giovedì 27 giugno 2019

02-14-ALL26 - Jean ALLEMANE

JEAN ALLEMANE

Allemane, Foto di Marmand

Jean Allemane è nato il 25 agosto 1843 nel piccolo villaggio dei Pirenei francesi, Boucou[1]. Era un operaio tipografo. È stato repubblicano sotto l'Impero, socialista, Comunardo. Ha lottato per l'unità socialista ed ha vissuto abbastanza a lungo da sopravvivere alla sua rottura nel 1920. È stato il fondatore. nel 1890. del Partito Operaio Socialista Rivoluzionario francese (P.O.S.R.), abbastanza vicino alle posizioni anarchiche.
Era il figlio di una casalinga e di un "mercante di vino" di nome Pierre. Jean frequentò la scuola di Sauveterre[2] fino all'età di dieci anni, poi lasciò il suo villaggio in compagnia dei suoi genitori. Nel 1853 gli Allemane si trasferirono a Parigi dove aprirono una bottega di vini, in rue Maître-Albert 14, nel 5° arrondissement, mentre Jean andò a lavorare come operaio in una tipografia, e istaurò un legame permanente con il proletariato parigino. All'età di diciotto anni, nel 1861, era già un sindacalista, come egli stesso dichiarò a Jaurès[3] al Congresso di Londra nel 1896. Già nel 1862, a 19 anni, venne incarcerato per aver preso parte a un grande sciopero dei tipografi parigini, allora vietato dal regime imperiale. La legislazione imperiale non riconosceva infatti il diritto di sciopero e di associazione, del resto già vietati nella II Repubblica borghese che aveva massacrato nel giugno del 1848 gli operai parigini. Ipocritamente, di fronte all'estendersi degli scioperi, con la legge del 25 marzo 1864 il governo di Napoleone III riconobbe il diritto di sciopero e di associazione, ma ponendovi limiti tali da rendere estremamente difficile organizzare uno sciopero e, qualora questo fosse proclamato, da perseguitare gli operai con il pretesto di essersi illegalmente organizzati. L’Imperatore demagogo e paternalista graziò gli operai incarcerati e Allemane tornò libero.
Successivamente, Allemane è stato uno degli organizzatori del sindacato dei tipografi. Lavorò qualche tempo come commesso in una maglieria e poi, alla morte del padre, nel negozio di vini dei genitori dove abitava con la madre e la giovane moglie, che morì nel 1869 dando alla luce il figlio Charles.


