AUGUSTE
VERMOREL
Auguste-Jean-Marie Vermorel è
nato a Denicé[1] il 22
giugno 1841, ed è stato un politico, giornalista e scrittore francese. Fu un
elemento di spicco della Comune di
Parigi, un eroe tra gli eroi; ferito e fatto prigioniero, è morto dopo una
lunga agonia, e i suoi carcerieri
versagliesi lo lasciatono senza cura. Un fatto che colpisce è la giovinezza
di Auguste Vermorel, che passò come una meteora nel firmamento politico
francese, ma lasciando un considerevole lavoro giornalistico.
L’infanzia e l’adolescenza
I suoi genitori lo inscrissero
in una scuola cattolica. A 13 anni, Auguste entrò nel collegio Mongré a
Villefranche direttamente alla 4ª classe senza frequentare prima altre scuole,
sicuramente il padre gli aveva dato delle lezioni.
Il giovane Auguste Vermorel
volle liberarsi rapidamente dalla tutela del clero del suo collegio che per lui
era insopportabile. Lasciò il college Mongré poco prima di terminare gli studi.
Della sua permanenza in Mongré, ha scritto: "(...) Mi hanno sempre
tenuto in isolamento o sul piede guerra". Ha continuato i suoi studi
con il padre ed è si è diplomato a 15 anni e mezzo.
A Parigi
Convinse la sua famiglia a
fargli seguire quello che lui chiamava «la sua vocazione letteraria». A 18
anni, si trasferì a Parigi, dove iniziò a studiare legge.
Iniziò la carriera di
scrittore come romanziere. Scrisse storie, novelle e collaborò con dei giornali
che durano solo poche settimane.
Nel 1859, iniziò a far parlare
di sé con la pubblicazione di un piccolo romanzo tendenza moraleggiante: "Ces
Dames". Vi disegnò metà della galanteria parigina e delle cortigiane.
Pubblicò un secondo romanzo: "Despérenza", la cui
protagonista è una cortigiana; il libro non ebbe successo. Si rese conto che
non era la strada giusta ed abbandonò rapidamente il suo progetto letterario
per prendere la via del giornalismo politico.
Giornalista e scrittore socialista
Nel 1861, a venti anni, prese
la laurea in legge, ed iniziò a fare il giornalista. Fondò La Jeune France,
di cui fu redattore capo. Si trattava di un piccolo giornale rivoluzionario.
Sei settimane dopo la prima pubblicazione, La Jeune France fu vietata
dal Ministero dell'Interno. Ciò gli valse un mese di prigione ed una multa.
Questo fu l'inizio di una valanga di sanzioni da parte dell'impero:
multe e pene detentive gli furono fatte a pioggia.
Creare un giornale sotto il Secondo
Impero costituiva un vero ostacolo. Era molto difficile far pubblicare
certi giornali di tendenza operaia. Eppure il loro formato era poco più grande
del doppio di una pagina di quaderno! Era necessario raccogliere i soldi per
pagare la stampa. E con i soldi raccolti, non si era ancora sicuri di trovare
una stamperia, perché spesso i tipografi si rifiutavano di lavorare per i
giornali degli operai, per paura dei tribunali e della polizia. Non è tutto:
per evitare la tassa di bollo e il deposito di una certa somma, bisognava
impegnarsi a non parlare di politica. Per tutti questi impedimenti, per così
dire era: missione impossibile!
Sempre nel 1861 Vermorel creò
un nuovo giornale: "La Jeunesse", un foglio di critica
letteraria, di cui fu vietata la pubblicazione dal sesto numero con una nuova
condanna a due mesi nella prigione
di Sainte Pélagie e ad una nuova multa per "incitamento all'odio e
al disprezzo del governo". Questo dimostra che, nella copertura di
critico letterario Vermorel faceva passare le sue valutazioni sulla situazione
e sul regime imperiale.
Divenne successivamente
collaboratore nelle due giornali: "La Semaine Universelle" e
il "Courrier du Dimanche".
La morte del padre
Il 25 maggio 1863, suo padre,
all'età di 65 anni, morì in un incidente. Auguste tornò in fretta a Denicé[1] e
rimase lì per qualche tempo.
Per continuare ad esercitare
il suo mestiere di giornalista, si stabilì a Lione[2]
dove venne assunto, per un certo tempo, al Progrès de Lyon, all'epoca
giornale d’avanguardia e di opposizione. Ma ben presto uno dei suoi articoli
fece sì che il Progrès ebbe dei guai con la polizia e una sospensione
temporanea. Questa sospensione non fu la prima per il Progrès. Tuttavia,
Vermorel venne licenziato.
