LOUIS CHARLES DELESCLUZE
Louis Charles Delescluze è
nato a Dreux[1] il 2
ottobre 1809, ed è stato un politico, avvocato, giornalista e un repubblicano
democratico.
Dopo aver studiato legge a
Parigi (rinunciò agli studi per mancanza di soldi), s’impiegò
in uno studio legale e fece anche il giornalista. Ben presto manifestò una
propensione per le idee democratiche e repubblicane; svolse un ruolo di primo
piano nelle manifestazioni (la sua prima
manifestazione, la prima di una lunga serie di lotte, risale al dicembre del
1830 nelle file repubblicane e dove venne ferito) e nella rivoluzione
del luglio
1830 che rovesciò Carlo X.
Membro di numerose società
repubblicane, tra le quali la Società degli Amici del
Popolo, partecipò alla difesa del Chiostro Saint-Merri, il 6 giugno 1832. Il
suo primo arresto avvenne il 12 aprile 1834: rimase quasi un mese in prigione.
Nel 1836, per sfuggire all'arresto
spiccato nei suoi confronti per complotto rivoluzionario, dovette rifugiarsi in
Belgio, dove diede una mano ai suoi colleghi giornalisti repubblicani.
Poté rientrare in Francia nel
1840 e si stabilì a Valenciennes[2],
dove fu giornalista e redattore del giornale L'Impartial
du Nord la cui linea politica democratica gli procurò dal regime di Luigi
Filippo un mese di prigione e 2.500 franchi di multa.
Il 25 febbraio 1848
fu lui a proclamare la Repubblica a Valenciennes[3],
e dal governo provvisorio fu nominato commissario della Repubblica per il
dipartimento del Nord.
Ha lavorato
per combattere la crisi economica e per placare le richieste dei lavoratori,
perché come un vecchio giacobino[4], ha sostenuto il dialogo tra i padroni e lavoratori. Presentatosi
alle elezioni per l'Assemblea Costituente non venne eletto. Stabilitosi
nello stesso anno a Parigi, il 7 novembre 1848
fondò il giornale La Révolution démocratique et sociale e
costituì l'associazione Solidarité républicaine, che raggruppava
repubblicani e socialisti come Ledru-Rollin e Mathieu de la Drôme.
Il 22 marzo 1849 fu rinviato a
giudizio dalla Corte d’Assise de la Seine per i
suoi articoli nei quali denunciava il generale Cavaignac (allora presidente del Consiglio dei ministri e incaricato
del potere esecutivo) quale responsabile dei
massacri degli operai parigini nel giugno
1848, e fu condannato a un anno di carcere e a 3.000 franchi di multa. Il
successivo 10 aprile fu ancora processato e condannato ad altri tre anni di
carcere e a 11.000 franchi di multa, ma egli era già fuggito in Inghilterra nel gennaio 1850, dove a Londra continuò il suo
lavoro di giornalista.
Rientrato clandestinamente a
Parigi nel luglio 1853, fu arrestato dalla polizia imperiale il 15 ottobre e condannato a
quattro anni di carcere e a dieci di deportazione.
In questi quattordici anni fu
imprigionato in successione a Sainte-Pelagie,
Belle-Île,
Corte e infine a Cayenne, nella Guyana francese nel 1858. Arrivato in Guyana il 16 mese di ottobre
1858, fu portato al Isola del Diavolo, luogo dei detenuti politici. Molto indebolito dalla sua detenzione, rimase in
Guyana fino al novembre del 1860, data in cui apprese la notizia dell’«amnistia
generale e incondizionata dei deportati politici», firmata il 16 mese di agosto
1859.
Tornò di
nuovo a Parigi nel 1860, molto indebolito fisicamente ma ancora
combattivo, tanto da fondare il giornale repubblicano radicale Le Réveil, che affermava i principi
dell’Associazione Intermnazionale dei Lavoratori meglio conosciuto sotto il nome di «Internazionale».
II Risveglio fu uno dei principali giornali di opposizione del Secondo
Impero, e già dal primo numero, apparso il 2 luglio 1868, gli valse una
condanna a 15 giorni di carcere e 3.000 franchi di ammenda. Delescluze si oppose, tra gli altri, alla guerra
contro la Prussia, il 4 agosto 1870, anche se a guerra dichiarata, applaudì
il patriottismo. Il 18, il giornale fu sospeso e venne ripubblicato
all’inizio della guerra
franco-prussiana del 1870.
