lunedì 29 luglio 2019

02-15-D09 - Elisabeth DMITRIEFF

ÉLISABETH DMITRIEFF


Elisabeth Dmitrieff, pseudonimo di Elizaveta Lukinična Tomanovskaja, nata a Volok, in Russia, il 1° novembre 1851, fu una femminista, un'internazionalista socialista e una Comunarda russa.
Terza figlia nata da una relazione extra-coniugale tra il proprietario terriero Luka Kuščelev e Natalia Troskevič, una suora di carità luterana, Elizaveta potè fare buoni studi a San Pietroburgo, dove la famiglia si trasferì, e si formò politicamente leggendo gli scritti di Nikolaj Černyševskij[1], di Nikolaj Dobroljubov[2], di Dmitrij Pisarev[3] e frequentando i circoli radicali e socialisti russi, vicini alla Zemlja i Volja[4], della quale fu seguace un suo fratello.
Molto giovane, si indignò degli abusi dal padre verso i servi della loro tenuta, mentre la madre guariva le ferite inferte ai contadini dalla frusta del marito, padrone assoluto del suo dominio e di tutti gli esseri che vi abitavano. Decisa a sfuggire all'oppressione della famiglia dominata dalla brutale figura paterna, pur di rendersi indipendente e trasferirsi all'estero[5], fece un matrimonio «bianco» con un parente, il colonnello trentaduenne Michail Tomanovskij, che la tisi costringeva a stare lontano dalla vita militare attiva e gli lasciava pochi anni di vita, che accettò la sua proposta. Si sposarono nel 1867 a Volok. I loro parenti non sapevano delle condizioni singolari che avevano originato quel matrimonio, non però la polizia segreta, che prima delle nozze aveva già stilato un rapporto: «Ignoriamo con quale scopo la figlia illegittima del nobile Luka Kušelev stia per commettere un sacrilegio. La soprannominata Elizaveta Kušeleva ha convinto un colonnello della guardia imperiale dei granatieri degli ussari a convolare a giuste nozze, il cui carattere fittizio fu nascosto persino ai membri della famiglia».
Dopo una sosta nella casa dei suoceri presso Nižnij Novgorod, con un lungo viaggio attraverso la Germania i due coniugi raggiunsero Ginevra nella primavera del 1868. La Svizzera era terra d'esilio di molti oppositori politici dei vari regimi europei, e folta era la colonia degli emigrati russi.
A Ginevra Elizaveta conobbe i coniugi Ekaterina (1843-1914) e Viktor Bartenev, due proprietari che, alla riforma di Alessandro II avevano donato le loro terre ai contadini, e ora erano in contatto con gli internazionalisti, e le fecero conoscere uno dei leader dell'emigrazione russa, Nikolaj Utin (1841-1883), redattore del giornale socialista Narodnoe Delo (La Causa popolare). Iniziò a collaborare al quotidiano e aderì alla 1ª Internazionale, divenendo, con Utin, membro della sezione russa. Con questo amico di Černyševskij e corrispondente di Marx, Elizaveta discusse dei suoi progetti di creare a Volok delle cooperative agricole e degli investimenti che, a questo scopo, avrebbe voluto fare con la propria dote. Utin la dissuase, ritenendo inutili quei tentativi e più necessario investire risorse finanziarie e impegno personale sull'organizzazione politica. Michail Tomanovskij non aveva parte in queste discussioni. Sempre malato, volle tornare in Russia. Elizaveta lo accompagnò a Niznij Novgorod e proseguì per Pietroburgo. Liquidata una parte dei suoi beni, salutati i parenti, a novembre ripartì da sola e raggiunse nuovamente Ginevra.
Secondo le regole della cospirazione, Elizaveta non scrisse mai ai parenti e agli amici rimasti in Russia, anche se la sua presenza non sfuggì agli informatori zaristi che sorvegliavano gli emigrati russi: «una donna di nome Élise abita con Utin», è scritto in un rapporto. Era il periodo del conflitto, all'interno della Prima Internazionale, tra marxisti e bakuniniani, e Utin ed Elizaveta, ne furono coinvolti.