Ebbe il tempo di stringere
contatti con i lavoratori e l'ambiente cooperativo Lione, ma
anche con il dottor Gailleton, repubblicano che è diventato sindaco di Lione, e
Lucien Jantet, fondatore della "Lione Républicain".
Tornò a Parigi e riprese il
suo posto nell’ambiente repubblicano parigino.
L’ambiente repubblicano del periodo
In quel periodo a Parigi si
trovavano numerose tendenze ideologiche. C’erano i giacobini nostalgici della
Rivoluzione del 1789, i blanquisti[3],
i proudhoniani[4] e i bakuniani
e, dopo il 1864, i membri dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (A.I.T.) ancora poco numerosi.
Globalmente tutti questi
ideali possiamo definirli con il nome di "Socialisti". Il significato
della parola è completamente diverso da quello di oggi. I socialisti erano
tutti in lotta per una Repubblica democratica e sociale: erano i rivoluzionari
di quel momento.
L'influenza di un pensatore
dominava quel periodo: Proudhon.
Proudhon
era il vero maestro di pensiero dei lavoratori del Secondo
Impero e di molti intellettuali.
Vermorel era proudhoniano[4],
ma era anche interessato al progresso della nascente Associazione Internazionale dei Lavoratori, fondata a Londra nel 1864, in cui si
affrontavano da un lato Proudhon
e Bakunin
e dall’altro i sostenitori di Marx,
ancora molto pochi in Francia.
Giornalista politico
e ideologo
Vermorel
collaborò a "La Réforme" (con Delescluze
e Jean-Baptiste
Clément) giornale fondato da Ledru-Rollin[5]
nel 1843. Nel frattempo pubblicò dei lavori politici, come ad esempio “Mirabeau,
sa vie, ses opinions et ses discours (Mirabeau, la sua vita, le sue
opinioni e il suo discorso)"; collaborò anche ad alcune riviste.
Con i soldi guadagnati pagò i debiti accumulati. Almeno in parte. Durante la
sua breve carriera di giornalista, accumulò debiti che lo costrinsero a vivere
molto male e cercare l'aiuto di sua madre.
Alla fine,
troverà finalmente il suo giornale. Con 15.000 franchi, ricevuti in prestito da
amici, comprò "Le Courrier français", che riceverà i consensi
di un vasto pubblico e diventerà il braccio francese dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (A.I.T.). Allo stesso tempo, diffuse le sue
idee di anarchico proudhoniano[4]. Il giornale
diventò quotidiano e Vermorel richiamò l'idea fondamentale della sua politica
nel numero del 18 giugno, 1867. Scrisse:
"Abbiamo
sollevato la bandiera socialista affermando i grandi principi di cui Proudhon
è stato l'ultimo confessore. Questo socialismo non chiede nulla allo Stato.
Vive di libertà, mutualità. Più avanti, aggiunse: "Proudhon
sarà per i posteri la più grande gloria del diciannovesimo secolo".
Questo
giornale professava la base delle idee anarchiche: il collettivismo
antiautoritario e autogestito. Lissagaray
(membro della Comune e
storico della stessa) sottolineava che "Le Courrier français"
"è stato l'unico giornale del tempo; i lavoratori, i repubblicani
d'avanguardia lo leggevano ". E Paul Lafargue proclamò che "era
l'unico giornale in cui un socialista che si rispetti poteva scrivere".
Ma il
giornale venne attaccato da tutte le parti: il governo lo caricò di condanne e
multe per oltre 15.000 franchi. Per aiutarlo la madre dovette ipotecare le sue
proprietà. I giornali bonapartisti e i giornali di sinistra insinuarono che Le
Courrier français fosse sovvenzionato dal Ministero degli Interni.
Risultato:
"Le Courrier français" scomparve nel 1868.
Ma la guerra
implacabile di Vermorel contro l'Impero gli è valsa anche molta notorietà. Si è
guadagnato la reputazione di essere una grande penna ed è un temibile
polemista.
Tra il 1868 e
il 1870, ha partecipato a numerosi incontri politici pubblici che si andavano
sempre più moltiplicando. Dopo la disastrosa sconfitta
della guerra del 1870 e durante l'assedio
di Parigi da parte dei prussiani nel 1870/71, Vermorel era una semplice
guardia nazionale con un aspetto piuttosto poco militare.
