LE CRI DU PEUPLE (IL GRIDO DEL POPOLO)
Giornale Politico Quotidiano
Redattore capo: Jules
Vallès.
Amministrazione e redazione:,
rue de Rennes 61.
Ufficio di vendita: rue
d’Aboukir 9 e rue du Croissant 13.
Direttore e stampatore: A.
Chevallier, rue d’Aboukir 9.
Foglio singolo, misura media,
dal n° 1 al n° 5, grande formato dal n° 6 alla fine, 5 colonne per pagina.
Prezzo: 5 cent.
83 numeri da mercoledì 22
febbraio a martedì 23
maggio 1871.
"Giornale Politico
Quotidiano"; giornale aperto a tutte le tendenze del socialismo (compreso l'anarchismo), un giornale popolare, come suggeriva il nome.
Trattava di politica e di sociale, parlava di popolo al popolo. Il suo prezzo
era di cinque centesimi (un soldo), e veniva stampato a Parigi, al numero 9 di
rue d'Aboukir. Venivano stampate 50.000, 80.000 o anche 100.000 durante la Comune e
diventò il giornale più letto e famoso della capitale degli insorti. La dura
repressione che seguì la caduta della Comune è
probabilmente la causa della sua scomparsa degli archivi. Di conseguenza, le
uniche fonti, oltre che le copie del giornale stesso, si trovano nei registri
raccolti dalla polizia e dalla giustizia militare. Quattro altri giornali, per
non parlare del Journal
Officiel (Giornale Ufficiale),
hanno avuto tanto pubblico: La Commune,
Le Mot d’ordre (La Parola d’ordine), Le
Père Duchêne (Il Padre Duchêne),
Le Vengeur
(Il Vendicatore), ma non come Le Cri du Peuple, perché edito da una
redazione semplice e non autoritaria, che dava la giusta forza alla riflessione
sulla realtà e aveva la convinzione che la sincerità rende spontaneamente
appassionati, ed informava sugli eventi cittadini senza cadere in volgarità o
sentimentalismi.
Jules
Vallès, suo creatore e redattore capo, né teorico né l'ideologo della
rivoluzione, ha scritto la maggior parte degli editoriali che avvincevano il
lettore per il loro ardente entusiasmo
rivoluzionario. Nel primo numero del giornale, Vallès
predisse l'arrivo del socialismo: "Il
Sociale sta arrivando, hai sentito? Arriva a passi da gigante, portando non la
morte, ma la salvezza. Attraversa le rovine e grida: maledetti i traditori! maledetti i vincitori!"
Vallès
si circondò di giornalisti di talento il cui passato di oppositori di Napoleone
III
era la più sicura garanzia delle loro convinzioni repubblicane. Tra i suoi
collaboratori, spesso occupati in attività politiche e militari, ricordiamo: Henri
Bellenger, Henry
Bauër, Eugène
Vermersch (che in seguito lasciò il giornale per occuparsi di Le Père Duchéne), Casimir
Bouis, Jean-Baptiste
Clément, Albert
Breuillé, Henri
Place (detto Henri Verlet), Louis
Lucipia, Albert
Goullé. Durante la Comune, la
Redazione è aumentata di numero; entrarono a far parte: Pierre
Denis, Charles
Rochat, Gustave
Courbet, André Léo,
Maréchal.
Un’équipe giovane, varia e vivace che rappresentava le diverse tendenze del
movimento socialista, dai proudhoniani[1]
ai blanquisti[2],
dagli internazionalisti
ai giacobini[3].
Nonostante tali diverse opinioni, Vallès
riuscì a dare un tono unico e inimitabile al suo giornale che incarnava le
aspirazioni dei giovani che soffrivano la fame di libertà. Moderava gli eccessi
del linguaggio senza compromettere la libertà di espressione. Si riservava il
diritto di modificare la sua posizione e incolpare i rappresentanti del popolo,
quando lo meritavano purché non si discostassero dagli obiettivi della
rivoluzione.
