venerdì 19 luglio 2019

02-14-FLO08 – Gustave FLOURENS

GUSTAVE FLOURENS



Il "Cavaliere della rivoluzione"

Gustave Flourens è stato uno dei leader più popolari dell’insurrezione di Parigi. Il suo tragico destino ha scatenato un vero fervore nella popolazione.
È stato un accademico, uno scienziato e politico francese.
Nato a Parigi il 4 agosto 1838, apparteneva al centro agiato dell'élite parigina. Suo padre, Pierre Flourens, un tempo deputato e pari di Francia, era un rinomato fisiologo, professore al Museo e al Collegio di Francia.
Dopo brillanti studi di letteratura e scienze, si laureò in lettere e in scienze, e a 25 anni gli fu concesso di sostituire suo padre nella cattedra di storia naturale. Molto seguiti, i suoi percorsi materialisti e atei furono rapidamente interrotti dal potere bonapartista. Tuttavia vennero pubblicati sotto il titolo Histoire de l’Homme, mentre si era recato in Inghilterra prima e in Belgio poi, dove fu un oratore ricercato.


Il rivoluzionario

Idealista, fu entusiasta dei movimenti di liberazione nazionale che l'Europa di quel periodo conobbe e si impegnò molto presto nella lotta rivoluzionaria senza frontiere. Già nel 1863 andò in Polonia, attratto dalla rivolta anti-zarista per combattere a fianco del'insurrezione polacca, ma quando si accorse del peso che aveva la Chiesa cattolica e la nobiltà polacca nei leader dell’insurrezione si convinse a ritornare rapidamente in Francia.
Nello stesso anno, ottenne la cattedra di storia naturale al Collège de France e fu responsabile per l'elaborazione della storia delle razze umane. Dopo un anno gli fu sottratta la cattedra per l'impostazione materialista e atea del suo insegnamento e per le sue opinioni politiche repubblicane e anti-bonapartiste; per Flourens la fede in Dio (e non solo nella religione) era fonte della sofferenza dell'umanità. Sotto la pressione della Chiesa e della "gente onesta", Victor Duruy (ministro dell’istruzione pubblica) non permise a Gustave Flourens un secondo anno d’insegnamento. Come citato prima, pubblicherà le sue lezioni col titolo Histoire de l'Homme.
Si trasferì a Londra e poi in Belgio. Dopo alcuni mesi in Belgio, dove incontrò gli attivisti della 1ª Internazionale simpatizzando per la loro causa (ma allo stesso tempo si avvicinò a Blanqui), prese la causa degli insorti cretesi contro l'Impero Ottomano e sollecitò, in loro favore, l’opinione degli intellettuali di tutta Europa, tra cui Victor Hugo, l'ex concorrente senza successo di suo padre presso l'Accademia di Francia. Questo suo impegno gli darà la sua immagine di cavaliere rosso.
È stato in Grecia, dal 1866 al 1868, dove combatté a Creta col grado di capitano, sperimentando un'insurrezione formidabile. Lì venne forgiata la sua immagine di combattente senza paura. Facendo parte di un gruppo di volontari, partecipò alla vittoriosa ribellione contro il dominio turco nell’isola dell’Egeo. Durante la sua strada entrò in massoneria ne L’Union d’Orient, a Costantinopoli. Fu nominato ambasciatore dell'isola presso il governo di Atene che però, cedendo alle pressioni del governo francese, lo espulse dalla Grecia. Ma l’interessamento mediatico dell'azione del giovane studioso fu importante. Flourens ottenne l'appoggio di Victor Hugo che pubblicò diversi articoli sul tema.
Rientrato a Parigi nel 1868, grazie alla sua popolarità, gli fu chiesto di presiedere le riunioni pubbliche repubblicane e socialiste; si lanciò, con impegno, nel movimento di opposizione contro il Secondo Impero e nel 1869 fu condannato a tre mesi di prigione.
Scontata la pena, ebbe un duello il giornalista bonapartista Paul de Cassagnac il quale, abile spadaccino, lo ferì gravemente al ventre. Questo contribuì ad accentuare la sua reputazione di coraggioso.
Ristabilitosi, Flourens collaborò a La Marseillaise di Henri Rochefort diventandone cronista. Gustave fu soprattutto un uomo d'azione, favorevole al colpo di mano come Blanqui di cui era vicino. Cercò di fomentare la rivolta al funerale di Victor Noir nel gennaio 1870 e, all'arresto di Henri Rochefort, nel febbraio 1870, minacciato e ricercato dalla polizia imperiale, fuggì in esilio nei Paesi Bassi e di qui in Inghilterra e poi in Grecia, mentre, nell’agosto del 1870 il tribunale lo condannava a sei anni di carcere in contumacia.
Gustave Flourens nel 1871
Membro delle società di libero pensiero, partecipò alle loro attività dall'esilio, scrivendo a La Libre Pensée (Il libero pensiero) del 12 Maggio 1870: "Il nemico è Dio. L'inizio della saggezza è l'odio di Dio [...] questa terribile menzogna che, per seimila anni, innervosisce, abbruttisce, schiavizza la povera umanità".
Tornò a Parigi dopo la caduta dell'Impero, all'inizio dell'assedio; collaborò a La Patrie en danger di Louis Auguste Blanqui e fu nominato capo di un battaglione della Guardia Nazionale di Belleville, dove viveva.
Alla loro testa, guidò, con Gabriel Ranvier, l'insurrezione del 31 ottobre all'Hôtel de Ville contro il governo della Difesa nazionale guidato dal generale Trochu, la cui politica era ritenuta troppo tiepida e accusata di capitolazione.
Quella insurrezione, confusa, si trovò di fronte la reazione delle guardie nazionali dei quartieri borghesi e non riuscì.
Domata la rivolta, Flourens venne arrestato il 4 dicembre 1870 ed imprigionato a Mazas. Fu liberato la notte del 21-22 gennaio 1871 da un colpo di mano di un commando del battaglione della Guardia Nazionale di Belleville guidato dal suo amico Amilcare Cipriani, conosciuto a Creta, che riuscì a liberare Flourens e altri prigionieri futuri Comunardi. L'11 marzo un tribunale della Repubblica di Thiers lo condannò a morte in contumacia.