I "benefici"
del soggiorno in prigione!
Durante i
suoi soggiorni nel carcere
Sainte Pélagie, solo pochi amici vennero a fargli visita, così come il suo
editore e sua madre. Queste pene detentive furono aggravate dalle pesanti multe
imposte dal potere imperiale che ebbero gravi conseguenze sulle sue entrate e
sul suo stile di vita che diventò molto precario, molto povero, quasi
miserabile.
Durante la
sua ultima incarcerazione nel 1870, fu rilasciato il 4
settembre 1870 dalla proclamazione della Repubblica dopo la caduta
dell'Impero. Immediatamente, ripubblicò "Le Courrier français".
Approfittò
dei suoi soggiorni in carcere per leggere gli anarchici e i teorici del
socialismo: Proudhon,
Fourier[6]
ed i sainsimoniani[7]. Ha scritto e pubblicato
successivamente tre libri ""Les Hommes de 1848" (432
pagine), "Les Hommes de 1851" (424 pagine) e "Le
parti socialiste" (300 pagine).
Questi tre libri segnarono la gioventù
del suo tempo, così come le edizioni che degli scritti e discorsi di Danton[8],
Marat[9] e
Robespierre[10].
Nei primi due libri ("Gli
uomini del 1848" e " Gli uomini del 1851"), sviluppò
la tesi secondo cui si doveva porre fine al tradimento dei politici che
sostenevano di rappresentare l'opposizione al Secondo
Impero. Ma molti di questi uomini erano ancora vivi e avevano
acquisito una solida reputazione.
"Dobbiamo strappare la
maschera a questi uomini. È necessario far conoscere il loro passato",
scrive in un opuscolo del 1868. "L'oggetto del socialismo",
scrive lo stesso anno "è sopprimere il governo, abolire il
principio arbitrario dell'autorità e sostituire alla gerarchia dei poteri
politici l'organizzazione delle forze industriali”. Per Vermorel "meglio
per il popolo, o per la minoranza delle persone che sono consapevoli della loro
idea, astenersi dal votare contro i suoi principi e contro la sua coscienza
". Aggiunse in "Le Petit Socialiste": "Ciò che si
chiama libertà, nel linguaggio politico, è il diritto di fare leggi, cioè di
incatenare la libertà".
L’odio e la calunnia
I suoi tre libri attirano a Vermorel
l'odio e la calunnia dei vecchi repubblicani della
rivoluzione del 1848, l'odio dei partiti e le condanne del governo. Venne
accusato di seminare la divisione nel campo repubblicano e il problema tra gli
oppositori dell'Impero
"Tutti i sistemi politici",
scrisse, "sono stati finora poco preoccupati a spostare la sede del
governo arbitrario. Il popolo sa sempre in che salsa sarà mangiato e per lui è
una mediocre consolazione avere la facoltà di scegliere, per se stesso, la
cucina o il cuoco".
Tra il gruppo
socialista repubblicano e il gruppo liberale borghese repubblicano,
l'antagonismo che aveva portato i giorni del giugno
del 1848 stava diventando sempre più profondo. Nei giorni di giugno
1848, in seguito alla chiusura dei laboratori nazionali, i repubblicani
borghesi massacrarono i lavoratori ribelli. Il generale Cavaignac e i suoi
"macellai blu" si impegnarono nel più grande massacro del
diciannovesimo secolo dopo la Settimana
sanguinante della Comune (4000 morti).
La rottura
tra repubblicani socialisti e repubblicani borghesi è quindi consumata.
Vermorel aprì il fuoco ne "Le Courrier français", con articoli
la cui audacia suscitò il sospetto di «connivenza con la polizia». Come il suo
libro in 3 volumi sulla polizia, pubblicato nel 1867.
Henri
Rochefort replicò impegnandosi in un attacco brutale. Alla fine dell'Impero,
era deputato e in piena seduta della legislatura accusò Vermorel di essere
legato alla polizia e all'imperatore: "(...) una spia, un agente
provocatore al servizio di Rouher, il Presidente del Consiglio". Félix
Pyat riprenderà queste accuse prima e durante la Comune.
Il giorno
dopo Vermorel scrisse a Rochefort:
"Signore,
Mi riservo di
rispondere, come merita, all'abominevole accusa che ha fatto contro di me ieri
nel Corpo legislativo, e di ottenere giustizia per questo.
E ti chiedo di
produrre immediatamente davanti a una giuria di cittadini onorevoli e
democratici le prove che sono tuo dovere fornire. Non ci devono essere dubbi,
nessun sospetto, sulla mia onestà.