Fu coinvolto negli eventi della Comune di Parigi, ad un livello modesto, nel 5° arrondissement.
Nel 1870, durante l'assedio di Parigi, era caporale del 59° battaglione della Guardia Nazionale, ma, col susseguirsi delle turbolenze politiche in seguito alla capitolazione di Parigi, alla fine di gennaio 1871, il caporale Allemane prese le parti del popolo parigino che si era sentito tradito dal governo di difesa nazionale e che, dopo le elezioni dell’8 febbraio 1871, vinte dai conservatori, considerò la Repubblica in pericolo. Partecipò così alla realizzazione della federazione repubblicana della Guardia Nazionale e del suo Comitato (del quale fu delegato l'8 marzo 1871) che hanno radunato la maggior parte dei battaglioni di Parigi.
Il 15 marzo 1871 fu eletto fra i 33 membri che costituivano il Comitato centrale della Guardia. Frequentò i diversi circoli politici che si erano costituiti, ad imitazione dei club sorti durante la Grande Rivoluzione. Fece parte del club di rue d'Arras, 5° arrondissement, di cui fu presidente, e sembra averne esercitato una vera influenza. È stato oratore anche in altri club: in quello di rue Cujas, nel club Séverin (della chiesa Saint-Séverin), entrambi nel 5° arrondissement.
Disarmare la guardia popolare, e sequestrare i suoi cannoni, era uno degli obiettivi del governo Thiers che intendeva portare al pentimento la capitale ribelle; il 18 marzo: mentre le autorità della Guardia Nazionale che erano rimaste fedeli a Thiers volevano recuperare i cannoni del 596° battaglione, e riportarli in place des Vosges presso l'Ecole Polytechnique, Jean Allemane, come delegato del battaglione, si oppose: "Questi cannoni appartengono al popolo" disse. Pochi giorni prima del 18 marzo, Allemane provocò un incidente: il comandante del suo battaglione aveva sequestrato e riposto un cannone da place des Vosges all’École polytechnique per evitare future insurrezioni, Jean Allemane, alla testa di circa 2.000 guardie, dal Politecnico lo riportò in place des Vosges.
Egli mostrò la stessa risoluzione quando svegliatosi frettolosamente all’alba del 18 marzo, apprese che le truppe di Vinoy erano impegnate a sequestrare i cannoni di Montmartre e Belleville, andò a suonare le campane della chiesa di Saint-Nicolas du Chardonnet per dare l'allarme: "non vi era più alcun dubbio: la Repubblica era in pericolo, e io dovevo agire senza perdere un minuto (come scrisse nelle sue Memorie)". Nella place du Panthéon furono innalzate le barricate, alla cui costruzione Allemane prese parte attiva.
Il 18 marzo era vice-sindaco del 5° arrondissement. Quel giorno, firmò un ordine di appello per la costruzione di barricate e immediatamente fece erigerne una in place du Panthéon.
Il giorno successivo si fece inscrivere nella lista dei tipografi dell'Ufficio Stampa Nazionale prima di partire per Versailles. Come Louise Michel sognava di recarsi in incognito, nella cittadina sede del governo, per uccidere Thiers. Allemane concepì allora il progetto di "attacco simultaneo sia al castello che alla città di Versailles" con alcuni federati; lui stesso organizzò nelle dépendances del castello, una tipografia, una sorta di cavallo di Troia, grazie all’aiuto di alcuni suoi amici di lavoro e di alcuni militari della guardia marina che aderivano alla loro causa. Il piano fallì, se si può parlare di piano, perché i responsabili della Comune non diedero alcuna risposta all'idea di Allemane.
Durante la Comune, è stato uno dei militanti più attivi nel 5° arrondissement. Con la costituzione della Comune venne eletto delegato al municipio del 5° arrondissement, in questa veste svolse una funzione teoricamente militare (fu designato come presidente del comitato della legione dell’arrondissement, una ramificazione dei battaglioni della Guardia Nazionale); in realtà controllava l'amministrazione dell’arrondissement e prendeva iniziative politiche. Come tale, lui stesso si paragonava ad «una specie di commissario delegato alle armate», doveva assicurare l'organizzazione della difesa del distretto contro la reazione. Infatti, esercitò una sorta di contro-potere nei confronti del municipio del 5° arrondissement, un po' troppo caldo per i suoi gusti.


Il laico
 
Portava sempre "una grande cintura rossa che teneva una pistola, e un fucile a tracolla". In primo luogo, mise in pratica con evidente giubilo le risoluzioni laiche e anticlericali emanate dalla Comune. Una delle sue imprese, il 31 marzo, fu quella di togliere la croce dalla cupola del Panthéon e sostituirla con un'enorme bandiera rossa nel corso di una cerimonia in cui arringò gli insorti sui gradini dell’edificio facendo vibrare le sue parole infiammate contro la Chiesa, discorso che venne rivendicato da lui, trentacinque anni dopo, in seguito la separazione tra Stato e Chiesa, come un atto rivoluzionario quasi decisivo. Prese parte attiva alla secolarizzazione delle scuole e degli ospedali del suo distretto, di cui scriveva: «i conventi abbondano». Così, forzò l'ingresso della scuola di rue Rollin, cacciando viai Fratelli delle Scuole Cristiane che la tenevano in gestione. La scuola venne riaperta, con nuovo personale. Aprì la mensa agli studenti, fino allora riservata ai "Fratelli". Pensò all'organizzazione di una formazione professionale nell'ex collegio gesuita di rue Lhomond, ma la scuola venne aperta quando iniziò la Settimana sanguinante, e non riuscendo così a portare avanti la sua idea.


Il combattente valoroso

Il 21 maggio, quando la notizia dell'ingresso dei versagliesi giunse a Parigi, Allemane si piazzò alla testa delle truppe del 5° arrondissement per fermarli nel e 14° arrondissement. Ma dovette difendere presto il .
Il Mercoledì 24, i versaigliesi arrivarono nel Quartiere Latino, difeso da alcune centinaia di federati trincerati attorno al Panthéon. Allemane era ovunque, correndo da una barricata all'altra, mentre il municipio cadeva, assumendo una funzione di comando insieme a Maxime Lisbonne e a Eugène Varlin.


