ÉLISABETH
DMITRIEFF
Elisabeth Dmitrieff, pseudonimo di Elizaveta
Lukinična Tomanovskaja, nata a Volok, in Russia, il 1° novembre 1851, fu una
femminista, un'internazionalista
socialista e una Comunarda
russa.
Terza figlia nata da una relazione extra-coniugale
tra il proprietario terriero Luka Kuščelev e Natalia Troskevič, una suora di
carità luterana, Elizaveta potè fare buoni studi a San Pietroburgo, dove la
famiglia si trasferì, e si formò politicamente leggendo gli scritti di Nikolaj
Černyševskij[1], di Nikolaj Dobroljubov[2], di Dmitrij Pisarev[3]
e frequentando i circoli radicali e socialisti russi, vicini alla Zemlja i
Volja[4], della quale fu seguace un suo fratello.
Molto giovane, si indignò degli abusi dal padre verso
i servi della loro tenuta, mentre la madre guariva le ferite inferte ai
contadini dalla frusta del marito, padrone assoluto del suo dominio e di tutti
gli esseri che vi abitavano. Decisa a sfuggire all'oppressione della famiglia
dominata dalla brutale figura paterna, pur di rendersi indipendente e
trasferirsi all'estero[5], fece un matrimonio «bianco» con un parente,
il colonnello trentaduenne Michail Tomanovskij, che la tisi costringeva a stare
lontano dalla vita militare attiva e gli lasciava pochi anni di vita, che
accettò la sua proposta. Si sposarono nel 1867 a Volok. I loro parenti non
sapevano delle condizioni singolari che avevano originato quel matrimonio, non
però la polizia segreta, che prima delle nozze aveva già stilato un rapporto:
«Ignoriamo con quale scopo la figlia illegittima del nobile Luka Kušelev stia
per commettere un sacrilegio. La soprannominata Elizaveta Kušeleva ha convinto
un colonnello della guardia imperiale dei granatieri degli ussari a convolare a
giuste nozze, il cui carattere fittizio fu nascosto persino ai membri della
famiglia».
Dopo una sosta nella casa dei suoceri presso Nižnij Novgorod,
con un lungo viaggio attraverso la Germania i due coniugi raggiunsero Ginevra
nella primavera del 1868. La Svizzera era terra d'esilio di molti oppositori
politici dei vari regimi europei, e folta era la colonia degli emigrati russi.
A Ginevra Elizaveta conobbe i coniugi Ekaterina
(1843-1914) e Viktor Bartenev, due proprietari che, alla riforma di Alessandro
II avevano donato le loro terre ai contadini, e ora erano in contatto con gli internazionalisti,
e le fecero conoscere uno dei leader dell'emigrazione russa, Nikolaj Utin
(1841-1883), redattore del giornale socialista Narodnoe Delo (La Causa
popolare). Iniziò a collaborare al quotidiano e aderì alla 1ª Internazionale, divenendo, con Utin, membro della sezione russa. Con questo
amico di Černyševskij e corrispondente di Marx,
Elizaveta discusse dei suoi progetti di creare a Volok delle cooperative
agricole e degli investimenti che, a questo scopo, avrebbe voluto fare con la
propria dote. Utin la dissuase, ritenendo inutili quei tentativi e più
necessario investire risorse finanziarie e impegno personale
sull'organizzazione politica. Michail Tomanovskij non aveva parte in queste
discussioni. Sempre malato, volle tornare in Russia. Elizaveta lo accompagnò a
Niznij Novgorod e proseguì per Pietroburgo. Liquidata una parte dei suoi beni,
salutati i parenti, a novembre ripartì da sola e raggiunse nuovamente Ginevra.
Secondo le regole della cospirazione, Elizaveta non
scrisse mai ai parenti e agli amici rimasti in Russia, anche se la sua presenza
non sfuggì agli informatori zaristi che sorvegliavano gli emigrati russi: «una
donna di nome Élise abita con Utin», è scritto in un rapporto. Era il periodo
del conflitto, all'interno della Prima Internazionale, tra marxisti
e bakuniniani,
e Utin ed Elizaveta, ne furono coinvolti.