Martire della libertà

Il 18 marzo 1871 partecipò alla rivolta dei parigini e il 26 marzo fu eletto alla Comune da parte del 19° arrondissement. Optò naturalmente per la Commissione militare, assunse il comando della 20ª Legione, si dedicò allo svolgimento delle operazioni contro l'esercito di Versailles e venne incaricato della difesa di Parigi rivoluzionaria.
Nominato generale, durante l'offensiva frettolosamente organizzata dalla Comune il 3 aprile, in risposta alle aggressioni e alle prime atrocità versagliesi, gli uomini della 20ª Legione occuparono l'ala destra dell'esercito comunardo.
La loro avanzata fu spettacolare: da Neuilly[1] ad Asnieres[2], Bois-Colombes[3], Rueil[4] poi Chatou[5] e Bougival[6] furono conquistati dopo vivaci combattimenti. Versailles era a pochi chilometri. Flourens era isolato, le altre colonne comunarde non avevano avuto lo stesso successo ed erano arretrate. Fu costretto ad ordinare una ritirata. Ma Flourens non era rassegnato all’insuccesso.
Lui e Cipriani indugiarono con alcuni uomini in una piccola locanda a Rueil-Malmaison, vicino a Chatou, dove una parte dei gendarmi di Versailles li sorprese. Flourens dovette arrendersi dopo una breve lotta. Riconosciuto dai gendarmi, venne assassinato a freddo con un colpo di sciabola alla testa, mentre era disarmato, da un gendarme di Versailles, il capitano della gendarmeria Desmarets, il futuro giudice di pace a La Garnache[7]. Thiers riconobbe il “valore” del suo ufficiale donandogli la Legione d’Onore!
Quello stesso 3 aprile veniva pubblicato il suo libro Paris livré.
Gustave Flourens venne sepolto, nell'intimità, accanto al padre nel cimitero di Pere Lachaise a Parigi (66ª Divisione). Un'unità militare della Comune fu chiamata in suo onore i "Vendicatori di Flourens (Vengeurs de Flourens)".

