lunedì 10 dicembre 2018

02-13-03 - Unione delle Donne per la difesa di Parigi e la cura dei feriti

UNIONE DELLE DONNE PER LA DIFESA DI PARIGI E LA CURA DEI FERITI


Le donne di Parigi cominciarono a svolgere un'attività importante già all'inizio della guerra con la Prussia, quando molti uomini furono impegnati al fronte e si crearono i comitati di quartiere e i club. Le donne parteciparono alle azioni più significative che precedettero la vittoria della Comune, quali quelle del 31 ottobre 1870, del 22 gennaio e del 18 marzo, quando furono le prime ad opporsi al colpo di mano tentato dai versagliesi a Montmartre.
Con la Comune venne ripreso il tema dell'emancipazione femminile: la sua messa in pratica passò attraverso il lavoro e così il 12 maggio 1871 venne inaugurata la prima scuola professionale femminile di arte industriale, mentre la scrittrice Marguerite Tinayre venne nominata ispettrice generale delle scuole parigine. Altre iniziative prese dalla Comune che riguardavano, direttamente o indirettamente, le donne, furono la proibizione dell'esercizio della prostituzione, l'organizzazione degli asili, l'abolizione, decretata il 17 maggio, della distinzione tra figli legittimi e illegittimi, la concessione di un'indennità alle mogli delle guardie nazionali.
Un’associazione chiamata «Unione delle donne» era stata fondata durante l'assedio di Parigi, strutturata nei comitati di quartiere e con un Comitato Centrale in rue d'Arras numero 3.
Con l'istituzione della Comune di Parigi, un'assemblea comunale autonoma venne eletta dal popolo parigino, che includeva nelle sue file figure politiche con opinioni spesso rivoluzionarie come Jules Vallès ed Eugène Varlin. Auguste Blanqui, emblema del movimento sociale rivoluzionario, venne arrestato dalla polizia di Adolphe Thiers.
Fu in questo contesto politico rivoluzionario che l’operaia rilegatrice Nathalie Le Mel diede ai suoi punti di vista egualitari sulla cittadinanza femminile, da tempo sviluppata nei suoi anni di militanza socialista e sindacalista, i mezzi della loro integrazione pratica, attraverso la creazione di un'unione mobilizzata per la causa femminile e le cui molteplici richieste impregnarono profondamente le scelte ideologiche e civiche fatte dalla breve esperienza dell'autogestione popolare che sarà, per alcune settimane, la Comune di Parigi.
Una prima applicazione decisa dalla Comune accordò salari identici agli insegnanti della scuola primaria. Un gruppo di insegnanti, tra cui Louise Michel, indirizzò una petizione alla Comune per richiedere delle scuole professionali e degli orfanotrofi laici.
André Léo, Anna Jaclard, Noemie Reclus e Clara Perrier presero parte alla commissione creata da Vaillant "per organizzare e supervisionare l'insegnamento nelle scuole femminili". Marie Verdure ed Elie Ducoudray scrissero un memoriale sulla necessità dell'installazione di asili nido e si offrono di aiutare le madri non sposate per impedire che cadessero nella prostituzione.
Paule Minck organizzò una scuola per ragazze nella sala del catechismo di Saint-Pierre-de-Montmartre[1].
Poco dopo l'attacco condotto dalle forze di Versailles a Neully, l'11 aprile apparve sul Journal officiel un «Appello alle cittadine di Parigi», redatto l'8 aprile e firmato «Un gruppo di cittadine», nel quale, preso atto che la guerra con le forze di Versailles era iniziata e che bisognava «vincere o morire», si tracciavano le linee di un programma rivolto espressamente alle donne. S'invitavano infine le cittadine parigine a riunirsi quella sera al Grand Café de la Nation in rue du Temple 79.
Qui fu fondata l'Union des Femmes pour la Défense de Paris et les soins aux blessés – l’Unione delle donne per la difesa di Parigi e le cure ai feriti, la prima associazione organizzata dalle donne e uno dei primi movimenti che rivendicarono apertamente il femminismo. Tra le fondatrici, oltre Nathalie Le Mel, troviamo la giovanissima attivista dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori Élizabeth Dmitrieff, aristocratica intellettuale emigrata russa vicina a Karl Marx.
Quest'associazione assorbì la precedente Unione delle donne, e aprì proprie sezioni nei diversi rioni di Parigi.
Il nome del movimento è fuorviante: il movimento fece parte dell'azione e fu sempre presente accanto ai Comunardi.
Il Comitato centrale dell'Unione delle donne, che comprendeva, oltre alle due attiviste su citate, Marceline Leloup (sarta), Blanche Lefevre (lavandaia), Aline Jacquier (cucitrice), Theresa Collin (calzolaia) Aglaë Jarry (rilegatrice), pubblicò manifesti e organizzò incontri pubblici nei distretti e nei quartieri della capitale.
Sempre l'11 aprile, l'Unione pubblicò un manifesto che venne affisso sui muri di Parigi, e diceva in sintesi: «I nostri nemici sono i privilegiati del presente ordine sociale, tutti coloro che hanno sempre vissuto coi nostri sudori, che si sono ingrassati con la nostra miseria ... L'ora decisiva è arrivata ... Che ce ne facciamo del vecchio mondo! Vogliamo essere libere! ...». L'Unione delle donne chiarì per la prima volta che "ogni disuguaglianza e antagonismo tra i sessi costituisce una delle basi del potere delle classi dirigenti".