Ti do tutta la mia
vita pubblica e privata.
Vi avverto che,
qualunque sia la tua risposta e la tua condotta, sarà fatta luce - e completa”.
A. Vermorel".
Riguardo alle calunnie ripetute da Félix
Pyat, Vermorel scrisse questo:
"Cittadino
Félix
Pyat,
Quando abbiamo
abbandonato il posto di combattimento e dell’onore, non abbiamo il diritto di
gettare l'indignazione su coloro che fanno il loro dovere.
I tuoi attacchi non
possono raggiungermi. Chiunque affronta le pallottole a petto aperto non torna
indietro per evitare gli schizzi di fango.
Ti risponderò,
comunque; ma non sarà per difendermi, sarà per fare giustizia.
C'è, dici, una
questione di moralità politica da chiarire tra di noi.
Accetto il
dibattito, ma non posso occuparmi di accuse obsolete che possono essere state
odiose quando si sono verificate e ora sono solo ridicole.
Il 4
settembre mi ha trovato in prigione, tu eri con cautela a Londra ...
E dire che il signor
Felix
Pyat, che ha rassegnato le dimissioni da membro della Comune per
fare il suo ritorno letterario nel ruolo dello Chiffonnier de Paris che ha
creato, sarà ridotto, se vuole continuare la sua sfortunata polemica, a
raccogliere la sua spazzatura nel suo cappuccio. Peccato!"
"A.
Vermorel".
Ed
arrivò il momento della caduta
del Secondo Impero. Dopo la
sconfitta francese della guerra del 1870, Napoleone
III
fu fatto prigioniero dai Prussiani. La Repubblica venne proclamata il 4
settembre 1870. Un governo di difesa nazionale venne costituito dai
repubblicani borghesi diretti dal generale Trochu,
con Gambetta,
Jules
Favre, Jules Ferry[11],
Jules Simon[12], ecc.
Nuova prigionia
Vermorel venne
nuovamente imprigionato a Sainte-Pélagie
per la sua partecipazione alla rivolta del 31
ottobre 1870 contro la politica lassista del governo
di difesa nazionale.
Durante
questa prigionia, scrisse un nuovo libro: "Le Parti socialiste"
che sintetizzava tutta la dottrina di Proudhon
in un programma coerente. "Il ruolo della politica sarà finito",
scrive Vermorel, "perché la politica sarà espressa dalla società
autogestita"
Assolto da un
consiglio di guerra nel febbraio del 1871 insieme a tutti gli altri
partecipanti alla rivolta, fu liberato alla fine dell'assedio
di Parigi da parte dei prussiani.
Molto
scoraggiato e tornò a Denicé[1] per "rilassarsi", ma venne
rapidamente coinvolto dagli eventi.
Il Comunardo
La
rivolta del 18 marzo 1871 segnò l'inizio della Comune, e
Vermorel ritornò in fretta a Parigi.
Il 26
marzo è stato eletto membro del Consiglio
della Comune nel 18°
arrondissement di Parigi (Butte
Montmartre). Il Consiglio
della Comune rappresentava il
governo della Comune. Vermorel fu attivamente coinvolto nel lavoro del Consiglio
con una presenza molto regolare.
Ha lanciato
due giornali nello spazio di un mese: "L'Ordre
(L’Ordine [strano nome per il periodo frenetico della Comune –
N.d.R.])" e l’"Ami du
peuple" (quest'ultimo riprese il titolo del giornale di Marat
durante la Rivoluzione). Ciascuna di queste pubblicazioni vene interrotta dopo
quattro numeri. Vermorel fu l'unico redattore di questi due giornali. Durante
la Comune,
fece parte, in successione, alla Commissione di Giustizia, al Comitato
Esecutivo (redisse diversi decreti come membro di questa commissione), e a
quello del Sicurezza Générale.
I suoi amici
lo descrissero come instancabile, coraggioso e organizzatore. Lissagaray
raccontò:
"Si buttò a
capofitto; più attivo e laborioso di ogni altro, lasciò il Consiglio
solo per andare a combattere al fronte. La voce della sua morte è corsa più
volte. Nonostante questo felice accordo di rettitudine e coraggio, non riuscì a
ottenere autorità. Il suo aspetto esteriore lo stava uccidendo. Troppo alto,
goffo, timido, con una faccia e capelli da seminarista, una voce frettolosa che
sembrava combattere con il suo pensiero, non aveva potere di attrazione".