 
La fine di Flourens narrata da Amilcare Cipriani

Non è della sua vita che io mi occupo, ma della sua morte, vero assassinio commesso freddamente dal capitano di gendarmeria Desmarets.
Era il 3 aprile 1871. La Comune di Parigi aveva deciso una sortita in massa contro i soldati della reazione che non cessavano di fucilare i federati presi fuori di Parigi: Flourens aveva ricevuto l'ordine di recarsi a Chatou, attendervi Duval e Bergeret, che dovevano attaccare i versagliesi a Châtillon; far quindi un corpo solo d'armata, marciare su Versailles e sloggiarvi i traditori. Flourens arrivò a Chatou verso le tre pomeridiane: là seppe della sconfitta di Duval e di Bergeret a Châtillon e al ponte di Neuilly. Duval, fu preso e fucilato: e questo disastro rendeva la posizione di Flourens non solamente difficile, ma insostenibile. Sulla sua sinistra c'erano i federati in fuga ed inseguiti dall'esercito con un movimento aggirante. Tentavano di accerchiarci. Dietro noi il forte di Monte Valeriano, che per la credulità di Lullier era caduto in mano dei nemici che ci mitragliavano senza tregua. – Era necessario uscire da Chatou e ripiegare su Nanterre: se non vogliamo essere tagliati fuori e presi come in trappola, bisogna pensare un'altra linea di battaglia che ci liberasse di sorpresa. I federati avendo marciato tutto il giorno erano stanchi ed affamati: non era in quello stato che si poteva, alle tre dopo mezzogiorno, attaccare battaglia con un nemico reso fiero dai successi di Châtillon. Tutto dunque esigeva che ripiegassimo su Nanterre, per potere la mattina dopo, con delle truppe fresche arrivate da Parigi, impadronirci delle alture di Buzenval e Montretout e marciare su Versailles.
Io come amico di Flourens e come capo di Stato Maggiore della colonna, sottomisi questo piano a Flourens e a Bergeret: quest'ultimo approvò; Flourens rispose: - Io non batto in ritirata.
Replicai: – Non è una ritirata, e tanto meno una fuga: è una misura di prudenza, che ci è imposta per tutto quello che vi ho già detto.
Mi rispose con un segno, affermativo del capo.
Pregai Bergeret di prendere la testa della colonna, Flourens il centro: io sarei rimasto l'ultimo per fare evacuare Chatou.
Tutta la colonna era in marcia: tornai sotto l'arcata della ferrovia, dove già mi ero intrattenuto con Bergeret e Flourens: trovai costui sempre a cavallo, allo stesso posto, pallido, abbattuto, taciturno, Alla mia esortazione di mettersi in marcia, rifiutò, scese da cavallo, consegnò la sua montura ad alcune guardie nazionali che erano là, e si mise a camminare lungo la riva del fiume. Gli feci osservare che nella mia duplice qualità di amico suo intimo e come capo di stato maggiore della colonna non potevo né dovevo abbandonarlo in una strada che stava per essere occupata dall'esercito di Versailles, e che ero ben deciso a non abbandonarlo, che sarei rimasto o partito con lui. Affaticato, si stese sull'erba e si addormentò profondamente. Seduto accanto a lui, io vedevo i cavalleggeri di Versailles caracollare nella pianura ed avanzarsi verso Chatou. Era mio dovere di tentare ogni cosa per salvare l'amico e il capo amato dalla folla.
Lo svegliai e lo pregai di non restar là a farsi catturare come un bambino.
 – Il vostro posto non è qui, gli dissi, ma alla testa della vostra colonna: se siete stanco della vita, fatevi uccidere domattina, nella battaglia che daremo alla testa degli uomini che vi hanno seguito fin qui per simpatia, per amore. Dite voi che non volete ritirarvi; ma la diserzione è peggiore di una semplice ritirata. Ritirandovi qui, voi disertate, fate peggio. Voi tradite la Rivoluzione che tutto attende da voi!
