sabato 3 agosto 2019

02-18 - L'esercito della Comune

L’ESERCITO DELLA COMUNE

 

 

Gli insuccessi delle sortite dell’esercito comunardo, che aveva tentato all'inizio di aprile un’avanzata verso Versailles, incoraggiarono il Governo versagliese, che ha avuto il tempo necessario per organizzare la presa di Parigi.

Ecco come, il 12 aprile, Karl Marx considerava la situazione di Parigi, in una lettera scritta da Londra al suo amico Kugelmann:

«[…] Dì quale facoltà di sacrificio sono dotati questi Parigini Affamati e rovinati nel corso di sei mesi dal tradimento interno più ancora che dal nemico, essi si sollevano sotto le baionette prussiane come se non ci fosse mai stata la guerra tra Francia e Prussia, come se lo straniero non fosse sempre alle porte di Parigi! La storia non conosce ancora un esempio cosi grande! Se soccombono, ciò dipenderà soltanto dal loro carattere da “buoni ragazzi”. Sarebbe stato necessario marciare immediatamente contro Versailles dopo che Vinoy prima, poi gli elementi reazionari della Guardia Nazionale parigina ebbero sgomberato il campo. Per scrupolo di coscienza, si è lasciato passare il momento favorevole, Non si volle cominciare la guerra civile, come se quel miserabile aborto di Thiers non l'avesse cominciata già, tentando di disarmare Parigi. Secondo errore: il Comitato centrale rinunciò troppo presto alle sue funzioni per far posto alla Comune. Anche questa volta, per un eccessivo scrupolo “d’onore”! Comunque l’insurrezione parigina, anche se verrà soffocata dai lupi, dai porci e dai cani, è la più gloriosa impresa del nostro partito dall’insurrezione parigina di giugno. Si paragonino questi tiranni di Parigi con gli schiavi del Sacro Romano Impero prussiano germanico, con le sue mascherare postume e col suo tanfo di caserma e di chiesa, di feudalismo e soprattutto di filisteismo!».

Alla data in cui Karl Marx scrisse, il piccolo esercito di Vinoy aveva fatto posto al grande esercito di Mac-Mahon. Il primo, limitato alla difensiva, impegnato soltanto dallo slancio disordinato dei Federati, aveva raggruppato 62.500 uomini. Fu l’esercito di Vinoy, allungato su un vasto fronte che si stendeva da Chatillon alla penisola di Gennevilliers, a sopportare, sino all’11 aprile, gli attacchi dei Federati a Neuilly, a Clamart, a Moulineaux.

A partire dal11 aprile, l’esercito di Mac-Mahon si era organizzato. Comprendeva più di 100.000 uomini.

L’obiettivo di questobesercito sembrava semplice: impadronirsi di Neuilly per essere sicuri sulla sinistra; distruggere i forti del sud per consolidare la destra; al centro, ammassare una potente artiglieria che avrebbe permesso di volta in volta l’avvicinamento e l'assalto finale.

Questo piano avrebbe dovuto determinare il piano della Comune: difendere Neuilly e i forti del sud in modo da prolungare il più a lungo possibile la resistenza extra muros. Ma, per far ciò, ci voleva alla testa dei Federati una volontà operante. Esisteva una tale volontà? La Comune disponeva degli effettivi che sarebbero stati necessari?

Ciò che caratterizza essenzialmente la situazione militare della Comune, all'inizio, è l’anarchia quasi totale dei comandi. Dal 26 marzo i 126 battaglioni della Guardia Nazionale sono stiracchiati tra il comando dello stato maggiore della Piazza, le Commissioni di circondario, il Comitato centrale, insediato al Ministero della Guerra, e i delegati dell'Assemblea alla Guerra.

Il delegato nominato dalla Comune fu da principio Cluseret.

