LA «SETTIMANA SANGUINANTE»
Ducatel, agitando la sua bandiera bianca su Bastion 64, viene avvistato
dal capitano Trève (incisione piuttosto bizzarra pubblicata nel 1881)
Il 21
maggio i soldati di Thiers
entrarono a Parigi grazie ad un tradimento. All'inizio di maggio, il traditore
Jules Ducatel, che per la Comune era uno dei supervisori dei ponti e delle
strade, prese contatto con il corpo militare del generale Douay, la cui
artiglieria bombardava i bastioni vicino alle porte di Saint-Cloud e Point-du-Jour
per creare una breccia nelle fortificazioni della Capitale. Divenuto un
indicatore dell'esercito di Versailles,
Ducatel svolse quindi diverse missioni di ricognizione, sotto l'apparenza delle
sue attività al servizio della sottocommissione per le barricate di Passy.
Domenica pomeriggio, le truppe versagliesi del generale Douay bombardarono e
assediarono la sporgenza che forma il bastione di Point-du-Jour. Tra le 14 e le
15, Ducatel scoprì che la porta di Saint-Cloud e i suoi dintorni non erano più
sorvegliati; allora, dopo aver improvvisato una bandiera bianca con un
fazzoletto fissato su un rastrello, si arrampicò, nonostante i proiettili
sparati da Montretout, sul bastione 64, tra la porta d'Auteuil e la porta de
Saint-Cloud (la cui posizione corrisponde all’attuale rue de l’Arioste), per
avvisare le truppe di Versailles
posizionate nelle trincee scavate sotto il bastione 65, sul lato del Parc des
Princes, che quel punto non era controllato e la via era libera.
Informato dal capitano di
fregata Auguste Trève, Thiers
ordinò all'esercito regolare di entrare a Parigi con quasi 48 ore di anticipo
rispetto al piano iniziale. Liberato per ordine di Douay dopo essere stato
brevemente fermato dai soldati versagliesi che temevano uno stratagemma di
Federati, Ducatel guidò poi la divisione Vergé, comandata dal colonnello
Piquemal, verso il Trocadéro.
I prussiani, che occupavano i
forti settentrionali e orientali, permisero ai versagliesi di avanzare attraverso
il terreno vietato dall'armistizio a nord della città, e con ciò di attaccare
su un largo fronte che i parigini avevano ragione di credere protetto
dall'armistizio e che perciò non avevano occupato che debolmente. In
conseguenza di ciò la resistenza nella metà occidentale di Parigi, cioè nella
vera città aristocratica, non poté che esser debole; diventò più tenace e più
dura quanto più le truppe avanzanti si avvicinarono alla metà orientale, alla
vera città operaia.
Le truppe
di Mac-Mahon
penetrarono quasi indisturbate nei sobborghi occidentali. Erano soldati di
origine contadina, sordi all'invito di «fraternizzare col popolo» rivolto loro
dai Comunardi,
frugarono casa per casa arrestando chiunque sembrasse loro sospetto.
Mentre oltrepassava una barricata
che bloccava il quai de Passy in rue Guillou, Ducatel venne catturato il 22
maggio dai Comunardi.
Fu portato all’École militaire per essere processato e probabilmente fucilato,
ma ebbe l'opportunità di scappare quando gli insorti dovettero lasciare la
scuola di fronte all'avanzata dei soldati di Versailles
che divennero padroni dell’ovest della città.
I versagliesi occuparono le
fortificazioni da cui fecero partire qualche colpo di fuoco, poi il terreno
intorno alla linea ferroviaria della piccola cintura. Il Consiglio
della Comune, che era in procinto di giudicare Cluseret,
non inviò alcun rinforzo, nonostante la richiesta di Dombrowski che comandava
il settore interessato.
Il Comitato
di Salute Pubblica inviò un osservatore che venne fatto prigioniero dai
versagliesi, che nel frattempo avevano occupato Auteuil e Passy. Perquisivano
sistematicamente le case, procedevano alle denunce, agli arresti e iniziarono a
fucilare le Guardie Nazionali della zona che porta al cimitero di Longchamp, ai
margini del Bois de Boulogne che dominava l'ippodromo.
Contemporaneamente, si svolse
l'ultima riunione del Consiglio
della Comune.
Alla fine della sera, un concerto ebbe luogo al Louvre in beneficenza
delle vedove e degli orfani della Comune.
Barricata, pittura di Édouard Manet, 1871
Solo il lunedì 22
maggio tutti i parigini si resero conto che tre corpi di versagliesi
penetrarono in città, che avevano sotto controllo le porte di Auteuil, di Passy,
di Sèvres e di Versailles
e avevano già conquistato due arrondissement,
il 15° e il 16°, e istallato
delle artiglierie sulla collina di Chaillot e all'Étoile. Le truppe al
comando dei generali Douay e de Cissey occuparono lo spazio tra le
fortificazioni e la ferrovia. Jaroslaw
Dombrowski (comandante
della 11ª legione della Guardia
Nazionale) apprese la notizia alle 16 e telegrafò al Consiglio,
chiedendo rinforzi. Solo alle 19 il Consiglio venne informato dell'invasione: “mi
sembrò che tutto il mio sangue scendesse a terra (scrisse Jules
Vallès nelle sue memorie) e che gli occhi mi divenissero più chiari e
grandi nella faccia pallida”. Il resto di Parigi finalmente apprese la
notizia da un manifesto firmato da Charles
Delescluze, membro del Comitato
di Salute Pubblica e Delegato alla guerra, che chiamò la cittadinanza alle
armi:
«Si tratta di vincere o cadere nelle mani senza pietà dei reazionari e
dei clericali di Versailles, di questi miserabili che hanno venduto la
Francia ai Prussiani e che ci fanno pagare il prezzo dei loro tradimenti».