Si rialzò, mi abbracciò: – Andiamo! disse.
Andarsene era facile dirlo, ma difficile farlo senza essere visti e scoperti dai soldati versagliesi, che circondavano quasi il villaggio dove noi eravamo. Bisognava nascondersi ed aspettare la notte per raggiungere le nostre truppe a Nanterre. Rientrati a Chatou, entrammo in una casupola, una specie di osteria, circondata da un terreno incolto, che portava il numero 21. Domandammo alla padrona se aveva una camera da cederci: ci condusse al primo piano. I mobili erano semplicemente un letto e un comodino, in mezzo una piccola tavola.
Appena entrati Flourens gettò sul comodino la sciabola, la pistola e il kepì, si buttò sul letto e si addormentò. Io mi misi alla finestra, per spiare, tenendo chiuse le finestre. Pochi momenti dopo svegliai Flourens per chiedergli il permesso di mandare qualcuno ad esplorare se la strada di Nanterre era sgombra. Acconsentì: feci salire la padrona, e le domandai se poteva indicarmi qualcuno che volesse fare quel viaggio.
– Ho mio marito! rispose.
– Fatelo salire, risposi.
Era, credo, un contadino: lo pregai di assicurarsi se la via per Nanterre era libera, e di tornare subito a portarci una risposta, promettendogli venti lire per il suo disturbo. Questo uomo si chiamava Lecoq. Se ne andò, ed io ripresi il mio posto dietro le persiane. Cinque minuti dopo vidi sbucare dalla destra di un vicoletto, che dava sulla strada di Nanterre, un ufficiale di stato maggiore che guardava attentamente verso la parte ove eravamo noi. Comunicai la cosa a Flourens, e ripresi il mio posto di osservazione alla finestra. L'ufficiale era scomparso. Dopo qualche minuto, dalla stessa parte, vidi giungere un gendarme: poi, venendo verso il nostro nascondiglio, senza esitazione, si sporse fuori verso il terriccio incolto, che si stendeva davanti la casa, per vedere nella medesima strada una quarantina di gendarmi che lo seguivano. Corsi da Flourens e gli dissi: – I gendarmi sono qui davanti alla casa.
– Che fare? disse; non ci arrenderemo.
Poca cosa! risposi; occupatevi della finestra, io mi incarico della porta, e presi la maniglia con la sinistra e la rivoltella con la destra.
Nello stesso istante qualcuno dal di fuori tentava di entrare. Apersi e mi trovai di fronte un gendarme che puntava su di me. Senza lasciargli il tempo di tirare, gli scaricai una palla, in pieno petto. Ferito si scaraventò giù dalle scale gridando aiuto. Lo inseguii nella sala terrena mi trovai in mezzo ad altri gendarmi che salivano. Fui atterrato a colpi di baionetta e di calci di fucile. Avevo la testa ammaccata in due posti, la gamba dritta rovinata dalle baionettate, il braccio quasi rotto, una costola sfondata, il petto coperto di ferite; perdevo sangue dalla bocca, dalle orecchie, dal naso: ero mezzo morto.
Mentre mi conciavano così, alcuni soldati erano saliti ed avevano arrestato anche Flourens. Non l'avevano riconosciuto.
Passandomi davanti e vedendomi steso a terra coperto di sangue, esclamò: - Povero mio Cipriani!
Mi fecero levare e seguire il mio compagno. Lo fecero fermare sull'uscio di casa ed io restai fra i soldati, all'entrata dell'orticello. Perquisirono Flourens, e gli trovarono in tasca una lettera o un dispaccio indirizzato al general Flourens. Fin qui egli era stato trattato con certo riguardo, ma la cosa cambiò subito.
Fu un grido selvaggio, una sequela di insulti. – Ecco Flourens! ora l'abbiam preso! non ci scappa più!