Pochi giorni dopo, aderenti all'Unione tennero un discorso alla Commissione esecutiva.
Louise Michel
L'Unione delle donne venne organizzata con serietà e spirito di responsabilità. Nello statuto, le aderenti, che si distinguevano nell'abito indossando una sciarpa e un bracciale rosso, si impegnavano a riunirsi tutti i giorni e di presentare un rapporto scritto degli avvenimenti della giornata. Si prevedeva anche l'uso delle armi in caso di necessità, l'acquisto di petrolio (da qui l'appellativo di petroleuses dato a molte Comunarde), il rifornimento per i combattenti delle barricate e l'assistenza ai feriti. Il programma includeva idee essenziali come la parità di salario, il diritto di organizzare il proprio lavoro, il diritto di voto, il riconoscimento di uno stato civile completo basato sulla piena uguaglianza civica e legale: i requisiti dell'Unione delle donne sono ispirati da una logica socialista applicata come paradigma sistematico e radicale della situazione di soggezione tradizionale delle donne alle loro controparti maschili.
L'Unione e in generale le donne di Parigi si occuparono soprattutto dei problemi sociali e politici: il 3 maggio una petizione, firmata da 85 operaie e indirizzata alla commissione lavoro della Comune, chiese di lavorare in ottemperanza della circolare della stessa commissione, datata 10 aprile, che prevedeva l'apertura in ogni arrondissement di una fabbrica espressamente adibita al lavoro femminile.
L'8 maggio, designò al suo interno un Comitato centrale composto da sette membri e pubblicò un secondo manifesto. La vita dell'organizzazione fu breve - sei settimane al massimo, ma la sua attività è stata intensa; gli incontri si tenevano ogni giorno, in tutti gli arrondissement. Il suo Comitato Centrale stabilì la sua sede al municipio del 10° arrondissement nei primi di maggio: Elisabeth Dmitrieff fu la segretaria. I membri dell'Unione si proclamavano «cittadine patriote». Presero come motto quello dell'Internazionale: «Nessun dovere senza diritti, nessun diritto senza doveri». Il loro obiettivo: «Vogliamo lavorare, ma per il prodotto del nostro lavoro. Più degli sfruttatori, più dei padroni. Lavoro e benessere per tutti. Il governo del popolo al popolo». Possiamo vedere chiaramente il forte senso che queste donne diedero alla Comune, «rappresentante del grande principio, proclamando l'annientamento di ogni privilegio, di ogni disuguaglianza, - che, per lo stesso motivo, è tenuto a prendere in considerazione le giuste lamentele della popolazione. Tutto senza distinzione di sesso - distinzione creata e mantenuta dalla necessità dell'antagonismo su cui poggiano i privilegi delle classi dirigenti [...]. Il trionfo dell'attuale lotta - che mira alla soppressione degli abusi, e nel prossimo futuro l'intero rinnovamento sociale che garantisce il regno del lavoro e della giustizia - è quindi dello stesso interesse per le cittadine e per i cittadini». Testo forte; ce ne sono pochi tra gli innumerevoli proclami maschili. Le donne intendevano «lavorare insieme per il trionfo della causa del popolo», «combattere e vincere o morire in difesa dei nostri diritti comuni», e ottenere un ufficio in ogni circoscrizione per «un’organizzazione seria di questo elemento rivoluzionario in una forza in grado di dare un sostegno efficace e vigoroso alla Comune di Parigi», così come «un grande locale per organizzare incontri pubblici». L'obiettivo era un generale «rinnovamento sociale». . D'altra parte, nessuna rivendicazione venne fatta nuovamente in merito ai diritti delle donne in senso proprio, compreso il diritto di voto, che si sarebbe potuto prevedere.
Il Comitato gestiva cucine e ambulanze, (insieme con Eugène Varlin. Nathalie Le Mel fondò il ristorante-cooperativa La Marmite, che serviva cibo gratuito per indigenti) riceveva denaro e donazioni in natura per feriti, vedove e orfani. Pur perseguendo queste azioni di aiuto reciproco e di solidarietà, non dimenticò il lavoro di rivendicazione, l'istruzione e la lotta, la registrazione delle cittadine che volevano arruolarsi per la difesa di Parigi. Reclamò e ottenne la parità dei salari, l’organizzazione dei laboratori autogestiti, scuole professionali e orfanotrofi laici, corsi serali per le adulte, asili nido e assistenza alle ragazze madri affinché non affondassero nella prostituzione. Ottenne il riconoscimento dell’unione libera e di una pensione corrisposta alle vedove di guardie nazionali uccise negli scontri, sposate o no, e per i loro figli legittimi o illegittimi. Ottenne il ricevimento una pensione per le donne che invocavano la separazione. Ottenne la chiusura delle case di tolleranza e la soppressione della prostituzione considerata come «una forma di sfruttamento commerciale di creature umane da parte di altre creature umane». Rifiutò il divieto di stampa dei giornali di destra sostenendo "la libertà senza limiti". Ottenne il voto per le donne e per gli stranieri. Presentò una petizione per la sostituzione delle suore negli ospedali e nelle prigioni con madri di famiglie "che", dicevano, "fanno meglio il loro dovere", petizione che istituì, ben prima della legge che in Francia venne emanata nel 1905, il principio della separazione tra Stato e Chiesa nelle scuole, ospedali, carceri, eliminando le religiose da quegli istituti. Quest'ultima decisione è importante perché segna, in generale, l'importantissima tendenza anticlericale delle donne della Comune.