L'esistenza del giornale fu
breve e turbolenta. Il numero
1 uscì il 22 febbraio, ma il giornale venne soppresso dal generale Vinoy
l’11 marzo al numero
18. Il 19
marzo, Vallès
si organizzò per lanciare un nuovo giornale, Le
Drapeau (La Bandiera), che doveva essere redatto per aggirare il
divieto di Vinoy;
ma l'insurrezione parigina iniziata quello stesso giorno, che portò in seguito
alla proclamazione della Comune, ha
reso questa provvedimento inutile, infatti il 21
marzo riappari Le Cri du Peuple,
con il suo numero
19, uscendo regolarmente per tutto il periodo della Comune,
fino al numero
83 del Martedì
23 maggio 1871.
Il 18
marzo, nel momento in cui Parigi veniva abbandonata dal governo, Le Cri du Peuple iniziò il
secondo periodo della sua vita, riapparendo il 20
marzo, con la sorpresa e lo stupore dei suoi giornalisti che non si
aspettavano certo gli eventi di Montmartre. Vallès
fu disorientato dagli eventi e incerto sulla linea da seguire. Tuttavia, la sua
prosa vivace e romantica produsse subito le descrizioni più memorabili della
rivoluzione durante la sua breve esistenza.
Manifesto della dichiarazione al popolo francese del 19 aprile 187 |
Il Grido del popolo, durante
questo periodo, fu dominato dalla personalità di Pierre
Denis, l'ideologo, il teorico che mancava al giornale. Convinto
proudhoniano[1], Pierre
Denis, nel pensiero e attraverso i cinquanta articoli scritti dal 20
marzo al 22
maggio, dimostrò grande rigore intellettuale. Appassionato delle teorie
comunarde e federaliste, orientò il suo amico Vallès
e il giornale all'idea della completa autonomia dei comuni e, quindi, di
Parigi.
Denis
fu l’autore del manifesto «Déclaration
au peuple français (Dichiarazione al popolo francese)» del 19
aprile 1871, il manifesto ufficiale del governo rivoluzionario; alla sua
influenza si deve l'orientamento federalista e
anti-autoritaria del giornale.
Sia Denis
che Vallès
diffusero l'idea di un movimento libertario, accogliente, repubblicano e
parigino - la Comune
doveva fare "Parigi città libera".
Un tale movimento avrebbe attirato i repubblicani senza limiti di classe,
perché "la classe media lavoratrice"
era, secondo Vallès
"la sorella del proletariato".
Quella interpretazione rassicurante, che sottolineava la libertà repubblicana e
diceva poco circa le rivendicazioni economiche, può aver contribuito a far
partecipare la piccola borghesia repubblicana all’insurrezione.
Il numero
19 chiarì nettamente le cose: la Rivoluzione si deve limitare a Parigi, che
doveva lasciare il resto della Francia di agire a suo piacimento e che Parigi
doveva quindi dichiararsi città libera. Sulla stesso numero si suggeriva di
prendere immediatamente diversi provvedimenti: costituire un governo
provvisorio formato da un consiglio comunale, da un gruppo di parlamentari
parigini e dal Comitato
Centrale; eleggere cinque consiglieri comunali per quartiere; abolire la
Questura; eleggere lo Stato Maggiore della Guardia
Nazionale; eleggere un sindacato che preparerà un progetto di legge sulle
scadenze; inviare cinque delegati a Versailles
per iniziare le trattative, e per lo stesso motivo inviarne altri cinque dai
prussiani per assicurare che Parigi avrebbe rispettato i trattati.
Jules
Vallès, distinguendo la borghesia parassitaria della classe media
"lavoratrice", chiamò quest’ultima a collaborare con la Comune; Pierre
Denis scrisse: "Dove non ci sono
garanzie, non ci può essere riconciliazione, perché non c'è sicurezza".