Una ventina di membri del Consiglio
si riunirono per l'ultima volta all'Hôtel
de Ville, decidendo di rientrare nei propri quartieri per combattere e dare
l'esempio.
Si iniziarono a fare proclami
al popolo delle «braccia nude» perché prendesse il fucile, e la resistenza si
organizzò erigendo barricate ovunque. Mancò però un centro di coordinamento
della difesa, così che, a seguito di quella proclamazione, ogni combattente Comunardo
tornò al suo quartiere per difenderlo, disinteressandosi di quello che
succedeva nei quartieri vicini
Nelle strade si elevarono
ovunque barricate (se ne contarono almeno 164) dove erano attivi anche donne e
bambini. Vennero costruite barricate nella place Saint-Jacques, nelle rue Auber,
a Chateaudun, nel Faubourg Montmartre, a Notre-Dame de Lorette, a la Trinité, a
La Chapelle, a la Bastille, alle Buttes Chaumont, al boulevard Saint-Michel, al
Pantheon ...
I versagliesi, ormai in numero
di 130.000, avanzavano lentamente: violenti combattimenti si segnalarono nel quartiere
delle Batignolles, a nord, dove i prussiani avevano permesso alla divisione del
generale Montaudon di attraversare le loro linee nella zona che doveva essere
neutrale, prendendo alle spalle i difensori. Dei combattimenti si svolsero
presso place de Clichy e i Batignolles che furono ripresi dai versagliesi.
Alla fine della giornata i
versagliesi occuparono l'Ètoile, gli Champs-Elysées, la stazione ferroviaria di
Saint-Lazare, l'Ecole militaire, dove erano collocati i canoni della Comune, la
stazione Saint-Lazare, mentre a sud raggiunsero la stazione di Montparnasse.
La loro progressione era
lenta, perché nei quartieri che venivano conquistati, gli ufficiali frenavano
l’avanzata dei loro soldati per montare la tensione e per eseguire esecuzioni
sommarie, soprattutto nelle caserme della rue de Babylone.
Il Comitato
di Salute Pubblica fece affiggere sulle strade un appello ai soldati di Versailles:
«[...] Come noi, voi siete dei proletari; come noi, voi avete interesse
a non lasciare più ai congiurati monarchici il diritto di bere il vostro
sangue, come essi bevono i nostri sudori [...] Venite con noi, fratelli, le
nostre braccia sono aperte».
Anche il Consiglio
della Comune pubblicò un appello alla fraternizzazione:
«[…] Fate
come i vostri fratelli del 18 Marzo! Abbandonate le file! Entrate nelle nostre
case! Venite a noi, in mezzo alle nostre famiglie, voi sarete accolti
fraternamente e con gioia!».
Inutile tentativo! “Questo appello - scrisse l’amico di Amilcare
Cipriani e giornalista Prosper-Oliver
Lissagaray - che non poté pervenire
ai soldati neppure in un solo esemplare, rivela l'ultima illusione di molti dei
Membri della Comune; i quali, nella massima buona fede, credettero alla
defezione dell'armata, non appena entrata in Parigi!”.
Il Comitato
di Salute Pubblica mandò un suo membro in ricognizione a Passy. Nella
notte, vide dei Federati ammassati lungo i muri di rue Beethoven. Avvicinatosi,
si accorse che erano tutti morti, fucilati dai soldati di Versailles.
Thiers
cantava già vittoria di fronte all'Assemblea e annunciava vendetta: “Signori,
l'espiazione sarà completa”. Era ricominciato il massacro dei
prigionieri e dei sospetti.
I soldati di Versailles,
ormai ubriachi e fanatici, non vedevano più che sangue e distruzione e
continuarono l'avanzata.
Ducatel, agitando la sua bandiera bianca su Bastion 64, viene avvistato dal capitano Trève (incisione piuttosto bizzarra pubblicata nel 1881) |
Il 21
maggio i soldati di Thiers
entrarono a Parigi grazie ad un tradimento. All'inizio di maggio, il traditore
Jules Ducatel, che per la Comune era uno dei supervisori dei ponti e delle
strade, prese contatto con il corpo militare del generale Douay, la cui
artiglieria bombardava i bastioni vicino alle porte di Saint-Cloud e Point-du-Jour
per creare una breccia nelle fortificazioni della Capitale. Divenuto un
indicatore dell'esercito di Versailles,
Ducatel svolse quindi diverse missioni di ricognizione, sotto l'apparenza delle
sue attività al servizio della sottocommissione per le barricate di Passy.
