martedì 3 settembre 2019

03-01 - Non solo Parigi

NON SOLO PARIGI


Nel corso della Storia, la ricerca di autonomia da parte del popolo ha prodotto numerosi tentativi di insurrezione. Lo svincolarsi dai governi nazionali, dall'autoritarismo, dal despotismo, è stato lo scopo principale di coloro che hanno capito la menzogna dello Stato, quale sedicente depositario degli strumenti per la tutela dei cittadini, in realtà prigione per gli stessi. Ecco allora il fiorire di aggregazioni popolari che hanno dato vita a grandi slanci di coscienza civile e, di conseguenza, anche a governi popolari locali, dove regnava la giustizia sociale e la libertà.
Si tratta di episodi soffocati poi nel sangue da parte dei governi, dalle fazioni regimentate e istituzionalizzate, rivoluzioni che in alcuni casi sono durate solo un giorno, ma che tutte indistintamente sono cancellate dai libri di Storia perché censurati dal sistema, perché la gente non deve sapere,  perché si tratta di autogestione anarchica (non dimentichiamo che già da sola la parola anarchia fa venire un brivido alla schiena dei governanti).
In Francia questa aggregazione popolare che si formava in una città, fu chiamava “La Commune”, che poi non sarebbe altro che l’italianissimo comune, città, ma siccome in francese il vocabolo comune è di genere femminile, allora nella nostra lingua è stato erroneamente tradotto (e poi sempre, indelebilmente, rimasto) la Comune.
Le Comuni furono, quindi, il risultato di movimenti rivoluzionari avvenuti tra la fine del 1870 e l’inizio del 1871, guidati da repubblicani, attivisti di diversi componenti di estrema sinistra del tempo e da anarchici, che si insediarono in varie città della Francia istituendo delle organizzazione comunali autonome al di fuori del potere statale.
E se della Comune di Parigi si possono ancora, forse, trovare informazioni molto vaghe, pressoché nulla viene detto invece riguardo le altre Comuni che hanno creduto, tutte, nell'autogestione libertaria.
Per questo motivo si tende a considerare la provincia francese come totalmente reazionaria e ostile alla Comune di Parigi. Mentre molti notabili, rappresentanti del grande capitale confermarono questa considerazione, ci furono, in molte regioni, cittadini onesti difensori della Repubblica democratica e sociale.
Non dobbiamo dimenticare che quando Napoleone III, Presidente della Repubblica, con il suo colpo di stato del 2 dicembre 1851, violò la Costituzione e ripristinò l'impero, non furono le grandi città che protestarono contro il colpo di stato per difendere la Costituzione, ma fu la provincia, e ciò lo dimostra il fatto che 32 dipartimenti furono messi sotto assedio da parte del nuovo governo e si verificano incidenti in circa venti.
Le siège de Paris (L’assedio di Parigi) Jean-Louis-Ernest Meissonnier
In Francia, quindi, altre città seguirono l’esempio di Parigi, sollevandosi all'annuncio della sua rivoluzione del 18 marzo 1871 e proclamandosi a loro volta Comune, come Lyon, che si sollevò per prima; come Marsiglia, che tra queste fu la più potente e la più duratura dal 23 marzo al 4 aprile 1871 e che terminò con una repressione sanguinaria che fece 150 morti, come Limoges, Tulle, Saint-Junien, Solignac, Aubusson, La Souterraine, Saint-Léonard-de-Noblat, Le Creusot, dove la bandiera rossa è stata issata e la Comune proclamata più volte da Dumay e dalla Guardia Nazionale, ed ogni volta repressa dall'esercito che ha riacquistato il controllo della città, Narbonne il 25 marzo, Saint-Etienne dal 23 al 28 marzo, sotto la guida del club de "la Vergine della Strada" e della Guardia Nazionale, Toulouse, Béziers il 25 marzo, Perpignan il 25 marzo, Grenoble il 16 aprile, Bordeaux il 16 e 17 aprile, Nîmes il 18 aprile, Montereau il 10 aprile, Tarare il 30 aprile, Périgueux, Cuers, Foix, Rouen, Le Havre, etc. ed anche ad Algeri, e dove in tutte la bandiera rossa sventolò sul municipio e sugli edifici.
Le Comuni di provincia sono state troppo spesso ignorate, ed è ignorato anche dell'impatto che i movimenti comunardi, soprattutto quello parigino, hanno avuto fuori dalla Francia in termini politici, scientifici, sociologici e soprattutto ideologici, i cui effetti sono stati e sono tuttora lasciati in completo silenzio. Nessuno è interessato ad estrarre le idee chiave che contribuirono alla nascita e successivamente alla crescita delle Comuni francesi; ed il motivo è che se qualcuno dovesse farlo porterebbe acqua al mulino degli anarchici! Ed è per questo che un eventuale lavoro di ricerca storica sulle Comuni non godono del favore degli storici e degli scriba governativi.