Arresto e condanna al bagno penale

Durante la Settimana sanguinante, dopo che le truppe di Versailles avevano occupato il 5° arrondissement, Allemane riuscì a sfuggire ai plotoni di esecuzione che erano stati formati al Luxembourg e in altri luoghi dove si eseguivano le giustizie sommarie. Trovò rifugio per qualche tempo, con il fratello François, da un amico, in rue Levert, a Belleville, ma non per molto: “Parigi era un infetto bassofondo in cui le spie erano i suoi re", lui stesso scrisse nelle sue memorie, infatti venne denunciato e fu arrestato, insieme al fratello, il 28 maggio 1871, a seguito di una denuncia. Era vedovo e viveva, con la sua vecchia madre e il figlio Charles di due anni, sempre nel negozio di vini che aveva aperto in rue Maître-Albert.
Il 22 settembre ebbe una prima condanna dal Tribunale penale della Senna che lo condannò a quindici mesi di carcere per «usurpazione di funzioni». Lasciò i suoi senza risorse, e quando sua madre morì il 13 maggio 1876, suo figlio Charles fu messo nell'orfanotrofio di Coquerel, nell'11° arrondissement.
Fu poi processato, il 3 aprile 1872, dal 5° Consiglio di guerra della 1ª Divisione militare. Il suo atteggiamento all'udienza è stato descritto come «deplorevole»; pur senza negare la Comune, non ne prese la difesa. Nella sua difesa scritta, che lui stesso battezzò «Ma défense (La mia difesa)», Allemane spiegò le ragioni e le circostanze della sua condotta sotto la Comune. Vantò la sua partecipazione alla guerra contro i prussiani e affermò di essersi indignato nell'apprendere la resa di Parigi ai nemici assedianti senza che si fosse realmente combattuto. Tutto il suo operato successivo fu da lui svolto –affermò– con l'intenzione di difendere la Repubblica, poiché credette che il 18 marzo vi fosse stato un colpo di Stato monarchico. Sostenne di aver amministrato onestamente il 5° arrondissement e di aver agito con moderazione, impedendo anche l'arresto di ufficiali controrivoluzionari.
"Dopo la battaglia di Wissembourg[4] -scrisse- il governo imperiale decretò la formazione di nuovi battaglioni della Guardia Nazionale. Ho preso parte alla formazione dell’11ª compagnia del 59° battaglione. Se sarà necessario molti testimoni potranno venire ad attestare con quale devozione ho compiuto questo compito. In seguito, durante la creazione di compagnie di guerra, mi sono arruolato come volontario nella 4a Compagnia con mio Battaglione, dove posso dire senza orgoglio, che ho acquisito la simpatie dei miei compagni e dei miei capi. Quando Beaurepaire lanciò un appello a uomini di buona volontà per tentare una sortita contro i prussiani, mi affrettai a rispondere alla sua chiamata; ma purtroppo il progetto non andò avanti. Poi sono rimasto scioccato nell’apprendere della resa di Parigi. Fu nell’avamposto di Créteil che appresi questa orribile notizia. Così è stato. Parigi si è arresa senza tentare un ultimo sforzo. Quattrocentomila cittadini si sono inchinati davanti all'invasore della Repubblica. Ero indignato; credevo, nella mia coscienza, che Parigi era stata venduta da chi aveva il dovere rigoroso di difenderla. Ciò spiega sufficientemente la mia successiva condotta. Il 18 marzo, ho creduto in un colpo di stato monarchico. Avevo solo una soluzione da seguire: quella di difendere le nostre istituzioni minacciate, cioè la Repubblica, l'unico governo legale". Poi, affermando di essere stato spinto ad occupare la posizione che ha mantenuto, ha esposto il suo ruolo nel municipio del 5° arrondissement: "Mi si accusa -ha proseguito- di arresti illegali, ma quante persone mi devono la loro libertà e anche tra coloro che mi hanno denunciato! É per parlare solo di un fatto tra un centinaio di fatti, ho impedito l’arresto degli ufficiali del mio battaglione. [...] Per quanto riguarda l'onestà della mia amministrazione, oso credere che nessuno può metterla in dubbio. Sono uscito dal municipio più povero di quando ne ero entrato. L'inchiesta l’ha abbondantemente dimostrato. Quindi non è stato né l'amore per il lucro né l’ambizione che mi ha fatto accettare queste caratteristiche ma l’umile convinzione di un dovere da compiere. Mi sbaglio? Ho mai smesso di essere un uomo onesto? Lo chiedo alla mia coscienza e lei mi ha risposto: No! Per quanto riguarda gli uomini che non hanno avuto né il coraggio di essere contro di noi né di essere con noi e che, adesso, si presentano davanti a voi nel ruolo di vittime, un ruolo che non può appartenere a loro, io respingo la loro testimonianza, mi rimetto interamente alla saggezza del Consiglio che, ne sono certo, apprezzerà la palese esagerazione delle loro accuse".
Così, senza rinnegare l'esperienza della Comune, per sottrarsi ad una possibile condanna a morte evitò di dare di sé un'immagine di fervente rivoluzionario, presentandosi piuttosto come un onesto democratico e un buon patriota: un comportamento così moderato tenuto di fronte ai giudici militari bastò a salvargli la vita, ma non lo sottrasse alla condanna. Il verdetto della Corte marziale, emesso il 3 aprile 1872, considerò Jean Allemane colpevole per aver eseguito, durante la Comune, «arresti arbitrari», «incitamento alla guerra civile», «complicità negli incendi nel 5° arrondissement ... », «di avere, durante il movimento insurrezionale, [...] invaso e occupato un istituto pubblico, ed eretto o contribuito ad erigere delle barricate ... », «aver partecipato a un attacco contro il governo». Il rapporto della commissione di Grazia aveva confermato che: "Jean Allemane era il capo più attivo degli insorti nel 5° arrondissement", e lo condannò ai lavori forzati a vita.
Anche il fratello François fu condannato alla deportazione a vita. Allemane dovette scontare la sua pena in Nuova Caledonia.