Domenica pomeriggio, le truppe versagliesi del generale Douay bombardarono e
assediarono la sporgenza che forma il bastione di Point-du-Jour. Tra le 14 e le
15, Ducatel scoprì che la porta di Saint-Cloud e i suoi dintorni non erano più
sorvegliati; allora, dopo aver improvvisato una bandiera bianca con un
fazzoletto fissato su un rastrello, si arrampicò, nonostante i proiettili
sparati da Montretout, sul bastione 64, tra la porta d'Auteuil e la porta de
Saint-Cloud (la cui posizione corrisponde all’attuale rue de l’Arioste), per
avvisare le truppe di Versailles
posizionate nelle trincee scavate sotto il bastione 65, sul lato del Parc des
Princes, che quel punto non era controllato e la via era libera.
Informato dal capitano di
fregata Auguste Trève, Thiers
ordinò all'esercito regolare di entrare a Parigi con quasi 48 ore di anticipo
rispetto al piano iniziale. Liberato per ordine di Douay dopo essere stato
brevemente fermato dai soldati versagliesi che temevano uno stratagemma di
Federati, Ducatel guidò poi la divisione Vergé, comandata dal colonnello
Piquemal, verso il Trocadéro.
I prussiani, che occupavano i
forti settentrionali e orientali, permisero ai versagliesi di avanzare attraverso
il terreno vietato dall'armistizio a nord della città, e con ciò di attaccare
su un largo fronte che i parigini avevano ragione di credere protetto
dall'armistizio e che perciò non avevano occupato che debolmente. In
conseguenza di ciò la resistenza nella metà occidentale di Parigi, cioè nella
vera città aristocratica, non poté che esser debole; diventò più tenace e più
dura quanto più le truppe avanzanti si avvicinarono alla metà orientale, alla
vera città operaia.
Le truppe
di Mac-Mahon
penetrarono quasi indisturbate nei sobborghi occidentali. Erano soldati di
origine contadina, sordi all'invito di «fraternizzare col popolo» rivolto loro
dai Comunardi,
frugarono casa per casa arrestando chiunque sembrasse loro sospetto.
Mentre oltrepassava una barricata
che bloccava il quai de Passy in rue Guillou, Ducatel venne catturato il 22
maggio dai Comunardi.
Fu portato all’École militaire per essere processato e probabilmente fucilato,
ma ebbe l'opportunità di scappare quando gli insorti dovettero lasciare la
scuola di fronte all'avanzata dei soldati di Versailles
che divennero padroni dell’ovest della città.
I versagliesi occuparono le
fortificazioni da cui fecero partire qualche colpo di fuoco, poi il terreno
intorno alla linea ferroviaria della piccola cintura. Il Consiglio
della Comune, che era in procinto di giudicare Cluseret,
non inviò alcun rinforzo, nonostante la richiesta di Dombrowski che comandava
il settore interessato.
Il Comitato
di Salute Pubblica inviò un osservatore che venne fatto prigioniero dai
versagliesi, che nel frattempo avevano occupato Auteuil e Passy. Perquisivano
sistematicamente le case, procedevano alle denunce, agli arresti e iniziarono a
fucilare le Guardie Nazionali della zona che porta al cimitero di Longchamp, ai
margini del Bois de Boulogne che dominava l'ippodromo.
Contemporaneamente, si svolse
l'ultima riunione del Consiglio
della Comune.
Alla fine della sera, un concerto ebbe luogo al Louvre in beneficenza
delle vedove e degli orfani della Comune.Barricata, pittura di Édouard Manet, 1871 |
Solo il lunedì 22
maggio tutti i parigini si resero conto che tre corpi di versagliesi
penetrarono in città, che avevano sotto controllo le porte di Auteuil, di Passy,
di Sèvres e di Versailles
e avevano già conquistato due arrondissement,
il 15° e il 16°, e istallato
delle artiglierie sulla collina di Chaillot e all'Étoile. Le truppe al
comando dei generali Douay e de Cissey occuparono lo spazio tra le
fortificazioni e la ferrovia. Jaroslaw
Dombrowski (comandante
della 11ª legione della Guardia
Nazionale) apprese la notizia alle 16 e telegrafò al Consiglio,
chiedendo rinforzi. Solo alle 19 il Consiglio venne informato dell'invasione: “mi
sembrò che tutto il mio sangue scendesse a terra (scrisse Jules
Vallès nelle sue memorie) e che gli occhi mi divenissero più chiari e
grandi nella faccia pallida”. Il resto di Parigi finalmente apprese la
notizia da un manifesto firmato da Charles
Delescluze, membro del Comitato
di Salute Pubblica e Delegato alla guerra, che chiamò la cittadinanza alle
armi:
«Si tratta di vincere o cadere nelle mani senza pietà dei reazionari e
dei clericali di Versailles, di questi miserabili che hanno venduto la
Francia ai Prussiani e che ci fanno pagare il prezzo dei loro tradimenti».
Una ventina di membri del Consiglio
si riunirono per l'ultima volta all'Hôtel
de Ville, decidendo di rientrare nei propri quartieri per combattere e dare
l'esempio.