Conosciuto Benoît
Malon, gli fece conoscere il suo amato libro «Che fare?» di Nikolaj
Černyševskij e forse la convinse a tradurlo in francese. L'edizione francese
apparirà nel 1873. Il 9 dicembre 1870 Utin, a nome della sezione russa, scrisse
una lettera di presentazione di Elizaveta a Marx:
«Carissimo e stimato cittadino! Permetteteci di raccomandarvi la nostra
migliore amica, Madame Élise Tomanovskaja, sinceramente e profondamente devota
alla causa rivoluzionaria della Russia. Noi saremmo felici se, per suo mezzo,
potessimo conoscervi meglio e se, nello stesso tempo, potessimo farvi conoscere
più in dettaglio la situazione della nostra sezione, di cui lei potrà parlarvi
in modo circostanziato. Mme Élisa ci scriverà tutto ciò che giudicherete
necessario comunicarci e ci riferirà, al suo ritorno, tutte le informazioni e
le impressioni che avrà raccolto inserendosi nell'organizzazione delle società
operaie, della vita politica e sociale inglese. Siamo certi che voi vorrete
guidarla e offrirle il vostro prezioso aiuto [...] ».
Affidare un incarico simile a una ragazza di 19 anni
era il segno della notevole stima goduta da Elizaveta.
In dicembre, partì da Ginevra per Ostenda, da dove
s'imbarcò per Dover, e di qui prese il treno per trasferirsi a Londra, dove
divenne membro della Sezione femminile dell'Internazionale
e conobbe Marx.
Da mesi Parigi era in fermento. La guerra
con i prussiani e il loro lungo assedio
aveva provocato la mobilitazione della sua Guardia
Nazionale, che si era organizzata politicamente con l'istituzione di un Comitato
centrale che entrò in conflitto con il governo, favorevole alla resa. L'insurrezione
del 18 marzo 1871 e la fuga dei ministri a Versailles
diede il potere al Comitato
centrale, diretto da socialisti e da repubblicani radicali. Il Consiglio
generale dell'Internazionale,
per poter essere informato sugli sviluppi della situazione politica, decise
d'inviare a Parigi due propri emissari. Prima partì il francese Auguste
Serraillier poi, quando Hermann Jung[6], l'altro designato, si ammalò, Elizaveta
propose la propria candidatura, che venne accettata. Da Dover s'imbarcò per
Calais e raggiunse Parigi il 27
marzo.
Da Parigi, che si era appena costituita in Comune
eleggendo il 26
marzo i propri delegati, scrisse a Jung dandogli qualche informazione: «Malon
è eletto alla Comune, ma
egli ha preso parte, non avendo compreso la situazione e malgrado la sua
estrema onestà, a un movimento delle municipalità contro il Comitato
centrale». Elizaveta si riferiva all'azione, svolta nei giorni precedenti le
elezioni del 26 marzo, dai sindaci dei municipi di Parigi, tra i quali era Malon,
di cercare un accordo con il governo di Versailles
contro la volontà del Comitato
centrale della Guardia nazionale.
A Parigi Elizaveta assunse il nome russo
francesizzato di Élisabeth Dmitrieff. L'8
aprile apparve un anonimo appello di «un gruppo di cittadine» nel quale si
invitavano le parigine a costituire un'associazione con un avanzato programma
sociale, unito alla necessità di difendere la Comune dai
suoi nemici: «Niente doveri senza diritti, niente diritti senza doveri.
Vogliamo il lavoro, ma per conservarne il prodotto. Non più sfruttatori né
padroni. Lavoro e benessere per tutti. Autogoverno del popolo [...]».
Il governo di Versailles
aveva condotto nei primi giorni di aprile alcune operazioni militari contro la Comune, le
donne di Parigi lanciarono un appello: «Alle armi! La patria è in pericolo!
[...] questi assassini del popolo e della libertà sono dei Francesi! Questa
vertigine fratricida che s'impadronisce della Francia, questa lotta a morte, è
l'atto finale dell'eterno antagonismo del diritto e della forza, del lavoro e
dello sfruttamento, del popolo e dei suoi carnefici!».
L'11
aprile fu fondata al Grand Café de la Nation in rue du Temple 79 l'Union
des Femmes pour la Défense de Paris et les soins aux blessés (Unione delle
donne per la difesa di Parigi e le cure ai feriti). Ognuno dei venti
arrondissement - tranne il 2°
arrondissement, rione della «Parigi bene», scelse una rappresentante al
Comitato centrale dell'Unione,
che fu così composto da venti delegate, perché anche Élisabeth Dmitrieff ne
fece parte, pur senza essere stata delegata da nessun arrondissement.
