domenica 30 giugno 2019

02-14-DEL141 - Louis Charles DELESCLUZE

LOUIS CHARLES DELESCLUZE


Louis Charles Delescluze è nato a Dreux[1] il 2 ottobre 1809, ed è stato un politico, avvocato, giornalista e un repubblicano democratico.
Dopo aver studiato legge a Parigi (rinunciò agli studi per mancanza di soldi), s’impiegò in uno studio legale e fece anche il giornalista. Ben presto manifestò una propensione per le idee democratiche e repubblicane; svolse un ruolo di primo piano nelle manifestazioni (la sua prima manifestazione, la prima di una lunga serie di lotte, risale al dicembre del 1830 nelle file repubblicane e dove venne ferito) e nella rivoluzione del luglio 1830 che rovesciò Carlo X.


L'attivista repubblicano

Membro di numerose società repubblicane, tra le quali la Società degli Amici del Popolo, partecipò alla difesa del Chiostro Saint-Merri, il 6 giugno 1832. Il suo primo arresto avvenne il 12 aprile 1834: rimase quasi un mese in prigione.
Nel 1836, per sfuggire all'arresto spiccato nei suoi confronti per complotto rivoluzionario, dovette rifugiarsi in Belgio, dove diede una mano ai suoi colleghi giornalisti repubblicani.
Poté rientrare in Francia nel 1840 e si stabilì a Valenciennes[2], dove fu giornalista e redattore del giornale L'Impartial du Nord la cui linea politica democratica gli procurò dal regime di Luigi Filippo un mese di prigione e 2.500 franchi di multa.
Il 25 febbraio 1848 fu lui a proclamare la Repubblica a Valenciennes[3], e dal governo provvisorio fu nominato commissario della Repubblica per il dipartimento del Nord.
Ha lavorato per combattere la crisi economica e per placare le richieste dei lavoratori, perché come un vecchio giacobino[4], ha sostenuto il dialogo tra i padroni e lavoratori. Presentatosi alle elezioni per l'Assemblea Costituente non venne eletto. Stabilitosi nello stesso anno a Parigi, il 7 novembre 1848 fondò il giornale La Révolution démocratique et sociale e costituì l'associazione Solidarité républicaine, che raggruppava repubblicani e socialisti come Ledru-Rollin e Mathieu de la Drôme.
Il 22 marzo 1849 fu rinviato a giudizio dalla Corte d’Assise de la Seine per i suoi articoli nei quali denunciava il generale Cavaignac (allora presidente del Consiglio dei ministri e incaricato del potere esecutivo) quale responsabile dei massacri degli operai parigini nel giugno 1848, e fu condannato a un anno di carcere e a 3.000 franchi di multa. Il successivo 10 aprile fu ancora processato e condannato ad altri tre anni di carcere e a 11.000 franchi di multa, ma egli era già fuggito in Inghilterra nel gennaio 1850, dove a Londra continuò il suo lavoro di giornalista.
Rientrato clandestinamente a Parigi nel luglio 1853, fu arrestato dalla polizia imperiale il 15 ottobre e condannato a quattro anni di carcere e a dieci di deportazione.
In questi quattordici anni fu imprigionato in successione a Sainte-Pelagie, Belle-Île, Corte e infine a Cayenne, nella Guyana francese nel 1858. Arrivato in Guyana il 16 mese di ottobre 1858, fu portato al Isola del Diavolo, luogo dei detenuti politici. Molto indebolito dalla sua detenzione, rimase in Guyana fino al novembre del 1860, data in cui apprese la notizia dell’«amnistia generale e incondizionata dei deportati politici», firmata il 16 mese di agosto 1859.
Tornò di nuovo a Parigi nel 1860, molto indebolito fisicamente ma ancora combattivo, tanto da fondare il giornale repubblicano radicale Le Réveil, che affermava i principi dell’Associazione Intermnazionale dei Lavoratori meglio conosciuto sotto il nome di «Internazionale». II Risveglio fu uno dei principali giornali di opposizione del Secondo Impero, e già dal primo numero, apparso il 2 luglio 1868, gli valse una condanna a 15 giorni di carcere e 3.000 franchi di ammenda. Delescluze si oppose, tra gli altri, alla guerra contro la Prussia, il 4 agosto 1870, anche se a guerra dichiarata, applaudì il patriottismo. Il 18, il giornale fu sospeso e venne ripubblicato all’inizio della guerra franco-prussiana del 1870.
Seguirono nuove condanne e sospensioni delle pubblicazioni, tanto che Delescluze fu costretto alla fuga in Belgio nell'agosto del 1870. Tornò in Francia l’8 settembre dopo la proclamazione della Repubblica, e rilanciò il suo giornale.