Si iniziarono a fare proclami
al popolo delle «braccia nude» perché prendesse il fucile, e la resistenza si
organizzò erigendo barricate ovunque. Mancò però un centro di coordinamento
della difesa, così che, a seguito di quella proclamazione, ogni combattente Comunardo
tornò al suo quartiere per difenderlo, disinteressandosi di quello che
succedeva nei quartieri vicini
Nelle strade si elevarono
ovunque barricate (se ne contarono almeno 164) dove erano attivi anche donne e
bambini. Vennero costruite barricate nella place Saint-Jacques, nelle rue Auber,
a Chateaudun, nel Faubourg Montmartre, a Notre-Dame de Lorette, a la Trinité, a
La Chapelle, a la Bastille, alle Buttes Chaumont, al boulevard Saint-Michel, al
Pantheon ...
I versagliesi, ormai in numero
di 130.000, avanzavano lentamente: violenti combattimenti si segnalarono nel quartiere
delle Batignolles, a nord, dove i prussiani avevano permesso alla divisione del
generale Montaudon di attraversare le loro linee nella zona che doveva essere
neutrale, prendendo alle spalle i difensori. Dei combattimenti si svolsero
presso place de Clichy e i Batignolles che furono ripresi dai versagliesi.
Alla fine della giornata i
versagliesi occuparono l'Ètoile, gli Champs-Elysées, la stazione ferroviaria di
Saint-Lazare, l'Ecole militaire, dove erano collocati i canoni della Comune, la
stazione Saint-Lazare, mentre a sud raggiunsero la stazione di Montparnasse.
La loro progressione era
lenta, perché nei quartieri che venivano conquistati, gli ufficiali frenavano
l’avanzata dei loro soldati per montare la tensione e per eseguire esecuzioni
sommarie, soprattutto nelle caserme della rue de Babylone.
Il Comitato
di Salute Pubblica fece affiggere sulle strade un appello ai soldati di Versailles:
«[...] Come noi, voi siete dei proletari; come noi, voi avete interesse
a non lasciare più ai congiurati monarchici il diritto di bere il vostro
sangue, come essi bevono i nostri sudori [...] Venite con noi, fratelli, le
nostre braccia sono aperte».
Anche il Consiglio
della Comune pubblicò un appello alla fraternizzazione:
«[…] Fate
come i vostri fratelli del 18 Marzo! Abbandonate le file! Entrate nelle nostre
case! Venite a noi, in mezzo alle nostre famiglie, voi sarete accolti
fraternamente e con gioia!».
Inutile tentativo! “Questo appello - scrisse l’amico di Amilcare
Cipriani e giornalista Prosper-Oliver
Lissagaray - che non poté pervenire
ai soldati neppure in un solo esemplare, rivela l'ultima illusione di molti dei
Membri della Comune; i quali, nella massima buona fede, credettero alla
defezione dell'armata, non appena entrata in Parigi!”.
Il Comitato
di Salute Pubblica mandò un suo membro in ricognizione a Passy. Nella
notte, vide dei Federati ammassati lungo i muri di rue Beethoven. Avvicinatosi,
si accorse che erano tutti morti, fucilati dai soldati di Versailles.
Thiers
cantava già vittoria di fronte all'Assemblea e annunciava vendetta: “Signori,
l'espiazione sarà completa”. Era ricominciato il massacro dei
prigionieri e dei sospetti.
I soldati di Versailles,
ormai ubriachi e fanatici, non vedevano più che sangue e distruzione e
continuarono l'avanzata.Immagine tratta da Le cri du peuple di Jacques Tardi, Jean Vautrin |
Martedì
23 maggio i versagliesi superarono le difese di Batignolles e attaccarono da
sud e da nord la collina
di Montmartre; la lotta fu impari.
Il Comitato
di Salute Pubblica e il Comitato
Centrale della Guardia Nazionale avevano chiesto ai soldati di Versailles
di fraternizzare col popolo parigino, ma
invano.
I combattimenti cessarono ai Batignolles
nonostante gli sforzi delle truppe comandate da Benoît
Malon.
“[…]
I soldati invadevano le case e mentre alcuni dirigevano dalle finestre un fuoco
omicida sui federati, gli altri rompevano i muri e, di casa in casa,
s'avanzavano per l'interno fino al piede della barricata. Allora da ogni
finestra delle case circostanti, tiravano a colpo sicuro sui Comunardi,
che cadevano fulminati. Approfittando del panico, circondavano poscia la
barricata e fucilavano immediatamente i federati non caduti alle prime
scariche. Accadevano cose orribili! il sangue scorreva a fiotti fra grida
strazianti; poi l'ufficiale gridava: - bravi! (Io udii questo grido all'assalto
della barricata di rue des Dames a Batignolles). I soldati lasciavano il posto,
dopo aver fatto un cumulo di cadaveri (Benoît
Malon, giornalista e Comunardo)”.
Tra i Federati si distinse Louise
Michel, la maestrina con tanto coraggio correva da una barricata all'altra
a rincuorare i combattenti, e il suo esempio trascinò altre popolane ad
imbracciare il fucile a fianco degli uomini. Louise
Michel, il generale Brunel,
l'esule polacco Dombrowski,
le donne e i ragazzi sulle barricate di Montmartre:
tutte figure episodiche di una resistenza disperata e più efficace sul piano
umano che su quello militare.