Arrivava allora un capitano dei gendarmi a cavallo. Avendo chiesto chi era il prigioniero, gli fu risposto con grida selvagge: – È Flourens!
Stava costui, dritto, fiero, con la bella testa scoperta, e le braccia incrociate sul petto. Il capitano di gendarmeria aveva Flourens alla sua destra. Bruscamente ed altezzosamente gli chiese:
– Siete voi Flourens?
– Sì, rispose egli.
– Siete voi che avete ucciso i miei soldati?
– No, rispose ancora Flourens.
Gustave Flourens caricatura di Moloch
– Mentitore, gridò quel furfante, e con un colpo di sciabola, con l'abilità di un carnefice, gli spaccò in due la testa; poi si allontanò di galoppo. L'assassino di Flourens si chiamava capitano Desmarets. Flourens si dibatteva in terra penosamente; un soldato sghignazzando disse: – A me, ora gli faccio saltar il cervello, e gli puntò il fucile nell'orecchio: Flourens non si mosse, era morto!
Qui dovrei far punto; ma altri oltraggi aspettavano a Versailles il cadavere di questo grande pensatore rivoluzionario, ai quali non crederei, se non li avessi visti coi miei propri occhi. Condurrò il lettore a Versailles, la città infame e maledetta, per raccontare gli avvenimenti fino all'ora in cui fui separato dal cadavere di Flourens. L'amico mio aveva cessato di soffrire: la mia tortura cominciava allora. Allontanatosi l'assassino di Flourens, io restai in balia dei soldati che urlavano come iene intorno a me! Mi fecero alzare, e mi collocarono ritto di fianco al cadavere di Flourens. Uno dei gendarmi ebbe l'idea di parlarmi: avendogli risposto con orrore e disgusto fece cadere sulle mie spalle una pioggia di colpi e di insulti. Questo contrattempo mi salvò la vita.
Un sott'ufficiale passando chiese ch'io fossi!
– È l'aiutante di campo di Flourens! – risposero, dando a me questo titolo per cui sono conosciuto.
– Questo disgraziato, replicò il sott'ufficiale, indicando Flourens, non qui bisognava ammazzarlo, ma a Versailles.
Poi volgendosi a me: – Legate questo mariuolo come si deve, lo fucileremo domani a Versailles con tutte le altre canaglie che abbiamo fatto prigioniere.
Fui infatti incatenato come egli avea comandato; mi buttarono su un carretto con del letame e sulle gambe mi gettarono il cadavere del mio povero amico. Ci mettemmo in marcia per Versailles, in mezzo ad uno squadrone di carabinieri a cavallo. La notizia dell'arrivo di Flourens ci aveva preceduto. Ci fermammo in mezzo ad una folla ubriaca e feroce che urlava: A morte, a morte! Alla prefettura fui chiuso in una camera col cadavere di Flourens ai miei piedi. Delle donne elegantemente vestite, in compagnia quasi sempre di ufficiali dell'esercito, venivano gaie e sorridenti a vedere il cadavere di Flourens: non faceva loro più paura. Con modi infami e vigliacchi, con la punta dell'ombrellino facevano schizzare il cervello di questo martire. Nella notte fui separato per sempre dalla salma sanguinante di questo povero e caro amico, e rinchiuso nelle cantine.
Così fu assassinato, e da morto oltraggiato Gustavo Flourens dai banditi di Versailles”.







[1] Nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France.
[2] Nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France.
[3] Nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France.
[4] Nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France
[5] Nel dipartimento degli Yvelines nella regione dell'Île-de-France.
[6] Nel dipartimento degli Yvelines nella regione dell'Île-de-France.
[7] Nel dipartimento della Vandea nella regione dei Paesi della Loira.