Un grande sforzo fu fatto per
esortare i parigini a partecipare alle elezioni,
il 26 marzo, in maniera massiccia, come allo stesso
modo aveva esortato la popolazione della capitale a votare alle elezioni
per l'Assemblea nazionale, sostenendo i candidati della sinistra. Nel numero
26 venne pubblicato l'elenco dei candidati e il manifesto del Comitato
centrale repubblicano dei venti arrondissements, manifesto che conteneva le
idee essenziali del comunitarismo.
La calma in cui le elezioni
ebbero luogo e il loro successo ispirarono Vallès
che, molto commosso, scrisse un breve articolo nel numero
27: "Che giornata! il sole caldo
e luminoso che indora le bocche dei cannoni, l’odore dei mazzi di fiori, lo
sventolio delle bandiere! Il mormorio di questa rivoluzione, che passa
tranquillo e bello come un fiume azzurro".
Nelle
elezioni di marzo Jules
Vallès venne eletto nel XV arrondissement, e Jean-Baptiste
Clément a Montmartre.
A
causa della sua elezione, Vallès
collaborò poco alla stesura del giornale, smise di scrivere, infatti,
dopo 19
aprile perché il suo compito di membro eletto della Comune lo
tenne lontano per un po'.
Nel numero
29: in un articolo, firmato Le Cri du
Peuple, la proclamazione della Comune
venne descritta in termini piuttosto pomposi: "Oggi è la festa nunziale dell'idea e la Rivoluzione", e
concludeva con "Dopo la poesia del
trionfo, la prosa del lavoro".
Élisée Reclus me tre legge Le Cri du Peuplenel giardino della sua casa di Bruxelles |
Il giornale
adottò sin dai primi giorni della Comune, un
atteggiamento equilibrato, chiedendo che i generali reazionari, rimasti a
Parigi, non venissero puniti, ma giudicati. Il tono cambiò durante la guerra civile,
dal 2
aprile. I redattori del Cri du Peuple erano divisi
tra i sostenitori di una marcia su Versailles
e il rifiuto di ogni riconciliazione. L'apertura delle ostilità suscitò
ovviamente rabbia. In "Essere o non
essere", pubblicato nel numero
32, Bouis
esclamava: "Vogliamo vivere fino
alla fine ... Noi siamo stati gli eterni diseredati. Noi siamo il popolo degli
sfruttati, che per seimila anni, dissanguati per tutto il nostro cammino,
rantolare su tutto il calvario, e dobbiamo prenderci la nostra rivincita, la
rivincita della giustizia".
Nel numero
33 Valles
ha scritto un bel appello alla borghesia: con un articolo dal titolo "Decidete", in cui ha predetto i
terribili massacri che accompagnarono la vittoria della reazione.
A partire dal numero
34, spazio alle "Ultime Notizie",
alle notizie dei combattimenti ("La
Battaglia"), agli atti ufficiali, agli avvisi e alle relazioni, che
crescono notevolmente a discapito degli articoli di fondo, ad eccezione del numero
38 dove Denis
pubblicò un progetto di trattato tra il Governo di Versailles
e "Parigi, città libera", che delimitava l'autonomia della Città, e
dove Vallès
parlava dei funerali delle guardie nazionali uccise in combattimento: "Le baionette, questa stasera, hanno avuto
barlumi malinconici e tristi sotto il cielo grigio, e c'erano lampi di tristezza
terribile, negli occhi senza lacrime!"
Dopo il 13
aprile, e il rifiuto di Thiers
a qualsiasi negoziato, all'unanimità l'intera redazione si dichiarò a favore
della guerra ad oltranza. Centrarono i loro articoli con le notizie sulla guerra, sulle
storie degli scontri, i giornalisti esaltarono il coraggio dei federati.