Conosciuto Benoît Malon, gli fece conoscere il suo amato libro «Che fare?» di Nikolaj Černyševskij e forse la convinse a tradurlo in francese. L'edizione francese apparirà nel 1873. Il 9 dicembre 1870 Utin, a nome della sezione russa, scrisse una lettera di presentazione di Elizaveta a Marx: «Carissimo e stimato cittadino! Permetteteci di raccomandarvi la nostra migliore amica, Madame Élise Tomanovskaja, sinceramente e profondamente devota alla causa rivoluzionaria della Russia. Noi saremmo felici se, per suo mezzo, potessimo conoscervi meglio e se, nello stesso tempo, potessimo farvi conoscere più in dettaglio la situazione della nostra sezione, di cui lei potrà parlarvi in modo circostanziato. Mme Élisa ci scriverà tutto ciò che giudicherete necessario comunicarci e ci riferirà, al suo ritorno, tutte le informazioni e le impressioni che avrà raccolto inserendosi nell'organizzazione delle società operaie, della vita politica e sociale inglese. Siamo certi che voi vorrete guidarla e offrirle il vostro prezioso aiuto [...] ».
Affidare un incarico simile a una ragazza di 19 anni era il segno della notevole stima goduta da Elizaveta.
In dicembre, partì da Ginevra per Ostenda, da dove s'imbarcò per Dover, e di qui prese il treno per trasferirsi a Londra, dove divenne membro della Sezione femminile dell'Internazionale e conobbe Marx.
Da mesi Parigi era in fermento. La guerra con i prussiani e il loro lungo assedio aveva provocato la mobilitazione della sua Guardia Nazionale, che si era organizzata politicamente con l'istituzione di un Comitato centrale che entrò in conflitto con il governo, favorevole alla resa. L'insurrezione del 18 marzo 1871 e la fuga dei ministri a Versailles diede il potere al Comitato centrale, diretto da socialisti e da repubblicani radicali. Il Consiglio generale dell'Internazionale, per poter essere informato sugli sviluppi della situazione politica, decise d'inviare a Parigi due propri emissari. Prima partì il francese Auguste Serraillier poi, quando Hermann Jung[6], l'altro designato, si ammalò, Elizaveta propose la propria candidatura, che venne accettata. Da Dover s'imbarcò per Calais e raggiunse Parigi il 27 marzo.
Da Parigi, che si era appena costituita in Comune eleggendo il 26 marzo i propri delegati, scrisse a Jung dandogli qualche informazione: «Malon è eletto alla Comune, ma egli ha preso parte, non avendo compreso la situazione e malgrado la sua estrema onestà, a un movimento delle municipalità contro il Comitato centrale». Elizaveta si riferiva all'azione, svolta nei giorni precedenti le elezioni del 26 marzo, dai sindaci dei municipi di Parigi, tra i quali era Malon, di cercare un accordo con il governo di Versailles contro la volontà del Comitato centrale della Guardia nazionale.
A Parigi Elizaveta assunse il nome russo francesizzato di Élisabeth Dmitrieff. L'8 aprile apparve un anonimo appello di «un gruppo di cittadine» nel quale si invitavano le parigine a costituire un'associazione con un avanzato programma sociale, unito alla necessità di difendere la Comune dai suoi nemici: «Niente doveri senza diritti, niente diritti senza doveri. Vogliamo il lavoro, ma per conservarne il prodotto. Non più sfruttatori né padroni. Lavoro e benessere per tutti. Autogoverno del popolo [...]».
Il governo di Versailles aveva condotto nei primi giorni di aprile alcune operazioni militari contro la Comune, le donne di Parigi lanciarono un appello: «Alle armi! La patria è in pericolo! [...] questi assassini del popolo e della libertà sono dei Francesi! Questa vertigine fratricida che s'impadronisce della Francia, questa lotta a morte, è l'atto finale dell'eterno antagonismo del diritto e della forza, del lavoro e dello sfruttamento, del popolo e dei suoi carnefici!».