Probabile segno, questo, che l'Union
des Femmes sia stata ideata da lei, che fece parte anche della sua
commissione esecutiva insieme a sei operaie, tra le quali Nathalie
Le Mel. Élisabeth fu l'ideologa dell'associazione, colei che ne redasse lo
statuto e tutti i manifesti. Le sue compagne, tutte operaie, si dedicarono alle
questioni organizzative e alle iniziative pratiche. Il primo indirizzo inviato
dall'Unione
alla commissione esecutiva della Comune
chiedeva di tener conto dei reclami di tutta la popolazione parigina «senza
distinzioni di sesso, una distinzione creata e mantenuta dal bisogno dell'antagonismo
sul quale riposano i privilegi delle classi governative». Era una delle prime
volte in cui un'organizzazione femminile considerava ogni ineguaglianza e
antagonismo tra i sessi una delle basi del potere. Con il commissario al lavoro
Leó
Frankel, Élisabeth Dmitrieff organizzò laboratori tessili che offrivano
lavoro alle donne disoccupate le quali, riunite in cooperative, potevano
vendere direttamente i prodotti della loro attività.
Barral de Montaud, una spia di Thiers
infiltrata nel comando della 7ª legione federata, informò con qualche
inesattezza e molto veleno il governo di Versailles
della novità: «Mme Olga Dmitrieff, della sezione russa dell'Internazionale,
organizza il comitato
delle donne in ogni arrondissement.
Ogni municipio ha un ufficio di donne dove, sotto la presidenza di una matrona
decorata del titolo di Segretaria generale, si riunisce uno sciame di ragazze
tutte ornate della cintura rossa. Le loro occupazioni sono poco numerose; sono
là col pretesto del lavoro o dell'ambulanza; ora, i battaglioni abbondantemente
provvisti di ostesse rifiutano con entusiasmo queste volontarie dell'ambulanza;
in fatto di lavoro, c'è solo la confezione dei sacchi di terra a occuparle.
Lascio da parte una folla d'ignominie sulle quali è bene stendere un velo.
Queste fanatiche sono tra le nemiche più pericolose, obbligano con i loro
discorsi gli uomini a marciare, e molte volte un battaglione è stato trascinato
avanti da queste virago. È stata anche fatta una specie di battaglione di amazzoni,
e le petroliere sono là per provare che l'Internazionale
ha agito abilmente facendo vibrare questa corda».
Il 24
aprile la Dmitrieff scrisse a Jung. Si dichiarava pessimista sulla sorte
della Comune,
perché la provincia rimaneva passiva e, in vista di un attacco generale da Versailles,
si aspettava «... di morire uno di questi giorni su una barricata». La Comune
andava bene - scriveva - malgrado le perdite di tempo e gli errori commessi
all'inizio, e «Parigi è realmente rivoluzionaria ». Diceva di lavorare molto
per l'Unione,
di scrivere e di parlare pubblicamente tutte le sere, riuscendo a riunire
alcune migliaia di donne, ma di essere malata e «non c'è nessuno a
sostituirmi».
Il 23
maggio Élisabeth Dmitrieff firmò l'ultimo appello alle donne dell'Unione,
invitandole a riunirsi al Comitato del 10°
arrondissement per organizzare sulle barricate la resistenza all'esercito
di Versailles,
che era entrato a Parigi nel pomeriggio del 21
maggio. Durante la «Settimana
sanguinante» combattè sulle barricate guidando un battaglione di donne a
place Pigalle, dove venne ferita. Obrescov, consigliere dell'ambasciata russa a
Parigi, scrisse il 24 giugno al capo della polizia segreta Pёtr Šuvalov che
durante la Settimana
sanguinante era stata vista «Élisabeth Dmitrev dietro le barricate,
incoraggiando i federati
alla resistenza, distribuendo munizioni e sparando alla testa di una
cinquantina di megere. Si tiene per certo che abbia contribuito con parole e
atti agli incendi che hanno desolato Parigi». E si chiedeva che fine avesse
fatto «quella forsennata».
La Comune fu
sopraffatta, lei si nascose per sfuggire all'arresto. Le ricerche di Élisabeth
e dei Comunardi
che erano riusciti a sfuggire alla repressione versagliese iniziarono subito.