Gustave-Paul Cluseret, nato il 13 giugno 1823 a Parigi, uscito da Saint-Cyr sottotenente nel 1843, tenente nel 1848, era comandante del 13° battaglione milizia mobile nel marzo 1848 e ricevette la Legion d'onore durante le giornate di giugno: strani antecedenti per un membro della Comune! Ma nel 1849 egli prese parte ad una manifestazione di capi di battaglione, frequentò i club, e il 31 marzo t850 fu collocato a riposo; richiamato il 5 febbraio 1853, combattè nella guerra di Crimea, dove fu ferito, diventò capitano; ma gli sono state rimproverate certe indelicatezze, che tuttavia non gli impedirono di essere proposto per la Legione d'onore nel 1857. Diede le dimissioni il 17 luglio 1858 in seguito a un`accusa di furto. Nel 1859 era a New York e diventò generale nell’esercito del Sud durante la guerra di Secessione. Tornato in Inghilterra, lo troviamo alla testa dei “feniani" che marciavano contro Chester; tornato in Francia, fece amicizia con Vermorel, collaborò a La Commune francaise, a Le Rappel, a La Tribune; il 15 luglio 1868 venne condannato a due mesi di prigione per incitamento all’odio e al disprezzo verso il Governo. Affiliato all'Internazionale, implicato nelle procedure giudiziarie del giugno 1869, oppose il suo titolo di cittadino americano, ripartì per gli Stati Uniti, dove fece propaganda per l’Internazionale. Si trovava di nuovo a Parigi alla caduta dell’impero, tentò di organizzare un corpo di “americani”, scrisse nella Marseillese, promuovve agitazioni a Lione, a Marsiglia, tornò nella capitale alla fine di marzo. A questo antico difensore dell'ordine, a questo avventuriero vanitoso è stata affidata la missione di organizzare l'esercito dell'insurrezione.

Dal 26 marzo al 1° maggio, quando, in occasione della caduta del forte di Issy, fu revocato, arrestato, rinchiuso a Mazas - ne uscì il 24 maggio, travestito, a quel che si racconta, da donna, per rifugiarsi all’estero - Cluseret ebbe la missione di dirigere il Ministero della Guerra. Sappiamo già come si urtò alla concorrenza del Comitato centrale. Peggio ancora, Bergeret, comandante della piazza di Parigi, che era membro del Comitato,

Doveva, in linea di principio, ricevere istruzioni soltanto dai delegati alla Guerra; in realtà egli si rivolse, per tutte le misure militari, al Comitato centrale, e si vide persino Cluseret accettare che le nomine a capo di legione da lui proposte fossero sanzionate dal Comitato. Finalmente Cluseret ruppe gli indugi, si lamentò alla Commissione esecutiva, e ottenne da questa di poter mettere in stato d’arresto Bergeret, che fu immediatamente sostituito (6 aprile) da Jaroslaw Dombrowski.

Per attaccare Versailles, o anche soltanto per difendere Parigi, ci sarebbe voluto un forte e un buon esercito. Ora, Cluseret, confessò egli stesso, non aveva svuto modo fi impiegare più di 6000 o 6500 uomini. Certo, sulla carta la Comune aveva un esercito molto più importante, che contava, al 2 maggio, 6.507 ufficiali e 162.647 sottufficiali e soldati. Ma siamo ben lontani dal poter affermare che questo esercito abbia combattuto per la Comune. Poco obbedienti ai loro ufficiali eletti, le guardie nazionali, oziose, indisciplinate, girovagavano per le strade e nelle osterie; se, nel cervello di alcune di esse, c'era come una vaga teoria di antimilitarismo patriottico alla quale secondo loro, era dovuta la vittoria dei repubblicani nel 1792, molte di esse, demoralizzate da due assedi, delle molte sofferenze fisiche; dalla troppe contraddizioni politiche, erano incapaci di uno sforzo continuato e di sacrifici volontari. L'11 aprile Cluseret creò precipitosamente alcuni Consigli di guerra per reprimere l'ubriachezza e l’insubordinazione che ne era la fatale conseguenza; è vero che egli faceva risalire la responsabilità di questo deplorevole stato di cose agli avversari della Comune:

Considerando che i nemici della Repubblica tendono con tutti i mezzi a corrompere la Guardia Nazionale allo scopo di vincere con la demoralizzazione;...... che è entrata recentemente una grande quantità di alcool, unicamente impiegata in questo momento a distruggere, attraverso l'ebbrezza, gli invincibili soldati di Parigi......"