 
La deportazione
Allemane arrivò in Nuova Caledonia con la nave Rhin, il 23 aprile 1873.
Impiegato nell'infermeria del governo, venne rimandato nella penisola di Nouméa dopo la fuga di Rochefort nel 1874. Il 23 novembre 1876 egli stesso, con Alexis Trinquet tentò di fuggire dalla penisola di Nouméa, ma entrambi furono ripresi e condannati il 22 dicembre, Allemane a cinque anni e Trinquet a tre anni di doppia catena[5].
Nel 1878, si rifiutò di partecipare alla repressione della rivolta dei Kanaki che le autorità coloniali avevano richiesto ai deportati.
Intanto, in Francia, si cercava di ottenere l'amnistia per tutti i comunardi. Per quanto riguarda Allemane, vennero fatte molte richieste di alleggerimento della pena: alcune dalla sua famiglia, ma altre hanno goduto di un sostegno significativo e a volte inaspettato. La madre, pochi mesi prima di morire, si era appellata invano, il 30 marzo 1876, in favore dei due figli, all’"inesauribile bontà" di Mac-Mahon, il maresciallo che fu tanto inetto contro i prussiani quanto feroce contro i parigini, guadagnandosi così la carica di presidente della III Repubblica. Il 23 ottobre Ernest Bertrand, Consigliere onorario presso la Corte d'appello, sostenuto da un senatore dell’Aube[6], Dawn Gayot, chiese al presidente della Repubblica la grazia per i due fratelli Allemane. Il 22 giugno 1878, certa Marie Quenot, definitasi come «fidanzata» di Jean Allemane indirizzò ai ministri della Giustizia e della Guerra la stessa supplica, caldamente raccomandato da Victor Hugo, che ha scritto: "Sarei onorato che questa grazia sia concessa. Chiedo che a questa dolorosa supplica venga data la più cortese attenzione dal mio eminente collega, il ministro della Giustizia”. Marie Quenot tornò alla carica il 5 marzo 1879 davanti al Presidente della Repubblica, poi il 23 luglio al Ministro della Guerra. L'8 luglio 1879, il figlio Charles, di dieci anni, indirizzò una richiesta al Ministro della Giustizia, con il sostegno di Madame. Dorian, senatrice dell’Haute-Garonne e Direttrice dell’orfanotrofio Coquerel, et Camparan, dove era stato accolto alla morte della nonna. Queste richieste trovarono un rifiuto costante, sia da Mac-Mahon che dall'Ordine morale, per la ragione che «Allemane ha sempre rifiutato di fare appello alla clemenza del presidente della Repubblica», o perché, «la Commissione delle grazie non ha esaminato la situazione dei prigionieri della Comune fino a quando, per un ricorso personale, questi avessero fatto atto di sottomissione al governo del loro paese».
Questa sottomissione Jean Allemane non la fece mai, comunque la sua situazione si ammorbidì con il cambiamento del clima politico in Francia. Il 5 Giugno 1879, la sua pena venne commutata in esilio con l'autorizzazione di un breve soggiorno a Parigi. Allemane pensò un primo momento di andare in Argentina, poi in Belgio, in realtà rimase a Parigi. Si trovava nella Capitale quando l'8 maggio 1880 fu concessa l'amnistia ai comunardi. Una settimana dopo sposò, nel municipio del 20° arrondissement, Marie Adele Quenot, sarta, figlia di un mugnaio dei Vosgi[7], dieci anni più giovane di lui, con cui ebbe due figli, e che aveva moltiplicato le domande di grazia a favore del suo amico esiliato.
Gli anni trascorsi in Nuova Caledonia costituirono un capitolo importante nelle sue Memorie di un Comunardo, pubblicate nel 1906, e che sono un'accusa contro la vergognosa istituzione della prigione.