Questi
difetti gli impedirono di avere sulla Comune l'influenza
che avrebbe potuto avere grazie alla sua autorità e alla sua forza morale.
Maggioranza e
minoranza nel Consiglio
della Comune
All'interno
della Comune,
Vermorel si oppose alla maggioranza dei «giacobini» e delle «loro frasi vuote».
Influenzato dall'anarchismo di Proudhon,
denunciò vigorosamente il centralismo di questa maggioranza.
Con Varlin,
membro dell'A.I.T.,
spese tutte le sue energie per superare le carenze della Comune.
Fece parte della minoranza con i proudhoniani[4]
e i cosiddetti Indipendenti, come Vallès,
Courbet,
Lefrançais,
Beslay
e Arnould,
tra gli altri.
Votò contro
la creazione del Comitato
di Salute pubblica e naturalmente votò il manifesto della minoranza. Fu,
tuttavia, l'amico di Delescluze,
un membro della maggioranza: "Questo vecchio ha il carattere di un
apostolo". «Vecchio» perché, in effetti, Delescluze
aveva 70 anni.
Nel momento
in cui la battaglia contro i versaigliesi si stava aprendo in larga scala, il Consiglio
della Comune si dotò di un Comitato
di Salute pubblica per ragioni di efficienza. La minoranza si oppose con
veemenza.
Il Comitato
di Salute pubblica fu eletto con 34 voti contro 28 e, di conseguenza, tra
minoranza e maggioranza, il conflitto si amplificò. Il 9
maggio si rinnovò il Comitato
di Salute pubblica. La minoranza è pronta, in considerazione delle drammatiche
circostanze dei combattimenti, a fare delle concessioni, ma i suoi membri
vennero espulsi dai servizi. Esasperati, i membri della minoranza scrissero il
loro manifesto e annunciarono di ritirarsi nei municipi dei loro
arrondissement. Un ulteriore punto debole della Comune.
D'ora in poi, la battaglia finale avrà luogo quartiere per quartiere.
Da questa
rottura, Vermorel si tenne fuori. Partecipò solo alle riunioni del Consiglio
presso l'Hôtel
de Ville.
La corrente
libertaria della Comune era
pacifista. Ad esempio, il decano della Comune, Charles
Beslay (76 anni nel 1871), uno dei fondatori dell'Internazionale
esclamò:
"La
Repubblica del 1793 era un soldato che aveva bisogno di centralizzare tutte le
forze della patria; la Repubblica del 1871 è un lavoratore che spesso ha
bisogno di libertà per realizzare la pace. Pace e lavoro, questo è il nostro
futuro".
Le parole di
Vermorel andavano nella stessa direzione e sono anche tipici: "Dobbiamo
dominare i nostri nemici con la forza morale ... Non dobbiamo toccare la vita e
la libertà dell'individuo".
Il 21
maggio, l'esercito di Versailles
penetrò a Parigi attraverso una porta da ovest. Fu l'inizio dell'inesorabile
avanzata di questo esercito e dei massacri di massa dei comunardi: uomini,
donne e bambini, voluti da Thiers.
Durante la Settimana
sanguinante, Vermorel si ritirò nel diciottesimo
arrondissement. Fu tra il numero di coloro che hanno avuto il coraggio di
rimanere a Parigi, coscienti di andare verso una morte certa. Respinse le
proposte di fuga che gli avrebbero permesso di recarsi all’estero.
Probabilmente, ripensando alle calunnie di cui è stato vittima, vide solo
questa estrema posizione per dimostrare la sua onestà. Non fu comunque l'unico
membro del Consiglio
della Comune a morire sulle barricate.
Andò negli
avamposti, sulle barricate, organizzava, sparava, indossando la sua sciarpa
rossa. Incoraggiava i combattenti, portava rinforzi. La voce della sua morte è
corsa persino più volte.
Il 24
maggio, al Pere
Lachaise, fu lui, Vermorel, che prese la parola per render un ultimo
omaggio a Dombrowski,
il miglior generale della Comune,
che era appena caduto in battaglia. È notte e le torce illuminavano quella
scena in movimento. La cerimonia fu molto spesso interrotta dal rombo dei
cannoni e può essere considerata, secondo un testimone, come l'elogio funebre
della Comune.