Al Comitato centrale, il 4 maggio, fu spiegato che l'insuccesso di Moulin-Saquet era dovuto allo stato di ubriachezza in cui si trovava il comandante. Su truppe scarsamente alimentate, l'alcool, in ogni caso, non poteva avere che effetti disastrosi: eccitazione passeggera e depressione finale.

È stato affermato che un gran numero di pregiudicati avevano fatto parte dei battaglioni federati, Il generale d'Aurelle de Paladínes[1] ha parlato di 40-50000 individui di queste specie, e il prefetto di polizia Cresson, riducendo la cifra alla metà, ha sottolineato così l’incertezza che regnava in questo campo.

All’infuori dei battaglioni federati, si erano formati corpi franchi dai nomi evocatori i Vendicatori di Flourens, gli Esploratori di Bergeret, gli Arditi, che si raccomandavano piuttosto per la stranezza delle loro uniformi, l’esuberanza delle loro chiacchiere e le loro manifestazioni all`interno della capitale, che per il mordente del loro eroismi in combattimento. In compenso, diversi corpi franchi, come i Volontari di Montrouge, i Vendicatori della Comune, i Turcos della Comune, riuniti in un solido battaglione comandato da Lisbonne, dettero ottima prova agli avamposti.

I “trentasoldi”, cosi erano chiamate le guardie nazionali, avrebbero probabilmente dato un maggior rendimento se fossero stati meglio comandati. Eletti dai soldati, gli ufficiali non erano necessariamente scelti tra i più capaci; e se per caso si rivelavano tali, immediatamente piovevano denunce contro le loro opinioni, i loro atti, e talvolta il loro carattere. Incapaci, spesso ubriachi, indisciplinati o ignoranti dei regolamenti, e soprattutto inesperti di cose militari, essi hanno suscitato la collera di Rossel, che stigmatizzava “quei cialtroni di ufficiali della Comune...... vagabondi travestiti da soldati, che trasformano in cenci irriconoscibili l'uniforme nella quale sono imbacuccati".

Certo, c”è in questi discorsi desolanti di Rossel un'esagerazione contro la quale parlano la lunga resistenza di Parigi al duro blocco dei versagliesi e i combattimenti di strada della Settimana di maggio, nonché il coraggio personale di tanti Comunardi. Ma che cosa non avrebbe potuto fare la Comune eliminando le proprie divisioni intestine, organizzando seriamente il proprio esercito, attuando l'unità di comando e sfruttando al massimo l'eroismo latente della popolazione parigina! Non già che Cluseret non abbia egli stesso pensato a metter ordine nelle truppe della Comune; egli ha chiesto esami professionali per gli ufficiali, tentato di aumentare numericamente le forze a sua disposizione imponendo il servizio militare a tutti i Parigini dal 17 ai 31 anni; ha lottato contro l`alcoolismo pervertitore e l`idiozia dei vanitosi, alcuni dei quali si coprivano di galloni i cheppì e le maniche, e cui dava la lezione della sua giacca borghese e del suo cappello floscio. Ma inaugurando la politica del servizio militare obbligatorio, Cluseret ha dato l’avvio a una nuova serie di difficoltà: gli indifferenti, gli avversari della Comune, rifiutando di servire est’ultima sotto le armi, sono divenuti renitenti contro i quali la polizia ha dovuto organizzare retate, certo assai di rado serie, ma che suscitavano nuove cause di astio nella capitale. Incorporati, questi individui servirono mediocremente e costituirono elementi dl disgregazione in seno ai battaglioni. D'altra parte se dobbiamo credere a Benoît Malon, per quanto riguarda questa nuove reclute non si superò la cifra di 1.000 uomini, giacché le stesse autorità, e prima di tutti Cluseret, accordarono un gran numero di esenzioni, senza contare che vi fu una vera evasione in massa fuori di Parigi.