Seguirono nuove condanne e
sospensioni delle pubblicazioni, tanto che Delescluze fu costretto alla fuga in
Belgio nell'agosto del 1870. Tornò in Francia l’8 settembre dopo la proclamazione
della Repubblica, e rilanciò il suo giornale.
La partecipazione
di Charles Delescluze alla Comune è
ovvia. Nel suo giornale criticò la politica economica di Thiers
e la dolcezza della sinistra parlamentare. Dopo la caduta
dell'Impero, ha denunciato le debolezze del governo del 4
settembre.
È stato ben
attento a non opporsi alle popolazioni rurali ed ai cittadini e, consapevole
della miseria del popolo parigino, non si dissociò dalla causa popolare e dalla
causa comunalista. Ed anche se incarnò la piccola borghesia giacobina[4], ha
spesso avuto l'opportunità, in carcere o nelle sue numerose lotte, di
incontrare militanti operai.
Venne eletto
sindaco del 19°
arrondissement di Parigi il 5 novembre 1870,
ma non avendo i municipi degli arrondissement
alcun potere, si dimise il 6 gennaio 1871 invocando la «lotta armata
contro i disfattisti» (vale a dire il governo di difesa nazionale).
Il giornale Le Réveil fu sospeso nel mese di gennaio
1871, dopo il fallimento dell’insurrezione contro il governo, e lui venne ancora imprigionato a Vincennes, poi a La
Santé; la sua condizione fisica si aggravò
nuovamente.
L'8 febbraio Delescluze fu
eletto con un voto schiacciante all'Assemblea Nazionale e vi chiese la messa in
stato di accusa dei membri del governo, responsabili della resa alla Germania.
Sostenitore della Comune, si
dimise da deputato quando venne eletto il 26
marzo al Consiglio
della Comune per il19°
e l’11°
arrondissement, optando per quest’ultimo, e
fu membro della Commissione esecutiva, e della Commissione esteri (il 4
aprile). Ma molto malato, affetto da laringite
acuta, si ritirò alcuni giorni dopo i primi incontri ed i primi eventi.
Tomba di Louis Charles Delescluze (Père Lachaise, divisione 49) |
Il 9
maggio fu membro del Comitato
di Salute pubblica.
L'11
maggio 1871 fu nominato delegato
civile alla guerra nella Commissione militare, e
in una proclamazione alla Guardia
Nazionale, quando assunse le sue nuove funzioni, invocò la lotta per la
libertà e l'uguaglianza sociale.
Ma in una
delle sue dichiarazioni, lunedì
22 maggio, anche se era vibrante, ebbe conseguenze negative: erede della
Rivoluzione francese, persuaso che la lotta di strada sarebbe stata favorevole
alla Comune,
proibì qualsiasi piano, qualsiasi disciplina. In effetti, dichiarò: "Basta
col militarismo! Più graduati! ...
Più spazio al popolo, ai combattenti a piedi nudi!" Quello di guidare un'opposizione contro gli ufficiali fu
una frammentazione della difesa. Questo rinforzò solo lo spirito di quartiere e
le forme di combattimento locali, evitando così qualsiasi visione d'insieme.
All'entrata dei versagliesi a
Parigi, il 24
maggio chiamò i parigini all'estrema resistenza quartiere per quartiere. Ma la Comune
passò di sconfitta in sconfitta.
Quando comprese che tutto era
perduto, scrisse alla sorella di non volere “servire da vittima o da
giocattolo alla reazione vittoriosa” e di non avere
"il coraggio di subire un'altra sconfitta dopo tante altre".
Il 25
maggio la lotta era aspra sulla barricata di Château
d'Eau. Esausto fisicamente, Delescluze andò lì, si fece uccidere
salendo volontariamente allo scoperto sulla barricata dello Château-d'Eau.
Considerata come una fuga benché morto, venne condannato a morte in contumacia
nel 1874. In quell'occasione, Gambetta
esclamò: "Ecco dunque
un uomo che anche morto fa ancora
paura!"
Arthur
Arnould gli rese omaggio: "Delescluze ha mostrato una grandezza e
un'abnegazione che certamente ne fanno una figura storica fuori dal comune,
degna del rispetto e dell'ammirazione di tutti [...] Il suo amore per il popolo
la sua devozione alla Rivoluzione, alla fine hanno estinto ogni egoismo in lui
[...] Lui, il vecchio giacobino, [...] non ha tardato a far vedere che ha dato
la sua vita per una causa, la causa comunalista".
