GUSTAVE COURBET
Courbet ritratto da Nadar.
“Ho cinquant'anni ed ho sempre vissuto libero; lasciatemi
finire libero la mia vita; quando sarò morto voglio che questo si dica di me:
Non ha fatto parte di alcuna scuola, di alcuna chiesa, di alcuna istituzione,
di alcuna accademia e men che meno di alcun sistema: l'unica cosa a cui è
appartenuto è stata la libertà (Gustave Courbet)”.
Jean Désiré Gustave Courbet è nato il 10 giugno 1819
ad Ornans[1],
incastonata nel massiccio del Giura (vicino la Svizzera). É stato un pittore ed
un attivista Comunardo,
conosciuto soprattutto per essere stato il più significativo esponente del
movimento realista (e accreditato anche dell'invenzione del termine stesso),
Courbet è pittore di composizioni figurative, paesaggi terreni, marini e donne;
si occupa anche di problematiche sociali, prendendosi a cuore le difficili
condizioni di vita e lavoro dei contadini e dei poveri
Ancora fanciullo studiò presso la scuola locale,
dando prova di carattere ribelle e sanguigno, e apprendendo i primi rudimenti
dell'arte pittorica dal padre, professore ad Ornans e allievo di Antoine-Jean
Gros. Nel 1837 si trasferì presso la città universitaria di Besançon, seguendo
la volontà dei genitori che desideravano che si avviasse alla professione di
avvocato; qui, tuttavia, vedendo ben presto come privilegiasse gli studi
pittorici, il giovane Gustave si accostò alle lezioni del pittore
Charles-Antonine Flajoulot, emulo del pittore Jacques-Louis David. Anche quando
partì per Parigi, malgrado si iscrisse subito alla facoltà di diritto, non
seguì quasi mai i suoi corsi, preferendo coltivare i propri interessi
artistici: Courbet, infatti, approdò in una città che serbava tracce di un
grandissimo fervore artistico che vi accentrò artisti di grande nome, quali
Géricault e Delacroix, e che trovava espressione nell'attività culturale
vivacissima, animata dalle diverse esposizioni e dai musei.
Il giovane Courbet a Parigi si divise tra un'intensa
attività di studio e gli svaghi e i divertimenti concessi da una grande città.
Frequentò assiduamente la brasserie Andler, birreria scelta come luogo di
ritrovo da diversi artisti e intellettuali parigini, quali Baudelaire, e Proudhon.
L'incrollabile fiducia in sé stesso e l'indomita
tenacia di Courbet furono presto premiate: nel 1848, sfruttando l'assenza della
commissione giudicatrice, in occasione del Salon[2]
(mostra che sino ad allora aveva accettato solo pochissime sue opere) il
pittore ebbe l'occasione di esporre una decina di quadri e disegni. Egli
acquistò in questo modo un minimo di notorietà.
Nel 1855 osò costruire una baracca
per mostrare le sue opere rifiutate dalla giuria dell'Esposizione Universale e
che ha colto l'occasione per diffondere la sua estetica nella forma di un
"Manifesto del Realismo".
Nel 1870, Gustave Courbet è all'apice della sua
gloria, le sue idee repubblicane e socialiste lo spinsero a rifiutare la
Legione d'Onore, proposta da Napoleone
III,
in una lettera al 23 giugno 1870, indirizzata al Ministro delle lettere,
scienze e belle arti, Maurice Richard, dove affermava che "lo Stato è incompetente in materia di arte. Quando s’impegna
a premiare, egli usurpa il gusto del pubblico”.
Ma il 1870 è anche l’anno in cui la Francia venne
sconvolta da grandi cambiamenti politici. Stava infatti imperversando la guerra
franco-prussiana, combattuta tra il secondo Impero francese ed il regno di
Prussia. Mentre Parigi, subendo la vigorosa offensiva delle truppe tedesche,
andava sempre più spopolandosi, Courbet decise invece di rimanere in città,
complice forse un residuo d'influsso sanculotto (quale era il nonno), e la
volontà di investire le proprie energie in una resistenza energica e
idealistica.
Alla proclamazione della terza
Repubblica francese, Courbet venne totalmente coinvolto nel conflitto,
venendo nominato presidente dell'effimera Federazione
degli artisti e presidente della Commissione dei musei e delle Belle Arti;
ricoprendo quest'ufficio, Courbet ebbe la possibilità di salvaguardare
l'immenso patrimonio artistico di Parigi dalla furia dei soldati prussiani,
prelevandolo dai musei e custodendolo in luoghi ritenuti sicuri.