Cluseret aveva creduto di poter stimolare l'ardore dei difensori di Parigi rendendo alle guardie nazionali cadute nelle giornate dal 2 al 4 aprile solenni onori funebri. La cerimonia e le sfilate del 6 aprile, il cui protocollo fu specificato in un manifesto incorniciato di nero che apparve quella stessa mattina, furono particolarmente commoventi: dall`ospedale Beaujon, dove i cadaveri delle guardie uccise erano stari riuniti, sino al Pere-Lachaise, la folla assistette commossa allo snodarsi del triste corteo. A nome della Comune, Charles Delescluze pronunciò un breve e vigoroso discorso in onore delle prime vittime della guerra civile.

A dire il vero Cluseret non ottenne i risultati che si era ripromesso, giacché dal 6 aprile ebbe meno guardie nazionali alle adunate e col numero minore fecero tutto il possibile per passare dalle compagnie di marcia nelle formazioni sedentarie. Allora la Comune pensò, per alimentare gli effettivi, di promettere ai cittadini feriti una pensione annuale e vitalizia, da fissare nei limiti da 300 a 1200 franchi; ma essa rinviava ad una Commissione da designare ulteriormente la cura di determinare le categorie e le quote delle pensioni previste, cosa che non fu mai fatta a causa della breve durata della Comune. D'altra parte essa decretò, il 10 aprile, l'adozione dei bambini, riconosciuti o no, dei cittadini morti per la difesa dei diritti del popolo; questi bambini avrebbero ricevuto, sino all'età di 18 anni, una pensione annuale di 365 franchi, pagabile per dodicesimi; le vedove avrebbero potuto riscuotere, dal canto loro, una pensione annua di 600 franchi, e la situazione degli ascendenti e dei fratelli e sorelle era anch’essa presa in considerazione. In realtà non si poté mettere in distribuzione che un soccorso immediato di 50 franchi a favore delle vittime indirette della guerra che ne avessero fatto richiesta.

Le spacconate di Cluseret, le dichiarazioni dei membri della Comune, gli errori o le menzogne di Versailles, prima, durante e dopo la fine del secondo assedio, non riuscirono in ogni caso a far si che il numero dei combattenti parigini non sia stato debole. l più che 200 battaglioni del 18 marzo si sono rapidamente sciolti al sole. Il generale vrsagliese Appett, nel suo rapporto Operazioni della giustizia militare, enumera 76.800 uomini della Guardia Nazionale attiva, 106.909 della Guardia sedentaria, più 3649 ufficiali per la prima e 7933 per la seconda. Lo stesso Cluseret esagera quando pretende di aver potuto disporre di 41.000 combattenti. In realtà la Comune ha potuto disporre di 25.000 o 30.000 uomini, e questi effettivi, le cui perdite non sono mai state compensate da rinforzi esterni, sono andati incessantemente diminuendo nel corso del secondo assedio: 30.000 uomini contro i 150.000 di Versailles!

L’armamento di Parigi era considerevole quanto a fucili e cannoni, soprattutto pezzi da 7 e da 12, in gran parte nuovi, essendo stati fabbricati durante l'assedio: in totale 1.740. Il Parco d'artiglieria centrale, dislocato allo Champ-de-Mars, poi alla Scuola Militare, fu nonostante gli sforzi di Avrial (creato direttore dell’artiglieria), sempre in preda a un disastroso disordine; troppi cannoni rimasero sparpagliati nei diversi quartieri, guardati gelosamente dai Federati, e se alcuni furono impiegati a Montmartre, alle Buttes Chaumont, alla Place d’Italie e sulla Butte-aux-Cailles durante i combattimenti svoltisi in città, i versagliesi ebbero a che fare soltanto con i pezzi dei forti, delle trincee e dei bastioni. D`altronde, gli artiglieri della Comune, comandati da Schoelcher, costituirono uno dei corpi più solidi dell'insurrezione. Le altre armi, all'infuori della fanteria, contarono poco: la cavalleria fu ridotta a un servizio di portaordini; il genio, comandato da un ingegnere civile di valore, Roselli-Mollet, non fu impiegato quanto avrebbe potuto e dovuto per costruire opere armate. Il servizio di sanità fu organizzato dal dottor Coutellier e funzionò regolarmente. Quello d'intendenza - affidato ai fratelli Elie e Gustave May - provocò severe critiche, ma Cluseret ha riconosciuto che, nell'insieme e soprattutto per le unità combattenti, aveva potuto svolgere il suo compito convenientemente; bisogna infatti tener conto del fatto che il vettovagliamento della capitale era diventato estremamente aleatorio, dato che i Prussiani occupavano una parte del contado del Nord e dell'Est; gli arrivi di carne, naturalmente, si erano rarefatti, gli speditori di legumi e gli ortolani dei dintorni esitavano a spedire o a portare le loro derrate nella città insorta. Quanto al pagamento del soldo, esso fu regolato dai delegati alle Finanze, assistiti da Varlin.