Noi invece divulghiamo questa parte di storia che tratta di libertà, di uguaglianza, di emancipazione sociale, di fratellanza, di lotte e (purtroppo) di repressione, anche se questo lavoro non potrà mai essere esaustivo.
Quindi è al fine di istigare la conoscenza di questo movimento, è al fine di diffondere l’idea libertaria e di svegliare le coscienze intorpidite dal potere dello Stato che pubblichiamo questo studio, che rende omaggio, a quasi un secolo e mezzo di distanza, a tutti i combattenti oscuri delle Comuni e in particolare quei 4500 membri dell’Internazionale (nel solo dipartimento di Bouches-du-Rhône), che, sotto l'influenza di Bakunin, si sforzarono di realizzare, con la loro rivoluzione, una nuova società basata sul federalismo e sulla libertà individuale.


Parigi: l’esempio

Gambetta proclama la Repubblica
18 marzo 1871, una rivolta scoppiata a Parigi sulla collinetta di Montmartre, segnò l'inizio della Comune. L'insurrezione nella capitale durò 72 giorni e si concluse in un orribile bagno di sangue che si sparse in diverse città di provincia.
Nel mese di luglio 1870, "il piccolo Napoleone", per distogliere l’attenzione dei francesi dalla crisi economica, dai disordini sociali e dalle manifestazioni anti governative organizzate dagli operai di varie città transalpine, dichiarò guerra alla Prussia. Impreparati, in inferiorità numerica e per lo più mal controllati, i soldati francesi furono sopraffatti. Il 2 settembre a Sedan, Napoleone III fu fatto prigioniero. A Parigi, si costituì un governo provvisorio di difesa nazionale sotto la presidenza del generale Trochu, governatore militare. Era composto da repubblicani, i più famosi erano Léon Gambetta, ministro degli Interni, Jules Favre e Jules Ferry[1]. Sotto la pressione dell'opinione pubblica, la Terza Repubblica fu proclamata il 4 settembre. L'assedio di Parigi, da parte dei prussiani, ebbe inizio il 19 dello stesso mese. In un raggio di 10 km intorno alla capitale, le armate prussiane circondarono la città, si accamparono ed aspettarono. Le truppe di Parigi, soldati e uomini della Guardia Nazionale (vale a dire civili mobilitati), provarono con un paio di sortite di far saltare l’assedio, ma i loro tentativi fallirono. Agli inizi di ottobre, Gambetta lasciò Parigi in mongolfiera per recarsi a Tours[2] dove in quella città riorganizzò l'esercito per liberare la città. Tentativo coraggioso, ma senza futuro. A Metz, lo stesso mese di ottobre, il generale François Achille Bazaine[3] e i suoi 100.000 uomini si arresero! Nella capitale, molti club rivoluzionari organizzarono delle agitazioni politiche al fine di mantenere e far crescere sempre di più, nelle menti dei parigini, lo spirito delle due idee ereditate della rivoluzione del 1793: «il paese in pericolo» e la «rivolta di massa». Una prima manifestazione si svolse il 31 ottobre 1870. Si reclamò una Comune, cioè a dire un governo di popolo destinato ad instaurare, come nello spirito del 1792, misure di salute pubblica. Ma questo primo movimento fu represso.
Benoît Malon
Arrivò terribilmente l'inverno, e con esso il bombardamento dell'artiglieria prussiana. La penuria iniziò; i prezzi salirono, aumentò la mortalità. Gli animali dello zoo, elefanti, antilopi e cammelli vennero sacrificati per imbandire le tavole di lusso. I più umili, per cibarsi, cacciarono gatti, cani e ratti. Il 22 gennaio 1871, il generale[3], dopo la disastrosa battaglia di Buzenval, si dimise e chiese la capitolazione. Scoppiò una rivolta, i delegati della Guardia Nazionale, i club politici parigini, i comitati di vigilanza, decisero di fare una manifestazione nella piazza dell'Hôtel de Ville, ma i soldati spararono sulla folla che si disperse, mentre le guardie nazionali rispondevano al fuoco. Parigi capitolò e Jules Favre firmò l'armistizio il 28 gennaio, nonostante Gambetta volesse continuare la lotta. Dieci giorni prima ci fu la così detta «umiliazione di Versailles», perché fu in quella città che Guglielmo di Prussia venne proclamato imperatore tedesco.