Nel settembre del 1870, inoltre, chiese al Governo
di Difesa nazionale l'abbattimento
della colonna di place Vendôme, eretta da Napoleone Bonaparte per
commemorare la vittoria francese alla battaglia di Austerlitz e ottenuta
fondendo i cannoni austriaci. Courbet manifestò un sentito disprezzo verso
questo simbolo delle glorie napoleoniche e di oppressione: “La colonne
Vendôme est un monument dénué de toute valeur artistique, tendant à perpétuer
par son expression les idées de guerre et de conquête qui étaient dans la
dynastie impériale, mais que réprouve le sentiment d’une nation républicaine -
La colonna Vendôme è un monumento privo di ogni valore artistico e tendente a
perpetuare, con il suo significato, le idee di guerra e di conquista respinte
dal sentimento di una nazione repubblicana (Gustave Courbet)”.
A seguito della schiacciante vittoria
tedesca nella guerra
franco-prussiana, nel 1871 il popolo parigino si sollevò e, promuovendo
maggiore equità sociale, istituì la Comune di
Parigi; Courbet, amico di Proudhon
e vicino alla Federazione
Giura di Bakunin,
prese parte attiva nella Comune di
Parigi salutò con commozione e sincero ardore questa nuova forma di
governo. Propose al Governo
di Difesa nazionale lo spostamento della Colonna
Vendôme, che evocava le guerre napoleoniche, a Les Invalides. L'entusiasmo
di quei giorni fece sì, che la Comune
decise il 13
di aprile 1871, di abbatterla e non di spostarla; Courbet ne reclamò
l’esecuzione, il che lo designerà, in futuro, come responsabile della sua
distruzione. Alle elezioni complementari del 16
aprile 1871 fu eletto al Consiglio
della Comune per il 6°
arrondissement, assessore all'istruzione pubblica e delegato alle Belle
Arti. Il 17
di aprile 1871 venne eletto presidente della Federazione
artisti. Fece blindare tutte le finestre del Louvre per proteggere le opere
d'arte, ma anche l'Arco di Trionfo e la Fontana degli Innocenti. Egli prende
misure analoghe alla manifattura Gobelins, quella di Sèvres e quindi proteggere
la raccolta di Thiers.
Fece parte della commissione di insegnamento e, con Jules
Vallès, votò contro la creazione del Comitato
Salute pubblica, firmando il manifesto della minoranza.
L'abbattimento della Colonna
Vendôme era stata prevista per 5
maggio 1871, l'anniversario della morte di Napoleone, ma la situazione
militare aveva impedito di tenere tale termine. Più volte rinviata, la
cerimonia si tenne il 16
maggio 1871, la colonna fu abbattuta, alle ore 17,30 tra gli applausi dei
parigini. All'evento, Courbet non partecipò direttamente, ma era evidente la
responsabilità che rivestiva nell'intera vicenda, che gli causerà, alla caduta
della Comune,
grandi sacrifici e dolori.
Courbet si dimise a maggio per protestare contro
l'esecuzione di Gustave Chaudey[3].
La lunga serie di guai giudiziari a carico di Courbet
ebbe inizio infatti il 7 giugno 1871, Courbet fu
arrestato a casa di un amico, internato all'Orangerie
di Versailles e alle Grandes Écuries, passò
in un tribunale di guerra dove venne accusato dal tribunale
di guerra di «essersi […] reso complice, abusando della sua autorità» dello
smantellamento della colonna, fu venne condannato a sei mesi di carcere (alla prigione
di Sainte-Pélagie) e a una multa di cinquecento franchi, cui si aggiunsero
6850 franchi di spese penali.
Essendo malato, il 30 dicembre 1871 venne trasferito
in una clinica di Neuilly dove rimase fino al aprile 1872.
Il suo coinvolgimento nella Comune
contribuì a far si che molti scrittori lo descrissero come un rabbioso assetato
di violenza senza precedenti; così Alexandre Dumas figlio ha avuto il coraggio
di scrivere su di lui: "Che favoloso accoppiamento di una lumaca e un
pavone, di quale antitesi della genesi, di quale infiltrazioni sebacea può
essere stato generato questa cosa chiamata Gustave Courbet? In quale campana,
con quel letame, come risultato di un miscuglio di vino, di birra, di muco
acido e di edema flatulenza potrebbe spingere questo zuccone suono e peloso,
questo ventre estetico, incarnazione dell’Io imbecille e impotente".
Il suo laboratorio, già saccheggiato
dalle truppe germaniche, sarà distrutto e, mentre ritornava alla sua famiglia
ad Ornans[4], l'odio
versagliese verso i Comunardi,
nel 1873, si manifestò in una scandalosa condanna a pagare le spese di restauro
della colonna. Presero gli ultimi lavori del suo studio, presero persino il suo
rivenditore Durand-Ruel e i suoi soldi in banca.