l servizi di stato maggiore sono stati moltiplicati e, certo, senza vantaggio per la preparazione o l'esecuzione degli ordini. Alla delegazione della Guerra, alla Piazza, attorno ai principali generali, in ogni legione pullularono gli ufficiali capaci, tutto sommato, di compiere una missione pericolosa fuori di città. Lo stesso Cluseret ebbe come capo di stato maggiore Rossel, che doveva succedergli alla delegazione, e come aiutante di campo il conte Charles de Beaufort, nipote di Edouard Moreau, del Comitato centrale. Beaufort doveva essere, negli ultimi giorni della difesa, fucilato dai Federati presso il municipio del boulevard Voltaire; era stato accusato di aver fatto uccidere i propri uomini alla barricata della rue Caumartin. Il sottocapo di stato maggiore era Séguin, intellettuale gettato nella fornace, il quale assolse perfettamente il proprio compito. Allo stato maggiore appartenevano anche il direttore del genio Roselli-Mollet, il maggiore Larue, incaricato degli arsenali e fonderie, il colonnello Meyer, organizzatore dei reggimenti di marcia, il colonnello Gois, incaricato della Giustizia militare, poi presidente della Corte marziale.

All`inizio dell’insurrezione, la Comune disponeva di parecchi generali, come Lullier, che fu destituito, Duval e Flourens, che furono uccisi, Brunel, Eudes e Bergeret. Bergeret, destituito fu ben resto arrestato: si voleva punirlo così del suo insuccesso e prevenire un atto di ribellione ch'egli aveva annunciato. Poco dopo doveva essere liberato e, avendo fatto atto di sottomissione, ricevette un comando in seconda agli ordini di La Cecilia e fu adibito alla difesa della metà sud di Parigi. Il decreto del 6 aprile, che aveva soppresso il grado di generale, nominò comandante in capo della Piazza il comandante della 12ª Legione, Jaroslaw Dombrowski. Questo nobile polacco, nato in Volinia nel 1838, aveva servito nell'esercito russo e partecipato all'insurrezione polacca del 1863. Condannato a morte, aveva visto commutata la propria pena, era stato inviato in Siberia, era scappato durante il viaggio, aveva liberato la giovane moglie, deportata come lui, dopo di che la coppia si era rifugiata in Francia. Egli offrì inutilmente i propri servigi all'Italia, nel 1862, al Governo della Difesa nazionale, nel 1870 fu fatto segno a stupide e odiose calunnie da parte prima del generale Trochu, poi dell'ammiraglio Saisset, il quale affermò che Dombrowski si era impegnato a consegnare ai versagliesi uno o più forti di Parigi, in cambio di una somma di 500.000 franchi. Vero è, invece, che la spia Veysset cercò di truffare il Governo di Versailles per 20.000 franchi e pretese di essere entrato in rapporto con Dombrowski; questa spia fu d`altronde presa e fucilata, il 14 maggio, sul Pont-Neuf dai Federati, secondo gli ordini di Ferré. Quanto a Dombrowski, sino alla fine mostrò un superbo coraggio: il 22 maggio era a cavallo, sotto il fuoco, nel tentativo di raggruppare i difensori a Montmartre e fu ucciso lo stesso giorno, sempre a cavallo, alla barricata della rue Myrrha, nei pressi del boulevard Ornano. Venne sepolto il 14 al Pere-Lachaise, e Vermorel pronunciò sulla sua tomba un discorso commovente. Sin dal 12 maggio egli aveva fatto il sacrificio della propria vita: la sua morte fu forse un suicidio, ma non corona un tradimento. Cluseret, tanto vano e ingiusto, gli rese omaggio assicurando che egli “compì meraviglie” alla difesa di Neuilly