La morte Vermorel
Maxime
Vuillaume, un membro della Comune,
nelle sue memorie intitolate "Mes Cahiers rouges pendant la Commune
(I miei libri rossi durante la Comune)",
racconta:
"Il 25
maggio, verso le 16, accompagnò Delescluze
alla barricata di Château d'Eau, vicino al municipio. All'angolo tra rue
Oberkampf e boulevard Voltaire, Delescluze
si fermò, davanti a un gruppo composto da Lisbonne,
vacillante, ferito, da Theisz
e da me.
"Non andare
oltre", dissi a Delescluze.
Le barricate sono abbandonate, o quasi. La mitraglia ha spazzato le nostre
posizioni. Lisbonne
ci ha appena raggiunti. Stai andando contro alla morte ... Torna con noi ...
-
No, no, risponde Delescluze.
Lasciatemi. Non temo la morte. Sei giovane, tu, ma io, la mia vita è finita ...
Salì
la barricata, pallida e bianca al sole che tramontava, e all'improvviso cadde
tutta la sua altezza, colpito. È stato trovato su una pila di ciottoli".
Il voto di Delescluze
di perire per la Causa era ben definito, attentamente considerato e persino
annunciato. Già in esilio a Bruxelles, nell'agosto del 1870, aveva detto a Lissagaray:
"Credo nella prossima Repubblica, ma affonderà nelle mani dell'attuale
sinistra, poi seguirà una reazione. Morirò su una barricata mentre il signor
Jules Simon sarà ministro".
Un altro
fatto raccontato da Vermorel è edificante. Era presente al momento delle
dimissioni dei membri della Minoranza della Comune,
che non hanno approvato gli atti dell'assemblea. Esclamò Delescluze:
"Credi che
tutti approvino ciò che viene fatto qui? Bene! Ci sono membri che sono rimasti
e rimarranno fino alla fine, e se non trionferemo, non saranno gli ultimi ad
essere uccisi, né sul bastione né altrove".
Maxime
Vuillaume continuò:
“Poco prima Delescluze
aveva stretto le mani a Vermorel, accompagnato in quel momento da Jourde.
L'incendio dei Versaigliesi era spaventoso. All'improvviso, a dieci passi da
noi, Lisbonne,
in uniforme da colonnello, si piegò e cadde. - Lisbonne,
Lisbonne
è ferito, gridò Vermorel ... Vermorel non finì la frase mentre sentivo il suo
braccio appoggiarsi alla mia spalla. Barcollò, pallido. Una pallottola lo colpì
sulla parte superiore della coscia, vicino all'inguine, perforando la sciarpa
rossa. Io e Theisz
lo abbiamo sostenuto mentre i Federati che si erano avvicinati andarono a
prendere un materasso in una casa vicino a rue Amelot. Vermorel venne sdraiato
sul materasso, che fu 5sollevato con i fucili, e siamo partiti per il
municipio. Arrivati al municipio, posammo Vermorel sul tavolo nella sala dove
erano seduti i membri della Comune
ancora presenti. Entrò Ferré.
Corse verso l'uomo ferito, strinse le mani che già bruciavano di febbre.
"Sei tu, Ferré,"
disse Vermorel, sottovoce, "vedi, caro amico, che anche la minoranza sa
come tacere. Ferré aveva nelle sue mani ancora le mani di Vermorel. Sulla sua
faccia energica passò come un lampo di tristezza e rimpianto".
Venne
denunciato da un servitore della casa e fu fatto prigioniero dalle truppe di Versailles.
Venne portato a Versailles,
dove a causa peggioramento delle suo ferite, il 7 giugno fu ricoverato
all'ospedale militare.
Nel "Pilori
des Communeux", racconta Henry Morel (ma non cita le sue fonti):
«Sua madre era
arrivata al suo capezzale, le aveva scritto il 20 maggio. Al chirurgo che venne
a curare le sue ferite disse che era meglio non guarirlo, ma piuttosto
lasciarlo morire in pace. Un giorno si preoccupò del destino dei suoi compagni
di lotta e sconfitta. Ha interrogato i dottori soprattutto per conoscere i nomi
dei suoi amici morti. Ha chiesto: “E Pyat?
È stato preso?” Gli fu risposto con un gesto che spiegava il «volo» del famoso
polemista. "L'uomo che cresce e l'uomo che fugge, codardo e personaggio
sinistro! Mormorò Vermorel».
Morì
all'ospedale militare di Versailles
il 21 giugno 1871, senza ricevere cure. Sua madre portò il suo corpo a Denicé,
dove venne sepolto il 24 giugno 1871. Auguste-Jean-Marie Vermorel era ateo, era
fuggito dai gesuiti di Mongré, e sua madre lo seppellì in una tomba cattolica
sormontata da una croce ...