Il numero
48 spiegava perché, ormai, gli articoli stessi saranno rari: "I redattori del Cri du Peuple sono ciascuno
nel loro posto; uno all’Hôtel
de Ville, come membro della Comune; un
altro in un municipio, come presidente della sezione; un altro ancora al
comando di un battaglione in prima linea. Tutti i redattori si danno da fare
per salvare la Repubblica e per liberare per sempre Parigi. Che i lettori de Le
Cri du Peuple non si stupiscano nel non vedere la firma alla fine degli
articoli, che noi non abbiamo né il tempo né il coraggio di scrivere, tra
l'odore della polvere da sparo e la tempesta scatenata dai cannoni. Non occorre
pesare le gocce d'inchiostro, quando scorrono fiumi di sangue, e non con una
penna, ma con una baionetta, che deve essere scritta questa meravigliosa storia
di Parigi, sollevata e vittoriosa ...".
Prima pagina del primo numero alla sua ricomparsa nel 1883 (Domenica 28 ottobre) |
I grandi articoli che
apparivano ancora erano per lo più scritti da Pierre
Denis, e definivano il programma comunale: "La nostra rivoluzione" (numero
50), "Centralizzatori"
(numero
54); gli altri analizzavano l’attualità: "La Provincia" (numero
55), "Thiers
e la Rivoluzione" (numero
57). Gli articoli di J.
B. Clément: "Il pugno di faziosi"
(numero
59) e "I croccanti di Bagnolet"
(numero
63) erano contro i contadini nei pressi di Parigi, che erano troppo presi
dai loro soldi e dalla loro terra per capire che Parigi moriva per la loro
libertà.
Nel mese di maggio, Le Cri du Peuple rispecchiava le
opinioni della minoranza e la sua ostilità al Comitato
di Salute pubblica. Tuttavia, in "Silenzio
in politica" (numero
75), Pierre
Denis chiedeva che nel momento in cui entrava in azione "tutto deve tacere davanti l'organizzazione,
il lavoro e il combattimento".
Nel numero
78 apparve un articolo firmato Le Cri du Peuple sulla demolizione
della colonna Vendôme: "È
caduta, questa colonna fatta di cannoni acquistate da tanti cadaveri; ...
monumento della dittatura della sciabola, del dispotismo militare ... Giustizia
è fatta!" Gli ultimi numeri richiamavano all'unità: "Non c’è oggi, e non può più esserci un
popolo pronto a conquistare o pronto a morire ... Le discussioni? I dubbi? - In
nome della salvezza pubblica, cerchiamo di essere uniti fino alla vittoria
...". Questo appello corrispondeva alla parte più generale del programma
che si era fissato il giornale: "Le
Cri du Peuple persegue con un obiettivo: il trionfo della Rivoluzione"
(numero
60).
Dopo la Settimana
sanguinante, Le Cri du Peuple
cessò le sue pubblicazioni.
Annuncio della pubblicazione di Germinal nel 1885 |
I suoi giornalisti, come tutti gli altri giornalisti che
collaborarono con i giornali favorevoli alla Comune,
furono severamente puniti dal governo di Versailles
vincitore: Jules
Vallès (che era riuscito a fuggire nascondendosi a Londra, una città che
odiava) fu condannato a morte in contumacia Henri
Place, condannato alla deportazione in una fortezza; Casimir
Bouis condannato alla deportazione in una fortezza; Jean-Baptiste
Clément condannato a morte in contumacia; Eugene
Vermersch condannato a morte in contumacia; Pierre
Denis condannato in contumacia alla deportazione in una fortezza ... Molti
di loro avevano svolto anche mansioni in campo militare o nell’ amministrazione
civile della Comune,
ma in ogni caso la loro collaborazione con la stampa comunarda fu un fattore
aggravante per la condanna. Jules
Vallès nel 1880, grazie all’amnistia, ritornò a Parigi, con l'aiuto
finanziario di Adrien Guebhard[4]
e con la collaborazione intellettuale di Séverine[5],
la compagna di quest'ultimo, Vallès
rilanciò il giornale il 28 ottobre 1883. Questa seconda versione continuò ad
essere pubblicata anche dopo la morte del suo fondatore, diretta, durante i
primi anni, da Séverine[5].
