LE BARRICATE DELLE DONNE
Immagine tratta dal film "La Comune di Parigi 1871" di Peter Watkins |
La storia del Comune è
ricca di immagini. Una di esse ci prende letteralmente alla gola: «in preda all'agonia del potere rivoluzionario, 120
donne si rifugiano, con il fucile in mano, dietro una barricata, ai piedi di Montmartre,
per opporsi all'esercito dell'ordine». Vennero sterminate.
Questo episodio della guerra civile del 1871 si è
distinto nella memoria, indiscutibilmente. Barricate, durante questa tragica
battaglia, ce ne furono centinaia.
La Settimana
sanguinante, dal 21
al 28
maggio 1871, alimentò alcune immagini.
Nell'iconografia, l'immagine della donna sulla
barricata non è quella di un combattente. È, nella maggior parte dei casi, un
personaggio che ricorda la Marianne della Repubblica, una che indossa un
berretto frigio, piuttosto nuda nelle sue vesti, che trova la sua ispirazione
nell'antichità. A volte, diventando più spettrale, si sovrappone ai Federati
nella loro lotta fino alla morte. Queste figure emblematiche, le barricadières,
rappresentano di più la Comune:
una bella idea che non può morire. La loro bellezza sbocciante e la loro
invulnerabilità dimostrano che la Rivoluzione è immortale, nonostante i
peggiori massacri.
Nel 1992, durante la mostra Vive la République
1792-1992 presso gli Archivi nazionali a Parigi, si poteva ammirare un'opera di
Steinlein intitolata Louise Michel sulle barricate (1885): una giovane
donna bruna, con lineamenti delicati, in un abito nero con coccarda rossa, il
seno quasi scoperto, arcuata dalla passione rivoluzionaria, sfida il fucile sollevando
una bandiera rossa che si agita nel vento della battaglia; ai suoi piedi è
visibile una catasta di ciottoli, di fronte alla quale si trova il corpo di una
guardia nazionale.
Questo dipinto è
una bellissima immagine che, in nessun caso, mira a rappresentare la realtà
della lotta dei Comunardi,
ma piuttosto a dare una visione estetica e drammatica della Rivoluzione del
1871. Naturalmente questo personaggio di donna senza armi non è la reale
immagine di Louise
Michel, anche se, durante i combattimenti, ha sparato dietro le barricate,
fermandosi solamente quando sono diventate indifendibili.
Forse, il dipinto di Steinlein rappresentava Louise,
la giovane ambulanziera dell'ultima barricata della città, alla quale Jean-Baptiste
Clément aveva dedicato Le
Temps des cerises nel 1885.
In termini di iconografia realistica, ci sono
pochissimi disegni che mostrano donne sulle barricate. Alcune eccezioni
tuttavia: in particolare questa litografia e questa illustrazione rappresentano
la barricata delle donne di place
Blanche.
Dalla
leggenda al mito
Le parole, come l'iconografia, producono rappresentazioni che trasformano la realtà. Se le donne combattevano sulle
barricate nel maggio 1871, la loro lotta prese immediatamente la forma di un
mito: la barricata delle donne. Questo mito è essenzialmente ispirato ad
un'unica fonte: il racconto di Lissagaray
ne Les
huit journées de mai derrieres les barricades (Gli otto giorni di
maggio dietro le barricate), pubblicato nel 1871. È in questo libro che Lissagaray
ci fa capire che vide, la sera del 22
maggio, questa barricata difesa da 120 donne, che descrisse il loro combattimento
di 4 ore a place Blanche, il loro
ritiro alla barricata a place
Pigalle, dove combatterono altre 3 ore, e infine sulla barricata Magenta, dove
vennero tutte uccise. Tre episodi che hanno costituito la «leggenda».
Infatti, nella sua grande Storia
del Comune del 1871, pubblicata nel 1876, Lissagaray
ne cita la fonte: un articolo di Gustave
Maroteau pubblicato in Salut public, nel mezzo di una Settimana
sanguinante, e immediatamente copiato a sinistra e a destra. Revisionando
il suo racconto iniziale, Lissagaray
racconta la presa del 18°
arrondissement «senza la minima resistenza», aggiungendo che la barricata
di place Blanche è durata solo «per
un po’» e che quella di place
Pigalle è effettivamente caduta dopo 4 ore il 23 maggio.
Siamo lontani dalle 7 ore di resistenza degli otto giorni. Indipendentemente da
questa correzione, la leggenda si è già trasformata in un mito vivente, che
relega dietro i suoi incantesimi la vera lotta delle donne a Parigi, già
passata in silenzio dai militari.