I versagliesi conquistarono la
collina
di Montmartre nel primo pomeriggio e, come ci racconta Prosper-Oliver
Lissagaray, festeggiarono la vittoria fucilando 49 persone: a Montmartre,
nello stesso luogo, al numero
6 di rue des Rosiers, dove il 18
marzo, per decisione di popolo, furono fucilati due generali, Lecomte
e Thomas,
furono rastrellati per strada 42 uomini, 3 donne, 4 ragazzi; portati dove
caddero i due e passati per le armi. Una delle donne, con un bambino in
braccio, prima che i massacratori aprissero il fuoco, gridò ai compagni: “Fate vedere a questi miserabili che sapete
morire in piedi”.
Quarantanove persone,
trucidate per vendicare due «miserabili» dell'esercito di Thiers:
neanche Kappler, dopo tutto, è arrivato a tanto, ché i soldati tedeschi uccisi
a Roma, a via Rasella, furono, se ben ricordiamo, 32, ed egli mise a morte 335
ostaggi, un rapporto di neppure 1 a 11, mentre Thiers,
il «salvatore della Francia», adottò un rapporto di circa 1 a 25 (uno a
venticinque esatto, se ai 49 aggiungiamo Varlin,
portato a morire sul luogo dell'esecuzione dei due generali).
“Un soldato a Batiginollés, stanco di uccidere, si rifiuta di fucilare
donne e fanciulli inoffensivi: è immediatamente messo a morte per ordine
dell'ufficiale. Un uomo mentre usciva di casa per provvedere cibo alla famiglia
è arrestato e trascinato dalla soldataglia, la moglie col bambino in braccio
corre per dimostrare la sua innocenza e salvarlo, ma non è ascoltata e poiché
gli s'avvinghia per strapparlo si fucila marito, moglie e bambino; il medico
Izquierdo si precipita per salvare il bambino che respira ancora... è preso e
fucilato anche Izquierdo! (V. d'Esboeuf: La verité sur la
Commune et les versaillais)“.
Si combattè ai piedi della
collina, dove a place Pigalle si distinsero ancora una volta per valore le
donne, mentre nella vicina barricata di rue Myrtha il comandante della Comune, Dombrowski,
venne ferito mortalmente.
La resistenza persisteva
presso la Butte-aux-Cailles (con Walery
Wroblewski), al Pantheon (con Lisbonne), in rue de l'Université, rue
Saint-Dominique, rue Vavin, rue de Rennes e alla stazione ferroviaria de l'Est.
I versagliesi occuparono l'Opéra,
il faubourg Montmartre e la Concorde, raggiunsero l'Osservatorio e fecero
esecuzioni di massa a Montmartre,
al parco Monceau e alla Madeleine, mentre centinaia di parigini furono fucilati
al parco Monceau altri trecento alla Madeleine, 37 in rue Lepic.
“A piazza
Blanche”, riferisce Lissagaray, “le
centoventi donne che difendevano quella barricata tennero in iscacco per
quattro ore le truppe di Clinchant. Soltanto ad undici ore, estenuate e prive
di munizioni furono sopraffatte dagli assalitori e quelle che non possono
fuggirne vennero massacrate sul posto. La barricata di piazza Pigalle non poté
essere vinta che dopo tre ore di lotta ed ivi s'eran rifugiate le superstiti di
piazza
Blanche. Le ultime sopravvissute s'avviarono verso la barricata del boulevard
Magenta. Ma non una si salvò! È uno dei numerosi episodi di questa barricata
divenuta leggendaria (Prosper-Oliver
Lissagaray - Storia
della Comune di Parigi del 1871)”.
I quartieri presi dai versagliesi
si trasformarono in macelli. La sete di sangue fu così ardente che i
versagliesi uccisero persino i loro stessi agenti che muovevano ad incontrarli!
A sera scoppiarono gli
incendi. Parigi bruciava, l'aria era piena di un odore acre di fumo, il cielo
notturno era tutto illuminato di un bagliore rosso. Le artiglierie versagliesi,
caricate a boulets rouges[1],
i proiettili a petrolio, provocarono incendi a Champ de mars, alle Tuileries,
alla Corte dei Conti, al ministero delle Finanze, al Consiglio di Stato, al
palazzo della Legion d'onore, alla Concorde, al palazzo
Borbone, al palazzo
del Luxembourg. e in molte abitazioni. Nei giorni successivi andarono a
fuoco il teatro di Porte-Saint-Martin, dei Délassements comiques ed il Lirico,
il municipio del 12°
arrondissement, i magazzini della Villette, le manifatture Gobelins, e
circa duecento abitazioni. “Parigi sembra torcersi in un'immensa spirale di
fiamme e di fumo” (osserva lo storico Lissagaray).
Più di 200.000 tra volumi e documenti finirono in fumo. Nacque così la leggenda
delle pétroleuses,
creata e alimentata dalla storiografia reazionaria, secondo la quale «orde di
donne vagabondavano a caso con un secchio di petrolio in mano», ad appiccare il
fuoco. In realtà, fin dal tempo dell'assedio, il petrolio aveva sostituito a
Parigi l'introvabile carbone, e alle donne serviva per tutti gli usi domestici
e non veniva quindi usato in altro modo; gli incendi furono pertanto provocati
dalle artiglierie versagliesi. Questa leggenda, scrisse il giornalista Olivier
Lissagaray nella sua Storia
della Comune di Parigi del 1871, “costò la vita a centinaia di donne
accusate di gettare petrolio nelle cantine: ogni donna mal vestita che porti un
recipiente per il latte, una boccetta, una bottiglia vuota, può essere
un'incendiaria. Trascinata in brandelli nel muro più vicino, viene finita a
revolverate”.