Le Cri du Peuple, sia per le sue modifiche
che per gli errori di numerazione, è uno dei giornali più difficili da dare dal
punto di vista bibliografico. Per chiarezza, lo seguiremo giorno per giorno.
N°
6, lunedi 27 febbraio. - Uscito in grande formato. La reditoriale e
l’amministrazione passano in rue d'Aboukir 9.
N°
8, martedì 1 febbraio, edizione del mattino. È un errore Dovrebbe essere: mercoledì
1 marzo. Edizione del mattino. Questo numero conteneva una dichiarazione dei
Comitati della Corderie che esortava il popolo a rimanere calmo all'ingresso
dei Prussiani a Parigi. Questa dichiarazione è stata stampata nella forma del
giornale, con lo stesso titolo, con il numero
8, ma senza data, da Towne e Vossen, rue di Aboukir 9, ed affisso nei
faubourgs e sui boulevards.
N°
9, mercoledì 1 marzo, nuova edizione. È stato stampato con un bordo nero in
segno di lutto per l’ingresso dei Prussiani a Parigi.
Il 2 e 3 marzo il giornale non
è uscito a seguito dell'ingresso dei prussiani a Parigi. Venne ripubblicato il
4 marzo con il numero
10.
N°
18, domenica 12 marzo. - Questo è l'ultimo numero della prima serie.
Soppresso con decreto del generale Vinoy.
Il 19
marzo, Jules
Vallès ha pubblicato il suo giornale sotto il titolo di Le
Drapeau (La Bandiera): ma la
rivoluzione del 18 marzo gli consentì di riprendere il suo precedente
titolo.
N°
19, martedì
21 marzo. Ripubblicazione. - H. Rolle, Direttore e stampatore, rue Aboukir
9. - Henri
Bellenger, segretario della redazione.
N° 21. - Questa è la seconda
edizione del n°
20, mercoledì 22
marzo. Porta del resto la stessa data..
N°
24, sabato 25
marzo. Jules
Vallès, Stampatore-Direttore, rue
Aboukir 9.
N° 7, sabato 13
maggio. È il numero
73, di cui quasi tutte le copie sono stampate con questo errore. Il vero
numero 7 è di martedì 28 febbraio.
Infine, N°
74, domenica 14
maggio. Responsabile: J.
Vallès. – Stampato da Dubuisson e C. - Redazione, ufficio vendita e amministrazione,
rue d'Argout 8.
Le copie di Le Cri du Peuple
Interruzione della pubblicazione del Cri du Peuple per decisione del
generale Vinoy
|
Mettiamo a disposizione anche il Le Cry du Peupe del
18 marzo 1914 dove c’è un’ampia revocazione del 18
marzo 1871.
[1] Per proudhoniani s’intendono
definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph
Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo, da molti
studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx
definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una
società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro
i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi
basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il
controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non
del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli
insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.
[2] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e
attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta,
del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo
secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali
e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria
combattiva. Deve il suo nome allo
scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis
Auguste Blanqui.