La lotta delle donne
Incontro
finale
I
consigli di guerra di Versailles datano all'ultimo incontro dell'Unione
delle Donne per la difesa di Parigi e la cura dei feriti il 21
maggio. È qui che è stata presa la decisione di aiutare a difendere le
barricate. In verità, questa riunione sindacale presso il municipio del 4°
arrondissement probabilmente non ebbe luogo, non perché le truppe erano
entrate in città dalle 16:00 - la riunione si sarebbe tenuta alle 13:00 - ma
forse a causa del concerto
delle Tuileries. Da parte delle donne, solo Louise
Michel, inviata da Dombroski,
avrebbe potuto mettere in guardia L'Unione
la sera del 21
maggio, ma, da un lato, il Comitato
di Vigilanza delle Donne di Montmartre, di cui Louise ne faceva parte,
aveva pochi legami strutturali con l’Unione, d'altra parte, secondo le sue memorie,
Louise
Michel non si è impegnata nella lotta nelle barricate fino a lunedì 22
maggio.
Gli unici elementi solidi che si possono trovare sono
nei dossier di Nathalie
Le Mel:
• fu Elisabeth
Dmittrieff, la vera leader, a convocare gli attivisti;
• l'incontro si è tenuto nella sede dell’unione, presso
il municipio del decimo
arrondissement.
Molto probabilmente, si è svolto la mattina del 22
maggio. L'ordine del giorno si è inevitabilmente concentrato sulla difesa
di Parigi, in poche parole quello che rispecchiava il programma dell'Unione
e ciò che era evidenziato nel suo nome. Le sue richieste di un ruolo militare
per le donne nell'«azione armata», pubblicate da alcuni giornali
comunardi e raccolte dai club
consapevoli di una lotta imminente nella capitale (Nathalie
Le Mel lanciò un appello per «schiacciare Versailles»)
furono mal ricevute dagli uomini della Comune,
peraltro fortemente sfidati su questo argomento da André Léo
ne La
Sociale, nelle cui colonne sfidò in particolar modo il generale Dombrowski.
Alla fine
di maggio, tuttavia, la pressione aumentò e, mentre la Comune,
rimase stupita dall'insolita presenza di donne nelle caserme, si vide un
battaglione femminile che marciava per le strade del 12°
arrondissement. Questa unità esemplare era in procinto di essere armata.
Colonne
e squadre femminili
È certo che la colonna di 50 attiviste dell'Unione
delle Donne non è andata oltre place
Blanche, perché i Batignolles, dove si stavano dirigendo «agli ordini della
Comune»,
erano troppo coinvolti nei combattimenti di strada.
In quel lunedì, 22
maggio, i testimoni notano una inattesa mobilitazione femminile: colonne di
donne che scendono dalle alture, "squadre di donne" in Place de l'Hôtel
de Ville, donne armate di fucili chassepot nei ranghi dei battaglioni che
montano al fuoco, gruppi di donne che trascinano mitragliatrici e, soprattutto,
la sera, partecipano spettacolarmente alla costruzione e fortificazione delle
barricate, in particolare nei quartieri alti. L'esclamazione di Nathalie
Le Mel del 23
maggio, "Non è ancora finita, ne vedono dei duri a Place Clichy e
la collina di Montmartre
non è stata ancora presa!", ci indica che l'organizzazione fa parte di
questo progetto di «piano di battaglia», che prevedeva di impedire ai soldati
di salire sulla collina, il luogo simbolico che si aggiunge al ruolo
strategico: «posizione decisiva» e «nido di avvoltoi che aveva aperto le porte
alla Comune
rossa» per i versaigliesi, Montmartre
era per i Comunardi
la "Cittadella di Parigi" e il "Monte Aventino della
Rivoluzione".
Il potere rivoluzionario, in piena disintegrazione,
non fu in grado, a Montmartre
come altrove, di attuare una vera strategia. Nonostante tutto, alle donne dell'Unione
è stato probabilmente affidato una parte della difesa di questo settore, data
la loro determinazione ("solo le donne hanno mostrato entusiasmo"
noterà Lissagaray),
la maggior parte è stata colpita dal fuoco nemico, sotto la guida di Elisabeth
Dmitrieff, a place Blanche, mentre
una squadra più piccola si stava unendo, sotto la guida di Nathalie
Le Mel, ai barricadieri di place
Pigalle, in fondo a Rue Houdon.
Per quanto riguarda il gruppo di donne di place Blanche, ci sono numerosi
resoconti di testimoni oculari, quelli di Maroteau,
Lissagaray,
Cluseret,
Lefrançais
e Sutter-Laumann[1].
Ai primi due, quando si presentano, vennero
fermamente chiesti i loro lasciapassare da una giovane sentinella, che
indossava un cappello frigio e armato di un fucile; il terzo, che sarebbe sceso
dalla collina di Montmartre
con una colonna di cento uomini, notò anche «la virilità» delle barricadiere
comandate da Elisabeth
Dmitrieff. Lefrançais
infine vide «cittadine armate» molto risolute, nel mezzo del quale c’era Elisabeth
Dmitrieff, «una russa ben nota ai rivoluzionari».