L'armistizio fu firmato dopo un paio di settimane, per dare il tempo ai vinti di eleggere un'assemblea nazionale. Bismark, infatti, aveva bisogno che il trattato di pace definitivo fosse ratificato da parte di un'autorità legittima al fine di non essere messo in discussione in seguito. Le elezioni dell’8 febbraio 1871 diedero il potere ad una grande maggioranza monarchica, di diverse tendenze. Ma a Parigi furono i repubblicani ad avere la maggioranza. L'Assemblea nazionale, rifugiata a Bordeaux, nominò così Adolphe Thiers capo del governo. Fu lui che cercò di concludere un trattato di pace con la Prussia. Il 1° marzo, dei militari prussiani sfilarono per le vie della capitale dove le statue furono velate di nero dai residenti. La popolazione masticava amaro la sua umiliazione. Georges Clemenceau, sindaco di Montmartre, affisse un proclama in cui si leggeva: «Siamo in balia di noi stessi. Qualsiasi resistenza è stata resa impossibile».
Una serie di misure adottate dal governo (ritornato Versailles dato che adesso era protetto dalle truppe del Kaiser) diede fuoco alle polveri. Il 10 marzo, fu deciso di revocare la moratoria sul rimborso delle carte commerciali e sugli affitti che furono introdotti all'inizio della guerra. Fu soppressa anche l'indennità di 30 centesimi al giorno ai 180.000 uomini della Guardia Nazionale, per lo più composta da piccoli borghesi e da operai: 180.000 uomini in armi! Thiers accese finalmente la miccia della rivolta decidendo di recuperare 227 cannoni posizionati sulle colline di Montmartre e di Belleville. Il 18 marzo, la folla si radunò e si piazzò di fronte ai militari inviati dal capo del governo. I soldati sciolsero le fila e fraternizzarono con il popolo. I generali Lecomte e Clement-Thomas furono arrestati e successivamente fucilati. Il secondo, Clement-Thomas, nel 1848, represse duramente la rivolta repubblicana. Altri scontri si verificano allo stesso tempo in altre parti di Parigi e ovunque i soldati fraternizzarono con gli insorti. I battaglioni della Guardia Nazionale si unirono in federazioni, da qui il nome "federati" che venne dato gli insorti. 
Eugène Varlin
Il 26 marzo, si svolsero le elezioni per nominare i membri del Consiglio generale della Comune di Parigi. Votò la metà degli elettori. L'altra metà, benestanti e funzionari, fuggì a Versailles. Oltre una ventina di repubblicani, tutte le tendenze socialiste furono rappresentati. Tra i rivoluzionari, c’erano i "giacobini[4]" centralisti e intransigenti, Delescluze, Gambon, Pyat ... ammiratori della rivoluzione del 1789 e che avevano l'intenzione di portare avanti la lotta contro la borghesia e la chiesa. I "blanquisti[5]", privati della loro capo, imprigionato in Bretagna, erano una decina: Chardon, Ferré, Eudes, Rigault ... seguaci di una insurrezione avanguardista più che di un movimento ampio di massa. I "radicali" Arnould, Amouroux che erano sostenitori dell’autonomia comunale e di una repubblica democratica e sociale. C’erano ancora gli internazionalisti "proudhoniani[6]" Eugène Varlin e Benoît Malon, entrambi i leader dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (la 1a Internazionale, fondata nel 1864), e gli "indipendenti": Jules Vallès e il pittore Gustave Courbet ... 
Contrariamente alle altre Comuni francesi, che durarono all’incirca da un paio di giorni ad un paio di settimane, nella capitale la Comune mantenne il potere per più di due mesi ed ha decretato misure all'avanguardia in molti settori, misure cancellate immediatamente dopo la sua caduta e che non saranno più riproposte se non molto più avanti nel tempo. Alla fine di marzo, il Consiglio della Comune di Parigi creò dieci commissioni: esecutivo, militare, di sussistenza, finanza, giustizia, sicurezza generale, il lavoro, l'industria e il commercio, i servizi pubblici e l'istruzione. Ribadì la libertà di stampa e rimise in sesto i servizi pubblici; il servizio postale venne ripristinato in quarantotto ore. Costituì una compagnia di ambulanze; rimpiazzò gli uffici di beneficenza con l'assistenza comunale. Decretò la separazione tra religione e Stato, la soppressione delle sovvenzioni al culto, la confisca delle proprietà delle congregazioni, il divieto di insegnamento confessionale. I termini degli affitti furono annullati senza indennizzi per i proprietari e furono requisite le case abbandonate dove si fecero trasferire coloro le cui case erano state danneggiate dai bombardamenti. Per quanto riguarda la giustizia, la Comune ha deciso libero uso gratuito dei ricorsi ai giudici e stabilì che questi ultimi fossero eletti dal popolo; rimosse gli uffici di notai, funzionari e ufficiali giudiziari per renderli dipendenti pubblici. Stabilì che gli atti notarili fossero gratuiti (donazioni, testamenti ...). Le perquisizioni e requisizioni senza mandato furono vietate e la Comune decretò l'obbligo di registrare il motivo dell'arresto su appositi registri.