Esecuzione dei domenicani di Arcueil. Fotomontaggio di Ernest Eugène Appert |
Gli incendi del 23
continuavano, compresi gli edifici residenziali della rue de Lille, di
Saint-Sulpice e del Bac.
La mattina del 24
maggio la Commissione militare e il Comitato
di Salute Pubblica si trasferirono nel municipio dell'11°
arrondissement, mentre i versagliesi catturarono le cannoniere ormeggiate
nella Senna e proseguirono l'invasione occupando il Palais-Royal, il Louvre, la
rue d'Assas e Notre-Dame des Champs, place
Vendôme, la Banca di Francia e la Borsa, facendo saltare in aria la
polveriera del Luxembourg.
Superate le barricate di rue Soufflot e di rue Gay-Lussac, nel 5°
arrondissement, i versagliesi raggiunsero il Pantheon e vi massacrarono
centinaia di Federati e di sospetti, tutto il quartiere
latino cadde nelle loro mani e si intensificano le esecuzioni dei
prigionieri: quaranta Federati furono fucilati in rue Saint-Jacques. Il quartiere
latino venne attaccato; fu conquistato la sera e i suoi difensori (quasi
700) sono uccisi in rue St. James.
Alle 12.30, il dottor Faneau, alla guida dell'ambulanza posta al
seminario del Saint-Sulpice, venne fucilato insieme ad 80 Federati feriti.
Per reazione, quella sera la Comune, come già scritto pagine
prima, ordinò la fucilazione di sei ostaggi nella prigione di La Roquette, tra
i quali l'arcivescovo
Georges Darboy ed altri cinque ostaggi (compreso il presidente Bonjean che
si era distinto durante la repressione anti-popolare del giugno
1848): “La vita degli ostaggi è stata sacrificata centinaia di volte
nelle continue esecuzioni di prigionieri a cui i versagliesi si
abbandonavano... Il vero assassino dell'arcivescovo
Darboy è Thiers.
La Comune aveva offerto ripetute volte di scambiare l'arcivescovo, e molti
sacerdoti, per giunta, col solo Blanqui,
allora nella mani di Thiers.
Thiers
rifiutò ostinatamente. Sapeva che con Blanqui
avrebbe dato alla Comune una testa, mentre l'arcivescovo gli sarebbe stato più
utile come cadavere (Karl Marx
- La
Guerra Civile in Francia)”.
La morte dell'arcivescovo, che aveva tentato di mediare lo scambio
di Auguste
Blanqui con i prigionieri dei Federati, tolse l'ultima speranza di
arrestare lo spargimento di sangue. Le uccisioni
dei prigionieri produssero l'effetto di indurre molti Federati ad
abbandonare la lotta e a nascondersi, precauzione spesso inutile, perché si
trovarono delatori pronti a denunciarli: si sono contate, dopo la caduta della
Comune, ben 399.823 delazioni, in grandissima maggioranza anonime.
I dirigenti Comunardi
evacuarono ed appiccarono il fuoco all'Hôtel
de Ville, alla prefettura della polizia e al palazzo di giustizia. I Comunardi
non controllavano più che il 9°,
12°,
19°
e 20° arrondissement, più alcune isole del 3°,
5°
e 13°.
Giovedi
25 maggio la difesa della Comune si ridusse ai quartieri orientali, che
vennero incessantemente bombardati.
Ci furono feroci combattimenti in place du Chateau d'Eau, dove venne
ucciso Charles
Delescluze, delegato della Guerra della Comune, e alla Butte-aux-Cailles,
dove resisteva Wroblewski.Butte-aux-Cailles-Place-d'Italie |
La battaglia della Butte-aux-Cailles
iniziò la notte tra il 24
e il 25
maggio 1871 quando i versagliesi attaccarono su tutta la riva sinistra. Quattro
assalti versagliesi fallirono e vennero respinti.
Danni a Parigi |
La difesa della Butte-aux-Cailles
poggiava su tre battaglioni federati: il 175°, il 176° e in particolare il
101°. Quest'ultimo era considerato una delle migliori unità della Comune di
Parigi. Inoltre, Wroblewski,
alla Butte-aux-Cailles,
vi aveva installato diverse batterie di artiglieria: una di otto pezzi e due di
quattro. Aveva anche fortificato il boulevard d'Italie, il boulevard de
l'Hôpital e il boulevard de la Gare. Infine, il suo quartier generale si
trovava nel municipio di Gobelins e sistemò delle riserve in places d'Italie e
Jeanne-d'Arc e a Bercy.
Le forze del governo di Versailles
avevano il 2° Corpo d'armata del generale Cissey, con 23.000 uomini, che
effettuarono la maggior parte dell'attacco. Cissey beneficiò anche del sostegno
di molti altri corpi che, con il loro progresso, costrinsero Wroblewski
a schierare le sue riserve per coprire i suoi fianchi e non respingere
l'assalto principale. Cissey aveva anche una cinquantina di cannoni e
mitragliatrici in place d'Enfer, al Luxembourg
e nel Bastione 81, e prese i forti meridionali (Ivry e Bicêtre).