La ripresa dell'attività politica

Dopo il suo ritorno in Francia nel 1880, la storia di Allemane si fonde con quella del movimento operaio e socialista in costruzione. Riprese il suo lavoro di tipografo e partecipò alla creazione della Société fraternelle des anciens combattants de la Commune (Fraterna società dei veterani della Comune, l’attuale Association des Amis de la Commune de Paris 1871) nel 1889, di quest’ultima ne fu un assiduo frequentatore delle riunioni che si svolgevano al piano rialzato di un negozio di vini di rue Saint-Antoine.
Allemane nella sua stamperia

Jean Allemane riprese la sua vita di militante ed entrò nel gruppo del partito dei lavoratori nato dal congresso di Marsiglia (1879); ottenne di lavorare come impaginatore nella tipografia del quotidiano L'Intransigeant, appena fondato da un altro Comunardo, Henri Rochefort, deportato anch'egli nei bagni penali della Nuova Caledonia, da dove nel 1874 era riuscito a evadere con altri cinque compagni. Nel 1885, lavorò nella grande tipografia del Croissant; poi Allemane aprì una sua propria tipografia, in rue Saint-Sauveur 51, la piccola tipografia "La Productrice", che trasformò ben presto in una cooperativa di lavoratori e che amministrò per un lungo periodo.
Nello stesso anno entrò nella «Fédération du parti des travailleurs socialistes de France» (F.P.T.S.F.) di Paul Brousse[8]. Allemane, diventandone uno dei militanti più attivi, restò in questa federazione anche dopo due scissioni, la prima, provocata nel 1881 dal blanquista[9] Édouard Vaillant, che fondò il «Comité révolutionnaire central» (C.R.C.), e la seconda, nel 1882, nel Congresso di Saint-Étienne, che segnò la nascita del «Parti ouvrier» (dal 1893 «Parti ouvrier français» o P.O.F.), d'ispirazione marxista, i cui principali esponenti erano Jules Guesde e Paul Lafargue, in quel caso Allemane rimase con la maggioranza dei gruppi parigini, i "possibilisti" e federalisti, contro i dottrinari e centralisti.
Della F.P.T.S.F. faceva parte Jean-Baptiste Clément, il Comunardo autore della famosa canzone Le temps des cerises. Come tutta la sinistra, la Federazione si oppose al tentativo reazionario del generale Boulanger[10], col quale invece simpatizzò Henri Rochefort, avviato a un triste declino politico.
Allemane é stato uno dei leader della lotta antiboulangista, per combattere il boulangismo egli, nel 25 maggio 1888, partecipò alla creazione della «Société des Droits de l'Homme» e, come precedentemente scritto, della «Société fraternelle des anciens combattants de la Commune (Fraterna società dei veterani della Comune)»; l'8 aprile 1888 fondò il quotidiano Le Parti ouvrier (Il Partito operaio) che lanciò 8 aprile 1888.
Presto, nella F.P.T.S.F., Allemane divenne il leader di una corrente, quella dei militanti e degli operai che si opponevano a quella degli intellettuali riuniti intorno a Paul Brousse che era favorevole alla partecipazione alle elezioni, quale primo passo per la conquista del potere. Allemane ed i suoi amici li rimproveravano di essere degli «elettoralisti», di trascurare la lotta rivoluzionaria per l'azione puramente elettorale che portava a compromessi indesiderabili con le forze borghesi. Allemane favorì la scissione che avvenne al Congresso di Châtellerault, tenutosi dal 9 al 14 ottobre 1890: nacque così il «Parti ouvrier socialiste révolutionnaire (Partito dei lavoratori socialisti rivoluzionari)» (P.O.S.R.), comunemente chiamato anche allemanista.
Il nuovo partito non escludeva però la partecipazione alle elezioni, giudicando utile far sentire in Parlamento e nelle municipalità la propria voce: lo stesso Allemane si presentò più volte candidato alle elezioni comunali di Parigi, senza però essere mai eletto, e a quelle politiche, venendo eletto due volte e sedendo in Parlamento dal 1901 al 1902, e dal 1906 al 1910. Allemane privilegiava però la partecipazione diretta delle masse e vedeva nello sciopero generale un mezzo potente di azione sia politica che sindacale, secondo la teoria sviluppata da Georges Sorel[11]. Nel 1895 partecipò a Limoges al congresso fondativo della Confédération Général du Travail (C.G.T.) e pubblicò Il Capitale di Marx.
In quel partito che portava, seppure non ufficialmente, il suo nome, Allemane non assunse alcun incarico di rilievo, mantenendosi al livello di un semplice militante, per quanto autorevole e ascoltato, continuando ad occuparsi della sua tipografia e cooperativa operaia «La Productrice» e del giornale del partito, sul quale prese posizione contro il complotto ordito ai danni del maggiore Dreyfus[12], denunciando l'ideologia reazionaria e l'antisemitismo che attecchiva nell'esercito e nella società francese.