Questo «gruppo» o «battaglione» avrebbe riunito
«approssimativamente» 120 donne, secondo Maroteau
e Lissagaray,
ma questa cifra, che sembra troppo elevata, è stata sensibilmente ridotta da un
altro storico, Fiaux, ad un «centinaio». Tuttavia, la cifra esatta o presunta
non risulta né dalle memorie
di Louise
Michel, né dal dossier di Béatrix
Euvrie, leader del Comitato
di Vigilanza delle Donne di Montmartre
Neanche Benoît
Malon, nella Troisième
Défaite du prolétariat français (La
Terza disfatta del proletariato francese), che tuttavia sviluppa più di
altri i passaggi dedicati alle donne, non lo sottolinea nemmeno. Jean Braire[2],
nel Sur les traces des communards, il suo libro di ricerca storico e fotografico
sulle barricate della Comune, la
menziona bene nella sua prefazione, ma, curiosamente, non dice altro nel suo
capitolo sul 18°
arrondissement. D'altra parte, ci racconta della barricata che, situata in
cima a rue Lepic, si affacciava su place
Blanche e sulla quale circa venti donne sarebbero venute a combattere.
Ancora oggi ci si chiede dove fosse posizionata la
barricata di place Blanche: sotto Rue
Lepic o oltre? Ha dato l'opportunità ai versagliesi attaccanti di salire su
questa strada? Ha bloccato l'intero viale, che è molto ampio, poiché è
impreziosito da una corsia centrale? Secondo Gustave
Lefrançais, la barricata era «all'ingresso di rue Lepic», un luogo che
Sutter-Laumann[1] sembra confermare. C’è anche l'ipotesi che in realtà ci
fossero diverse barricate a place Blanche.
Un rapporto dell'amministrazione Ponts et Chaussées (Ponti e Carreggiate) del
giugno 1871, indica che erano state costruite 25 barricate nel distretto di Montmartre,
si limita a specificare la posizione dei più importanti:
«Rue Lepic
all'incrocio di rue des Abbesses
Alla fine
delle strade che scendono da Montmartre sul boulevard de Clichy
Place
Blanche e Place Pigalle
Questi due
posti erano gravemente danneggiati».
Un altro fatto inquietante riguardante questa
barricata di cui Elisabeth
Dmitrieff sarebbe stata la comandante: non è assolutamente la questione nel
suo fascicolo conservato a Vincennes. Fu accusata di «partecipazione
all'insurrezione parigina come membro del comitato centrale delle donne» e
condannata il 26 ottobre 1872 «alla pena di deportazione fortificata» per
«istigazione nella guerra civile», ma il suo caso non evoca place Blanche. Ma questo non vuol dire
che la barricata non sia esistita
Libri di ricordi, come quello di Sutter-Laumann[1],
che descrivono una «banda di donne» vista nelle vicinanze di place Blanche e comandata da una «bella
ragazza bruna alta con coccarda scarlatta e bandiera rossa», non sappiamo se
possono essere considerati come fonti storiche.
Non sappiamo molto di questa famosa barricata, in
termini di comando, in termini di truppe o del ruolo esatto che questo ostacolo
avrebbe dovuto svolgere. Dalle immagini che esistono delle donne combattenti,
in particolare della barricata di place
Blanche difesa dalle donne nel maggio 1871, non possiamo dedurre niente di
concreto. In questa litografia vediamo un ufficiale
federato (Dombrowski?)
a cavallo che stringe la mano a una donna a piedi (Elisabeth
Dmitrieff?), che ha il fucile in spalla; cinque metri alla sua sinistra,
un'altra donna, con un berretto rosso, ricarica la sua arma riparata dal muro
di un edificio; e sullo sfondo, possiamo vedere un gruppo di ribelli dietro una
barricata alta circa 2 metri, sormontata da una bandiera rossa. La maggior
parte sono donne. Uno di loro, accanto ad una guardia nazionale, brandisce un
fucile e altri due portano via un membro ferito.
Quest'ultimo disegno ci permette di capire che, su
questa barricata, gli uomini si mescolavano alle combattenti. Secondo
Sutter-Laumann[1], oltre 20 donne sono arrivate per unirsi alla manciata di
guardie nazionali già in atto. Una presenza maschile sottolineata dallo
scrittore Tristan Rémy che cita diversi casi di uomini che hanno partecipato
agli scontri di place Blanche:
«elementi dispersi» del 132° battaglione della 17a legione,
«irriducibili» del 258° battaglione o di Comunardi
isolati.
Se è possibile evocare una barricata femminile, place Blanche, dobbiamo essere molto più
avveduti rispetto a quella di place
Pigalle, perché abbiamo un po’ più prove, grazie al dossier della carcerata
Nathalie Le Mel.