La partecipazione di Charles Delescluze alla Comune è ovvia. Nel suo giornale criticò la politica economica di Thiers e la dolcezza della sinistra parlamentare. Dopo la caduta dell'Impero, ha denunciato le debolezze del governo del 4 settembre.
È stato ben attento a non opporsi alle popolazioni rurali ed ai cittadini e, consapevole della miseria del popolo parigino, non si dissociò dalla causa popolare e dalla causa comunalista. Ed anche se incarnò la piccola borghesia giacobina[4], ha spesso avuto l'opportunità, in carcere o nelle sue numerose lotte, di incontrare militanti operai.
Venne eletto sindaco del 19° arrondissement di Parigi il 5 novembre 1870, ma non avendo i municipi degli arrondissement alcun potere, si dimise il 6 gennaio 1871 invocando la «lotta armata contro i disfattisti» (vale a dire il governo di difesa nazionale).
Il giornale Le Réveil fu sospeso nel mese di gennaio 1871, dopo il fallimento dell’insurrezione contro il governo, e lui venne ancora imprigionato a Vincennes, poi a La Santé; la sua condizione fisica si aggravò nuovamente.
L'8 febbraio Delescluze fu eletto con un voto schiacciante all'Assemblea Nazionale e vi chiese la messa in stato di accusa dei membri del governo, responsabili della resa alla Germania.
Sostenitore della Comune, si dimise da deputato quando venne eletto il 26 marzo al Consiglio della Comune per il19° e l’11° arrondissement, optando per quest’ultimo, e fu membro della Commissione esecutiva, e della Commissione esteri (il 4 aprile). Ma molto malato, affetto da laringite acuta, si ritirò alcuni giorni dopo i primi incontri ed i primi eventi.
Tomba di Louis Charles Delescluze (Père Lachaise, divisione 49)
L'11 maggio 1871 fu nominato delegato civile alla guerra nella Commissione militare, e in una proclamazione alla Guardia Nazionale, quando assunse le sue nuove funzioni, invocò la lotta per la libertà e l'uguaglianza sociale.
Ma in una delle sue dichiarazioni, lunedì 22 maggio, anche se era vibrante, ebbe conseguenze negative: erede della Rivoluzione francese, persuaso che la lotta di strada sarebbe stata favorevole alla Comune, proibì qualsiasi piano, qualsiasi disciplina. In effetti, dichiarò: "Basta col militarismo! Più graduati! ... Più spazio al popolo, ai combattenti a piedi nudi!" Quello di guidare un'opposizione contro gli ufficiali fu una frammentazione della difesa. Questo rinforzò solo lo spirito di quartiere e le forme di combattimento locali, evitando così qualsiasi visione d'insieme.
All'entrata dei versagliesi a Parigi, il 24 maggio chiamò i parigini all'estrema resistenza quartiere per quartiere. Ma la Comune passò di sconfitta in sconfitta.
Quando comprese che tutto era perduto, scrisse alla sorella di non volere “servire da vittima o da giocattolo alla reazione vittoriosa e di non avere "il coraggio di subire un'altra sconfitta dopo tante altre".
Il 25 maggio la lotta era aspra sulla barricata di Château d'Eau. Esausto fisicamente, Delescluze andò lì, si fece uccidere salendo volontariamente allo scoperto sulla barricata dello Château-d'Eau. Considerata come una fuga benché morto, venne condannato a morte in contumacia nel 1874. In quell'occasione, Gambetta esclamò:   "Ecco  dunque  un  uomo che anche morto fa ancora paura!"
Arthur Arnould gli rese omaggio: "Delescluze ha mostrato una grandezza e un'abnegazione che certamente ne fanno una figura storica fuori dal comune, degna del rispetto e dell'ammirazione di tutti [...] Il suo amore per il popolo la sua devozione alla Rivoluzione, alla fine hanno estinto ogni egoismo in lui [...] Lui, il vecchio giacobino, [...] non ha tardato a far vedere che ha dato la sua vita per una causa, la causa comunalista".
Portato verso la maggioranza, coprì la minoranza con la sua protezione, ricordando che "il nemico è a Versailles e che la Rivoluzione ha solo combattenti devoti in tutte le strade della Comune".
Lissagaray, ne Les huit journées de mai, raccontò gli ultimi momenti di Delescluze. Piovevano pallottole e granate, lui era l'unico a continuare a camminare: "L'unico essere umano sul viale. Arrivato alla barricata, svoltò a sinistra e salì sui ciottoli. Per l'ultima volta, il suo viso austero, incorniciato nella sua barba bianca, si volse verso la morte. All'improvviso scomparve; era appena caduto come un fulmine sulla place du Chateau d'Eau”. I Federati non potevano raggiungere il suo corpo. Lissagaray ricorda che Delescluze respirava solo per giustizia: "Nell'ultima ora, lui ha sacrificato le sue vecchie idee giacobine. Morire per loro con le mani libere, al sole, è stata la sua ricompensa, senza essere angosciato dalla vista del boia".
Nel libro, pubblicato nel 1898, che dedicò a Delescluze, Charles Prolès ci racconta il destino del corpo di quest'ultimo: il suo corpo, raccolto il 27 maggio da una pila di ventotto cadaveri, fu poi depositato sui gradini del teatro Déjazet, fu trasportato alla chiesa di Sainte-Élisabeth. Venne quindi sepolto insieme ad altri in una trincea nel cimitero di Montmartre. Sguardi amichevoli si erano presi cura di localizzare il luogo, fu abbastanza facile trovare i resti di Delescluze per seppellirli in una concessione perpetua, nel novembre 1883, nella 49ª divisione del cimitero di Père-Lachaise.
Il Livre rouge de la justice rurale, di Jules Guesde, è dedicato alla memoria di Charles Delescluze, l'uomo amante dell’inflessibilità, totalmente devoto alla Rivoluzione, che durante la Settimana sanguinante ha scelto di morire su una barricata.