Alla fine di maggio, un rapporto di polizia dava questa descrizione della
Dmitrieff: «Altezza 1.66, capelli e sopracciglia castani, fronte leggermente
scoperta, occhi grigio-blu, naso ben fatto, bocca media, mento rotondo, viso
pieno, colorito leggermente pallido, andatura vivace, abitualmente vestita di
nero e sempre elegante».
Il 1º ottobre 1872 la polizia francese, dopo aver
sfogliato i giornali dell'anno prima, aveva saputo che Élisabeth aveva fondato
e diretto l'Union
des Femmes, le aveva attribuito 28 anni e poteva aggiungere questa
descrizione: «La Dmitrieff portava abitualmente un vestito da amazzone, un
cappello di feltro ornato di piume rosse e una sciarpa di seta dello stesso
colore ornata di frange d'oro; questa sciarpa che lei portava attraverso il
corsetto e da destra a sinistra, era l'insegna della sua funzione».
Il Consiglio
di guerra di Versailles emise, il 26 ottobre 1872, la sua sentenza contro
la contumace Élisabeth Dmitrieff: deportazione a vita in un campo fortificato
nella Nuova
Caledonia. Dopo aver amnistiato
tutti i Comunardi
nel 1880, nel 1884 le autorità francesi decretarono la sua espulsione dalla
Francia. Non si aveva nessuna idea di dove si trovasse, e tuttavia la decisione
venne notificata alle autorità degli Stati Uniti.
L'appello alle operaie scritto da Élisabeth Dmitrieff 18 maggio 1871 |
Qualche tempo dopo la caduta della Comune,
cominciarono a essere pubblicati libri di memorie su quell'esperienza e vi si
trovano accenni alla figura della Dmitrieff. Nel luglio del 1871 Lissagaray
racconta che il 25
maggio, durante la Settimana
sanguinante, il membro della Comune Leó
Frankel giunse ferito al municipio dell'11°
arrondissement e «il suo sangue colava sul vestito elegante» della signora
«grande, dai capelli d'oro, ammirevolmente bella e sorridente» che lo
sorreggeva: «per parecchi giorni ella si prodigò nelle barricate, curando i
feriti, trovando forze incredibili nel suo cuore generoso». L'episodio è
narrato anche da Alphonse
Humbert a Maxime
Vuillaume: «Un gruppo di guardie scorta una barella sulla quale riposa un
ferito, Frankel.
China sul volto pallidissimo di Frankel,
una grande e bella ragazza bionda dai tratti energici, il profilo fine. Una
russa. Mlle Dmitrieff».
Dmitrieff e Frankel
fuggirono insieme da Parigi e raggiunsero la Svizzera. Poi, i loro destini si
separarono. Mentre Élisabeth si fermò qualche mese ancora a Ginevra,
l'ungherese passò a Londra, dove fu spesso ospite di Marx. Frankel
era innamorato di lei, come conferma una lettera di Marx
del 1874: «Frankel
e Utin erano qui ieri sera. Quest'ultimo ci ha informato che Mme Tomanovskij si
è sposata [...] Frankel
ha molto sofferto per questo colpo inatteso».
Il 4 giugno 1871 l'internazionalista
Henri Perret informò Hermann Jung dell'arrivo di Élisabeth Dmitrieff a Ginevra:
«[...] La nostra cara sorella Élise è salva; ha lasciato Parigi in mezzo a ogni
sorta di ostacoli e attraverso le cannonate e i proiettili; è un miracolo che
si sia salvata; noi l'abbiamo qui a Ginevra e la custodiamo preziosamente; ha
potuto scappare con qualche amico da quel terribile massacro [...]».
Elizaveta rimase a Ginevra quattro mesi. Ai primi di
ottobre prese il treno per San Pietroburgo. Qui rivide la famiglia e gli amici.
Conservava ancora i suoi sogni rivoluzionari: all'amico Aleksej Kuropatkin[7], allora studente all'Accademia militare
della capitale, chiese la mappa della dislocazione della guarnigione di San
Pietroburgo, con Ekaterina Barteneva[8] progettò l'inserimento in una comunità
sociale fondata dai populisti nei pressi di Mosca. L'esperienza le deluse,
perché dopo tre giorni lasciarono la comunità. Recatasi a Volok conobbe Ivan
Davidovskij, amministratore del marito da cui aveva divorziato: lo sposa, ne ha
due figlie e lo seguì in Siberia quando questi venne deportato perché
condannato, a otto anni di lavori forzati e all'esilio a vita, per truffa.