Con il tempo, Allemane fu favorevole a riunire tutte le forze socialiste in un unico partito: partecipò al Congresso, tenutosi a Parigi dal 3 all'8 dicembre 1899, delle organizzazioni socialiste francesi; al secondo congresso generale replicato nel settembre del 1900, dove con Aristide Briand[13] e Jean Jaurès[14] egli presentò la proposta, che fu respinta, di uno sciopero generale. Contro Jaurès ebbe una dura polemica, nel luglio del 1901, a seguito della comunione della figlia di questi, Madeleine, rimproverando l'incoerenza del dirigente socialista, anticlericale a parole e conformista nei fatti.
Al Congresso di Tours del marzo 1902 fu fondato il «Parti socialiste français» (P.S.F.) riunendo la «Fédération des travailleurs socialistes de France» di Paul Brousse, il P.O.S.R. di Allemane e altri socialisti indipendenti. Nello stesso anno il «Parti ouvrier français» (P.O.F.) del marxista Jules Guesde, il «Parti socialiste révolutionnaire» (P.S.R.), del blanquista Édouard Vaillant, e l'«Alliance communiste révolutionnaire» di Arthur Groussier[15] si erano uniti a formare il «Parti socialiste de France» (P.S.d.F.) che, nel Congresso di Parigi del 1905 si uní a sua volta al P.S.F. di Jaurès e Allemane dando vita alla S.F.I.O. (Section française de l'Internationale ouvrière), quale sezione francese della II Internazionale socialista.
Nella S.F.I.O. ebbe un ruolo di secondo piano, tranne che negli anni immediatamente precedenti la guerra mondiale, durante i quali si oppose alla corsa al riarmo che coinvolgeva, con la Francia, tutte le potenze europee, e tuttavia, allo scoppio della guerra, fu favorevole a quella che interpretò essere per la Francia una guerra di difesa nazionale. Nel 1920, in seguito al Congresso di Tours[16], aderì al Partito comunista nel quale vide riproposti i caratteri proletari e rivoluzionari che avevano segnato il suo P.O.S.R.. Allemane non divenne tuttavia un marxista e non rinunciò all'idea che la lotta sindacale dovesse essere il mezzo principale della lotta politica.
Allemane è stato più volte candidato alle elezioni comunali e parlamentari, ed ha trascorso cinque anni nel Parlamento. Allemane era inizialmente un lavoratore militante (oggi potrebbe essere definito sindacalista) e tale rimase. Credeva molto nelle libere azioni del proletariato sul piano corporativo e vedeva nell’azione politica ed elettorale un'opportunità migliore di quanto potesse averla la propaganda e l’agitazione. Era un seguace dello sciopero generale, "perché questo è l'arma giusta nelle mani dei lavoratori". L’ideale antimilitarista di Allemane lo portò alla diffidenza verso tutto ciò che rappresentava la disciplina e l'autorità. Nel 1894, è stato condannato a due mesi di carcere per aver insultato l’esercito. Come la maggior parte dei "Comunardi" era per l'armamento generale del popolo e non per un esercito permanente a cui affidare la difesa del paese. Questi sentimenti spiegano l'ardore che egli mise per combattere Boulanger, la precocità delle sue convinzione pro-Dreyfus e il vigore con cui ha cercato di farle prevalere.
Coerente anticlericale Jean Allemane combattè la Chiesa perchè vide in lei quello che essa è, un'organizzazione gerarchica, autoritaria e intollerante, sempre alleata ai potenti di turno, dai quali si attende la difesa dei suoi privilegi, e in cambio predica agli sfruttati la rinuncia alla ribellione e una morale di rassegnazione alle ingiustizie. Massone, iniziato alla loggia Les Rénovateurs di Clichy del Grande Oriente di Francia.
È stato anche un libero pensatore convinto e attivo, e aderì, fin dalla sua fondazione, all’Associazione nazionale dei Liberi Pensatori di Francia costituita il giorno dopo il congresso internazionale di Ginevra (1902). Partecipò ai congressi nazionali e internazionali dell'Associazione: rappresentò i francesi al Congresso mondiale dei liberi pensatori, tenutosi a Roma il 20 settembre 1904. Nel 1910 pubblicò le sue “Mémoires d'un communard. Des barricades au bagne, (Paris, Librairie socialiste J. Allemane, 1910)”, nelle quali non risparmió critiche a molti dirigenti della Comune, e che erano però incentrate soprattutto sulla sua esperienza di deportato. Sulla Comune, Allemane ebbe un giudizio equilibrato. Si rifiutò di abbellire la realtà che aveva vissuto e, invece di sostenere l'idea di una rivoluzione libertaria quasi riuscita, il suo libro è una severa critica della rivoluzione comunarda.
Allemane ad un'anniversario della Settimana sanguinante