Curiosamente, questa, che menziona la convocazione di
cinquanta donne nel municipio del decimo
arrondissement di Elisabeth
Dmitrieff, poi la loro partenza «verso il quartiere Batignolles», non
scrive una parola della barricata di place
Blanche. Afferma persino, in un primo interrogatorio, che le donne de L'Union
sono andate direttamente in "rue Pigale". Secondo alcuni autori
ostili alla Comune,
L’Union des femmes, «con una cinquantina megere"
a seguito di Nathalie Le Mel,
combatté solo sulla barricata place
Pigalle. Ma questa è una lettura scadente non basata sulle analisi dei
documenti disponibili per gli storici, perché possiamo vedere nel dossier di Nathalie Le Mel che questa barricata
aveva una forza lavoro femminile piuttosto debole (una dozzina giovani donne)-
e che era mista. Lissagaray
ha persino affermato che il capo di questa barricata era Lévèque,
un membro del Comitato
Centrale.
Le donne, prima di tutto, aiutarono i Federati
a costruire la barricata di fronte al n° 20 di Boulevard de Clichy, e che poi
volevano andarsene (un testimone ha Nathalie
Le Mel urlare loro: "Siete dei codardi! Se la abbandonate, la
difenderemo, noi"), forse perché non si sono sentiti abbastanza forti
da resistere alle truppe nemiche. Si sa (sempre da testimoni) che le donne,
prima dell’assalto, andarono a chiedere pane e medicine per curare un artigliere
federato e una dei loro ferite. Nathalie
Le Mel è stata vista, armata di un revolver, in una canotta nera, a
dirigere giovani donne, tutte armate di fucili e con cinturini paramedici.
Terminato il lavoro di trincea, fu lei a piantare la bandiera rossa sopra il
selciato. Per essere riconosciuta, aveva dei distintivi: cintura, sciarpa e
coccarda rossa.
L'assalto
Non sappiamo molto sulla rimozione delle barricate. Lissagaray,
a caldo, ha detto che la barricata di place
Blanche è durata quattro ore, che le donne hanno poi ritirato su quella di place
Pigalle, che ha resistito per tre ore, quindi un combattimento di sette ore
di fila. Paul
Martine, da parte sua, parla di queste energiche battaglie alla barricata
di rue Lepic. Le Comunarde
avrebbero combattuto per tre ore e avrebbero resistito nello stessa place
Pigalle.
L’ora del primo assalto da parte del 5° Corpo
dell'esercito di Versailles
è stata dopo le 11 del mattino. Deve essere stato mirato alla barricata di place Blanche, che probabilmente
bloccava la rue Lepic, una delle rotte per la Butte
di Montmartre (la collina di Montmartre).
L'attacco combinato a Montmartre,
una posizione decisiva secondo Thiers,
fu un successo clamoroso. Ciò sollevò notevolmente la popolazione di Versailles,
nonostante l'apparente tranquillità dell'ordine di attacco del maresciallo Mac-Mahon
e l’aridità nel rapporto del generale Clinchant sulle operazioni della 1a
e 2a brigata della 1a divisione. Questi si impossessarono
delle barricate di place Blanche e place
Pigalle, in modo rapido, se non facile, eliminando tutte le difese della Comune in
quel settore. Alle 13 la bandiera tricolore fluttuava sulla collina.
Lissagaray
scrive che le truppe salirono da rue Lepic, dopo aver ucciso le donne che
impedivano il loro accesso, prima di porre lo scritto dopo il combattimento in place Blanche, successivamente
occuparono le Buttes (la collina).
Augustine Gamel |
Le donne dell'Unione
hanno avuto molte morti e ferite. Molti storici affermano che c'è stata una
carneficina. Paul e Victor Margueritte[3],
nella loro storia fittizia della Comune,
nel 1904, evocano questi cadaveri di donne ammucchiate in rue Lepic.
Sutter-Laumann[1] cita di cinque o sei donne «fuori combattimento» «in pochi
istanti» durante lo scontro ineguale, e dice che un po' più tardi, prima
dell’ingresso in città da rue Lepic, si contavano trentasette cadaveri di donne
«giacenti nel sanguie sul marciapiede». Solo un nome di vittima di questo
combattimento è arrivato a noi, quello di Blanche
Lefevre, fornito da Edith Thomas[4];
ma, per Fontoulieu e de Villiers, questa sarebbe stata uccisa su una barricata
di rue des Dames nel 17°
arrondissement.
Sull'abbandono delle barricate e il ritiro delle
combattenti, dobbiamo riconoscere l'assenza di solide indicazioni.
Sutter-Laumann[1], ci dice semplicemente che la posizione, «non più
sostenibile», è stata evacuata dopo 30 minuti. «Solo poche rabbiose"
sono rimaste «determinate a essere uccise». Alla loro testa, «in
piedi sulla piattaforma della ridotta", una "bella ragazza
alta" con "la bandiera
rossa in una mano, il revolver nell'altra".
Per quanto riguarda place
Pigalle, non abbiamo molte più informazioni. Quasi nulla della lotta,
tranne che era feroce; non c'è molto sui suoi partecipanti: abbiamo solo una
testimonianza sulla partecipazione delle donne, riportata anche brevemente da
Louis Fiaux[5] nel 1879; per quanto
riguarda le indicazioni di Tristan Rémy[6],
citando i nomi delle guardie nazionali e arrivando al punto di scrivere che
erano i Federati
del 258° che contenevano lì l'esercito di Versailles,
ma niente sulla sua durata, nulla delle vittime, tranne il resoconto di Lissagaray
sull'esecuzione sul posto di Lévèque.