Elisabeth Dmitrieff  e Nathalie Lemel
Paule Mink aprì una scuola libera all'interno della Chiesa di Saint-Pierre-de-Montmartre[1] e animò il Club Saint-Sulpice sulla riva sinistra della Senna. Tutte le associazioni femminili chiesero di lavorare con Frankel, capo della Commissione del lavoro e del commercio, che sosteneva le proposte dell'"Unione delle donne", ossia l'organizzazione di laboratori cooperativi.
Le idee che animarono le Comunarde erano quelle della Rivoluzione sociale e dell'autentico socialismo e non quella della purissima acqua di rose che conosciamo oggi! Quelle donne acclamavano «Repubblica universale», «l'abolizione di tutti i privilegi, di tutti gli sfruttamenti», «sostituzione del regno di lavoro a quello del capitale» e ricordavano che «ogni disuguaglianza e tutto l'antagonismo tra i sessi, sono la base del potere delle classi dirigenti».
Le donne della Comune oltre ad essere innovative, organizzatrici, furono anche coraggiose combattenti. Alcune di loro affrontarono il pericolo e la morte come quelle che lavoravano per i rifornimenti alle guardie nazionali o addette alle ambulanze; altre, armate di fucile, presero il loro posto nelle posizioni avanzate dei combattimenti, spararono agli assalitori, combatterono fino all'ultimo e, nello stesso momento, incoraggiavano i loro compagni più deboli. Il 21 maggio, quando l'esercito di Versailles entrò a Parigi e tutti furono impegnati nei combattimenti, un giornalista del Vengeur, assistendo il 24 maggio ai combattimenti della «Settimana sanguinante», scriveva di aver visto: “tre rivoluzioni, ma per la prima volta vedo donne e bambini combattere. Sembra che questa rivoluzione sia proprio la loro e lottando, esse lottano per il proprio avvenire - [Infatti, anche ragazzi dai 12 ai 15 anni combatterono sulle barricate: ne saranno arrestati 651 e inviati per lo più in case di correzione – NDR] - Parecchie donne combattevano in trincea, alcune vestite anche con la divisa della Guardia Nazionale. Non si contavano le vivandiere. Si sa di una decina uccise in battaglia”.
Dopo la caduta della Comune e i massacri della Settimana sanguinante, la repressione versagliese, che seguì contro di loro, fu terribile. Quando venivano trovate con le armi in mano, venivano fucilate sul posto. Le prigioniere, in attesa di un finto processo, furono mandate al sinistro campo di Satory sotto i fischi, gli insulti, i colpi dell’idiota folla borghese di Versailles. Un documento racconta le condizioni di vita di una Comunarda francese detenuta in carcere, l'insegnante Celeste Hardouin: denunciata in modo anonimo, fu fermata il 7 luglio 1871 e liberata il 17 ottobre dello stesso anno, dopo il pagamento di una cauzione. La sua «colpa» fu quella di avere assistito due volte alle riunioni del club della rivoluzione sociale nella chiesa Saint-Michel nel Batignolles. Come Louise Michel, si confrontarono con i loro giudici con tanto coraggio e dignità, sostenendo le loro azioni e vennero condannate alla deportazione in Nuova Caledonia. Viaggiarono per centoventi giorni su vecchie fregate, in condizioni abominevoli e in gabbia come animali. Molto più che i Comunardi, furono calunniate, insudiciate, umiliate, trattate da puttane o incendiarie dai vincitori e dalle loro mogli. Durante gli anni trascorsi in prigione, continuarono a ribellarsi e a difendere con energia e orgoglio i loro diritti di detenute politiche.
Elisabeth Dmitrieff è riuscita a fuggire in Russia, dove, arrestata, venne deportata in Siberia dove si spense, secondo tutte le probabilità, intorno al 1910.
Nathalie Le Mel fu condannata e inviata in Nuova Caledonia, per la quale venne imbarcata il 13 dicembre 1871, insieme a Louise Michel, condannata come lei ad una pena equivalente, e che divise il posto con la sua co-detenuta. Nathalie Le Mel, amnistiata nel 1880, riprese il suo attivismo politico certamente rinnovato ma ancora vivo per l'idea di applicare alle donne il semplice principio della piena eguaglianza.
Le numerose battaglie di Nathalie Le Mel furono, come le lotte di Louise Michel, le basi dei principali orientamenti del femminismo del primo novecento, che fioriranno in Europa attraverso figure radicali di pensiero socialista, comunista o anarchico, o negli Stati Uniti come nel movimento delle suffragette, che punterà a sua volta sui principali temi civili, giuridici ed economici che sono alla base, e in linea di principio, del discorso protestante del femminismo moderno.
Le donne del popolo videro nella Comune la loro alleata naturale, la rivendicatrice dei loro diritti, combatterono con essa e per essa eroicamente caddero. Basti citare Louise Michel, di cui gli stessi che non ne approvavano le idee e i sentimenti, ne ammirarono tuttavia il carattere, la fermezza, l’abnegazione e la forza magnanima di sacrificio.
Ecco una proclamazione della Michel:

– Cittadine, sopporteremo noi più a lungo che la miseria e l’ignoranza facciano dei nostri figli dei nemici, che padre contro figlio, fratello contro fratello, vengano ad uccidersi fra loro sotto i nostri occhi pel capriccio dei nostri oppressori?
Cittadine, noi vogliamo essere libere!
Che le madri, che le donne, le quali, si chiedono «che m’importa del trionfo della nostra causa se debbo perdere coloro che amo?» si persuadano finalmente che il solo modo di salvare coloro che hanno cari – il marito, in cui vedono il loro sostegno – il figlio, in cui mettono la loro speranza – è quello di prendere una parte attiva al combattimento impegnato per far cessare finalmente una lotta fratricida, che ricomincerà in un prossimo avvenire, se il popolo non trionfa.
Guai alle madri, se una volta ancora il popolo soccombesse! Questa disfatta sarebbe pagata dai loro piccoli figli!
Cittadine, tutte risolute, tutte unite, vegliamo alla sicurezza della nostra causa!
E se gl’infami, che fucilano i prigionieri ed assassinano i nostri capi, mitraglieranno una folla di donne inermi, tanto meglio!
L’orrore e l’indignazione della Francia e del mondo compieranno ciò che noi abbiamo incominciato!

Fu attraverso il coraggio e la straordinaria dedizione di una giovane paramedica, una certa Louise, uccisa mentre soccorreva i feriti e incontrata domenica 28 maggio sulla barricata di rue Fontaine-au-Roi, che Jean-Baptiste Clément, dedicandole la sua famosa canzone Le Temps des Cerises (Il Tempo delle ciliegie), rese omaggio alle donne eroiche della Comune del 1871, la maggior parte semplici lavoratrici che pagarono a caro prezzo la loro lotta per la libertà, l’uguaglianza e la fraternità.