Fu deciso il libero matrimonio per comune accordo (16 anni per le donne, 18 per gli uomini). La laicizzazione dell’istruzione fu intrapresa con vigore, ma la Comune non fu in grado di imporre l'obbligo scolastico e la sua gratuità. Il delegato all’insegnamento, Edouard Vaillant, invitò la municipalità ad istituire delle scuole di formazione professionale, in particolare per le ragazze. Due scuole furono aperte, una in rue Lhomond, l’altra in rue Dupuytren. La Comune inoltre decise di aumentare gli stipendi degli insegnanti e delle insegnanti. Per la prima volta, venne proclamata la parità di retribuzione tra uomini e donne. In materia di lavoro, Eugène Varlin e Leò Fankel incoraggiarono le associazioni di lavoratori di produzione per sostituire i padroni che fuggirono, preludio delle cooperative di lavoratori. Furono incoraggiate le associazioni di donne. La Comune vietò le multe e le trattenute sul salario nelle amministrazioni pubbliche e nelle aziende private. Instaurò uffici di collocamento comunali della manodopera in sostituzione delle imprese private "negriere".

Per mancanza di mezzi e di consenso tra le diverse fazioni, la Comune non ha avuto alcuna possibilità di raggiungere i suoi obiettivi. Il progetto messo in opera rimane tuttavia grande in considerazione della breve durata dell'avventura. Questo è stato il primo tentativo di autogoverno, molto discusso anche nei giorni nostri, in quanto si trattò di una organizzazione razionale della società che si basava su un modello di ispirazione libertaria. Per Marx e Bakunin la Comune e i suoi martiri “rimarranno sempre nel grande cuore della classe operaia” ed inaugurarono "la guerra del proletariato mondiale contro la borghesia mondiale". Per Bakunin, la Comune di Parigi è stata soprattutto "una rivoluzione contro lo Stato in quanto tale, contro quel mostro sovrannaturale prodotto dalla società; è stata l’audace negazione dello Stato ed è un dato di fatto che questo enorme negazione dello Stato si sia manifestata precisamente in Francia, che è stata finora il paese della centralizzazione politica per eccellenza e che si tratti di Parigi, la mente e la storica creatrice di questa nuova civiltà francese che ha preso l'iniziativa...". [ … ]
Illustrazione di Jacques Tardy tratta da Cri du peuple



[1] Jules François Camille Ferry (Saint-Dié-des-Vosges, 5 aprile 1832 – Parigi, 17 marzo 1893) è stato un politico francese, oppositore di Napoleone III e tra le più eminenti personalità del partito repubblicano nella Terza Repubblica francese. Attraverso una serie di articoli denunciò le speculazioni finanziarie operate dal barone Haussmann per il rinnovamento urbanistico di Parigi. Grazie a questa sua iniziativa il barone venne successivamente estromesso dai poteri concessi. D'altra parte egli stesso, «avvocato squattrinato», divenuto sindaco di Parigi alla proclamazione della Repubblica nel settembre 1870, «riuscì a spremersi un patrimonio dalla carestia» della città assediata dai prussiani. Ferry, comprendendo che la Germania era troppo potente, per perseguire l'idea di acquistare un grande impero coloniale si fece promotore di una politica di collaborazione con Otto von Bismarck al fine di guadagnarne una «benevola neutralità» nel Sistema bismarckiano.