In realtà, Dombrowski aveva ben presto rinunciato alla carica di generale in capo ed era stato addetto in modo speciale al settore particolarmente delicato di Neuilly. Un altro straniero collaborò con lui alla difesa di Parigi, Wroblewski. Gli avversari della Comune hanno creduto di poter arguire da questo fatto e da alcuni altri analoghi che il movimento era stato preparato da un grandissimo numero di stranieri. In realtà, nessuna statistica valida è stata fatta in proposito. Non si deve dimenticare che se l’insurrezione presentava un carattere in parte socialista e, per ciò stesso, internazionale, essa si rivelò soprattutto come un atto di sdegno patriottico. Molti stranieri che abitavano a Parigi nel 1870 se ne andarono al momento della dichiarazione di guerra, o dopo la fine dell'assedio. Quelli che rimasero non si sentirono gran che indotti, per ragioni di prudenza abbastanza comprensibili, a dimostrarsi favorevoli a questa o a quella delle due forze in contrasto. Certo, si può citare Leò Fraenkel, ungherese d'origine, e naturalmente un certo numero di Polacchi, giacché dall'epoca dell'insurrezione del 1832 c”era a Parigi una grossa colonia polacca, rinforzata dopo l’insurrezione non meno disgraziata del 1863. l Polacchi che servirono la Comune, e che il loro compatriota principe Czartoryski non esiterà a denunciare come «avventurieri» in una lettera alla Commissione d`inchiesta, aderirono al moto comunardo perche lo considerarono un mezzo per promuovere la formazione, nell’Ovest dell'Europa, di una forza che potesse accettare e sostenere l`idea della resurrezione della Polonia. D’altra parte essi avevano l'amore della guerra, il senso della lotta, e, come nota lo stesso principe Czartoryski,non vi furono Polacchi nei consigli della Comune. Nessuno di essi ha figurato né come membro della Comune, né nelle delegazioni ai diversi ministeri. Essi sono rimasti del tutto estranei al Governo e all’amministrazione della Comune, ai suoi decreti e alle sue deliberazioni, e continuamente nei forti, nelle trincee e sui bastioni".

È il caso di Wroblewski. Colto, artista, fornito, come Dombrowski, di autentico genio militare, Wroblewski aveva avuto il grado di tenente colonnello durante l’insurrezione polacca. Dopo l’insuccesso di questa era venuto in Francia e si era guadagnato la vita come accompagnatore al pianoforte in vari concerti. Raccomandato dai suoi amici polacchi ai capi dell'insurrezione parigina, fu incaricato di organizzare la difesa della riva sinistra sud-est, da la Bièvre a Vincennes, e appoggiandosi sulla ridotta di Moulin-Saquet e sull’artiglieria della Butte-aux-Cailles, poté resistere sino agli ultimi giorni; egli doveva morì molto tempo dopo la Comune, nel 1908, a Surville.

C'è la consuetudine di considerare La Cecilia, altro capo della Comune, come uno straniero. La Cecilia ebbe il comando delle truppe incaricate di difendere il centro, tra Wroblewski e Dombrowski. Non era una straniero. Nato a Beauvais nel 1834, baccelliere a 17 anni, aveva vissuto dando lezioni di matematica, poi aveva partecipato alla spedizione garibaldina dei Mille guadagnandosi in Sicilia i galloni di colonnello. Aveva rifiutato a Vittorio Emanuele di passare con questo grado nell’esercito italiano e, tornato in Francia, aveva ripreso la sua carriera di professore libero. Arruolato nei franchi tiratori parigini nel 1870, aveva dimostrato, specialmente ad Ablis[2] e a Châteaudun[3], un ammirevole coraggio, e all'armistizio aveva ricondotto a Parigi quel che restava del suo battaglione - 117 uomini su 1200 - e la sua bandiera sforacchiata dalle palle. Poiché era membro dell'Internazionale, era naturale che i suoi amici pensassero a lui dopo il 18 marzo, e La Cecilia, sino alla fine, fu degno della fiducia riposta in lui.