Portato verso
la maggioranza, coprì la minoranza con la sua protezione, ricordando che "il
nemico è a Versailles
e che la Rivoluzione ha solo combattenti devoti in tutte le strade della Comune".
Lissagaray,
ne Les
huit journées de mai, raccontò
gli ultimi momenti di Delescluze. Piovevano pallottole e granate, lui era
l'unico a continuare a camminare: "L'unico essere umano sul viale.
Arrivato alla barricata, svoltò a sinistra e salì sui ciottoli. Per l'ultima
volta, il suo viso austero, incorniciato nella sua barba bianca, si volse verso
la morte. All'improvviso scomparve; era
appena caduto come un fulmine sulla place du Chateau d'Eau”. I Federati
non potevano raggiungere il suo corpo. Lissagaray
ricorda che Delescluze respirava solo per giustizia: "Nell'ultima ora,
lui ha sacrificato le sue vecchie idee giacobine. Morire per loro con le mani
libere, al sole, è stata la sua ricompensa, senza essere angosciato dalla vista
del boia".
Nel libro,
pubblicato nel 1898, che dedicò a Delescluze, Charles Prolès ci racconta il
destino del corpo di quest'ultimo: il suo corpo, raccolto il 27
maggio da una pila di ventotto cadaveri, fu poi depositato sui gradini del
teatro Déjazet, fu trasportato alla chiesa di Sainte-Élisabeth. Venne quindi
sepolto insieme ad altri in una trincea nel cimitero di Montmartre.
Sguardi amichevoli si erano presi cura di localizzare il luogo, fu abbastanza
facile trovare i resti di Delescluze per seppellirli in una concessione
perpetua, nel novembre 1883, nella 49ª divisione del cimitero di Père-Lachaise.
Il Livre
rouge de la justice rurale, di Jules
Guesde, è dedicato alla memoria di Charles Delescluze, l'uomo amante
dell’inflessibilità, totalmente devoto alla Rivoluzione, che durante la Settimana
sanguinante ha scelto di morire su una barricata.
[1] Nel
dipartimento dell'Eure-et-Loir nella regione del Centro.
[2] Nel
dipartimento del Nord nella regione del Nord-Passo di Calais.
[3] Nel
dipartimento del Nord nella regione Alta Francia.
[4] Con
il termine giacobinismo si intende un movimento e un'ideologia politica
risalenti all'esperienza del Club dei Giacobini durante la Rivoluzione francese (il
club des Jacobins fu un'associazione politica fondata a Parigi nel
novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo
-Saint-Jacobus- in rue Saint-Honoré). Il giacobinismo si diffuse in buona parte
dell'Europa durante l'epoca rivoluzionaria ed ebbe un'influenza politica
notevole nella storia francese per tutto il XIX secolo, in particolare negli eventi della Rivoluzione di
luglio, della Rivoluzione
francese del 1848 e, soprattutto, nell'esperienza della Comune di
Parigi del 1871. Il giacobinismo è sopravvissuto a lungo alla sua fine
storica, che viene canonicamente fissata al 1800. Quello che Vovelle ha
definito giacobinismo trans-storico ha infatti alimentato le vicende
politiche della Francia e, in parte, anche del resto d'Europa. Durante la Rivoluzione
di luglio, nel 1830, si assisté a una nuova fase del giacobinismo, dove
tuttavia andarono a mescolarsi istanze repubblicane, socialiste e cattoliche,
unite solo dall'opposizione a una nuova esperienza monarchica[. Il “neogiacobinismo” del XIX secolo, sempre più legato al
socialismo repubblicano, si consolidò con la rivoluzione
del 1848 e con la Seconda
Repubblica, ma finì per essere spazzato via dall'ascesa di Napoleone III. Con la brevissima e drammatica esperienza
della Comune
di Parigi (1871), il giacobinismo tornò al governo della capitale francese,
in una replica delle forme dell'anno II, a partire dalla ricostituzione del Comitato
di salute pubblica e dalla rinnovata applicazione del vecchio Calendario
repubblicano. La diffusione del comunismo su scala europea, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, alimentò le ipotesi di una
sua discendenza dal giacobinismo. Karl Marx
e Friedrich Engels, nel 1848, lo scrissero esplicitamente: “Il giacobino del
1793 è diventato il comunista dei giorni nostri”.