario" a Neuchâtel, in
Svizzera, dove scrisse nelle sue memorie, Mes
souvenirs, e dove morì il 30 marzo 1878.
Requisire la Banca di Francia non era stato previsto
nemmeno per un secondo da questo internazionalista, che si presentò come
discepolo di Proudhon,
ma non ne ha condiviso l'idea di sopprimere le banche. Charles Beslay, che si
definì "socialista liberale", credeva in una combinazione tra lavoro
e capitale. "Il capitale rappresenta la produzione accumulata e
realizzata, il lavoro rappresenta la produzione, nella sua fase di nascita. E
due figli dello stesso ceppo non possono andare d'accordo?”.
Lungi dall'essere una rivoluzione socialista, la Comune di
Parigi era al massimo, per questo repubblicano Bretone, una rivoluzione
decentralizzatrice completamento della Repubblica giacobina del 1793. "L'emancipazione
della Comune
di Parigi è, senza dubbio, l’affrancamento da tutte le Comuni della
Repubblica, si è detto nella sua proclamazione. La Comune si
prenderà cura di ciò che è locale. Il dipartimento si prenderà cura di ciò che
è regionale. Il governo si prenderà cura di ciò che è nazionale". Per
preservare la Banca di Francia, analizzò Louise
Michel, l’«ingenuo» Beslay sbagliò nel credere di "mantenere la
fortuna della Francia”.
Nel peggiore dei casi, è stato uno dei principali
responsabili della sconfitta della Comune.
Nella migliore delle ipotesi, è stato un ingenuo voler conciliare
l'inconciliabile: capitale e lavoro, la Comune e
la banca.
Strada dopo strada, esecuzioni dopo esecuzioni,
granata dopo granata, il tempo delle ciliegie svanì nelle barricate fumanti del
27
maggio 1871.
La Comune di
Parigi stava morendo; Charles Beslay gli sopravvisse. A settantasei, il
decano dei Comunardi
osservava dalla sua finestra passare la feroce repressione di Versailles,
recluso, dall'inizio della Settimana
sanguinante sull’oro della Banca di Francia!
Fino alla fine, Lissagaray
ironizzò sul giornale dicendo che «Père Beslay» era un "difensore della
fortezza capitalista". Forse questo uomo, liberale sotto la Restaurazione,
deputato repubblicano nel 1848,
diventato un socialista sotto Napoleone
III, non fu abbastanza
maturo a settantasei anni, per abbattere il vecchio mondo ...
[1] Nel
dipartimento della Côtes-d'Armor nella regione della Bretagna.
[2] Dipartimento
francese della regione della Bretagna.
[3] Capoluogo
del dipartimento della Loira Atlantica e della regione dei Paesi della Loira.
Situata nella Bretagna storica.
[4] Città
portuale francese situata nel dipartimento del Finistère nella regione della
Bretagna.
[5] Nel
dipartimento del Morbihan nella regione della Bretagna.
[6] Dipartimento
della regione della Bretagna.
[7] Alexandre-Marie-Sebastien, Marchese
de Plœuc, era un politico francese nato 7 ottobre 1815 a Quimper e morto il 25 agosto
1887 a Briec-de-l'Odet (Finistère). Vice governatore della Banca di Francia nel
1868,ne assicurò, a Parigi, la direzione durante la Comune, riuscendo a dare solo
pochi soldi ai Comunardi.
[8] Louis Kugelmann, o Ludwig Kugelmann
(Lemförde, 19 febbraio 1828 – Hannover, 9 gennaio 1902), è stato un medico,
attivista e pensatore socialdemocratico tedesco confidente di Marx e
Engels. Con Marx si
scrissero varie lettere durante il periodo 1862-1875. Kugelmann fu anche membro
dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori e in seguito del Partito Socialdemocratico di
Germania (SPD).