La Comune fu una rivoluzione fallita, ma fu l'alba di una nuova era. Il giovane con la cintura rossa, il fucile sulla spalla e la pistola nella cintura, che ha attirato su di se, dopo la battaglia, la vendetta dei notabili del 5° arrondissement, rimase fino a novantadue anni un vecchio Comunardo, un uomo d'azione più di teoria, mantenendo fino alla fine il suo orgoglio insurrezionalista. Negli ultimi capitoli delle sue Memorie, Allemane attaccò sacerdoti, suore, frati, cappellani, sacerdoti di ogni genere, nessuno ne uscì indenne ai suoi occhi, tutti nemici del popolo. Espresse, anche in questi suoi capitoli, l’eccessiva passione anticlericale e anti-religiosa che aveva il popolo parigino durante l’Impero di Napoleone III. Certo, ci sono stati Comunardi che sono rimasti fedeli alla Chiesa, come Dominique Régère, che fece fare la comunione a suo figlio durante la guerra civile, provocando la furia di Allemane. Al contrario, ci furono a Versailles, molti liberi pensatori. Ma tra la Comune e la Chiesa, l'intolleranza era la regola.
Fu dietro il Comunardo e il condannato, che prese forma a poco a poco, la personalità di Allemane, il cui ardore, la risolutezza, la tenacia spiega l’influenza sui suoi compagni. Il suo "temperamento troppo focoso", come scrisse di lui stesso, lo portò ad atti di indisciplina e di ribellione, che gli valsero mille punizioni, ma anche il prestigio e l'autorità come si è visto durante uno sciopero che egli condusse qualche tempo prima della commutazione della sua pena. Il sogno della fuga, che era il sogno di tutti i detenuti, si trasformò in lui nella determinazione che nulla è impossibile, nonostante i fallimenti ripetuti e talvolta patetici di tutti i suoi tentativi. Le torture subite dal detenuto non ebbero alcuna ragione sul Comunardo.
È morto il 6 giugno 1935 a Herblay[17]. Con lui se ne andò uno degli ultimi Comunardi sopravvissuti a quel glorioso episodio della lotta di liberazione delle classi oppresse. È sepolto nel cimitero di Père-Lachaise (89ª sessione).
 