Una breve annotazione nel dossier di Nathalie Le Mel ci fa tuttavia
sapere che la ritirata delle donne è stata effettuata «verso il centro di
Parigi», in rue des Martyrs, senza che si fermassero alla barricata che era lì.
È possibile che queste sopravvissute si siano
ritirate come gli altri al municipio del decimo
arrondissement, al fine di difendere il loro quartier generale lì. In ogni
caso, la lotta comunarda continuò per tutta Parigi: Le Vengeur del 24 maggio segnalò così la loro
presenza, in seno ad uno «splendido battaglione in marcia», di una «compagnia
di donne».
Barricadiere
dappertutto
Hortense David |
In tutta la città ribelle, dall'inizio alla fine, si
vedevano donne alle barricate, da sole o con i Federati,
che a volte mostravano più zelo di questi. Catulle Mendès[7],
in girando per strade durante la Settimana
sanguinante, notò delle combattenti dall'aspetto inquietante, come un
gruppo con i berretti frigi che si aggiravano intorno alla Madeleine[8]
con una mitragliatrice, o una «squadra» di donne in nero, «fascia nera al
braccio» e «coccarda rossa nel cappello», che lasciava il municipio per andare
a combattere. Li descrive furiose e tragiche. Quelle mitragliatrici,
presumibilmente vennero rilasciate alle donne da Delescluze
e Vallès,.
Alla stazione di Montparnasse anche cinque combattenti armi in mano vennero
fucilate.
Il coraggio e la determinazione di queste «terribili»
e «superbe» barricadere a volte strappano grida di ammirazione mescolate al
terrore dei loro peggiori nemici e stupiscono i loro amici. Una certa signora
Blanchecotte osservò un gruppo di donne
Federate in abiti neri con coccarde e sciarpe rosse che andavano verso una
sicura morte alla scuola di medicina. In rue Stephenson, si poteva osservare l’attivista
dei club Joséphine
Courtois, ex regina delle barricate del ‘48
a Lione,
che combatteva con un fucile e, a Montmartre,
lo straordinario comportamento di Marie
Rousseau, che aiutava e incoraggiava i combattenti. In rue du Pot de Fer, si
è visto che le donne, vere "leonesse", hanno sparato senza esitare;
in particolare, hanno impedito ad un artigliere di fuggire riportandolo nella
sua postazione: "Ecco il tuo posto e, se vuoi che non ci prendiamo più
cura di te, fai il tuo dovere". È stata vista persino un’anziana,
armata di un fucile, che combatteva da sola dietro la barricata della fontana
dell'École Polytechnique, e un'altra donna, anche lei da sola, che si serviva
una mitragliatrice in square des Arts et Métiers. Vicino al palazzo della
Legione d'onore, in rue de Lille, si trovavano Eulalie
Papavoine, Elisabeth
Retiffe, Léontine
Suetens, Joséphine
Marchais e Joséphine
Bocquin. Secondo i testimoni, Elisabeth
Retiffe portava una bandiera
rossa e Joséphine
Marchais, circondata da una sciarpa rossa e armata di un fucile Chaspot, «incitava
gli uomini a combattere» e avrebbe detto: "Mio marito non vuole
combattere, ma io l’ho trascinalo sulla barricata. Potrebbe morire lì, ma ho
fatto bene a farlo" oppure "Il mio amante non voleva andare,
ma doveva". Ci sono delle serie accuse contro altre barricadere che
poi sembrano "esagerate": Adelaide
Valentin avrebbe sparato al suo amante troppo vigliacco per andare alle
barricate; Blanche
Lefevre avrebbe sparato ad un ufficiale
federato colpevole di demoralizzazione.
Lissagaray
sosteneva che le donne avevano difeso la barricata Magenta, nel 10°
arrondissement. Ci segnala la partecipazione di Elisabeth
Dmitrieff e alcune sue compagne alle lotte nelle barricate con le Guardie
Nazionali in questo arrondissement: «Il 23
maggio, durante l'attacco al municipio del 10°
arrondissement da parte dell'esercito, Elisabeth
Dmitrieff è stata vista dietro le barricate incoraggiando i federati a
resistere, distribuendo loro munizioni e sparando in compagnia di una
cinquantina di donne».
In questo settore, la lotta sarebbe stata
particolarmente sanguinosa per le donne, ma bisogna riconoscere che pochissimi
testimoni ne hanno accennato.