Vera Figner, la nota rivoluzionaria populista, scrive
nelle sue Memorie di aver conosciuto Elizaveta nel 1876, in una riunione di
oppositori del regime zarista di diverse tendenze. Vi erano populisti, bakuniniani
e marxisti.
Tra questi ultimi, Elizaveta: «Secondo lei, in Russia le condizioni non sono
mature per la propaganda socialista fatta dalla gioventù russa nel contesto
economico attuale. Finché non esisterà in Russia né un'industria sviluppata, né
una classe di operai di tali industrie, la propaganda rivoluzionaria non potrà
far presa su nessuno, e comporterà solo il sacrificio degli agitatori. Soltanto
il proletariato, quando esisterà anche qui, assicurerà il successo della
propaganda socialista».
Con queste convinzioni, Elizaveta Davydovskaja finiva
con il precludersi volontariamente ogni attività politica in Russia dove «si
sentiva soffocare», come aveva scritto nello stesso periodo a Utin, e dove si
susseguivano i processi contro le cellule rivoluzionarie.
Nel 1900 divorziò anche dal secondo marito e si
stabilì con le figlie a Mosca. A questo punto mancano notizie sulla sua vita:
nel 1916 Elizaveta risultava ancora viva, nel 1919 non più.
[1] Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, (Saratov, 24 luglio 1828 –
Saratov, 29 ottobre1889), è stato un filosofo, scrittore, lessicografo,
giornalista e politico russo; guida spirituale degli intellettuali progressisti
e uno tra i leader del movimento rivoluzionario democratico degli anni sessanta
dell'Ottocento. Pur restando nella legalità, fu arrestato a San Pietroburgo nel
luglio 1862 e processato, dopo due anni di reclusione nella fortezza Pietro e
Paolo, per attività sovversiva. Anche se la pena iniziale gli fu ridotta,
Černyševskij trascorrerà complessivamente sette anni di prigione, nel distretto
minerario di Nerčinsk, e diciotto di esilio; dodici, sempre in Siberia, e gli
ultimi sei ad Astrachan'. Riacquistata la libertà, rientrerà a Saratov per
morirvi dopo soli quattro mesi.
[2] Nikolaj Aleksandrovič
Dobroljubov (Nižnij Novgorod, 5 febbraio 1836 – San Pietroburgo, 29 novembre
1861) è stato un giornalista e critico letterario russo.
[3] Dmitrij Ivanovič Pisarev
(Znamenskoe, 14 ottobre 1840 – Golfo di Riga, 16 luglio 1868) è stato un
saggista e giornalista russo.
[4] Zemlja i Volja («Terra e libertà») è stato un movimento
populistico russo attivo nella seconda metà dell’Ottocento in due diversi
momenti storici: prima operò fra il 1861 e il 1863, poi, dopo lo scioglimento,
fu attiva fra il 1876 e il 1879.
[5] Allora, infatti, una donna poteva ottenere il passaporto
soltanto se sposata e con il consenso del marito.
[6] Hermann Jung
(1830, St. Imier - 1901, Londra) era un orologiaio svizzero attivo socialista
nella’Associazione internazionale dei Lavoratoti. Jung partecipò alla
rivoluzione del 1848/49 in Germania e poi emigrò a Londra. Qui è stato coinvolto con
nell’A.I.T.. Fu corrispondente segretario
per la Svizzera nel 1864-1872. Ha presieduto i congressi dell'A.I.T.
tenutisi a Ginevra,
Bruxelles , Basilea e Londra. Fu
un membro del British Federal Council. Inizialmente seguì Marx, ma dopo il 1872 si unì al British Federal
Council e ai leader dei sindacati britannici in opposizione alla
centralizzazione. Non fu
coinvolto nel movimento operaio dopo il 1877.
[7] Aleksej Nikolaevič
Kuropatkin, (Pskov, 25 marzo 1848 – Pskov, 16 gennaio 1925), è stato un
generale russo, ministro della guerra dell'Impero russo.
[8] Ekaterina Grigor'evna
Barteneva, nata Bronevskaja (San Pietroburgo, 6 giugno 1843 – San Pietroburgo,
1º settembre 1914), è stata una rivoluzionaria russa.