L'11 aprile fu fondata al Grand Café de la Nation in rue du Temple 79 l'Union des Femmes pour la Défense de Paris et les soins aux blessés (Unione delle donne per la difesa di Parigi e le cure ai feriti). Ognuno dei venti arrondissement - tranne il 2° arrondissement, rione della «Parigi bene», scelse una rappresentante al Comitato centrale dell'Unione, che fu così composto da venti delegate, perché anche Élisabeth Dmitrieff ne fece parte, pur senza essere stata delegata da nessun arrondissement. Probabile segno, questo, che l'Union des Femmes sia stata ideata da lei, che fece parte anche della sua commissione esecutiva insieme a sei operaie, tra le quali Nathalie Le Mel. Élisabeth fu l'ideologa dell'associazione, colei che ne redasse lo statuto e tutti i manifesti. Le sue compagne, tutte operaie, si dedicarono alle questioni organizzative e alle iniziative pratiche. Il primo indirizzo inviato dall'Unione alla commissione esecutiva della Comune chiedeva di tener conto dei reclami di tutta la popolazione parigina «senza distinzioni di sesso, una distinzione creata e mantenuta dal bisogno dell'antagonismo sul quale riposano i privilegi delle classi governative». Era una delle prime volte in cui un'organizzazione femminile considerava ogni ineguaglianza e antagonismo tra i sessi una delle basi del potere. Con il commissario al lavoro Leó Frankel, Élisabeth Dmitrieff organizzò laboratori tessili che offrivano lavoro alle donne disoccupate le quali, riunite in cooperative, potevano vendere direttamente i prodotti della loro attività.
Barral de Montaud, una spia di Thiers infiltrata nel comando della 7ª legione federata, informò con qualche inesattezza e molto veleno il governo di Versailles della novità: «Mme Olga Dmitrieff, della sezione russa dell'Internazionale, organizza il comitato delle donne in ogni arrondissement. Ogni municipio ha un ufficio di donne dove, sotto la presidenza di una matrona decorata del titolo di Segretaria generale, si riunisce uno sciame di ragazze tutte ornate della cintura rossa. Le loro occupazioni sono poco numerose; sono là col pretesto del lavoro o dell'ambulanza; ora, i battaglioni abbondantemente provvisti di ostesse rifiutano con entusiasmo queste volontarie dell'ambulanza; in fatto di lavoro, c'è solo la confezione dei sacchi di terra a occuparle. Lascio da parte una folla d'ignominie sulle quali è bene stendere un velo. Queste fanatiche sono tra le nemiche più pericolose, obbligano con i loro discorsi gli uomini a marciare, e molte volte un battaglione è stato trascinato avanti da queste virago. È stata anche fatta una specie di battaglione di amazzoni, e le petroliere sono là per provare che l'Internazionale ha agito abilmente facendo vibrare questa corda».
Il 24 aprile la Dmitrieff scrisse a Jung. Si dichiarava pessimista sulla sorte della Comune, perché la provincia rimaneva passiva e, in vista di un attacco generale da Versailles, si aspettava «... di morire uno di questi giorni su una barricata». La Comune andava bene - scriveva - malgrado le perdite di tempo e gli errori commessi all'inizio, e «Parigi è realmente rivoluzionaria ». Diceva di lavorare molto per l'Unione, di scrivere e di parlare pubblicamente tutte le sere, riuscendo a riunire alcune migliaia di donne, ma di essere malata e «non c'è nessuno a sostituirmi».
Il 23 maggio Élisabeth Dmitrieff firmò l'ultimo appello alle donne dell'Unione, invitandole a riunirsi al Comitato del 10° arrondissement per organizzare sulle barricate la resistenza all'esercito di Versailles, che era entrato a Parigi nel pomeriggio del 21 maggio. Durante la «Settimana sanguinante» combattè sulle barricate guidando un battaglione di donne a place Pigalle, dove venne ferita. Obrescov, consigliere dell'ambasciata russa a Parigi, scrisse il 24 giugno al capo della polizia segreta Pёtr Šuvalov che durante la Settimana sanguinante era stata vista «Élisabeth Dmitrev dietro le barricate, incoraggiando i federati alla resistenza, distribuendo munizioni e sparando alla testa di una cinquantina di megere. Si tiene per certo che abbia contribuito con parole e atti agli incendi che hanno desolato Parigi». E si chiedeva che fine avesse fatto «quella forsennata».