Il 25
mattina riprese la battaglia, ma i versagliesi erano ora avvantaggiati dalla
presa del Pantheon che scoprì la destra della collinetta. Wroblewski
fu costretto a staccare parte delle sue riserve per formare barricate nella
place Jeanne-d'Arc e sul ponte di Austerlitz. Nel frattempo, Cissey fece
bombardare la collinetta, ma uno dei principali pericoli per i Federati fu la
progressione di Vinoy
lungo la rue Saint-Antoine fino al ponte di Austerlitz. Un secondo problema per
Wroblewski
fu l'evacuazione dei forti meridionali di Parigi su cui si era basato per
difendere la sua ala sinistra. In effetti, i versagliesi avevano occupato
posizioni abbandonate e posizionarono batterie di cannoni che usarono contro la
Butte-aux-Cailles.
Verso mezzogiorno iniziò l'attacco generale. I versagliesi, sei volte più
numerosi, cercano di seguire il bastione fino all'avenue d'Italie e alla route
di Choisy, ma furono fermati da imponenti barricate. I versagliesi dopo tre ore di combattimento,
si impadronirono della rue des Cordières-Saint- Michel. L'arrivo della
guarnigione federata che aveva evacuato il forte di Ivry (circa 600 uomini) non
cambiò l'esito del combattimento e i molti prigionieri che furono fatti dai
versagliesi, vennero subito fucilati. Alle 3 del pomeriggio, la prigione
dell’avenue d'Italie venne bombardata, mentre Wroblewski
trasferiva il centro della sua difesa in place Jeanne-d'Arc. I versagliesi si
congiunsero al municipio del 13°
arrondissement e proseguirono lungo i bastioni. Fecero anche saltare le
mura dei giardini dell'ospedale di Salpêtrière per consentire il passaggio
delle truppe. Questo movimento accentuò la pressione sul retro federato e
minacciò il ponte di Austerlitz permettendo ai versagliesi di circondare tutte le
truppe federate ancora presenti sulla riva sinistra. Wroblewski
fu quindi costretto a ritirarsi sulla riva destra dal ponte di Austerlitz. La
barricata che era stata formata consentì di eseguire questo movimento senza
essere attaccati dai versagliesi. Riuscì così ad attraversare la Senna con un
migliaio di uomini e una parte della sua artiglieria. Numerosi Federati
rimasero comunque indietro nel loro quartiere, dove molti vennero catturati e
fucilati.Barricade in rue de Rivoli |
Mentre proseguivano i combattimenti, l'ambasciatore degli Stati
Uniti propose un armistizio, in base al quale i Comunardi
si sarebbero arresi ai tedeschi, avendo così salva la vita. Il ministro di Thiers,
Jules
Favre, era d'accordo, soltanto perché contava di ottenerne poi da Bismarck
l'estradizione. Le trattative, che sarebbero dovute svolgersi a Vincennes,
fallirono perché fu impedito alla delegazione dei Federati,
composta da Arnaud,
Delescluze,
Vaillant
e Vermorel,
di recarsi al convegno.
Le fucilazioni di massa proseguirono ad un ritmo tale da dover
richiedere l'impiego delle mitragliatrici e non risparmiarono nessuno, neanche
i feriti: nell'ambulatorio di Saint-Sulpice i soldati di Thiers
ne massacrano ottanta, compreso il medico, il dottor Fano che, benché
personalmente contrario alla Comune, sentì il dovere di curarli. Le truppe di Mac
Mahon avanzavano tra le fiamme, le barricate, i cumuli di rovine, fucilando
e massacrando senza pietà. In place Pigalle, il generale Gallifet a cavallo si
ergeva sulle staffe e indicando la folla di operai, donne, bambini, soldati
federati prigionieri, dava l'ordine secco e tagliente di «sparare su quel
mucchio».
Si legge sul Figaro di quell'epoca:Barricata di boulevard Voltaire |
Fu quest'atto d'eroismo del
quindicenne rivoluzionario che ispirò a Victor
Hugo una delle più belle poesie de L'Annêe
Terrible.
Il 26
maggio la Comune controllava ancora soltanto i quartieri orientali (La Villette,
Belleville,
Charonne, Nation, Bercy, Vincennes) che comprendevano il canale di Saint-Martin,
il boulevard Richard-Lenoir, rue du faubourg-Saint-Antoine e la porte de
Vincennes mentre i prussiani davano una mano ai versagliesi chiudendo la cinta
orientale di Parigi per impedire ogni fuga ai Federati. Oltre a massacrare i
prigionieri nelle strade e nei cortili delle caserme, la vendetta di Thiers
e compagni raggiunse anche il deputato dell'Assemblea nazionale Jean-Baptiste
Millière. Favorevole alla Comune ma senza incarichi e non combattente,
venne prelevato dalla sua casa e fucilato sui gradini del Panthéon dal capitano
Garcin, che per il suo zelo criminale diventò generale. Agli occhi degli
assassini, del resto, la maggior colpa di Millière
era stata quella di aver smascherato pubblicamente gli imbrogli del ministro Jules
Favre.