Non abbiamo molte più informazioni su ciò che è
accaduto dopo nell'11° arrondissement, principalmente sull'asse altamente combattuto
di boulevard Voltaire, ma siamo convinti dell'entità della partecipazione
femminile alle lotte nelle barricate su questo strategico viale. Benoît
Malon, nel suo La Troisième Défaite du prolétariat
français
(La
terza sconfitta del proletariato francese, ci descrive la testimonianza di
uno studente di medicina inglese, impegnato nel servizio di ambulanza, che ci
consente di confermare quanto scritto, si trovava nella place du Château d’Eau,
«vicino alla barricata Voltaire»; ecco ciò che vide:
"Proprio quando le guardie nazionali si
ritirarono, un battaglione di donne si fece avanti, correndo a tutta velocità e
iniziarono a gridare «vive la Commune!» ". Erano armati del fucile
di precisione e sparavano mirabilmente”.
Jean Braire[2], seguendo le orme di Lissagaray,
ricorda anche che le donne combatterono allo Château d’Eau, citando in
particolare una ragazza con un fucile che fu uccisa lì.
È anche nell'11°
arrondissement che altre donne si distinseroo per la loro foga guerriera.
La giovane Marie
Cailleux ha diretto, il 27 maggio, un centinaio di giovani detenuti
rilasciati dopo l’avvento
della Comune per costruire una barricata in rue de la Roquette. Combatterono
lì e sulle barricate di Père
Lachaise e rue des Boulets.
Nelle barricate cadute o abbandonate, alcune Comunarde
“molesteranno” i versagliesi fino al 28
maggio, come in Rue d'Angoulême, rue Pierre Levée, rue Popincourt.
La
letteratura e dei documenti della repressione
Il mito della pétroleuse |
Mentre le Comunarde integrarsi nel loro movimento,
nel momento peggiore, i versagliesi, e con loro una parte della società,
vomitavano fandonie addosso a quelle che chiamavano «i battaglioni delle
barricadiere e delle pétroleuses». Le informazioni che possono essere raccolte
qui e là, nella parte versagliese, sono ovviamente discutibili. Di fronte alla
polizia e ai «giudici» militari, le imputate, condannate «moralmente» in
anticipo, potevano solo difendersi. Queste sfortunate non hanno avuto storia.
Accusate di questo o quel fatto, spesso si è taciuto sull'intera azione in cui erano
impegnate.
Dai verbali dei consigli
di guerra versagliesi, risulta che una certa Louise Jouanne fu «vista
vestita da Guardia Nazionale» andare «con una pistola alle barricate» e che lei
affermò che era solo un travestimento per «passare più facilmente nelle strade
per andare a trovare il suo amante». Maria
Vaquette, che «fu vista uscire la notte del 26-27 maggio in divisa della Guardia
Nazionale, con fucile e pistola», negò «energicamente», riconoscendo solamente
il suo ruolo di ambulanziera nel 132° battaglione. I rapporti della polizia nei
commissariati «Contesto delle azioni della Comune"
raccoglierà tutte le denunce, accumulerà tutte le presunzioni. Una falla negli
orari viene immediatamente interpretata come una più che probabile
partecipazione ai combattimenti nei quartieri invasi. Questo è il caso di
Nathalie Le Mel, che non ha dormito a casa sua dal 22
al 28
maggio, ma si è rallegrata il 24
maggio assistendo al fuoco delle Tuileries:
"Dato che non vogliamo più un re, non abbiamo più bisogno di un
castello”, o Marie-Catherine
Rogissart, scomparsa dal 21
al 27
maggio e quindi sospettata di aver sparato sulla barricata di Austerlitz.
Basterà anche trovare nel discorso di tali minacce
imputate contro i "briganti di gendarmi" e i "maiali di
cappotti" o un incitamento alla lotta armata per arrestare e, se
possibile, condannarlo. Sempre dai verbali, risulta che Marie
Segaud, sposata Orlowski,
presunta “madre Duchene” della chiesa di Saint-Michel des Batignolles, cercava
di addestrare le donne nel suo quartiere a costruire barricate prima e
soprattutto dopo l'arrivo dell'esercito. Le imputate raramente confessavano, il
che è umano, e quindi le accuse sono spesso fatte solo per inferenze e
presupposti. Béatrix
Excoffon, per esempio, fu vista il giorno in cui «le truppe entrarono a Montmartre»
nel corridoio della casa che ospitava il Comitato
di Vigilanza con una «pistola in mano>; si dice che abbia voluto «sparare
ai soldati», ma negò questo fatto perché ha consegnato solo un fucile alla
polizia durante le perquisizioni. Alcune, come una certa Quanteck Marie sposata
Goupy, amica di Cousin,
un artigliere comunardo, «vista con lui negli ultimi giorni dell'insurrezione
in divisa da artigliere» in particolare il 28
maggio «tornando (...) dalle Buttes Chaumont», vennero «inviate» dinanzi
alle corti
marziali; altre, come Puyo
Catherine, sposata Eygazier, «frequentatrice di club», o Lise
Seret sposata Bourrette, «hanno riferito di aver lavorato alla barricata in
rue Ménilmontant», vennero rilasciate per «insufficienza di prove» ...