Il manifesto del 6 maggio 1871



REPUBBLICA FRANCESE
LIBERTÀ - UGUAGLIANZA - FRATERNITÀ

COMUNE DI PARIGI

MANIFESTO

DEL

COMITATO CENTRALE DELL'UNIONE DELLE DONNE
PER LA DIFESA DI PARIGI E LA CURA DEI FERITI



A nome della Rivoluzione Sociale che acclamiamo, in nome della richiesta di diritti del lavoro, uguaglianza e giustizia, l'Unione delle donne per la difesa di Parigi e la cura dei feriti protesta con tutte le sue forze contro l'indegna proclamazione ai cittadini, uscita e affissa l'altro ieri, e proveniente da un gruppo anonimo di reazionari.
La proclamazione afferma che le donne di Parigi si appellano alla generosità di Versailles e chiedono pace ad ogni costo ...
La generosità di assassini vigliacchi!
Una conciliazione tra libertà e dispotismo, tra il Popolo e i loro carnefici!
No, non è la pace, ma la guerra ad oltranza che i lavoratori di Parigi vengono a reclamare!
Oggi, una conciliazione sarebbe un tradimento! ... Sarebbe negare tutte le aspirazioni degli operai acclamanti il rinnovamento sociale assoluto, l'annientamento di tutte le relazioni giuridiche e sociali esistenti, la soppressione di tutti i privilegi, di tutti gli sfruttamenti, la sostituzione del regno del lavoro a quello del capitale, in una parola, l'emancipazione del lavoratore stesso!
Sei mesi di sofferenza e di tradimento durante l'assedio, sei settimane di lotta gigantesca contro gli sfruttatori della coalizione, i fiumi di sangue versati per la causa della libertà sono i nostri titoli di gloria e vendetta! ...
L'attuale lotta non può che portare al trionfo della causa popolare ... Parigi non si ritirerà perché porta la bandiera del futuro. L'ora suprema è arrivata ... largo agli operai, fermiamo ai loro carnefici! ...
Azioni, energia! ...
L'albero della libertà cresce annaffiato dal sangue dei suoi nemici! ...
Tutti uniti e risoluti, cresciuti e illuminati dalla sofferenza che le crisi sociali comportano sempre nella loro scia, profondamente convinti che la Comune, rappresentante dei principi internazionali e rivoluzionari dei popoli, porti in sé i semi della rivoluzione sociale, le Donne di Parigi dimostreranno alla Francia e al mondo che anch'esse sapranno, al momento del pericolo supremo, - alle barricate, sui bastioni di Parigi, se la reazione forzasse le porte, - dare come loro fratelli il loro sangue e la loro vita per la difesa e il trionfo della Comune, cioè del Popolo!
Quindi, vittoriosi, capaci di unire e concordare i loro interessi comuni, lavoratori e lavoratrici, tutti insieme, con un ultimo sforzo annienteranno per sempre ogni traccia di sfruttamento e sfruttatori! …


VIVA LA REPUBBLICA SOCIALE E UNIVERSALE! ...
VIVA IL LAVORO! ...
VIVA LA COMUNE! ...



Parigi, 6 maggio 1871.




STAMPA NAZIONALE. - Maggio 1871.
La Commissione esecutiva del Comitato centrale,
LE MEL,
JACQUIER,
LEFEVRE,
LELOUP,
DMITRIEFF.



Altri manifesti dell'Unione delle Donne


Appello agli operai 17-5-1871

Appello agli operai 18-5-1871
Manifesto del 20-5-1871

Manifesto del 20-5-1871









[1] Sotto il Comune, la chiesa venne profanata per la terza volta nella sua storia (la prima volta il 19 agosto 1792, la seconda nell’aprile 1814) e trasformata in negozi di munizioni e laboratorio di abbigliamento. La femminista Paule Minck apre una scuola libera.