La Comune fu sopraffatta, lei si nascose per sfuggire all'arresto. Le ricerche di Élisabeth e dei Comunardi che erano riusciti a sfuggire alla repressione versagliese iniziarono subito. Alla fine di maggio, un rapporto di polizia dava questa descrizione della Dmitrieff: «Altezza 1.66, capelli e sopracciglia castani, fronte leggermente scoperta, occhi grigio-blu, naso ben fatto, bocca media, mento rotondo, viso pieno, colorito leggermente pallido, andatura vivace, abitualmente vestita di nero e sempre elegante».
Il 1º ottobre 1872 la polizia francese, dopo aver sfogliato i giornali dell'anno prima, aveva saputo che Élisabeth aveva fondato e diretto l'Union des Femmes, le aveva attribuito 28 anni e poteva aggiungere questa descrizione: «La Dmitrieff portava abitualmente un vestito da amazzone, un cappello di feltro ornato di piume rosse e una sciarpa di seta dello stesso colore ornata di frange d'oro; questa sciarpa che lei portava attraverso il corsetto e da destra a sinistra, era l'insegna della sua funzione».
Il Consiglio di guerra di Versailles emise, il 26 ottobre 1872, la sua sentenza contro la contumace Élisabeth Dmitrieff: deportazione a vita in un campo fortificato nella Nuova Caledonia. Dopo aver amnistiato tutti i Comunardi nel 1880, nel 1884 le autorità francesi decretarono la sua espulsione dalla Francia. Non si aveva nessuna idea di dove si trovasse, e tuttavia la decisione venne notificata alle autorità degli Stati Uniti.
L'appello alle operaie scritto da Élisabeth Dmitrieff 18 maggio 1871
Qualche tempo dopo la caduta della Comune, cominciarono a essere pubblicati libri di memorie su quell'esperienza e vi si trovano accenni alla figura della Dmitrieff. Nel luglio del 1871 Lissagaray racconta che il 25 maggio, durante la Settimana sanguinante, il membro della Comune Leó Frankel giunse ferito al municipio dell'11° arrondissement e «il suo sangue colava sul vestito elegante» della signora «grande, dai capelli d'oro, ammirevolmente bella e sorridente» che lo sorreggeva: «per parecchi giorni ella si prodigò nelle barricate, curando i feriti, trovando forze incredibili nel suo cuore generoso». L'episodio è narrato anche da Alphonse Humbert a Maxime Vuillaume: «Un gruppo di guardie scorta una barella sulla quale riposa un ferito, Frankel. China sul volto pallidissimo di Frankel, una grande e bella ragazza bionda dai tratti energici, il profilo fine. Una russa. Mlle Dmitrieff».
Dmitrieff e Frankel fuggirono insieme da Parigi e raggiunsero la Svizzera. Poi, i loro destini si separarono. Mentre Élisabeth si fermò qualche mese ancora a Ginevra, l'ungherese passò a Londra, dove fu spesso ospite di Marx. Frankel era innamorato di lei, come conferma una lettera di Marx del 1874: «Frankel e Utin erano qui ieri sera. Quest'ultimo ci ha informato che Mme Tomanovskij si è sposata [...] Frankel ha molto sofferto per questo colpo inatteso».
Il 4 giugno 1871 l'internazionalista Henri Perret informò Hermann Jung dell'arrivo di Élisabeth Dmitrieff a Ginevra: «[...] La nostra cara sorella Élise è salva; ha lasciato Parigi in mezzo a ogni sorta di ostacoli e attraverso le cannonate e i proiettili; è un miracolo che si sia salvata; noi l'abbiamo qui a Ginevra e la custodiamo preziosamente; ha potuto scappare con qualche amico da quel terribile massacro [...]».
Elizaveta rimase a Ginevra quattro mesi. Ai primi di ottobre prese il treno per San Pietroburgo. Qui rivide la famiglia e gli amici. Conservava ancora i suoi sogni rivoluzionari: all'amico Aleksej Kuropatkin[7], allora studente all'Accademia militare della capitale, chiese la mappa della dislocazione della guarnigione di San Pietroburgo, con Ekaterina Barteneva[8] progettò l'inserimento in una comunità sociale fondata dai populisti nei pressi di Mosca. L'esperienza le deluse, perché dopo tre giorni lasciarono la comunità. Recatasi a Volok conobbe Ivan Davidovskij, amministratore del marito da cui aveva divorziato: lo sposa, ne ha due figlie e lo seguì in Siberia quando questi venne deportato perché condannato, a otto anni di lavori forzati e all'esilio a vita, per truffa.