Sotto la penna dei cronisti o dei romanzieri, più
spesso legati alla perdita della loro ragione e meno, o per niente, consapevoli,
il destino morale riservato ai Comunardi
può essere persino peggiore di quello che era stato loro inflitto dai continui consigli
di guerra. Dalla ricerca dei fatti, anche distorti dalla repressione,
passiamo alla rappresentazione spudorata. Scrittori e belle menti si scatenarono
contro la «memoria dei vinti», moltiplicando una letteratura esasperata e piena
di falsità.
Detto questo, è giusto ammettere, da un lato, che non
tutte le persone di piume hanno fatto parte di questo coro. Oltre alle opere
partigiane del Comune,
che dovrebbero anche essere gestite con cautela, ci sono opere, soprattutto degli
anni 50, di scrittori e storici che hanno intrapreso un'analisi vasta e sempre
più critica riguardante la Comune, che
però hanno avuto solo il merito di aprire la strada ai ricercatori di buona
volontà per una ricerca della reale verità.
Felicite Paul |
Prove di
sangue o statistiche?
Prima ancora di guardare le testimonianze sulla morte
delle donne durante la Settimana
sanguinante ed esaminare l'affidabilità di varie statistiche per trovare
prove più o meno dirette della partecipazione delle donne alla guerra di
strada, sembra necessario sottolineare che, i combattenti di questa battaglia
dei sette
giorni, disperati, essendo pochi in confronto al numero della Guardia
Nazionale, non è quindi sorprendente notare che anche le combattenti erano
una notevole minoranza rispetto al popolazione femminile di Parigi.
Mentre ci sono stime molto ragionevoli del numero di
combattenti di sesso maschile in questi giorni, lo stesso non lo è per le donne.
Quella di 10.000, calorosamente avanzata da Benoît
Malon e Louise
Michel, crediamo non possa essere attendibile in alcun caso. Questo numero
include probabilmente le donne che hanno aiutato e incoraggiato la difesa, in
particolare con la costruzione di barricate, ma non può essere quella delle
combattenti, piccoli gruppi più spesso mescolati con uomini o donne isolate che
hanno combattuto individualmente come alcuni Federati,
a seguito dei ritiri a causa dell'avanzamento dei combattimenti.
Dobbiamo quindi concentrare la nostra attenzione
sulle vittime. Sono state uccise molte donne? Ancora una volta, le fonti non
consentono una valutazione accurata. I resoconti dei testimoni oculari sono
rari. La maggior parte di loro erano ribelli che, fuggendo dalla repressione, notarono
la presenza di cadaveri femminili, con coccarde rosse annodate nei loro capelli,
in fosse comuni
La rabbia dei militari contro le Comunarde
giovani e vecchi che è stata osservata, potrebbe aver provocato uccisioni
collettive o individuali con fucilazioni di massa di donne e bambini o con le
sciabole. Citiamo cinquantadue donne che sarebbero cadute sotto i proiettili di
Versailles,
in boulevard Voltaire, i massacri del Luxembourg
e del «quartiere di Rivoli». «Pétroleuses» e «Comunarde» sono state
sommariamente giustiziate e testimoni (Lissagaray,
Vuillaume
e Victorine
Brocher ... per esempio) hanno ricordato alcune atrocità commesse da militari
versagliesi.
In assenza di statistiche ufficiali (sembra si sia
ignorato la distinzione tra i sessi in termini di morti) possiamo sempre fare
riferimento a Paul
Martine che stima la percentuale di donne uccise al 20%, ogni strada ha
avuto, secondo lui, i suoi cadaveri femminili. Tuttavia, è impossibile sapere
con precisione quante sono morte durante i combattimenti o subito dopo, durante
le esecuzioni sommarie o dopo il passaggio davanti al tribunale
militale I consigli
di guerra ovviamente sono rimasti in silenzio su questo capitolo delle fucilazioni;
non vi è inoltre alcuna indicazione del numero di combattenti donne. Soggetto
tabù. Le statistiche riguardanti più di 1.000 donne incarcerate in seguito agli
eventi (600 beneficiarono di non luoghi a procedere) non consentono di sapere
quante di loro fossero sulle barricate, poiché la giustizia
militare non voleva parlare di questo argomento che non era a vantaggio
dell'istituzione. Se i militari hanno praticato il blackout, è certamente
perché non erano molto preoccupati di far sapere che il loro “glorioso esercito”
aveva talvolta combattuto contro le donne e che aveva anche commesso stupri
durante le perquisizioni. Hanno preferito costruire una statistica delirante
nel tentativo di dare un'immagine «scientifica» negativa delle Comunarde,
tutte o quasi, secondo loro, «senza morale». Lì si ritrovarono all'unisono con
i sacerdoti che, nei loro scritti, li superavano ancora di rabbia. È comunque vero
che le donne dei club avevano
proposto di usare i corpi dei sacerdoti per fare barricate.
Petroleuse 1871 |
Mito o
realtà?