La signora
Vermorel doveva sopravvivere 27 anni dopo la morte di suo figlio. Morì l'8
settembre 1898 a Denic all'età di 82 anni.
Ogni anno, il
28 maggio, anniversario dell'ultimo giorno della Settimana
sanguinante della Comune, le
associazioni il Libre Pensée di Villefranche[13]
e Lione[2],
gli Amis de la Commune di Givors e la Société
Populaire si incontrano sulla tomba di Auguste Vermorel per rendergli omaggio.
In conclusione
Auguste Vermorel è morto
giovanissimo, a 30 anni, come una buona parte dei membri del Consiglio
della Comune che avevano tra i 28 ei 35 anni. Era vissuto povero e morì
senza aver raccolto nulla dal suo lavoro giornalistico e letterario.
Al contrario, aveva
compromesso la proprietà della sua famiglia. Aveva fatto ipotecare la sua casa
di nascita e la proprietà di sua madre. Ma durante la lotta tra Parigi e Versailles,
era stato sempre ansioso di pagare i suoi debiti come giornalista.
Fu riabilitato da quelli che
lo avevano calunniato perché in seguito, i giudizi comprensivi alla sua memoria
erano numerosi.
Arthur
Arnould, membro della Comune,
nella Histoire
populaire et parlementaire de la Commune de Paris., scrive: "Conoscevo
anche Vermorel, ma a quel tempo condividevo la sfiducia che generalmente
ispirava nel partito rivoluzionario e evitavo ogni comunicazione con lui. Fu,
quando lo vidi agire nella Comune,
che ho capito di quante calunnia fosse vittima e gli ho restituito tutta la mia
stima”.
Vermorel apparteneva a quei
comunardi che hanno «tentato l'assalto al cielo» secondo la bella immagine di Lissagaray.
Hanno lavorato per un potere rivoluzionario con una forte partecipazione dei
lavoratori. Hanno stabilito un nuovo stato di transizione basato sul popolo in
armi, eleggendo e licenziando i loro leader.
Vermorel fu uno di quelli che
riuscirono a portare il movimento dei lavoratori in una nuova fase, chiedendo
tra le altre questioni di stato, un tipo di democrazia, autonomia e
autogestione. Tutti concetti che nutrono e alimentano ancora oggi il movimento
operaio internazionale.
Opere
·
Ces dames, 1860
·
Les Amours vulgaires, 1863
·
Les mystères de
la police, 1864
·
La police
pendant la Révolution et l'Empire, 1864
·
La police contemporaine, 1864
·
Les hommes de 1848, 1868
·
Les hommes de 1851, 1869
Pubblicò anche articoli e discorsi di Danton, di
Robespierre, di Marat e di Vergniaud.
[1] Nel
dipartimento del Rodano della regione Alvernia-Rodano-Alpi.
[2] Città
della Francia sud-orientale, capoluogo della metropoli di Lione e della regione
Alvernia-Rodano-Alpi.
[3] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e
attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta,
del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo
secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali
e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria
combattiva. Deve il suo nome allo
scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis Auguste
Blanqui.
[4] Per proudhoniani s’intendono
definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph
Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo,
da molti studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx
definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una
società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro
i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi
basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il
controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non
del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli
insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.
[5] Alexandre-Auguste
Ledru-Rollin (Parigi, 2
febbraio 1807 – Fontenay-aux-Roses, 31 dicembre 1874) è stato un avvocato e
politico francese, di parte democratica e repubblicana.
[6] I fourieristi
erano i seguaci delle idee di François Marie Charles Fourier (Besançon, 7
aprile 1772 – Parigi, 10 ottobre 1837). Fourier è stato un filosofo francese,
che ispirò la fondazione della comunità socialista utopista chiamata La
Reunion sorta presso l'attuale Dallas in Texas, oltre a diverse altre
comunità negli Stati Uniti d'America (tra le quali ricordiamo Brook Farm,
fondata nel 1841 vicino Boston e sciolta a seguito d'un incendio, nel 1849).
Fourier criticava fortemente la società borghese capitalista del tempo, che è
fallita perché il libero mercato non ha portato quel benessere che aveva
promesso: il mondo capitalista ha ampliato il divario tra pochi che hanno molto
e molti che hanno poco. Il capitalismo ha disumanizzato la società esasperando
la competizione individuale e reintroducendo la schiavitù (lavoro minorile,
alienazione etc…). Da segnalare anche la vicenda della colonia Cecilia, un
esperimento di convivenza libertaria che si tenne nel Brasile di fine XIX secolo su
iniziativa dell'anarchico pisano Giovanni Rossi, influenzato, tra gli altri,
anche dalle letture dei testi utopistici di Fourier.