[3] Con
il termine giacobinismo si intende un movimento e un'ideologia politica
risalenti all'esperienza del Club dei Giacobini durante la Rivoluzione francese (il
club des Jacobins fu un'associazione politica fondata a Parigi nel
novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo
-Saint-Jacobus- in rue Saint-Honoré). Il giacobinismo si diffuse in buona parte
dell'Europa durante l'epoca rivoluzionaria ed ebbe un'influenza politica
notevole nella storia francese per tutto il XIX secolo, in particolare negli eventi della
Rivoluzione di luglio, della Rivoluzione
francese del 1848 e, soprattutto, nell'esperienza della Comune di
Parigi del 1871. Il giacobinismo è sopravvissuto a lungo alla sua fine
storica, che viene canonicamente fissata al 1800. Quello che Vovelle ha
definito giacobinismo trans-storico ha infatti alimentato le vicende
politiche della Francia e, in parte, anche del resto d'Europa. Durante la Rivoluzione
di luglio, nel 1830, si assisté a una nuova fase del giacobinismo, dove
tuttavia andarono a mescolarsi istanze repubblicane, socialiste e cattoliche,
unite solo dall'opposizione a una nuova esperienza monarchica[. Il “neogiacobinismo” del XIX secolo, sempre più
legato al socialismo repubblicano, si consolidò con la rivoluzione
del 1848 e con la Seconda
Repubblica, ma finì per essere spazzato via dall'ascesa di Napoleone
III. Con la brevissima
e drammatica esperienza della Comune di
Parigi (1871), il giacobinismo tornò al governo della capitale francese, in
una replica delle forme dell'anno II, a partire dalla ricostituzione del Comitato
di salute pubblica e dalla rinnovata applicazione del vecchio Calendario
repubblicano. La diffusione del comunismo su scala europea, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, alimentò
le ipotesi di una sua discendenza dal giacobinismo. Karl Marx
e Friedrich Engels, nel 1848,
lo scrissero esplicitamente: “Il giacobino del 1793 è diventato il comunista
dei giorni nostri”.
[4] Adrien
Guebhard (1849-1924), professore di medicina, figlio di una ricca famiglia
svizzera, e sposo (nel 1885) della scrittrice e giornalista francese, di idee
libertarie e femministe, Caroline Rémy de Guebhard, conosciuta anche con lo
pseudonimo di Séverine[5].
[5] Caroline
Rémy de
Guebhard (Parigi,
27 aprile
1855 -
Pierrefonds, Francia, 24 aprile 1929) è stata una
giornalista francese
simpatizzante dell'anarchismo, militante della
Lega dei
Diritti dell'Uomo
e femminista
conosciuta anche
con il
nome di
Séverine. Caroline si sposa a 17 anni con il suo primo marito, Antoine-Henri Montrobert, un impiegato del settore del gas. Dopo aver dato alla luce un figlio, divorzia dal marito e diviene la compagna di Adrien Guebhard[4], professore di medicina e figlio di una ricca famiglia svizzera, con cui si sposa nel 1885, ovvero non appena il divorzio viene autorizzato legalmente in Francia. Da questo rapporto nasce un altro figlio, Roland. Nel 1879 conosce a Bruxelles il comunardo e internazionalista Jules Vallès e ne diviene la segretaria. Questo incontro cambierà per sempre la sua vita. Grazie al sostegno finanziario del dottor Guebhard[4] rilancia la pubblicazione de Le Cri du peuple, giornale aperto a tutte le tendenze del socialismo (compreso l'anarchismo), di cui prende la direzione dopo la morte del suo fondatore, ma che poi abbandonerà nel 1888 dopo un conflitto con il marxista Jules Guesde. Innamoratasi nel 1885 di Georges de Labruyère, giornalista de L'Echo de Paris, convivrà con lui sino al 1920, anno di morte del giornalista. Nel 1897, dietro lo pseudonimo di Arthur Vingtras, pubblica alcune cronache libertarie in «La Fronde», il quotidiano femminile di Marguerite Durand, una giornalista femminista a cui era molto legata. Séverine prosegue a scrivere per altri giornali, nei quali esalta l'emancipazione femminile e denuncerà ogni sorta di ingiustizia sociale: dal cosiddetto «Affaire Dreyfus» alla difesa degli imputati della Banda Bonnot e di tutti i libertari che nel tempo furono accusati di ogni sorta di reato: Clément Duval, Germaine Berton, Auguste Vaillant, Francisco Ascaso, Buenaventura Durruti e Gregorio Jover. Nel luglio 1927 partecipa alle
manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti e denuncia la montatura
giudiziaria ordita ai loro danni.