Se esiste un mito "positivo" della
barricata delle donne, la sua origine è quindi comunarda. Se è stato creato
nell'immaginazione degli attori e dei testimoni per diventare rapidamente una
certezza storica ripresa instancabilmente in seguito, è soprattutto perché
esistevano condizioni oggettive nel 1871. Le donne, organizzate in modo autonomo,
pianificarono di partecipare militarmente alla difesa di Parigi, rivendicando
un armamento efficace. All'inizio della Settimana
sanguinante se ne erano viste alcune muoversi armate e tutti erano stati in
grado di osservarle nei diversi quartieri di Parigi, aiutando nella costruzione
delle barricate o invitando i passanti a posare lì le loro pietre per
lastricati. Se questi stessi lavori non dimostrano una partecipazione ai
combattimenti, è certo che nel 1871 le donne poi si unirono efficacemente alla battaglia
di strada sparando fino alla morte. Questa partecipazione militare ha ricevuto
poca attenzione da parte dei grandi testimoni e ha appena suscitato l'analisi
degli storici, che hanno piuttosto rivolto, per quanto riguarda le donne, ad
altre priorità. Non osiamo pensare che questa scelta forse maschera
l'esclusione delle donne da un'area che è in linea di principio riservata agli
uomini: la lotta armata. Questo impegno bellico dei Comunardi
fu comunque un fatto originale ed esemplare sufficiente per alimentare un mito:
quello di una barricata difesa solo dalle donne contro intere divisioni di versagliesi,
composta naturalmente da uomini.
Alla fine, qui ci troviamo di fronte a una logica del
simbolo: la Comune
è spesso rappresentata da una donna che si ribella all'estremo scendendo in
piazza per condurre l'ultimo combattimento. Questa rivoluzione espropriata
dagli uomini, effettivamente eseguita anche da donne che non avevano altra
alternativa, può trovare nell'esistenza di una barricata femminile la sua ragione
(se le donne difendevano è perché fu davvero una rivoluzione di tutto il
popolo: «Siate gloriose spose della Repubblica!» esclamò Lissagaray
ne Le
Tribun du Peuple del 24 maggio 1871)
ma anche un simbolo difficile da sostenere per i conservatori. Come hanno
potuto rivendicare senza perdere tutta la dignità questa lotta contro le donne?
Allo stesso tempo, queste incarnano la molto vene la Comune. E
questo ci riporta agli sviluppi di Maurice Agulhon[9]
nel suo libro Marianne au combat (Marianne in lotta) sulle allegorie
viventi e sul «puro simbolismo delle battaglie senza fiato». Queste vere «combattenti
con il cappellino rosso», avvolti in sciarpe e ornati di coccarde dello stesso
colore, con bandiere scarlatte, impersonavano davvero questa rivoluzione
sociale che era schiacciata nel sangue.
«La scrittura più vera non può
ripristinare completamente la realtà, la scrittura più ingannevole non può
nasconderla del tutto».
[1] Sutter-Laumann (1852-1892) era un giornalista francese.
[2] Jean Braire (Saint-Nazaire 3
novembre - Milly 21 febbraio 2003); opereaio tornitore; sindacalista e
comunista.
[3]Paul e Victor Margueritte erano due
scrittori francesi (Paul: Laghouat, Algeria, 1860 - Hossegor, Landes, 1918; Victor: Blida, Algeria, 1866 - Monestier 1942). Paul esordì con una serie di
romanzi naturalistici (Tous quatre, 1885; Pascal Géfosse, 1887; Jours d'épreuve, 1889; La force des choses, 1891; ecc.). Nel 1896 s'associò il fratello minore e
scrissero insieme, fin verso il 1908, principalmente un ciclo di
romanzi, Une
époque, sulla
storia di Francia dal 1870-71, che rappresenta il meglio dell'attività di
entrambi. Victor (compagno di viaggio di comunisti e pacifisti) da solo ricercò
il successo con romanzi di argomento erotico, e l'ottenne con La garçonne (1922), La femme en chemin (1922-24) e altri consimili.
[4] Édith
Thomas (Montrouge, 23 gennaio 1909 – Parigi, 7 dicembre 1970) era un romanziere, archivista, storico e giornalista
francese. Pioniera bisessuale della storia delle donne, si dice abbia ispirato
un personaggio del romanzo erotico Story of O.
[5] Louis Fiaux era medico e politico
francese (1847-1936).
[6] Tristan
Rémy (Blérancourt, 24 gennaio 1897 – Mériel, 23 novembre 1977) era uno scrittore e storico del circo francese.
[7] Catulle
Mendès (Bordeaux, 22 marzo 1841 – Saint-Germain-en-Laye, 7 febbraio 1909) è
stato un poeta, scrittore e librettista francese.
[8] La
chiesa di Santa Maria Maddalena (detta anche La Madeleine), è un luogo di culto
cattolico di Parigi situato nell'area degli Champs-Élysées,
[9] Maurice Agulhon (Uzès, 20 dicembre 1926 – Brignoles, 28 maggio 2014)
è stato uno storico francese.