[1] Nel dipartimento dell'Eure-et-Loir nella regione del Centro.
[2] Nel dipartimento del Nord nella regione del Nord-Passo di Calais.
[3] Nel dipartimento del Nord nella regione Alta Francia.
[4] Con il termine giacobinismo si intende un movimento e un'ideologia politica risalenti all'esperienza del Club dei Giacobini durante la Rivoluzione francese (il club des Jacobins fu un'associazione politica fondata a Parigi nel novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo -Saint-Jacobus- in rue Saint-Honoré). Il giacobinismo si diffuse in buona parte dell'Europa durante l'epoca rivoluzionaria ed ebbe un'influenza politica notevole nella storia francese per tutto il XIX secolo, in particolare negli eventi della Rivoluzione di luglio, della Rivoluzione francese del 1848 e, soprattutto, nell'esperienza della Comune di Parigi del 1871. Il giacobinismo è sopravvissuto a lungo alla sua fine storica, che viene canonicamente fissata al 1800. Quello che Vovelle ha definito giacobinismo trans-storico ha infatti alimentato le vicende politiche della Francia e, in parte, anche del resto d'Europa. Durante la Rivoluzione di luglio, nel 1830, si assisté a una nuova fase del giacobinismo, dove tuttavia andarono a mescolarsi istanze repubblicane, socialiste e cattoliche, unite solo dall'opposizione a una nuova esperienza monarchica[. Il “neogiacobinismo” del XIX secolo, sempre più legato al socialismo repubblicano, si consolidò con la rivoluzione del 1848 e con la Seconda Repubblica, ma finì per essere spazzato via dall'ascesa di Napoleone III. Con la brevissima e drammatica esperienza della Comune di Parigi (1871), il giacobinismo tornò al governo della capitale francese, in una replica delle forme dell'anno II, a partire dalla ricostituzione del Comitato di salute pubblica e dalla rinnovata applicazione del vecchio Calendario repubblicano. La diffusione del comunismo su scala europea, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, alimentò le ipotesi di una sua discendenza dal giacobinismo. Karl Marx e Friedrich Engels, nel 1848, lo scrissero esplicitamente: “Il giacobino del 1793 è diventato il comunista dei giorni nostri”.