I funerali di Allemane








[1] Appartenente al comune di Sauveterre nell’Haute-Garonne.
[2] Nel dipartimento del Gard nella regione dell'Occitania.
[3] Jean Jaurès, (Castres, Tarn, 1859 – Parigi 1914), uomo politico e storico francese. Relatore socialista e parlamentare, fu particolarmente noto per il suo pacifismo e la sua opposizione allo scoppio della prima guerra mondiale.
[4] La battaglia di Wissembourg, fu la prima della guerra franco-prussiana, e si verificò quando tre corpi d'armata tedeschi sorpresero la piccola guarnigione francese nell'omonima cittadina alsaziana il 4 agosto 1870. I francesi vennero inevitabilmente sopraffatti.
[5] Trattasi di una pena in cui era previsto che il condannato portasse ai piedi una doppia catena.
[6] Città del dipartimento francese della regione Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena.
[7] Dipartimento francese della regione Grand Est.
[8] Paul Brousse: politico socialista francese, leader del gruppo dei possibilisti (nome dato al socialismo riformista di Paul Brousse tra gli anni 1880-1900).
[9] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta, del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria combattiva. Deve il suo nome allo scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis Auguste Blanqui.
[10] Georges Ernest Jean-Marie Boulanger è stato un generale e politico francese. Iniziò a prendere parte alla vita politica sotto l'egida di Georges Clemenceau e del Partito Radicale. Nel gennaio 1886, quando Freycinet venne portato al potere grazie al sostegno del leader radicale, a Boulanger venne affidato l'incarico di Ministro della Guerra. Fu grazie a questo Ministero che Boulanger ottenne notorietà. Egli introdusse delle riforme a vantaggio dei soldati e si appellò al desiderio francese di rivincita contro l'Impero tedesco. Facendo ciò, finì per essere visto come l'uomo destinato a portare avanti tale rivincita. A dimostrazione del fatto che è difficile mettere a tacere una persona rispettata, Boulanger venne prontamente eletto alla Camera, con un programma che chiedeva la riforma della costituzione. Il "movimento" boulangista marciava a pieno ritmo. I bonapartisti si erano collegati al generale. L'ambizione personale di Boulanger gli alienò ben presto i suoi sostenitori repubblicani, che vedevano in lui un potenziale dittatore militare. Diversi monarchici comunque gli diedero sostegno finanziario, anche se Boulanger si vedeva come un futuro dittatore, più che come un restauratore della monarchia. Nel gennaio 1889, un colpo di Stato sembrava possibile, dato che Boulanger era ormai divenuto una minaccia alla repubblica parlamentare. Se si fosse messo immediatamente alla testa di una rivolta avrebbe potuto effettuare il coup d'état su cui avevano lavorato i cospiratori, e avrebbe potuto governare la Francia, ma il momento propizio passò. Poco dopo il governo francese emise nei suoi confronti un mandato di arresto per tradimento.
[11] Eugène Sorel (Cherbourg, 2 novembre 1847 – Boulogne-sur-Seine, 29 agosto 1922) è stato un filosofo, sociologo, ingegnere e pensatore francese, teorico del sindacalismo rivoluzionario.
[12] Alfred Dreyfus (Mulhouse, 9 ottobre 1859 – Parigi, 12 luglio 1935) è stato un militare francese. Nel 1871 la Francia era reduce dalla sconfitta subita nella guerra Franco-Prussiana, ed i rapporti interni erano ancora tesi. Nonostante il processo si basasse su documenti palesemente falsi, Dreyfus fu condannato quale estensore di una lettera indirizzata a un ufficiale tedesco in cui venivano rivelate importanti informazioni militari francesi. Nonostante l'esplodere del caso, Dreyfus non fu interamente riabilitato prima del luglio 1906, grazie a un verdetto della Corte di Cassazione.
[13] Aristide Briand (Nantes, 28 marzo 1862Parigi, 7 marzo 1932) è stato un politico e diplomatico francese. Promotore e patrono degli Stati Uniti d'Europa, il suo impegno per la pace lo rese uno dei personaggi politici più amati della sua epoca.
[14] Jean Jaures (Castres, 3 settembre 1859Parigi, 31 luglio 1914) era un politico francese Oratore e socialista parlamentare, ha avuto fama per il suo pacifismo e l'opposizione allo scoppio della guerra mondiale e per questo è stato assassinato.
[15] Arthur Groussier (Orleans 18 agosto 1863 - Enghien-les-Bains 6 febbraio 1957) era un ingegnere, sindacalista, massone e uomo politico socialista e comunista.
[16] Il Congresso di Tours, tenutosi dal 25 al 30 dicembre 1920, segnò la decisione di aderire alla Terza Internazionale da parte della SFIO, che portò ad una sofferta scissione. Per gli scissionisti la crisi all'interno del movimento popolare nasceva anche dalla difficoltà di comunicazione, determinata dalla negazione del pluralismo all'interno dei partiti socialisti europei dovuto alla crescita all'interno di essi della parte bolscevica, forte della situazione che si era venuta a creare in Russia. La crisi era dovuta anche alla disfatta delle elezioni del 1919, dovuta anche ad un cambiamento della legge elettorale, ed al fallimento dello sciopero generale del maggio 1920. Dalla scissione sarebbe nato lo SFIC (Sezione francese dell'internazionale comunista), il futuro Partito comunista francese. Questa situazione si sarebbe ricreata anche in altri Paesi europei, causando spesso fratture e contrasti che sarebbero sfociati anche in guerra aperta tra le varie componenti dei partiti operai, come successe in Germania ed in Spagna.
[17] Nel dipartimento della Val-d'Oise nella regione dell'Île-de-France.