Vera Figner, la nota rivoluzionaria populista, scrive nelle sue Memorie di aver conosciuto Elizaveta nel 1876, in una riunione di oppositori del regime zarista di diverse tendenze. Vi erano populisti, bakuniniani e marxisti. Tra questi ultimi, Elizaveta: «Secondo lei, in Russia le condizioni non sono mature per la propaganda socialista fatta dalla gioventù russa nel contesto economico attuale. Finché non esisterà in Russia né un'industria sviluppata, né una classe di operai di tali industrie, la propaganda rivoluzionaria non potrà far presa su nessuno, e comporterà solo il sacrificio degli agitatori. Soltanto il proletariato, quando esisterà anche qui, assicurerà il successo della propaganda socialista».
Con queste convinzioni, Elizaveta Davydovskaja finiva con il precludersi volontariamente ogni attività politica in Russia dove «si sentiva soffocare», come aveva scritto nello stesso periodo a Utin, e dove si susseguivano i processi contro le cellule rivoluzionarie.
Nel 1900 divorziò anche dal secondo marito e si stabilì con le figlie a Mosca. A questo punto mancano notizie sulla sua vita: nel 1916 Elizaveta risultava ancora viva, nel 1919 non più.




[1] Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, (Saratov, 24 luglio 1828 – Saratov, 29 ottobre1889), è stato un filosofo, scrittore, lessicografo, giornalista e politico russo; guida spirituale degli intellettuali progressisti e uno tra i leader del movimento rivoluzionario democratico degli anni sessanta dell'Ottocento. Pur restando nella legalità, fu arrestato a San Pietroburgo nel luglio 1862 e processato, dopo due anni di reclusione nella fortezza Pietro e Paolo, per attività sovversiva. Anche se la pena iniziale gli fu ridotta, Černyševskij trascorrerà complessivamente sette anni di prigione, nel distretto minerario di Nerčinsk, e diciotto di esilio; dodici, sempre in Siberia, e gli ultimi sei ad Astrachan'. Riacquistata la libertà, rientrerà a Saratov per morirvi dopo soli quattro mesi.
[2] Nikolaj Aleksandrovič Dobroljubov (Nižnij Novgorod, 5 febbraio 1836 – San Pietroburgo, 29 novembre 1861) è stato un giornalista e critico letterario russo.
[3] Dmitrij Ivanovič Pisarev (Znamenskoe, 14 ottobre 1840 – Golfo di Riga, 16 luglio 1868) è stato un saggista e giornalista russo.
[4] Zemlja i Volja («Terra e libertà») è stato un movimento populistico russo attivo nella seconda metà dell’Ottocento in due diversi momenti storici: prima operò fra il 1861 e il 1863, poi, dopo lo scioglimento, fu attiva fra il 1876 e il 1879.
[5] Allora, infatti, una donna poteva ottenere il passaporto soltanto se sposata e con il consenso del marito.
[6] Hermann Jung (1830, St. Imier - 1901, Londra) era un orologiaio svizzero attivo socialista nella’Associazione internazionale dei Lavoratoti. Jung partecipò alla rivoluzione del 1848/49 in Germania e poi emigrò a Londra. Qui è stato coinvolto con nell’A.I.T.. Fu corrispondente segretario per la Svizzera nel 1864-1872. Ha presieduto i congressi dell'A.I.T. tenutisi a Ginevra, Bruxelles , Basilea e Londra. Fu un membro del British Federal Council. Inizialmente seguì Marx, ma dopo il 1872 si unì al British Federal Council e ai leader dei sindacati britannici in opposizione alla centralizzazione. Non fu coinvolto nel movimento operaio dopo il 1877.
[7] Aleksej Nikolaevič Kuropatkin, (Pskov, 25 marzo 1848 – Pskov, 16 gennaio 1925), è stato un generale russo, ministro della guerra dell'Impero russo.
[8] Ekaterina Grigor'evna Barteneva, nata Bronevskaja (San Pietroburgo, 6 giugno 1843 – San Pietroburgo, 1º settembre 1914), è stata una rivoluzionaria russa.