[7] Il sansimonismo è stato un
movimento socialista francese della prima metà del XIX secolo. Il movimento
prende il nome dal suo ideatore il conte Henri de Saint-Simon, il centro di
questo movimento fu l'École polytechnique. La società sarebbe stata gestita da
scienziati e industriali che grazie alle scoperte scientifiche e allo sviluppo industriale
avrebbero dato vita ad una società che garantisse migliori condizioni di vita
ai proletari. L'opera di proselitismo, effettuata dai suoi discepoli
Saint-Amand Bazard, Barthélemy Prosper Enfantin, Pierre Leroux e Louis
Auguste Blanqui, fece diventare il sansimonismo un fenomeno rilevante che
coinvolgeva 40 000 aderenti nel mondo. I sansimoniani erano mal visti dal
governo francese perché contestavano l'assetto della società borghese e la
proprietà privata, e vennero incriminati in numerosi processi.
[8] Georges
Jacques Danton (Arcis-sur-Aube, 26 ottobre 1759 – Parigi, 5 aprile 1794) è
stato un politico e rivoluzionario francese. Ministro della Giustizia dopo gli
avvenimenti del 10 agosto 1792, deputato della Convenzione nazionale, primo
presidente del Comitato di salute pubblica, è tra i maggiori protagonisti della
Rivoluzione francese.
[9] Jean-Paul
Marat, detto l'Amico del popolo (Boudry, 24 maggio 1743 – Parigi, 13 luglio
1793), è stato un politico, medico, giornalista e rivoluzionario francese di
origini sardo-svizzere. Tra i protagonisti della Rivoluzione francese, che egli
sostenne con la sua attività giornalistica, politicamente vicino ai
Cordiglieri, fu deputato della Convenzione nazionale francese dal 20 settembre
1792 e, dal 5 aprile 1793, fu eletto presidente del Club dei Giacobini. Fu
assassinato dalla girondina Charlotte Corday.
[10] Maximilien-François-Marie-Isidore
de Robespierre detto l'Incorruttibile (Arras, 6 maggio 1758 – Parigi, 28 luglio
1794) è stato un politico, avvocato e rivoluzionario francese, protagonista di
spicco della Rivoluzione Francese e del Regime del Terrore. Gli storici e i
contemporanei si sono divisi tra chi lo considerava un demagogo e un dittatore
che causò le numerose esecuzioni di coloro che erano considerati nemici della
Rivoluzione, e chi lo ritiene un idealista, cresciuto nelle idee
dell’Illuminismo, in particolare quelle di Jean-Jacques Rousseau, devoto alla
causa rivoluzionaria della Repubblica fino al sacrificio della stessa vita.
[11] Jules François Camille Ferry
(Saint-Dié-des-Vosges, 5 aprile 1832 – Parigi, 17 marzo 1893) è stato un
politico francese, oppositore di Napoleone
III e tra le più eminenti
personalità del partito repubblicano nella Terza Repubblica francese.
Attraverso una serie di articoli denunciò le speculazioni finanziarie operate
dal barone Haussmann per il rinnovamento urbanistico di Parigi. Grazie a questa
sua iniziativa il barone venne successivamente estromesso dai poteri concessi.
D'altra parte egli stesso, «avvocato squattrinato», divenuto sindaco di Parigi
alla proclamazione
della Repubblica nel settembre 1870, «riuscì a spremersi un patrimonio
dalla carestia» della città
assediata dai prussiani. Ferry, comprendendo
che la Germania era troppo potente, per perseguire l'idea di acquistare un
grande impero coloniale si fece promotore di una politica di collaborazione con
Otto
von Bismarck al fine di guadagnarne una «benevola neutralità» nel Sistema
bismarckiano.
[12] Jules François Simon (Lorient, 27 dicembre 1814 –
Parigi, 8 giugno 1896) è stato un politico francese. È stato il primo
ministro della Francia dal 12 dicembre 1876 al 17 maggio 1877. Fu membro della
Massoneria, essendo stato iniziato il 3 luglio 1870 nella loggia Le Réveil
maçonnique di Boulogne-sur-Seine, appartenente al Grande Oriente di Francia.