Questi grandi capi riscattarono largamente gli errori e le tare di troppi elementi dell’esercito comunardo.

La Comune non ha avuto soltanto un esercito: ha posseduto, se così si può dire, una flotta, costituita da cannoniere che, ormeggiate sulla Senna, parteciparono, col fuoco della loro artiglieria, alla difesa di Parigi. Questa flotta era comandata da un uomo energico, Durassier, non di molto inferiore agli altri che abbiamo ricordato.

La tattica blanquista[4] aveva preveduto da molto tempo la guerra per le strade e la conseguente costruzione di barricate. Cluseret e Rossel, entrambi ufficiali di carriera, mostrarono una simpatia molto tiepida per questa forma democratica di fortificazioni; se emanarono decreti per la costruzione di barricate, non si curarono gran che di farli eseguire. Vi fu, è vero, una Commissione delle barricate, presieduta da Napoléon Gaillard, calzolaio, oratore di comizi, membro dell'Internazionale, processato sotto l'impero, che fu nominato direttore generale delle barricate. L'impresa non ebbe altro risultato che quello di iniziare la costruzione, all’angolo della rue de Rivoli con la rue Saint-Florentin, di una vera ridotta in due elementi, che raggiungeva l'altezza d'un secondo piano e alla quale fu dato umoristicamente il nome di Châreau-Gaillard; essa non era terminata al momento dell’ingresso dei versagliesi. Un'altra barricata fu costruita, secondo lo stesso metodo, in Place Vendome. Insomma, si trattò di barricate rivoluzionarie, improvvisate secondo gli antichi sistemi della Monarchia di luglio, che sbarrarono le vie di Parigi in diversi punti durante la Settimana sanguinante, e sulle quali perirono tragicamente i Comunardi.

L’assurdità, confessata da lui stesso, di Cluseret, fu di aver impiegato da 6.000 a 6.500 uomini per la difesa totale di Parigi, da Saint-Denis a Charenton, e di aver rinnovato, per il secondo assedio della capitale, l’errore fondamentale di Trochu che aveva scartato l’idea di attaccare in massa l’avversario.

L’11 aprile l’attacco fu sferrato dai vari corpi dell'esercito versagliese: Cissey, col 2° corpo d'armata, occupava Châtillon, Plessis-Piquet, Villacoublay e, più indietro, le rive della Bièvre; il centro, comandato da Vinoy, era stabilito ai Moulineaux con la divisione Vergé, al Val-Mleudon e nei pressi di Clamart con la divisione Faron; all'ala sinistra, comandata da Ladmirault, la divisione di Maud’huy occupava Courbevoie c la testa di ponte di Neuilly, la divisione Montaudon la linea Rueil~Nanterre, la divisione Granier Villeneuve-les-Etangs: forze imponenti, bene organizzate, l’avanzata delle quali, tuttavia, fu singolarmente ritardata dalla resistenza dei forti di lssy, di Vanves e di Montrouge e dai petti dei Federati agli ordini di Dombrowski, Eudes e La Cecilia.



[1] Louis Jean-Baptiste d'Aurelle de Paladínes (Le Maizieu-Ville, 9 gennaio 1884 – Versailles, 17 dicembre 1877) è stato un generale francese. Prestò servizio in Algeria tra il 1841 ed il 1848, diventando luogotenente-colonnello e venendo nominato ufficiale della Legion d’Onore; prese parte alla campagna per la repressione della Repubblica romana del 1849 e in quell’occasione ottenne il grado di colonnello. Appoggiò il colpo di Stato del 2 dicembre del 1851 di Luigi Bonaparte e come ricompensa fu nominato generale di brigata. Nel gennaio 1871 fu messo a capo della Guardia Nazionale di Parigi. il 18 marzo, a seguito della sollevazione comunarda, fu costretto a fuggire e si rifugiò a Versailles.

[2] Nel dipartimento degli Yvelines nella regione dell'Île-de-France.

[3] Capoluogo di uno dei quattro arrondissement del dipartimento (provincia) dell'Eure-et-Loir, nella regione del Centro-Valle della Loira.

[4] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta, del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria combattiva. Deve il suo nome allo scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis Auguste Blanqui.