La Villette circondata dalle truppe di Versailles, maggio 1871 di Gustave Boulanger ( Musée Carnavalet ) |
Due emigrati polacchi Adolf Rozwadowski e Michał Szeweycer venner
fucilati per aver ospitato dei Comunardi;
L'esecuzione è stata descritta come "uno delle cose più orribili"
dallo scrittore franco-polacco Ladislas Mickiewicz.
La sera, a Vincennes, la Comune compì la sua ultima rappresaglia: per
ritorsione contro le facili esecuzioni fatte dai versagliesi, cinquanta
arrestati presso la prigione
de la Roquette (11 sacerdoti, 36 guardie o gendarmi versagliesi e 4 civili
che lavorano o erano manipolati dalla polizia) vennero trasferiti dalla prigione
de la Roquette ai margini delle fortificazioni, al numero 85 di rue Haxo,
dove sono stati giustiziati.
Nel volgere di pochi giorni, i Comunardi
passarono dall'euforia alla rassegnazione. Morirono senza speranza di vittoria ma con la forza, la volontà di portare
avanti un ideale, un ideale di libertà e di uguaglianza.
Il 27
maggio resistevano solo il 19°
e il 20°
arrondissement (i quartieri operai di Belleville
e Charonne) qualche barricata dell'11°
e del 12°
e il forte di Vincennes. Charonne fu espugnata in mattinata: caddero ottocento
guardie nazionali, e a sera si combatteva ancora a cannonate al cimitero del Père-Lachaise.
Poi, ci fu l'ultimo assalto all'arma bianca, tra le tombe di Charles Nodier e
di Balzac, e centinaia di sopravvissuti furono fucilati contro il muro di cinta
del cimitero, quel «Muro
dei Federati» dove ancora oggi si celebra ogni anno la memoria della
Comune. Belleville
era in fiamme, colpita tutta la notte dai proiettili incendiari di Mac-Mahon.
Battaglia del cimitero di Père-Lachaise, dipinto di Henri Félix Emmanuel Philippoteaux |
Daudenarde - Commune de Paris 27 maggio Combattimenti al Père-Lachaise |
Domenica
28 maggio è stata la giornata che ha concluso la Comune. Il combattimento
continuava nell'ultimo quadrilatero di Belleville,
dove combattevano anche i delegati Théophile
Ferré, Charles
Gambon ed Eugène
Varlin, Nel primo pomeriggio, verso le due, i versagliesi presero l'ultima
barricata dei Comunardi,
in rue
de la Fontaine-au-Roi nell'11
arrondissement, ma nelle sue memorie Gaston
Da Costa specifica che l'ultima barricata che cadde non era lontana da
quella del faubourg du Temple, al confine tra il 10°
e l’11°
arrondissement in rue de Ramponneau, dove un anonimo Comunardo,
che aveva resistito da solo per un quarto d'ora, sparò l'ultimo colpo di fucile
e si dileguò.
Eugene
Varlin, membro dell'Internazionale,
riuscito a fuggire, venne riconosciuto e denunciato da un prete a Montmartre:
catturato, fu subito fucilato.
La Comune era caduta e Mac-Mahon
lanciò il messaggio: “Parigi è stata
liberata! La battaglia è finita oggi; l'ordine, il lavoro, la sicurezza stanno
per essere restaurati”, e Thiers
telegrafò ai prefetti: “Il suolo è
disseminato dei loro cadaveri. Questo spettacolo spaventoso servirà di lezione”.
Il forte di Vincennes circondato dai prussiani si arrese. I nove
ufficiali della guarnigione vennero fucilati.
Uno di essi, il colonnello
Delorme, si rivolse ai versagliesi che
comandavano e disse: "Sentite il mio polso e vedete se ho paura".
“Forse si è chiuso un periodo storico. Uno nuovo comincia. È finita per
la nostra generazione, destinata certo ad essere la spettatrice impotente, la
vittima dolente di una reazione balorda e furiosa... Avvenga che vuole!
Noi
non cediamo. Noi siamo mortali, ma la nostra causa è immortale. Se noi non
trionfiamo, la vittoria sarà dei nostri figliuoli o fors'anche dei nostri
nipoti. Perirà la civiltà, non il nostro ideale sociale. Il vecchio mondo è
basato sui privilegi dell'ozio, il mondo nuovo si basa e si baserà sui diritti
del lavoro. Un tempo il lavoro era schiavo, divenne servo, oggi è sfruttamento;
sarà libero ed attraente piaccia o non piaccia ai carnefici della Comune! (Luigi Molinari)".
Barricata in rue de Castiglione |
Le distruzioni di rue Royale |
Barricata luogo della Concorde, in fondo la chiesa della Madeleine |
[1] Un boulets rouges (proiettile rosso) era un proiettile che era
stato precedentemente riscaldato per causare, oltre all'impatto, la possibilità
di un incendio. Veniva sparato dalle pistole con caricamento frontale.
[2] Ogni anno l'association des amis de
la Commune de Paris, che ha sede in quel quartiere al numero 46 di rue des
Cinq-Diamants, commemora gli eventi di questi due giorni sulla
Butte-aux-Cailles. Nel 1999, la piazza delimitata dall'incrocio delle tre vie,
rue de la Butte-aux-Cailles, rue de l'Espérance et rue Buot, è stata battezzata Place de la Commune-de-Paris, alla
memoria della battaglia di Butte-aux-Cailles.