Nel maggio 1873 il nuovo Presidente della Repubblica,
il maresciallo Mac-Mahon,
decise di ricostruire la Colonna
Vendôme a scapito di Courbet. La legge sul ripristino della Colonna
Vendôme a scapito di Courbet venne approvata il 30 maggio 1873; di
conseguenza la sua pena pecuniaria, già ingente, divenne ancora più
esorbitante, subendo un’ulteriore sanzionatura di 323 091 franchi e 68
centesimi, pagabile a rete (doveva pagare circa 10 000 franchi all'anno per 33
anni), così da rimborsare le spese di ricostruzione della Colonna
Vendôme. Courbet cadde in rovina dopo la caduta della Comune, la
sua proprietà fu sequestrata, e i suoi quadri confiscati.
L'esclusione alla mostra al Salon del 1872 e il
timore di essere di nuovo imprigionato spinsero Courbet a lasciare la Francia e
a rifugiarsi in Svizzera, a La Tour-de-Peilz, nel Canton Vaud, sul lago Lemano
(lago di Ginevra) nei pressi di Montreux, dove intendeva soggiornare fino a
quando la situazione in patria non si sarebbe mitigata. Il 1° agosto 1875
partecipò ad un congresso della Federazione
Giura a Vevey.
Nonostante venisse accolto benevolmente dai cittadini
elvetici, il declino di Courbet come uomo e come artista era ormai
inarrestabile. Fiaccato dalla commiserazione e dalla sofferenza per la
condizione di esule, egli si diede a uno stile di vita dissipato, annegando i
propri dispiaceri negli alcolici; anche la sua produzione risentì da questa
condizione, tanto che realizzò tutt'al più opere mediocri.
Per via della sua attitudine al bere Courbet, già
afflitto da una grave obesità, ben presto contrasse una cirrosi epatica, che lo
condusse a morte il 31 dicembre 1877 a La Tour-de-Peilz: il giorno successivo
avrebbe dovuto pagare la prima rata al governo francese per la ricostruzione
della Colonna
Vendôme. In solidarietà con i suoi compagni esuli dalla Comune di
Parigi, Courbet aveva rifiutato di tornare in Francia prima di un'amnistia
generale. La sua volontà è stata rispettata, e il suo corpo fu sepolto a La
Tour-de-Peilz il 3 gennaio. I suoi resti sono stati trasferiti ad Ornans nel
1919.
Nel 2013, si cominciano a raccogliere delle firme per
chiedere il trasferimento della salma di Gustave Courbet al Pantheon di Parigi.
Dovrebbe essere l'omaggio postumo all'artista. Nel documento si afferma che «la
Repubblica è in debito con la sua memoria», e si afferma che «onorare Courbet è
l'impegno repubblicano che gli rende giustizia, che onore».
"Sono costantemente impegnato alla questione
sociale e alla filosofie ad essa correlata, camminando per la mia via al fianco
mio compagno Proudhon.
[...] Ho combattuto contro tutte le forme di governo autoritario e diritto
divino, volendo che l'uomo si governi secondo le sue esigenze, il suo diretto
profitto e secondo la sua concezione (Gustave Courbet)".
[1] Cittadina nel cuore del dipartimento del Doubs nella regione della Franca Contea.
[2] Il Salon fu un'esposizione
periodica di pittura e scultura, che si svolse al Louvre di Parigi, con cadenza
biennale fino al 1863 ed annuale in seguito (decreto imperiale del 13 novembre
1863), dal XVII al XIX secolo. I Salon furono proprio coloro che decidevano se un quadro
potesse essere messo o meno in esposizione alla stessa stregua.
[3] Sindaco del 9° arrondissement nel settembre 1870 e poi, da novembre, sindaco aggiunto di Parigi, oppositore delle forze che volevano l'instaurazione della Comune, il 22 gennaio 1871 ordinò alla guardia mobile di sparare sui manifestanti che assediavano l'Hôtel de Ville per protesta contro la conduzione della guerra da parte del governo. Ci furono una cinquantina di morti, tra i quali il comandante dei battaglioni della guardia nazionale del 19° arrondissement Théodore Sapia. Proclamata la Comune, per qualche tempo non fu disturbato, finché l'11 aprile il giornale blanquista Le Père Duchene chiese la sua punizione. Chaudey rispose sul Siècle di assumersi «la responsabilità di aver difeso l'Hôtel de Ville da un attacco a mano armata». Arrestato il 14 aprile, fu fucilato la notte del 23 maggio su ordine di Raoul Rigault.
[4] Nel dipartimento del Doubs nella regione della Borgogna-Franca Contea.