[2] Situata nella Francia centro-occidentale, è il capoluogo del dipartimento Indre e Loira nella regione Centro-Valle della Loira. Il 25 settembre 1461, il nuovo re Luigi XI spostò la sua residenza da Parigi a Tours, città a lui devota, e la rese capoluogo della contea di Tours o Turenna. Pose la sua nuova residenza nel castello dei Montils (attuale castello del Plessis a La Riche, nei sobborghi di Tours) e impiantò le prime seterie, una nuova zecca (Denier Tournois) e due grandi Fiere Reali di quindici giorni a maggio e a settembre. Fino al XVI secolo Tours e la sua regione rimasero residenza stabile dei re di Francia e della loro corte con Luigi XI, Carlo VIII, Luigi XII e Francesco I. Ebbe così inizio il cosiddetto Rinascimento francese. Tours ancora oggi si caratterizza per i grandiosi monumenti sorti durante quel periodo, quando furono costruite numerose dimore private e castelli, in parti riuniti sotto la generica denominazione di castelli della Loira. Il ritorno permanente della corte a Parigi e quindi a Versailles segnarono l'inizio di un lento declino. Nonostante ciò il ruolo di capitale di Francia le si ripresentò per altre due volte, anche se per brevi e non molto felici vicissitudini. Come nella disfatta del 1870 nella Guerra franco-prussiana, quando il governo in fuga da Parigi vi si rifugiò prima che anche Tours cadesse sotto i prussiani. Come pure nel 1940 quando il governo francese in fuga dai nazisti vi fece tappa prima di rifugiarsi a Vichy.
[3] François Achille Bazaine (Versailles, 13 febbraio 1811 – Madrid, 23 settembre 1888) è stato un generale francese, maresciallo di Francia dal 1864. Allo scoppio della Guerra franco-prussiana il maresciallo Bazaine fu posto al comando del III Corpo d'armata dell'Armata del Reno. Prese parte alle prime battaglie, ma Napoleone III ben presto gli affidò il comando dell'intera armata.
[4] Con il termine giacobinismo si intende un movimento e un'ideologia politica risalenti all'esperienza del Club dei Giacobini durante la Rivoluzione francese (il club des Jacobins fu un'associazione politica fondata a Parigi nel novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo -Saint-Jacobus- in rue Saint-Honoré). Il giacobinismo si diffuse in buona parte dell'Europa durante l'epoca rivoluzionaria ed ebbe un'influenza politica notevole nella storia francese per tutto il XIX secolo, in particolare negli eventi della Rivoluzione di luglio, della Rivoluzione francese del 1848 e, soprattutto, nell'esperienza della Comune di Parigi del 1871. Il giacobinismo è sopravvissuto a lungo alla sua fine storica, che viene canonicamente fissata al 1800. Quello che Vovelle ha definito giacobinismo trans-storico ha infatti alimentato le vicende politiche della Francia e, in parte, anche del resto d'Europa. Durante la Rivoluzione di luglio, nel 1830, si assisté a una nuova fase del giacobinismo, dove tuttavia andarono a mescolarsi istanze repubblicane, socialiste e cattoliche, unite solo dall'opposizione a una nuova esperienza monarchica[. Il “neogiacobinismo” del XIX secolo, sempre più legato al socialismo repubblicano, si consolidò con la rivoluzione del 1848 e con la Seconda Repubblica, ma finì per essere spazzato via dall'ascesa di Napoleone III. Con la brevissima e drammatica esperienza della Comune di Parigi (1871), il giacobinismo tornò al governo della capitale francese, in una replica delle forme dell'anno II, a partire dalla ricostituzione del Comitato di salute pubblica e dalla rinnovata applicazione del vecchio Calendario repubblicano. La diffusione del comunismo su scala europea, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, alimentò le ipotesi di una sua discendenza dal giacobinismo. Karl Marx e Friedrich Engels, nel 1848, lo scrissero esplicitamente: “Il giacobino del 1793 è diventato il comunista dei giorni nostri”.
[5] Il blanquismo fu un movimento dottrinale e attivista a favore, in primo luogo, della Repubblica e, una volta raggiunta, del comunismo in Francia, che era in vigore durante il diciannovesimo secolo, penetrò fino in fondo in modo dominante ed eccitante tra intellettuali e studenti, e fu anche caratterizzato da una forte disciplina rivoluzionaria combattiva. Deve il suo nome allo scrittore, politico e leader di questa fazione, il francese Louis Auguste Blanqui.
[6] Per proudhoniani s’intendono definire i seguaci del filosofo francese Pierre-Joseph Proudhon, fondato essenzialmente sul mutualismo e sul federalismo, da molti studiosi inserito impropriamente nell’ambito di quello che Marx definì socialismo utopistico. L’anarchismo proudhoniano educa i seguaci ad una società libera e federata, di artigiani e piccoli contadini, che pone al centro i problemi del credito e del prestito ad interessi limitati. Gli elementi basilari dell’anarchismo proudhoniano sono il federalismo, il decentramento, il controllo diretto da parte dei lavoratori, abolizione della proprietà (ma non del possesso poiché reputato naturale), l'istruzione sotto il controllo degli insegnanti e dei genitori, l'istruzione legata all’apprendistato ecc.